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Su Compoidori: semidio di Primavera

Ultimo Aggiornamento: 27/12/2006 19:03
15/12/2006 02:11
 
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Spero che la sezione sia quella giusta.. [SM=g27828]


I tamburi rullano incessantemente, il cavaliere ha indosso la Maschera di un Dio misterioso e impugna la spada tenendola dritta davanti a sé. Si leva in piedi sulla sella mentre il cavallo sfreccia a perdifiato sulla pista, al galoppo sfrenato. Pochi secondi dopo, il boato del pubblico accompagna la punta del fioretto che infilza la stella. È fatta. La gente acclama Su Cumpoidori ed esulta davanti a quel trofeo mostrato con orgoglio e vanto.

Tutto inizia il 2 febbraio, giorno della Candelora. È così che l’ultima domenica e il martedì di Carnevale, ogni anno, Oristano diventa capitale della Sardegna. C’è la Sartiglia. Festa dai mille simboli, festa della magia, della prosperità e della miseria, del dolore e della speranza.

Da Via Sant’Antonio, passando per il Duomo, sino a Via Vittorio Emanuele e Piazza Mannu, un fiume di persone, provenienti dalle città e dai paesi di tutta l’isola, si accalca ai bordi di un tracciato di terra e paglia. Ad ogni edizione, su quel percorso pestato dagli zoccoli dei cavalli si riversano secoli di storia. E un fragore di urla e applausi guida le gesta del cavaliere, quando la spada trafigge la stella.
La Sartiglia non è una semplice celebrazione dei riti carnevaleschi, non è nemmeno la riproduzione di una giostra medioevale, né una mera esibizione di audaci e aitanti cavalieri. Dentro la Sartiglia convivono elementi di tradizione e cultura tramandati da centinaia d’anni. In questa manifestazione, che ad Oristano è vissuta con intensità emotiva indescrivibile sin dai tempi del Giudicato d’Arborea, sopravvivono probabilmente alcuni degli aspetti più interessanti e inesplorati della ritualità pagana, contaminata dai cerimoniali di origine cristiana.

È certamente il Carnevale più spettacolare e più coreografico della Sardegna. Ricordi sfumati di duelli e Crociate, colori spagnoleschi, echi di nobiltà decaduta e costumi agro pastorali si sovrappongono come se le sequenze di un film fossero state montate a casaccio.

Che cosa significa il nome Sartiglia o Sartilla (come si diceva un tempo a Oristano)? Il vocabolo deriverebbe dal castigliano Sortija (in sardo sortilegio), che a sua volta ha origine dal latino sorticola, anello, diminutivo di sors, fortuna. Nel significato c’è veramente il senso della gara che è sì una corsa all’anello, alla stella, ma anche una festa legata alla sorte. Un evento nel quale è facile rintracciare reminiscenze di antichi riti agrari attraverso i quali i popoli chiedevano agli Dei la fertilità della terra e l’abbondanza del raccolto.

Le usanze stratificate nel tempo fanno da contorno all’unico vero protagonista, al Re della Sartiglia: Su Cumpoidori e la sua maschera androgina. È lui il Signore della Festa. Uomo e donna al tempo stesso, né femmina né maschio, Su Cumpoidori nasce nel corso di una vestizione pubblica, celebrata da ragazze bellissime che indossano costumi antichi. La Sartiglia comincia proprio così, con la vestizione del Capo Corsa, uno dei riti più impenetrabili della tradizione sarda.
Sono i due Gremii a scegliere e selezionare chi, tra tanti aspiranti, vestirà i panni di Su Cumpoidori. C’è un antico rituale che viene rispettato. E raggiunge il suo culmine nella vestizione del Capo Corsa, il giorno della gara. Un rito denso di sacralità, perché Su Cumpoidori deve essere forte, puro e coraggioso, deve diventare un sacerdote della fecondità, la cui purezza è legata — nella vigilia della Sartiglia — alla confessione e alla comunione.

Il Cavaliere è vestito su un tavolo, un vero e proprio altare, allestito nella casa de S’Oberaju Majori, il responsabile del Gremio, dove abbondano grano e fiori. Da quel momento, Su Cumpoidori non può più toccare terra.

Qualunque contatto diretto con la Grande Madre deve essere evitato perché egli conservi la purezza necessaria a gareggiare e vincere.
A vestire il Cavaliere ci pensano Sas Massaieddas, giovani fanciulle in costume, vergini, guidate dalla loro maestra Sa Massaia Manna. Al Capo Corsa non è nemmeno consentito di toccare gli abiti. È una vera funzione, un rito lungo seguito in silenzio da un numero ristretto di persone.

