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E' ANCORA VIVO, MA PENSANO CHE SIA UNA SPIA

Ultimo Aggiornamento: 09/03/2007 14:07
09/03/2007 14:07
 
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CORRIERE DELLA SERA
9 marzo 2007
Smentita la richiesta di liberare alcuni prigionieri o di ritirare le truppe
«Lo stiamo interrogando, nessuna violenza»
Intervista al portavoce dei talebani. «Non sappiamo ancora cosa chiedere per la sua liberazione». Presto sarà diffuso un video
KABUL (Afghanistan) —È vivo?
«Sì, è ancora vivo. Come sono vivi i due afghani che sono con lui».
Ha subìto violenze?
«È nelle mani di persone che sono responsabili della sua vita e resterà lì, finché non avremo indagato su tutto quello che lo riguarda. Posso assicurare che non ha subìto alcuna violenza».
Sarà una cosa lunga?
«Sarà una cosa che richiederà tutto il tempo necessario a capire la posizione di questo italiano».
Per tutti i giornalisti che s'aggirano a Talebania, questa voce è «la» voce. Kari Mohammad Yousuf Ahmadi, portaparola del mullah Omar e degl'insorti del Sud. Un guerrigliero pashtun «dall'accento di Helmand», certifica l'interprete. L'uomo che dall'inizio dell'anno ha preso il controllo della comunicazione talebana, dopo l'arresto in Afghanistan e in Pakistan degli altri due portavoce, Mohammad Hanif e Abdul Latif Hakimi: quelli di cui si vorrebbe la liberazione e che mercoledì il mullah Dadullah ha citato — «i nostri giornalisti» — nella rivendicazione del sequestro di Daniele Mastrogiacomo. Kari Ahmadi è «la» voce anche perché nessuno, a parte un paio di cronisti pakistani, l'ha mai visto in faccia: è solo un numero di satellitare da comporre incrociando le dita. A volte risponde, spesso tace. L'abbiamo chiamato anche noi, ieri alle 14.39 ora di Kabul, le 11.09 in Italia. Ha risposto e ha accettato di parlare. A una condizione: «Fate in fretta, perché se ci intercettano gli americani, ci mettono meno di dieci minuti a colpire un satellitare».
Dall'Italia dicono che non è stato ancora possibile instaurare veri contatti con i talebani che tengono imprigionato Mastrogiacomo. Da Kabul e dal Pakistan giungono altre notizie. Cosa ci può dire?
«Io non posso dire nulla dei contatti con gli italiani. È ancora presto per dire se ci sono. Al momento, stiamo continuando le indagini su quest'uomo che prima s'è definito un giornalista e poi ha confessato d'essere una spia. Nei prossimi giorni, quando sarà terminata la nostra indagine, allora potremo parlare di contatti e di queste cose».
Ma Daniele non è una spia, è solo un giornalista che stava in quelle zone per raccontare le due facce di questa storia. E non c'è nessuno che creda alla sua «confessione»...
«Noi stiamo ancora investigando. Durante un nostro interrogatorio, Daniele ha detto: io prima ero un giornalista, ma ormai da due anni lavoro come spia...».
Non è credibile...
«Ha detto: io sono venuto qui perché qualcuno mi ha mandato a fare una relazione e a incontrare qualche comandante mujaheddin (è come i combattenti talebani preferiscono farsi chiamare, ndr). Ha confessato: è una spia che lavora per gli inglesi. Si trovava in questa zona proprio lunedì, quando gli inglesi hanno cominciato la loro offensiva».
Avete anche detto che era inglese, ma poi avete capito che era un errore.
«All'inizio, alla prima indagine, abbiamo visto che era nato in Pakistan. Per questo pensavamo che fosse d'origine inglese. Ma dopo qualche ora, è stato tutto chiaro».
Com'è stato catturato?
«Si trovava nel distretto di Nad Ali, nella provincia di Helmand, con due afghani. Non so se ha reagito. Non so neanche che tipo di macchina avesse. Queste cose le sa il mujaheddin responsabile di quell'area, che l'ha arrestato con una videocamera, un telefono satellitare e un computer».
Oggi è stato interrogato?
«Credo di sì. L'indagine va avanti. Le persone che sono responsabili dell'interrogatorio probabilmente vogliono continuare anche dopo la preghiera del venerdì. Ma di questo non posso essere sicuro».
Cosa volete per liberarlo?
«Noi non abbiamo chiesto di liberare i nostri portavoce arrestati. Chi ha messo in giro questa notizia? L'ho letta su Internet, ma è falso: non abbiamo ancora chiesto nulla. Neanche il ritiro dei soldati italiani in Afghanistan. Non abbiamo ancora un piano. Decideremo più avanti».
Daniele ha una moglie e due figli: vi ha chiesto di mandare un messaggio?
«Non posso rispondere a questa domanda. Stiamo discutendo anche su questo punto».
Ci sarà un video?
«Sì, stiamo preparando un video e faremo parlare l'italiano. Più avanti, lo diffonderemo».




