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una vita tra le righe dello schermo...

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2005 14:08
16/11/2005 14:08
 
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Terrore e Raccapriccio
DA UOL:

Age addio, la nostra storia in una battuta
di Alberto Crespi

Se voleste vedere quanto era bello ed elegante, togliete dagli scaffali due film molto amati: La terrazza di Ettore Scola e Ecce Bombo di Nanni Moretti. Sono le uniche apparizioni di Age come attore. Nel primo era uno dei tanti «intellettuali di sinistra» che popolavano la terrazza/salotto raccontata da Scola, e che naturalmente lui stesso aveva contribuito a sceneggiare. Nel secondo era uno dei professori che interrogavano gli studenti nella più stravagante maturità mai mostrata sullo schermo. Per il resto, la memoria di Age è consegnata ai 120 film che ha scritto, molti in coppia con l’amico Furio Scarpelli.



Già, Age & Scarpelli: come dire Coppi & Bartali, Alemagna & Motta, Mazzola & Rivera, pane & marmellata. La coppia principe della commedia all’italiana. E anche qualcosa, anzi molto, di più.

Ma atteniamoci ai fatti. Age, nome d’arte di Agenore Incrocci, nasce a Brescia nel 1919. La sua è una famiglia di artisti (la brava attrice Zoe era sua sorella) e questo gli regala un’infanzia girovaga. Studia giurisprudenza, senza grande entusiasmo, e comincia a scrivere per la radio e per il varietà.

Per ricordare la sua grandezza basterà, in prima battuta, un elenco di titoli: I soliti ignoti, La grande guerra, Tutti a casa, Divorzio all’italiana, A cavallo della tigre, La marcia su Roma, Il mafioso, I compagni, I mostri, Sedotta e abbandonata, L’armata Brancaleone, Straziami ma di baci saziami, Riusciranno i nostri eroi.... Vi bastano? A noi ne basterebbe anche uno solo, di questi capolavori, per consegnare ai posteri la genialità di Age & Scarpelli.

Beh, sono solo i titoli incastonati tra il 1958 e il 1968, e nemmeno tutti: in quello stesso decennio d’oro Age & Scarpelli scrivono anche un seguito di se stessi (Audace colpo dei soliti ignoti, affidato a Nanni Loy), buttano giù una sciocchezzuola come Totò e Peppino divisi a Berlino, collaborano al western di Sergio Leone Il buono il brutto e il cattivo che ci è sempre sembrato la versione western dell’Armata Brancaleone (anche se pare che del loro lavoro, nel film finito, quasi nulla rimanga), creano il magistrale meccanismo del Mattatore al servizio di Gassman, lavorano di nuovo per Totò in Risate di gioia...

E, ripetiamo, è solo un decennio: ci sono tanti film anche prima, e anche dopo. Il primo film del quale Age firma il soggetto è I due orfanelli di Mario Mattoli, nel ’47. E negli anni ’50 c’è un sacco di lavoro per Totò: Totò cerca casa, Totò Tarzan, 47 morto che parla, Totò sceicco, Totò terzo uomo...

C’è, insomma, la stagione più gloriosa del cinema italiano, quella in cui l’industria è fiorente e i film si sfornano a getto continuo. Gli sceneggiatori lavoravano spesso in squadra, passandosi i film l’uno con l’altro: sono gli anni in cui spesso, alla voce «sceneggiatura», trovi 7 o 8 nomi e qualcuno di loro veniva messo lì per fargli guadagnare qualcosa. E sono gli anni in cui nascono le grandi coppie: Age & Scarpelli, appunto, ma anche Ettore Scola & Ruggero Maccari, Leo Benvenuti & Piero De Bernardi (oltre ai grandi solitari come Sonego, Amidei, Vincenzoni). La commedia è una gioiosa macchina da guerra: il vero «ufficio» di tutti costoro è la storica trattoria romana da Otello alla Concordia, in via della Croce, dove tutti si ritrovano a cena e si scambiano frizzi e lazzi che spesso finiscono, con lievissime variazioni, nei film.

È una grande bottega rinascimentale in cui Age & Scarpelli ben presto si impongono come i Raffaelli della situazione: scindere il loro rapporto rimarrà per sempre impossibile anche per loro scelta, nè Age nè Furio confesseranno mai se una certa battuta (che so, «sarai mondo se monderai lo mondo» nell’Armata Brancaleone o «semo l’anima de li mortacci tua», esordio cinematografico della parolaccia romanesca per antonomasia, in La grande guerra) era di uno o dell’altro. E non per vezzo, ma perchè proprio non lo sapevano più: registi come Risi, Monicelli, Comencini e Scola davano il loro decisivo apporto ai copioni, tanto quanto attori fenomenali come la solita cinquina Sordi/Manfredi/Gassman/Tognazzi/Mastroianni e tanti altri, per non parlare di Totò prima di loro. Quel poco che, negli anni, si è riuscito a strappare, a loro e agli altri geni di quel tempo, è che nella coppia Scarpelli fosse più «narratore» e Age più «battutista», ma non è detto che fosse sempre così. Ad esempio, è noto che Tutti a casa, un capolavoro assoluto di Comencini, si ispirasse a tutto quello che era successo proprio ad Age, dopo l’8 settembre (in realtà la sua esperienza bellica fu ancora più ingarbugliata dell’avventura del tenente Innocenzi interpretato da Sordi: combattè in Francia, fu prigionierio dei tedeschi, scappò, finì nell’esercito americano).

Ecco, proprio Tutti a casa ci dà il destro di iniziare un discorso apparentemente «in calando», che però avrà, vi avvertiamo, una conclusione quasi scandalosa. Nella filmografia di Age, che pure inizia a bazzicare il cinema nel ’47, manca completamente il neorealismo. Eppure, lui e Scarpelli riversano nelle commedie tutta l’Italia di quegli anni: la sua vitalità, la sua cialtroneria, la sua irresistibile voglia di risollevarsi dai disastri della guerra. Sì, è vero: mentre De Sica gira Umberto D loro scrivono I tre corsari, quando Visconti realizza Senso loro sono occupati a Casa Ricordi.

Ma se mettete in fila i loro 120 film, c’è veramente tutta la commedia umana che si è dipanata in Italia dal ’45 in poi, e c’è anche la memoria, la riflessione sugli snodi della storia italiana, di cui Tutti a casa – l’unico, vero, grande film sull’armistizio e su ciò che esso significò non solo nello svolgimento della guerra, ma anche nella formazione del carattere italico del dopoguerra – è un altissimo esempio. Questo ci spinge ad affermare che Age & Scarpelli – più di Calvino, più di Pavese, più di Guareschi, più di Moravia – sono stati i grandi narratori che l’Italia del dopoguerra desiderava, e che spesso non trovava nei letterati colti e rispettabili. Ne segue un corollario: che il cinema, almeno per trent’anni (secondo noi il punto di arrivo, e di non ritorno, è C’eravamo tanto amati, altro capolavoro – di Scola, stavolta – scritto da loro), è stato la vera Arte di questo paese.

Ma Age & Scarpelli non sono stati grandi perchè il cinema era grande: era il cinema, ad essere grande grazie a loro. Al caro vecchio Furio, che oggi si sente, ne siamo sicuri, terribilmente solo, vorremmo inviare un grande abbraccio: non di condoglianza, nè di pietà, ma di ringraziamento. Per averci regalato, insieme al suo amico, i migliori film della nostra vita.
Conoscere le nostre paure è il miglior metodo per occuparsi della PAURA degli altri.
(Carl Gustav Jung)

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