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Quando t'incontrai quell'estate – Non potevamo stare insieme

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2016 20:00
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06/03/2016 16:28
 
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Si sentiva come se la sua anima fosse divisa in tanti pezzi, ognuno nero come la pece. Tranne uno, gli ricordò la voce, questa volta risultando molto positiva. In effetti, il pezzo dedicato a Mahiru restava candido.
 
Grammatica e stile: 7,3/10 — il testo presentato risulta generalmente discreto; il punteggio ritratto è stato maggiormente determinato da alcune imprecisioni di differente natura che verranno elencate successivamente. Il corso del racconto è fluido, piacevole, senza troppe pretese, appropriato per una lettura chiara e oggettivamente moderna. Viene senza dubbio apprezzata l’estrema adiacenza del lessico al personaggio trattato: Guren si rispecchia nelle parole stese, un po’ canzonatorie e beffarde. Fondendo ipotassi e paratassi in periodi più o meno lunghi, il lettore riconosce una soddisfacente padronanza della grammatica italiana, della punteggiatura, di diversi artifici letterari (donando degli esempi, si potrebbe portare l’attenzione all’interrogazione retorica a fine brano, alla metonimia di Mahiru, all’aleggiante allegoria tra Guren e la sua psiche, al parallelismo ricorrente, ad alcuni ossimori, e all’utilizzo di Shinya, Shinoa, Yuuichirou e Mahiru come faire-valoir, personaggi inseriti per irrorare di caratterizzazione l’immagine del protagonista) e di un’introspezione altalenante ma comunque all’altezza del contesto sviluppato. I seguenti, sono gli errori scovati nella narrazione; è opportuno rivolgersi alla legenda precedentemente pubblicata per capire il significato della colorazione dei frammenti di certe locuzioni.
♦ Si ricordava ancora com’era da ragazzino, quando nella sua mente vigeva la convinzione che il mondo fosse un posto giusto, governato da solidi principi morali; poi, aveva incontrato i vampiri, si era scontrato con la dura realtà e l’universo pieno di arcobaleni ed orsetti gommosi -0,05 al quale era abituato era diventato cenere, cupa e inquietante cenere.
♦ Era da tempo che non mostrava alle persone che costantemente gli stavano vicino di tenere sul serio a loro, o di essergli [essere loro] -0,10 riconoscente per ogni loro -0,05 eroico gesto.
♦ Non era abituato a classificare le sue compagnie, ma forse la cosa che per lui più si avvicinava ad un [a un] -0,05 amico era, suo malgrado, Shinya.
Bravo[,] -0,05 Guren, ora ti lasci anche andare ai sentimentalismi, lo prese in giro una vocina interna alla sua testa, che da qualche giorno a quella parte non aveva intenzione di lasciarlo in pace.
Trascorsero [Trascorse] -0,05 un paio di secondi senza aprire bocca, Shinoa[,] -0,05 folgorata dalla mancanza di tatto del maggiore dei due.
♦ Eppure aveva sempre pensato di non essere neanche l’opposto di una brava persona, invece le [contrariamente alle] -0,05 parole di Shinoa — a sua volta una ragazza che, per quanto lui non lo meritasse, era sempre stata paziente con lui e mai ripagata per questo — [che] -0,05 trasudavano disprezzo e rabbia.
♦ Non si era mai lasciato condizionare da quello che dicevano le persone, allora perché? [perché?] -0,05
♦ Perché restare lì per ore ed ore [e ore] -0,05, perché continuare a tormentarsi per tre stupide parole?
♦ E se[,] -0,05 sì — come sapeva che era —, era giusto?
♦ Sentì dei passi, -0,05 veloci, probabilmente preoccupati.
♦ Sulla soglia della porta si presentò una figura snella e piuttosto bassina [bassa] -0,05 rispetto a Guren, ma molto simile nei tratti fisici: capelli grosso modo dello stesso colore — un blu scuro tendente al nero —, naso e bocca dello stesso taglio delicato e perfetto; gli occhi soltanto erano diversi: un verde smeraldo intenso, che contrastava con i suoi di un nocciola molto scuro.
♦ «Stai bene, Guren?» Yuichiro [Yuuichirou, Yūichirō] -0,05 fece un passo avanti, mantenendo comunque una certa distanza tra di loro.
♦ «Sì, alla perfezione. Non mi ferisco con poco, io» sottolineò, con un sogghigno che Yu [Yū, Yuu] -0,05 prese meglio di come si sarebbe aspettato: sorrise e tirò un sospiro di sollievo.
♦ Lei era l’unica persona [figura, individuo, soggetto] -0,10 della sua vita che aveva davvero amato e rispettato, forse più della sua stessa persona.
♦ Ma ciò non toglieva il fatto che, per lui, Mahiru avesse significato tanto; era stata un pezzo della sua vita e continuava ad esserlo [a esserlo] -0,05 nella sua spada.
Come indicato, gli errori “verdi” appartengono alla categoria lessicale: all’interno del primo pensiero, il frammento pigmentato viene trovato semplicemente inadatto, non commensurabile al discorso sviluppato anteriormente. Gli altri due sbagli sono delle preferenze stilistiche che —ancora una volta— vengono ritenute più idonee. Il colore arancione rappresenta le concordanze, ed esse sono già rese palesi dal loro contesto. Queste, insieme alla punteggiatura e una singola ripetizione, sono lampanti, dunque considererei brevemente i due errori di battitura rossi, riguardanti il nome proprio di Yuuichirou Hyakuya: sarebbero state ammesse le due versioni additate, ma la mancanza del macron (della vocale allungata) determina una pronuncia errata e una formulazione grammaticale incorretta. Quindi, analizzando le sbavature del testo sovrastanti, si può sommare il punteggio e ottenere un totale di -1. A ogni modo, un ulteriore 1,7 è stato sottratto per via della vaghezza del gergo presente in due asserzioni, e per la forma d’espressione, lo stile. La coppia di frasi si trova all’entrata di Yuuichirou nella storia: “passi preoccupati” dona il giusto linguaggio figurato, ma l’aggettivo stona al fianco del nome utilizzato. Seguendo, l’esposizione del ragazzo come una figura estremamente simile a Guren fisicamente non è efficace: Yuu, al contrario, non somiglia al tenente colonnello, avendo tratti infantili e una fisionomia eterogenea; in aggiunta, Guren non ha gli occhi nocciola, ma violacei. Altresì, sopraggiungendo allo stile, come suggerito in precedenza, a tratti il lettore trova delle incertezze. Queste irregolarità sono frutto di passaggi quasi imposti alla narrazione, inseriti a scopo di calcare la trama, che dopo ritornano a inceppare la lettura fino a quel determinato punto sciolta e impeccabile. La parte conclusiva della sezione centrale della storia risulta quella con maggiore disorientamento, di conseguenza derivando alla lettura come una frazione meno curata rispetto al resto del racconto per via di un fraseggio imposto, e pertanto sostenendo un’acerbità circoscritta dell’autore che sfortunatamente non porta al climax predisposto. 

