Sesta classificata
“Non uniforme”
di Gaia Bessie/BessieB
Totale: 30.50/35
Grammatica e stile: 8/10È fuori dubbio che tu scriva bene: conosci molto bene la grammatica, usi bene il lessico e hai uno stile personale che ti rende riconoscibile. Personalmente ho apprezzato molte delle tue peculiarità, sebbene in qualche caso siano delle vere e proprie licenze, non del tutto corrette dal punto di vista linguistico.
È il caso, ad esempio, di alcune frasi troncate “a effetto”, per evidenziare un certo sintagma, ma che lasciano il lettore sospeso e che sono incomplete dal punto di vista sintattico:
“Non so perché l’ho fatto, ma avevi una tale disperazione addosso che, per un istante soltanto. Ho dimenticato quella che avevo io.”La separazione data dal punto è sicuramente una scelta (non credo sia un errore di battitura, ma correggimi se sbaglio) che vuole enfatizzare la parte finale della frase. Tuttavia il risultato è di una prima parte incompleta (
una tale disperazione addosso che). Avresti potuto introdurre i punti di sospensione, che servono proprio a consentire di lasciare incompiuta una frase.
“«Volevo chiederti…» avevo cominciato, senza riuscire a lasciarti andare. «Se».”Anche qui, la battuta di dialogo finale è interrotta, si poteva aggiungere un trattino o i punti di sospensione per rendere corretta l’interruzione dal punto di vista grammaticale e sintattico.
Considerazione analoga riguarda le parti della narrazione che dovrebbero essere separate o evidenziate (includendole tra virgolette, mettendole in corsivo, o secondo altri sistemi). Il fatto che spesso non sia così è indice, secondo me, di un tipo di scrittura che tende al flusso di coscienza, il che può essere anche positivo e apprezzabile, in quanto tratto distintivo, ma spesso costituisce una licenza alle regole del discorso diretto e quindi mi sembra giusto evidenziarlo:
“avevi detto che importava poco o nulla: e credi che io non sia tutta chiazzata, avevi sussurrato”Il discorso riportato (“
e credi che io non sia tutta chiazzata”) andrebbe in qualche modo evidenziato o isolato, con virgolette, con il corsivo, come preferisci, ma lasciare il testo così com’è, quando le parole riportate non sono del narratore o comunque del personaggio di cui si assume il punto di vista, non è corretto dal punto di vista formale. Ti riporto anche un esempio opposto:
“Non lo so, avrei voluto urlare, davvero io non lo so.”Poiché qui è Draco a pronunciare il discorso diretto, trovo più accettabile che esso non sia evidenziato in alcun modo, sebbene io personalmente preferisca quantomeno metterlo in corsivo, lasciando il testo così com’è solo in presenza di discorso indiretto.
“Mesi dopo, me l’avresti detto: chi potrebbe mai volermi, in questo stato?Io
, avevo sussurrato […]Nemmeno Lui mi vorrebbe più: non dire di no, per quale altro motivo avrebbe dovuto volermi, se non perché sono stata bella?”Stesso discorso: per la prima frase sarebbe più corretto che dopo i due punti ci fossero le virgolette o il corsivo, soprattutto perché a parlare non è il narratore. La seconda va bene così, perché è in corsivo ed è Draco a parlare. La terza è un discorso diretto di un personaggio che non è il narratore che non è evidenziato in alcun modo come tale.
Ancora, e qui la questione è molto più evidente, riporti una notizia riferita da altri con le loro parole, trovo che fossero assolutamente necessari il corsivo o le virgolette:
“La sorella di Daphne, è stata attaccata dai Mangiamorte: è successo pochi mesi fa, è ancora fresca di San Mungo. Non te lo dovrei dire ma, sai, in giro si mormora già – quella ragazza ha qualcosa che non va. Non sorride mai, perché non sorride mai?” Quanto detto non costituisce un grave errore e specifico che non pesa sul punteggio se non in maniera trascurabile, si tratta perlopiù di una peculiarità stilistica, ma quando queste scelte rompono gli schemi della correttezza linguistica è opportuno prestarvi particolare attenzione.
