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LA SOPRAELEVAZIONE DI EDIFICI

Ultimo Aggiornamento: 21/03/2005 19:54
21/03/2005 19:54
 
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di Gaetano Palmieri

LE NORME

Art. 1127 c.c.

Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.

La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono.

I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.

Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.
COSA S'INTENDE PER SOPRAELEVAZIONE

Recenti e meno recenti tragici fatti di cronaca suggeriscono di evitare accuratamente di sopraelevare edifici che non siano stati appositamente costruiti in vista dell'elevazione di nuovi piani: la sicurezza di persone e cose, infatti, non può essere subordinata a nessun'altra ragione. Tuttavia, anche se le condizioni statiche dell'edificio non consentono la sopraelevazione, è possibile realizzarla ugualmente, provvedendo alle necessarie opere di consolidamento; i condomini, però, devono essere tutti d'accordo e prestare quindi il loro consenso (Cass. 26/5/1986, n. 3532).

Ma vediamo innanzitutto cosa debba intendersi per sopraelevazione dal punto di vista giuridico.

La Cassazione, con sentenza n. 1697 del 16/3/1982, ha stabilito che per sopraelevazione dell'edificio non s'intende la semplice costruzione oltre l'altezza precedente di questo, ma la costruzione di uno o più nuovi piani (o di una o più nuove fabbriche) sopra l'ultimo piano dell'edificio, quale che sia il rapporto con l'altezza preesistente; a maggior ragione non si può parlare di sopraelevazione nel caso di modifiche solo interne, contenute negli originari limiti strutturali del fabbricato: per es. trasformazione di sottotetto in unità abitabile (Cass. 23/1/1983, n. 680). Il concetto di "nuova fabbrica" è stato fra l'altro individuato dal Tribunale di Bologna (sentenza del 24/6/199[SM=g27989] nella trasformazione, da parte di un condomino, del tetto in terrazza "in trincea" (così chiamata perché delimitata da muri), con conseguente applicazione della normativa sulla sopraelevazione. Al contrario, il Tribunale di Piacenza (sentenza dell'8/11/2000) ha considerato questo tipo d'intervento non rientrante nel diritto di sopraelevazione me alterazione della cosa comune ai sensi dell0'art. 1102, primo comma, c.c.

Qualora s'intenda sopraelevare per più piani, questi possono essere edificati anche in tempi diversi, sempre che la sopraelevazione sia giuridicamente e tecnicamente possibile.

Vediamo ora quali sono, al di là della preclusione rappresentata dalla stabilità dell'edificio, gli altri elementi che possono impedire o limitare l'esercizio del diritto di sopraelevazione.
L'ASPETTO ARCHITETTONICO DELL'EDIFICIO

Se non vi sono controindicazione riconducibili alla stabilità del fabbricato, il primo ostacolo alla sopraelevazione è rappresentato dall'esigenza di rispettare l'aspetto architettonico dell'edificio; aspetto architettonico da non confondere con un concetto analogo: quello di decoro architettonico.

Il concetto di decoro architettonico è previsto dal secondo comma dell'art. 1120 c.c. con riferimento alle innovazioni ed è, per la Cassazione (sentenza n. 8731 del 3/9/199[SM=g27989], "l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato e gli imprimono una determinata, armonica, fisionomia". Il concetto di aspetto architettonico, invece, è previsto dal terzo comma dell'art. 1127 c.c. appunto con riferimento all'esercizio del diritto di sopraelevazione e coincide, sempre secondo la Cassazione (sentenze n. 8861 del 28/11/1987 e n. 1947 del 27/4/1989), con la "caratteristica principale insita nello stile architettonico dell'edificio". In particolare, il pregiudizio per l'aspetto architettonico che deve evitare chi sopraeleva l'edificio, è costituito dal "danno estetico che si risolve in un danno economico anche per l'edificio che sia privo di decoro" (Cass. 24/10/1978, n. 4804), per cui l'adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente, comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell'aspetto architettonico complessivo. Ciò non significa che la parte sopraelevata debba necessariamente avere le stesse linee architettoniche di quella preesistente, l'importante essendo che non si pregiudichi il decoro dell'edificio o non se ne peggiori l'aspetto esterno secondo il comune senso estetico (Cass. 9/4/1980, n. 2267). A riguardo è determinante la maggiore o minore visibilità dell'opera; infatti, se essa è visibile solo da lontano o da particolari posizioni, è da considerarsi legittima (Cass. 24/10/1978, n. 4804). Alterazione dell'aspetto architettonico è stata ravvisata, per esempio (Cass. 14/7/1988, n. 4613), nella diversa composizione dei materiali utilizzati, nella minore altezza del nuovo piano rispetto ai preesistenti, nel tipo di copertura e di finestratura. Non è detto, poi, che la sopraelevazione non possa riguardare soltanto una parte della superficie dell'edificio, se ciò non ne pregiudica l'aspetto architettonico (Cass. 3/1/1966, n. 2[SM=g27989].
LE ALTRE REGOLE DA OSSERVARE

