PANORAMA
26 gennaio 2006
L'Italia (alle vongole) che ci piace
di Giuliano Ferrara
Noi, individualisti selvaggi, diciamo no alla sinistra che vuole toglierci le merendine.
Non è vero che solo la sinistra disponga di maschere per la commedia. Certo le ha, sono un campionario vario e succoso. I giornalisti giacobini, codini, reazionari e anche progressisti, i Travaglio e i Gomez. Lavorano di buona lena, sfornano un libro all'anno o anche due, attaccano, mordono, compilano mattinali, si divertono a fare un gran lavoro di linciaggio a tutto tondo, contro il nemico e gli amici del nemico, il fronte interno, questo è buono questo no, questo è mafioso e questo inattaccabile.
Poi ci sono gli intellettuali, e quelli pubblicano riviste come Micromega o Diario, e poi fanno dvd di denuncia, imitano Michael Moore, inventano campagne culturali contro ogni tipo di oscurantismo, mobilitano risorse e quattrini, offrono dignità colta e salottiera a tutti coloro che si arruolano sul fronte della battaglia delle idee, e fanno tutto questo ciascuno con la propria vena, divertendosi un mondo nell'accanimento verso l'avversario.
Poi c'è la sinistra televisiva e della satira, che chiagne e fotte, passa di successo in successo, affolla i teatri e compita blog fichissimi, ora torna anche Michele Santoro e c'è un'intera coalizione politica, un intero consiglio di amministrazione che si preoccupa di procurare le giuste risorse per l'evento elettorale in tre tempi al Conduttore Unico delle Coscienze, ma dietro l'angolo c'è l'astuto Fabio Fazio, con la sua grazia che è pura demagogia, veltronismo televisivo all'ennesima potenza.
Fanno tutto loro, le maschere della commedia impareggiabili e sempre in azione sulla scena unica: devastano Silvio Berlusconi e i suoi, ma attaccano anche Massimo D'Alema, selezionano nella classe dirigente del futuro partito democratico, dannano Claudio Petruccioli e Francesco Rutelli, risparmiano Romano Prodi, ipotecano altre carriere e profili di immagine, stanno con i magistrati d'assalto ma tengono lezioni di garantismo nelle occasioni giuste, e poi trovano il tono colloquiale idoneo per ospitare i buoni tra i nemici, per dividere, sputtanare e innalzare chiunque in base al precetto della doppia verità di Furio Colombo: ragazzi, fino adesso abbiamo scherzato con l'intransigenza, ma ora bisogna battere Berlusconi, punto e basta, e chissenefrega della questione morale, attenti a non innescare una bomba Unipol che ci esploda in faccia.
E dall'altra parte? Ciascuno per sé, trionfano l'individualismo selvaggio, il sarcasmo e l'autosarcasmo, trionfa l'autodifesa personale o di piccolo gruppo, si vede che non c'è regia, non c'è solidarietà, non c'è orgoglio anche autoironico, orgoglio per così dire liberale, non sussiegoso, non ideologico. E vabbè, saremo sciamannati, ci piace il Cav. E non ci piace Romano Prodi, che con la moglie intende toglierci le merendine e metterci tutti in fila alla mensa dossettiana. Ma tutto resta per così dire inespresso.
Da cinque anni l'unica maschera della commedia, a destra della sinistra, è Berlusconi e sempre e solo Berlusconi. Il Foglio ha fatto il suo lavoretto sopraffino e solitario, frondista e a volte incazzoso, sdraiato sui grandi temi della guerra e della pace, della politica estera e di sicurezza, e poi la vita, il nichilismo, la secolarizzazione, Dio nella vita pubblica, Israele, l'America: sogni a occhi aperti. Il Giornale e Libero sparano con efficacia il loro giornalismo popolare, sposano cause alle quali associano un sacco di lettori, si spiegano bene, nella fioritura del breve e del sapido che è tipica di un certo giornalismo oratorio, di battaglia, che si consuma in fretta e si rinnova ogni giorno, senza pretese enciclopediche, dando al lettore la biada che gli serve per continuare a galoppare con la testa e con il cuore.
Poi ci sono le riviste, «Ideazione» e il «Domenicale e Liberal», e fanno anche loro un buon lavoro di scavo, organizzano le idee, sperimentano firme e analisi e traducono testi importanti, dicono cose eccentriche rispetto alle verità obbligate, dominanti. Fenomeno isolato e totale, lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco, l'unico scrittore giovane che non sia un giovane scrittore e che occupi la classifica dei meglio venduti con storie che non riguardano i sentimenti morbidi da libreria Feltrinelli, le pretese minimali dell'identità di gruppo. Ma nessuno è associabile con gli altri, per noi berluscones niente Ambra Jovinelli, niente cabaret, nessuna aura di teatro e nessun soffio di vita.
Infine c'è tutto un mondo allegro, solare, legato alla tv e al calcio, magari a volte sguaiato, volgarotto, ma di buona pasta: soubrette, satirici bagaglineschi, attori, deputati e senatori colti, sofisticati, spiritosi, personalità capaci di gigioneggiare e filosofare sul dettaglio e sul tutto come un Guzzanti, un Baget Bozzo, un Jannuzzi, un Contestabile, un Rossella.
Ma tutta questa Italia alle vongole che non ha avuto paura di sporcarsi, impataccarsi, impiastricciarsi nel berlusconismo, questa Italia cinica e sentimentale che per i censori e i moralisti dell'avanspettacolo di sinistra è fatta di servi del potere, di zoccole, di gente a libro paga pronta a saltare su qualsiasi carro del vincitore, vive in realtà nella frustrazione, nell'opaca ombra delle maschere della commedia di sinistra, che la surclassano. Ora siamo al dunque, siamo alla frutta, siamo alla vigilia di una probabile catastrofe del berlusconismo: vogliamo dare una piccola testimonianza finale del fatto che siamo la parte sbagliata del Paese, siamo nel pieno dell'inferiorità morale, ma siamo qualcosa, vogliamo fare almeno un'adunata delle vongole?
INES TABUSSO