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FBI sequestra i server di Indymedia nel Regno Unito

Ultimo Aggiornamento: 13/10/2004 23:05
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11/10/2004 02:37
 
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FAR WEB - CHI HA OSCURATO INDYMEDIA? TUTTI NEGANO, LA DESTRA APPLAUDE - LANDOLFI, AN: «AVER OSCURATO IL SITO È STATA UNA COSA BUONA E GIUSTA: NON SI TRATTAVA DI CONTROINFORMAZIONE, MA DI UN SITO CHE SPUTAVA FANGO E VELENO»…




Valentina Petrini per l’Unità

Quattro Stati, diverse Procure, 20 Paesi che in Rete non hanno più le pagine di Indymedia, centinai e centinai di migliaia di «media-attivisti» che non possono più consultare il loro sito. Il caso di Independent media center si allarga a dismisura. Giovedì 7 ottobre la resa dei conti: la più nota agenzia di informazione indipendente della Rete cancellata con un doppio blitz dell’Fbi a Londra e in Texas, dove risiedeva la Rackspace, l’agenzia proprietaria del server.

Subito la corsa alla ricerca delle cause ma soprattutto del «mandante» del provvedimento. Un salto nel vuoto, visto che nella tarda serata di sabato restano solo tante ipotesi e poche certezze. Che per Indymedia si riducono essenzialmente ad una: il sequestro, «un atto intimidatorio, teso ad inviare un chiaro segnale a Indymedia e a tutti coloro i quali immaginano una realtà altra, impedendoci tra l'altro di ripristinare rapidamente i siti».
Ieri a Genova gli operatori di Indymedia Italy si sono incontrati con gli avvocati del Legal Forum. Da Genova due avvocati sono partiti subito per Londra: «Forse lì riusciremo a saperne di più», dice Laura Tartarini, uno dei legali del Social Forum. Chi ha ordinato il sequestro dei server di Indymedia? Perché? Si tratta di un provvedimento governativo o giudiziario?

L’Fbi non ci sta ad assumersi da sola ogni responsabilità: «Noi abbiamo solo operato per conto di Paesi terzi - dice Joe Parris, portavoce della polizia federale americana - La richiesta di sequestro è arrivata dall’Italia e dalla Svizzera». Ma il ministero dell’Interno italiano è lapidario: «Non siamo a conoscenza delle motivazioni alla base del sequestro. Non siamo noi ad averlo ordinato». Smentisce di avere qualcosa a che fare con la vicenda anche il Dipartimento della Pubblica Sicurezza della Polizia: «Nessuno dei nostri settori è coinvolto, ci dispiace non ne sappiamo di più», dicono dopo una ricerca tra i vari uffici durata più di 3 ore.

Esclusa l’ipotesi del provvedimento politico, la strada alternativa è quella di un sequestro ordinato da una Procura, magari nell’ambito di indagini. In cima alla lista la Procura di Genova. Forse per l’inchiesta sui fatti del G8 del luglio 2001. «Tra i dati contenuti nei server sequestrati dalle Autorità statunitensi ve ne sono di riservati e certamente totalmente estranei alle motivazioni del provvedimento, tra cui la banca dati dei legali contenente gli atti attualmente depositati dal pubblico ministero nel processo genovese sull'irruzione alla scuola Diaz che vede imputati numerosi appartenenti alla Polizia di Stato», affermano infatti i ds Walter Vitali e Katia Zanotti in un’interrogazione a Pisanu e Castelli. Ma da Genova arriva la smentita di ogni coinvolgimento: «No, non sappiamo nulla - commenta il procuratore capo Giancarlo Pellegrino - Abbiamo già acquisito tutte le prove che ci servivano».
(Mario Landolfi-U.Pizzi)

Ma allora chi? Un salto indietro nel tempo, al 20 novembre 2003, a pochi giorni dalla strage di Nassiriya. Alleanza nazionale allora chiese in un’interrogazione parlamentare la chiusura di Indymedia per alcuni commenti pubblicati sulla morte dei militari italiani. Fu Mario Landolfi (An) a interpellare il ministro delle Comunicazioni Gasparri e quello della Giustizia Castelli.

A lui rispose il sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Valentino (An) ricordando che la procura di Bologna aveva avviato una procedura contro ignoti per questi commenti apparsi su Independent media center, con l’accusa di vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze armate. Uno spiraglio, forse questa è la strada giusta. Ma dalla procura di Bologna, il pm Morena Plazzi, che si occupa delle indagini, dice solo «di aver chiesto informazioni. Non sono io ad aver ordinato il sequestro».
(Giuseppe Valentino con la moglie Pia-U.Pizzi)

Insieme a Bologna altre due procure in Italia avevano aperto inchieste sulla stessa vicenda: Napoli e Salerno. «Confermo - dice l’avvocato Tartarini, ricontattata in serata - anche noi siamo arrivati alla stessa conclusione». Se non queste procure, chi ha ordinato il sequestro? Da Ginevra alle 20.30 il procuratore Daniel Zappelli fa sapere, anche lui, di aver aperto un’inchiesta su alcuni fatti del G8 di Evian 2003: «Dirò solo questo». L’ipotesi più attendibile è che Zappelli stia lavorando sul caso di due poliziotti le cui foto furono pubblicate da Indymedia l’8 settembre scorso. Intanto la destra soffia sul fuoco e plaude all’oscuramento. «E così conferma una irresistibile vocazione alle liste di proscrizione in Italia e all'estero», commenta Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21.

LA DESTRA MALDESTRA
È partita dalla Svizzera l´inchiesta su Indymedia, la rete on line di controinformazione oscurato giovedì scorso. La conferma arriva dalla procura generale di Ginevra. Dall´Italia invece ricordano: nessuna richiesta di sequestro del sito Indymedia è partita dal nostro paese, avvisano dal Viminale e dal ministero di Grazia e Giustizia. La procura di Bologna, ad esempio, aveva chiesto informazioni con una rogatoria, ma nessuna richiesta di sequestro. La rete di controinformazione si è fermata giovedì pomeriggio quando sono stati spenti i server di Londra e di San Antonio, nel Texas.
(Pietro Folena)

Molte le reazioni di segno opposto. «La chiusura del sito di Indymedia è un grave precedente per la libertà di informazione. Non si capiscono ancora chiaramente i contorni della vicenda, ma se in questa chiusura avesse avuto qualche parte il governo italiano ciò sarebbe davvero molto grave», dice Pietro Folena (Ds). «Aver oscurato il sito è stata una cosa buona e giusta: non si trattava di controinformazione, ma di un sito che sputava fango e veleno», attacca il portavoce di An, Mario Landolfi.


Dagospia 10 Ottobre 2004
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