Nell'effettuare la sopraelevazione si può essere tentati di costruire in aggetto rispetto al perimetro dell'edificio; ciò non è consentito se le opere, per struttura ed estensione, compromettono l'equilibrio degli interessi dei condomini (Cass. 12/10/1971, n. 2873); lo stesso dicasi se si tratta di occupare lo spazio sovrastante un cortile comune al proprietario di un edificio contiguo (Cass. 26/2/1976, n. 624).

La sopraelevazione comporta l'inevitabile modifica della scala comune, con la conseguente possibilità di procedere alle indispensabili demolizioni e alle successive ricostruzioni a livello più elevato (Cass. 9/12/1980, n. 6362). Non è comunque consentito occupare con la nuova costruzione parte dell'area sovrastante la scala comune al proprietario di un appartamento ubicato su una verticale diversa, salvo che dal titolo non risulti il contrario (Cass. 30/1/1979, n. 669).

La sopraelevazione dev'essere infine realizzata in modo che gli altri condomini possano continuare a godere della parti comuni dell'edificio senza aggravio. E' stata per esempio ritenuta illegittima la sopraelevazione in seguito alla quale i condomini, che prima accedevano al lastrico solare dalla scala comune, erano costretti ad attraversare un locale di proprietà di chi aveva attuato la sopraelevazione per accedere al nuovo lastrico (Cass. 15/3/1976, n. 939).
IL REGOLAMENTO PUO' VIETARLA

In genere, per evitare fastidi e responsabilità ai condomini, è il regolamento a limitare o a vietare la sopraelevazione dell'edificio; deve però trattarsi di regolamento di tipo contrattuale, ossia approvato o accettato da tutti i condomini negli atti di acquisto (Cass. 6/12/2000, n. 15504).

Un regolamento del genere vincola anche gli acquirenti dei singoli appartamenti, indipendentemente dalla trascrizione presso la Conservatoria dei registri immobiliari, qualora essi, nell'atto di acquisto, facendo espresso riferimento al regolamento, dimostrino di esserne a conoscenza e di accettarne il contenuto (Cass. 14/1/1993, n. 395). In precedenza (sentenza n. 5958 dell'11/11/1982) la Cassazione aveva stabilito che il divieto di sopraelevazione contenuto nel regolamento contrattuale è opponibile al terzo acquirente del bene su cui esso grava (nel caso di specie si trattava di una terrazza di copertura dell'edificio condominiale), una volta trascritto il titolo che lo prevede, a nulla rilevando la sua mancata riproduzione nell'atto di trasferimento di detto bene.

Il divieto di sopraelevare può anche derivare da un accordo sottoscritto da tutti i condomini, volta a costituire una servitù a carico dell'unità immobiliare il cui proprietario ha il diritto di sopraelevazione, servitù assimilabile a quella di non aedificandi, ossia di non costruire (Cass. 28/1/1983, n. 805).
A CHI SPETTA IL DIRITTO

L'art. 1127 c.c. dispone che il diritto di sopraelevazione spetta al proprietario dell'ultimo piano e al proprietario esclusivo del lastrico solare; questa norma, però, ha carattere dispositivo e non osta, quindi, a che un titolo contrattuale attribuisca il diritto di sopraelevazione a un condomino diverso da quello in essa considerato, stabilendo anche che la medesima facoltà debba esercitarsi, a pena di decadenza, entro un certo termine. In tale ultima ipotesi, decorso inutilmente il termine riprende vigore la disciplina legale dell'art. 1127 (Cass. 24/5/1968, n. 1593).