Trama e originalità: 7,6/10 — benché, come esaminato nel parametro sovrastante, il testo non presenti un punto di svolta desiderato dal lettore e lo svolgimento narrativo si scioglie in maniera alquanto insipida, esso rimane uno scritto curato dal punto di vista della sua macchinazione. L’approccio dell’autore agli avvenimenti dell’opera animata è ottimo, e la storia è stata innestata dal filo narrativo originale diligentemente; allo stesso modo la struttura in sé è buona, e l’obbiettivo del brano viene raggiunto con liscezza. Non viene sottolineata nessuna peculiarità o nessuna eclatante critica da porgere, dato che personalmente non si osserva sperimentazione: questa, è una storia passiva al personaggio principale all’interno di essa —che fortunatamente innalza il giudizio generale—, senza dubbio molto più degno di lodi. Questo tratto della fan-fiction non deve essere assorbito come svantaggio, e infatti il punteggio è decisamente soddisfacente; il succo del giudizio è di descrivere una trama agevole, amalgamata allo stile che la caratterizza, originale ma allo stesso tempo non originale, che punta ad altro, più che alla sua riuscita o all’introspezione perfezionabile: indirizza al suo protagonista, a Guren.

Caratterizzazione personaggio (eventuale OOC giustificato): 9,5/10 — questo è un parametro scritto orgogliosamente, fiero di rispecchiare il personaggio complesso e accattivante —da amare e da odiare— di Guren Ichinose. Guren è difficile, estremamente difficile da riassumere in poche descrizioni, e lo rimane anche leggendo la conclusione della narrazione: è un colonnello singolare, unico, ma allo stesso tempo emana una falsa essenza, come se la sua persona fosse stata forgiata da una figura esterna. Chiaramente ci si riferisce ordinariamente a Mahiru —è quasi obbligatorio farlo— quando si espone Guren al pubblico, e anche la storia presentata tratteggia la sagoma della ragazza-demone. A ogni modo, la one-shot risulta fedele al suo protagonista e una caratterizzazione perlopiù indiretta tenta, riuscendoci, a lasciare un’impronta nel lettore con le sfaccettature di Guren trasformate in accettazione; di volere migliorare chi è o chi vorrebbe essere. Una qualità significativa che viene apprezzata in modo alquanto elevato è l’appeal nella natura di Guren; l’essere capace di attrarre l’empatia e il rispetto di non solo gli altri personaggi —secondari e non— che lo circondano e aiutano ad ampliare la sua descrizione, ma in modo particolare del pubblico, che sfoglia il manga di Owari no Seraph o che rimane sull’orlo della sedia guardando una puntata dell’anime, rimanendo in ogni caso entusiasta del modo particolare di Guren di gettarsi i capelli indietro con la mano, il suo ghigno soddisfatto e il suo passato criptico. Questi ingredienti per il successo nel creare un personaggio amato da ogni genere di individuo rimane nel brano scritto, mostrando l’ironia nei suoi dialoghi con Shinoa, la sua instancabilità volutamente spesso celata da un falso velo d’apatia, la colpa che prova, parzialmente derivata dalla sua infanzia e dal suo incredibile avere a cuore il benessere dei suoi compagni di squadra e non, di volere essere soddisfatto e anche di volere soddisfare (migliorare). Ed ecco che nonostante tutto, il punteggio non risulta pieno: la credibilità. Semplicemente questa minuzia semi-rilevante, che indica il difficile inserimento di questa storia nell’opera originale, essendo un missing moment. Il lettore non la vede, la narrazione, incastrata impeccabilmente nella trama originaria, e sarebbe maggiormente plausibile che una scena del genere sia trattata come implicita tra i numerosi avvenimenti di Owari no Seraph, succedente in periodi spezzati, lentamente, non prendendo una vera e propria scena concreta all’interno della trama. Non è un argomento da nulla e tantomeno facile di comprendonio, ma la realtà propria e immutabile dei missing moment è proprio quella di serpeggiare e incunearsi nel filo originale silenziosamente, perfettamente, e quest’opera derivata ci è riuscita quasi magistralmente. 