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Roma | 8 marzo 2007
Farnesina: vogliamo la prova che Mastrogiacomo sia vivo


Uno spiraglio e un elemento di preoccupazione nel rapimento dell'inviato della Repubblica Daniele Mastrogiacomo, mentre a Roma si tiene una manifestazione di solidarietà. "Ci è sembrato giusto spostare parte dell'iniziativa in Campidoglio ed esporre -spiega ancora Veltroni- la fotografia di Daniele Mastrogiacomo, come abbiamo fatto in passato in casi simili. Finora queste iniziative hanno sempre portato fortuna agli ostaggi, speriamo che questo accada di nuovo". In una dichiarazione all’agenzia di stampa Dpa, il portavoce dei talebani, Kari Mohammad Yousif Ahmadi, ha detto che “i vertici non hanno ancora deciso la sua sorte".

Il reporter è stato fermato due giorni fa nella provincia di Helmand, insieme al suo autista e all'interprete, due afghani.

"Il prigioniero ha confessato" di essere una spia dei militari britannici, ha aggiunto Ahmadi, ribadendo le dichiarazioni attribuite ieri al Mullah Dadullah, leader militare dei Talebani.

Lo stesso Mohammed Yousef avrebbe riferito all'agenzia di stampa islamista online 'Islammemo' i contenuti della presunta confessione di Daniele Mastrogiacomo ai rapitori. "Al termine degli interrogatori e delle indagini - avrebbe detto il portavoce dei talebani - il giornalista e i suoi due collaboratori afgani saranno giudicati dal "Consiglio del Comando dei Mujaheddin", e "trattati di conseguenza". Così scrive il sito, in arabo 'Mufakkirati al Islam'

"Per quanto riguarda il destino della spia britannica e i suoi collaboratori afgani - si legge nell'articolo - Mohammed Yousef, portavoce del movimento dei talebani, ha svelato al corrispondente di Islammemo che i mujaheddin della sezione d'intelligence hanno interrogato il sedicente britannico 'Danikel' (così è riportato in caratteri latini il nome del giornalista nel testo)".

"Nelle sue confessioni - si legge ancora - la spia ha detto: 'Due anni fa sono arrivato nella citta' pachistana Peshawar e lavoravo per conto di un giornale italiano, 'Laripublic'. Ma quando sono arrivate le truppe britanniche nella provincia di Helmand, mi hanno portato qui con loro, utilizzandomi per attività di spionaggio sotto la copertura di giornalista".

Il portavoce talebano avrebbe poi detto all'interlocutore che "gli arrestati all'inizio si erano qualificati come giornalisti, ma dopo le indagini e gli interrogatori, è emerso che il britannico in questione è un militare venuto nella zona per spionaggio".

"Dopo la fine degli interrogatori e delle indagini - avrebbe detto Mohammed Yousef a Islammemo - gli ostaggi, saranno trattati in base alle sentenze del Consiglio del Comando dei Mujaheddin".

Dal ministero degli Esteri italiano, il capo dell'Unita' di Crisi, Elisabetta Belloni", ha detto che prima di avviare un negoziato per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo serve "una prova in vita" dell'ostaggio.

"Si parlerà di credibilità di fonti, elementi e segnali, e di negoziato quando ci saranno indicazioni più precise. Non esclusa naturalmente la prova in vita dell'ostaggio, e che chi riferisce gli elementi abbia effettivamente accesso" al
giornalista di Repubblica.




INES TABUSSO
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