Nulla vieta, poi, che l'avente diritto alla sopraelevazione conservi la proprietà dell'appartamento o del lastrico solare per cedere a terzi il diritto di sopraelevazione, o trasferisca la proprietà dell'appartamento o del lastrico solare per conservare il diritto di sopraelevazione (Cass. 29/5/1971, n. 1633); nel secondo caso, però, per rendere la riserva del diritto opponibile ai terzi ed agli aventi causa del primo acquirente, è necessario curare la trascrizione dell'atto presso la Conservatoria dei registri immobiliari (Cass. 14/11/1997, n. 11250).

Se i proprietari del lastrico solare sono più d'uno, salvo che da un titolo risulti il contrario, il diritto di sopraelevazione spetta a ciascuno di essi sulla parte di lastrico solare sovrastante la rispettiva proprietà (App. Perugia, 18/11/1964).

Può anche accadere che sopra l'ultimo piano vi sia una soffitta appartenente a un proprietario diverso da quello dell'ultimo piano. Nel qual caso il diritto di sopraelevazione spetta al proprietario della soffitta, poiché è questa che dev'essere considerata come "ultimo piano" ai sensi dell'art. 1127 c.c (Cass. 28/11/1978, n. 560[SM=g27989]; il proprietario dell'ultimo piano, infatti, può sopraelevare solo nel caso in cui sopra il suo appartamento vi siano manufatti di proprietà comune (come il tetto o il sottotetto non praticabile), che possono essere spostati al termine della sopraelevazione.

Chi esegue la sopraelevazione può sostituire il tetto con il lastrico solare, a condizione che non arrechi danni agli altri condomini (Cass. 17/1/1968, n. 114).

I muri che delimitano uno o più piani derivanti dalla sopraelevazione sono considerati comuni e di conseguenza alle spese di manutenzione sono tenuti a concorrere tutti condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà (Cass. 19/5/1978, n. 2475).

Il diritto di sopraelevazione è imprescrittibile, nel senso che lo si può esercitare quando meglio si ritiene, a meno che, come abbiamo visto sopra, non vi sia un titolo (per es. contratto) che preveda un termine riferito a un soggetto diverso da quelli indicati dalla legge. Quello che si prescrive è il diritto di opporsi alla sopraelevazione invocando l'alterazione dell'aspetto architettonico dell'edificio (non è invece possibile opporsi adducendo che la sopraelevazione comporta la diminuzione del valore dell'edificio, Cass. 6/12/2000, n. 15504): la relativa azione, infatti, non può essere promossa decorsi venti anni dalla sopraelevazione, poiché dopo tale termine chi ha eseguito la sopraelevazione acquista per usucapione il diritto di mantenere la costruzione così com'è (Cass. 19/10/1998, n. 10334). Se però la sopraelevazione ha compromesso le condizioni statiche dell'edificio l'azione è imprescrittibile perché la sopraelevazione è stata eseguita non, come nel caso precedente, in presenza di un limite all'esercizio del diritto, costituito dall'alterazione dell'aspetto architettonico, ma in difetto dello stesso presupposto affinché il diritto stesso potesse essere esercitato. L'azione può essere promossa sia dall'amministratore, trattandosi di atto conservativo dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio (artt. 1130, n. 4, e 1131 c.c., Cass. 8/3/1986, n. 1552), sia da un qualsiasi condomino, senza che sia necessario chiamare in causa gli altri condomini (Cass. 11/11/1982, n. 595[SM=g27989].

Chi ha il diritto di sopraelevazione non è tenuto a chiedere preventivamente l'autorizzazione agli altri condomini (Cass. 10/2/1970, n. 33[SM=g27989], ma è consigliabile assicurarsi il beneplacito dell'assemblea, per ridurre le probabilità di un'eventuale opposizione ai sensi dell'art. 1127, secondo e terzo comma, c.c.

I proprietari dei piani (o delle porzioni di piano) conseguenti alla sopraelevazione entrano di diritto a far parte del condominio e di conseguenza, salvo che dal titolo risulti altrimenti, acquistano la comproprietà sulle parti comuni dell'edificio, anche quelle relative ai piani preesistenti, ai sensi dell'art. 1117 c.c. (Cass. 11/5/1984, n. 2889).

Se infine, per assurdo, il proprietario dell'ultimo piano realizzasse la sopraelevazione sul lastrico solare condominiale, la relativa costruzione apparterrebbe a tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà (Cass. 28/4/1999, n. 4266).