Utilizzo tema e citazione: 4/10 — sfortunatamente i due commenti e parametri seguenti saranno particolarmente sfavorevoli al punteggio totale, e quindi anche non analitici come sarebbero stati desiderati sia dal giudice sia —probabilmente— dall’autore, creatore della storia valutata. Stendendo parole semplici, temerariamente: il punteggio ottenuto sarebbe dovuto essere zero. A ogni modo, grazie alla scelta presa di usufruire di una citazione dell’autore giapponese Haruki Murakami, il risultato è stato innalzato (conseguendo un 3,9 su 4 punti disponibili per l’utilizzazione della frase, e 0,1 su 6 per quella dell’incipit dell’ultimo giorno), dato che l’applicazione di quello che possiamo etichettare come un acuto e immancabilmente splendido aforisma, è stato rispettato ampiamente. L’essenza di Guren è chiaramente complementare a quella di Naoko in Norwegian Wood (personaggio femminile protagonista del romanzo e colei che pronuncia la frase adoperata), essendo ella una fanciulla mentalmente fragile, che, nata in un mondo errato, cerca di aggrapparsi disperatamente alla vita, per disgrazia fallendo. Comunque, Guren Ichinose conserva un lato instabile all’interno del suo cuore, anche solo uno spicchio di debolezza che diventa un tema precipuo in questa narrazione, e —come precedentemente menzionato— riflesso dalla citazione in modo adeguato e corretto. Ora, purtroppo, l’utilizzo del tema (porzione significativa della competizione per ottenere un punteggio oltre la metà) non c’è. È evidente, esplicito, limpido: l’ultimo giorno non è presente nel testo in nessuna delle sue possibili forme e sfumature, e le conseguenze si sono manifestate con giustizia nel risultato finale; un vero peccato, non c’è dubbio.

Drammaticità: 3/10 — analogamente, la drammaticità è stata scarsamente ripresa, e non sono presenti sufficienti dettagli drammatici per una lettura degna dell’incipit e le richieste date. Anzi, al contrario, la narrazione viene scandita dal lettore come una stesura di parole impregnate di conflitto interno, sì, ma con un elemento tragico ridotto all’osso, considerando inoltre che a fine lettura, l’abbozzata sensazione angst abbandona il lettore, venendo sopraffatta da una conclusione allegra, una risoluzione sicuramente grata ma inadatta a questo contesto. La storia è basata su un combattimento psicologico, quest’idea non esattamente originale ma affascinante, e avrebbe potuto evolversi in una one-shot certamente migliore se si fossero considerate l’esigenze della discussione. Anche qua, in modo simile e spiacente, la valutazione si evidenzia come manchevole. 

Gradimento personale: 3,8/5 — se questo racconto venisse derivato negativo o insoddisfacente da qualunque lettore per quanto riguarda il mio gradimento personale (parliamoci informalmente ora, in questa sezione), risulterei io personalmente offesa. Perché la narrazione è lucida; porta con sé un protagonista unico e trattato magistralmente, dell’introspezione imperfetta ma accettabile, e un utilizzo della citazione scelta ottimo. Per questo non capisco, davvero, non riesco a comprendere perché il testo è incompleto, perché. Perché. Perché? Una distrazione, una dimenticanza, una lettura incompleta, una tua decisione, che cosa? Quale sarebbe il motivo per tale lacuna? Desidero saperlo. E, sì, la one-shot contiene maggiori parti difettose, una drammaticità carente e una trama zoppicante, ma il punteggio donato è buono perché le minuscole particolarità nel personaggio di Guren, lo stile chiaro e persino la tua giovane età mi raffigurano un autore ingenuo ma appassionato e capace di molto altro.

Titolo: 3,5/5 — come la predilezione stilistica nelle parole della storia, anche questo titolo è immediato e indipendente. È stato apprezzato, ed esso corona la storia al di sotto, facendola risplendere, anche se successivamente risulta incastrato nella memoria come una locuzione non esattamente spontanea, che più di un titolo s’accosta al lettore come una lezione di vita, per di più sfortunatamente precedentemente utilizzata in altri contesti al di fuori del tuo racconto. 

TOTALE: 38,7/60.


miku 16 ɘƨɿɘvɘɿtsundere
おしえて, blue sky!
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