Alla fine, Su Cumpoidori esce vestito con in capo un cilindro nero, la mantiglia, una camicia ricca di sbuffi e pizzi, il gilet e il cinturone di pelle. Un po’ grottesco, a prima vista. Ma c’è la maschera, bianca, sul volto incorniciato da una fasciatura con fazzoletti di seta, a scompigliare lo sguardo del neofita. L’espressione profonda di questa maschera trasforma Su Cumpoidori, lo rende inavvicinabile, inarrivabile. Da quel momento in poi, sino alla fine della corsa, il Cavaliere diventa un semidio sceso tra i mortali per dare loro buona fortuna e mandare via gli spiriti maligni.
A lui viene consegnata Sa Pippia de Maju (la bambina di Maggio), un fascio di pervinca avvolto in panno verde su cui è innestato un doppio mazzo di viole, simbolo della fertilità e della primavera.

A conclusione della gara, il Cavaliere agiterà Sa Pippia all’indirizzo della folla, impartendo la benedizione.
Nel locale viene quindi fatto entrare il cavallo e Su Cumpoidori deve montare in sella, badando sempre a non toccare terra. L’uscita dalla casa è festosa e il Cavaliere si avvia, con i suoi vice Capi Corsa, Su Segundu e Su Terzu Cumpoi, verso il percorso della Giostra.

I rituali non sono ancora finiti. Il corteo raggiunge Sa Xea Manna dove è sospesa la stella. Ed il Capo Corsa vi passa sotto tre volte, incrociando la spada con Su Segundu. Gli squilli di tromba e il rullare dei tamburini danno il segnale di via libera. La Giostra può cominciare.

A Su Cumpoidori spetta il compito di aprire la Corsa alla Stella. Poi toccherà ai suoi vice e infine ad altre decine e decine di cavalieri. Dal numero delle stelle infilate dipenderà l’andamento dell’anno in corso. Alla fine, il Capo Corsa e i suoi due vice proveranno ad infilzare la stella con Su Stoccu, un’asta di legno lavorato. Prima delle acrobatiche e spericolate Pariglie, che regaleranno emozioni e paure sino al tramonto, Su Cumpoidori dovrà tenere fede ad un ultimo rito, Sa Remada, con il Cavaliere costretto a percorrere di corsa la pista disteso di schiena sul dorso del cavallo.
Solo allora la Sartiglia potrà essere dichiarata conclusa e il rito definitivamente consumato.

Ma sarà una semplice pausa. In attesa dell’edizione successiva, quando ancora una volta la folla si identificherà in quell’eroe, uomo e donna insieme, protagonista di una cerimonia pagano - cristiana che continua a ripetersi inalterata da secoli, forse da millenni.



Per ulteriori informazioni e fotografie:

www.sartiglia.org/sartiglia2005anteprima.htm
www.sartiglia.org/uomodio.htm
Fonte:http://www.sardi.it/sardegna/sartig1.htm



Scylla...
Piccola stella immensa, figlia della Luce, figlia della Luna, dell'eternità.
Contate il biondo rame dei miei capelli,
perdetevi nelle pieghe della candida pelle
percorrete mille e mille volte
le curve dei miei seni e degl'esili fianchi.
Mentre la tutto cambia, nell'immobilità della natura,
non avrete ancora carpito il mio segreto.


Amministratrice di "L'Antica Magione di Scylla"

[Modificato da )O(ScYLLa)O( 15/12/2006 2.22]

15/12/2006 10:57
 
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interessantissimo davvero Scylla!
Adesso me lo stampo e me lo leggo con più calma ma questa figura che lega donne e uomini mi affascina molto, non vorrei dire blasfemie non avendo letto tutto l'articolo ma mi ha fatto pensare un po' a Dioniso.
Grazie davvero!




15/12/2006 13:44
 
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No Valerie tutt'altro, hai detto una cosa giustissima..praticamente tutte le tradizioni sarde sono fondate sul culto dionisiaco e quello delle acque, sto cercando di documentarmi e scavare sotto la crosta sedimentatasi in seguito all'avvento del cristianesimo e sto trovando una rete di simbolismi pagani bella fitta!
La mia Terra mi sta dando un sacco di soddisfazioni [SM=g27828]
Comunque se c'è qualche termine sardo non chiaro chiedete pure sarò lieta di spiegarlo per benino [SM=g27822]


Scylla...

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[Modificato da -Acqua- 02/11/2007 22:40]
26/12/2006 12:50
 
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Che meraviglia! Questo brano è interessantissimo e devo dire che più leggo riguardo alla Sardegna, più ne rimango affascinata. E' una terra piena di antiche tradizioni e misteri...un giorno vorrei proprio visitarla per bene.

Grazie mille Scylla!
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