L'esercizio del diritto di sopraelevazione comporta l'obbligo, in capo al titolare, di corrispondere agli altri condomini un'indennità di sopraelevazione, di cui diremo in un successivo intervento.

LE NORME

Art. 1127 c.c.

Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.

La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono.

I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.

Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.

PERCHE' L'INDENNITA' DI SOPRAELEVAZIONE

L'obbligo, a carico del condomino che esercita il diritto di sopraelevazione, di corrispondere agli altri condomini l'indennità di sopraelevazione, deriva dal fatto che, con l'aumento del numero dei piani, diminuisce il valore delle singole quote-piano; l'indennità ha quindi lo scopo di ristabilire la situazione economica precedente, mediante la prestazione dell'equivalente pecuniario della frazione di valore perduta da ogni singola quota-piano in seguito alla sopraelevazione (Cass. 16/3/1982, n. 1697); ciò anche perché chi effettua la sopraelevazione utilizza la colonna d'aria sovrastante l'edificio, colonna d'aria il cui valore è compreso, "pro quota", nel valore di ciascun piano o porzione di piano (Cass. 21/2/1968, n. 596).

COME SI CALCOLA

Per quanto riguarda il calcolo dell'indennità' di sopraelevazione, si divide il valore attuale del suolo sul quale insiste l'edificio o la parte di esso che viene sopraelevata, per il numero dei piani, compreso quello di nuova costruzione, e si detrae dal quoziente così ottenuto la quota che spetterebbe al condomino che esegue la sopraelevazione; la somma residua va ripartita fra gli altri condomini (Cass. 24/4/1965, n. 725). Il "valore attuale" di cui parla il quarto comma dell'art. 1127 c.c. è quello che il suolo ha nel momento in cui la sopraelevazione viene realizzata (Cass. 29/12/1962, n. 3453).

Ai fini del calcolo non si deve tener conto delle cantine e delle soffitte, poiché esse non costituiscono un piano a sé stante, in considerazione della loro funzione di pertinenza dell'intero fabbricato (se comuni) o dell'ultimo piano (se appartengono al proprietario esclusivo di questo, Cass. 10/6/1997, n. 5164). Ininfluente anche la maggiore o minore vetustà dell'edificio, dovendosi fare esclusivo riferimento al valore del suolo (Cass. 5/12/1987, n. 9032).

Nel quantificare l'indennità non si deve considerare neppure l'altezza del piano erigendo (Cass. 30/7/1981, n. 4861).

Non si deve infine calcolare la porzione di terrazzo esterno, qualora sia protetta soltanto da tende o da altro materiale, ancorché riservata all'uso esclusivo di un condomino (Cass. 15/2/1999, n. 1263).

A CHI SPETTA

L'indennità di sopraelevazione spetta ai condomini che rivestono questa qualifica al momento della sopraelevazione stessa ed ai loro successori secondo le regole che disciplinano la successione nei diritti di credito, non a chi sia divenuto successivamente proprietario della singola unità immobiliare (Cass. 15/2/1999, n. 1263). Il Tribunale di Monza (sentenza del 25/2/1982) ha identifica il "momento della sopraelevazione" nel momento in cui l'opera è completa nelle sue strutture essenziali.

L'indennità spetta a tutti i condomini, anche a quelli le cui unità immobiliari non si trovino sotto la proiezione verticale della nuova costruzione (Trib. Roma, 25/1/1967).

Se fra la sopraelevazione e la liquidazione dell'indennità passa molto tempo, gli aventi diritto possono chiedere la rivalutazione della somma, trattandosi di un debito cosiddetto di valore (Cass. 5/12/1987, n. 9032), oltre agli interessi legali: questi, però, non decorrono automaticamente ma è necessario costituire in mora il debitore, poiché l'indennità non costituisce risarcimento del danno (Cass. 16/10/1990, n. 1009[SM=g27989].

Non sempre, però, chi effettua la sopraelevazione è tenuto a corrispondere l'indennità; non vi è infatti tenuto chi abbia precedentemente acquistato (o si sia riservato in quanto originario unico proprietario) la proprietà esclusiva della colonna d'aria sovrastante l'edificio (Cass. 24/1/1969, n. 209).

CASI PARTICOLARI

Vi sono dei casi in ordine ai quali possono sorgere dubbi in merito al fatto se ci si trovi in presenza di sopraelevazione e quindi di obbligo di corrispondere l'indennità di sopraelevazione. Così, il Tribunale di Cagliari (sentenza del 7/12/1993) non ha considerato "fabbrica" (art. 1127 c.c.), e quindi suscettibile di dar luogo al pagamento dell'indennità, una pensilina coperta, in legno e ferro, munita di un parapetto trasparente, volta unicamente a creare riparo dagli agenti atmosferici, realizzata in parte sulla terrazza a livello dell'ultimo piano e in parte su una scala adiacente. Dello stesso avviso la Cassazione, che con sentenza n. 1263 del 15/2/1999 non ha considerato "nuova fabbrica" le pensiline in tenda o altro materiale che non diano luogo a delimitazione con pareti. La ristrutturazione di un sottotetto, soffitta o solaio che dir si voglia non comporta obbligo di corrispondere l'indennità di sopraelevazione, a condizione che le modifiche siano solo interne e contenute negli originari limiti dell'edificio, senza alcun aumento della sua altezza (Cass. 10/6/1997, n. 5164). Neppure la trasformazione di una soffitta in abitazione comporta il pagamento dell'indennità, trattandosi di modifiche interne al sottotetto, contenute negli originari limiti strutturali delle parti di edificio sottostanti alla sua copertura (Cass. 24/10/1998, n. 1056[SM=g27989].

Ai fini della sopraelevazione la terrazza a livello è equiparata al lastrico solare qualora assolva, come il lastrico, alla funzione di copertura della parte sottostante dell'edificio; la sopraelevazione, infatti, deve intendersi non nel senso di costruzione oltre l'altezza precedente dell'edificio, ma come costruzione di uno o più nuovi piani (o di una o più nuove fabbriche) sopra l'ultimo piano dell'edificio, quale che sia il rapporto con l'altezza precedente del medesimo; pertanto, anche la costruzione realizzata su terrazza a livello da parte del proprietario dell'adiacente appartamento sito all'ultimo piano dell'edificio condominiale (quando la terrazza sia assimilabile al lastrico come sopra, va considerata come sopraelevazione ed è soggetta al relativo regime legale perché comporta le stesse conseguenze, in termini di occupazione e di utilizzazione della colonna d'aria sovrastante il fabbricato, di qualsiasi altra ipotesi di sopraelevazione (Cass. 14/11/1991, n. 12173).

Un caso abbastanza diffuso è quello della sostituzione del tetto con una terrazza; in tale ipotesi l'indennità è dovuta se la terrazza, oltre ad assolvere la funzione di copertura dell'edificio, acquista, per struttura e ubicazione, il carattere di bene di proprietà di uso esclusivo del proprietario dell'ultimo piano, oppure è destinata al godimento anche dei condomini estranei alla sopraelevazione (Cass. 7/1/1980, n. 99).

Se la sopraelevazione, come il più delle volte accade, ha notevolmente alterato il rapporto originario dei valori dei singoli piani o porzioni di piano, come previsto dall'art. 69, n. 2, disp. att. e trans. c.c. (Cass. 13/9/1991, n. 9579), si può pretendere la revisione dei millesimi.

Una particolare normativa è dettata per la corresponsione dell'indennità in occasione della sopraelevazione di edifici costruiti in zona terremotata dal ministero del lavori pubblici e da questo alienati a norma del R.D. 4/9/1924, n. 1356. Essa è assoggettata alla disciplina del T.U. 28/4/1938, n. 1165, il cui art. 217 stabilisce che l'indennità spetta solo quando l'edificio sopraelevato sia coperto da tetto e non anche nel caso in cui lo stesso sia coperto da terrazzo; tale disposizione della legge speciale non è stata abrogata, nè espressamente né tacitamente, dall'art. 1127 c.c. (Cass. 9/4/1980, n. 2267). Successivamente, con sentenza n. 3287 del 30/4/1988, la Cassazione ha precisato che la disciplina del T.U. n. 1165/1938, come precisato dall'art. 201 del provvedimento, è sottoposta a limiti temporali e cessa di essere operante allorché tutti gli alloggi di un determinato edificio siano stati riscattati o ammortizzati, con conseguente assoggettamento alla disciplina dell'art. 1127 c.c. della sopraelevazione che dovesse essere successivamente realizzata.
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