Un discorso simile può essere fatto per la gestione della punteggiatura, che è abbastanza discrezionale, ma che in qualche caso, nel tuo uso personalissimo, infrange alcune regole.
Un cucciolo scuoiato e, la pioggia che cadeva, altro non era che acido sulle ferite.“La pioggia che cadeva” è il soggetto della seconda parte della frase, perché “
acido sulle ferite” è la pioggia, non il cucciolo, pertanto isolare il soggetto, separandolo dal predicato, è un vero e proprio errore.
In altri casi, invece, l’uso insolito delle virgole costituisce un espediente stilistico che ha la sua efficacia:
“dei nostri sogni, infranti, eri brava”In questa frase ho trovato l’isolamento dell’aggettivo molto funzionale, per quanto non usuale.
Lo stesso vale per la gestione degli incisi: l’ho trovata funzionale in alcuni casi e poco corretta in altri.
“non sei stata tu, a dirmelo, che avevi un’ombra tra le costole”Corretto e necessario linguisticamente isolare “
a dirmelo”, in quanto la particella
-lo sostituisce il concetto esplicitato subito dopo (“
che avevi un’ombra tra le costole”).
“Ma avevi smesso a quindici anni e, a ricominciare, non t’eri arresa mai”Corretto, in questo caso dettato dalla posizione insolita di “
a ricominciare” all’interno della frase.
“Fred Weasley t’aveva lasciata a crescere nella sua assenza e, tu, ti eri rinsaldata sui tuoi frammenti e il risultato non ti piaceva.”In questo caso non condivido la scelta: “
tu” è un soggetto non ripetuto, quindi non va isolato. Sarebbe stato diverso se fosse stato sostituito da un nome proprio (“[…]
crescere nella sua assenza e, Asteria, ti eri rinsaldata […]”) perché in quel caso sarebbe risultato un complemento di vocazione giustamente da isolare. Non è il caso del pronome che, a mio avviso, non può essere utilizzato in tal senso. Per fare un’ulteriore precisazione, questa frase ha un suono molto ripetitivo della “t” (
t’, tu, ti, tuoi, ti) che ho trovato poco gradevole.
Stesso discorso riguarda quest’altro soggetto: “
ma non ne sono sicuro e, tu, non me lo dirai mai più”.
Infine:
“e, quel sorriso, per me non lo è mai stato.”
Qui l’inciso sarebbe necessario per isolare “
per me”, perché “
lo” sostituisce proprio quel complemento e non il soggetto, cioè il sorriso. La ripetizione quindi è
per me/
lo.
Particolarità del tuo stile sono anche le elisioni frequenti, che contribuiscono a elevare il registro, in alcuni contesti in maniera molto efficace. Trovo molte di queste elisioni poco naturali per la lingua contemporanea, ma in generale non mi disturbano, soprattutto sulle forme riflessive, che apprezzo anche. Ti riporto solo due casi in cui ho trovato l’elisione un po’ eccessiva:
“quand’avevo”, “ch’eri bella”. L’uso che fai delle metafore e delle similitudini è molto creativo, riesci a presentare delle immagini in maniera evocativa e interessante. In qualche caso, però, espressioni particolarmente ardite possono rallentare la lettura e non essere apprezzate da tutti (questo, ovviamente, è gusto personale). In generale mi piacciono molte delle espressioni che hai usato (“
s’agitavano come vermi in una manciata di fango”, “era come ricostruire un quadro con della polvere, senza frammenti: a ogni respiro svolazzava qualcosa e, per quanto m’impegnassi a intuire la trama originaria, a ogni tentativo veniva fuori un disegno diverso”), e ne ho trovate solo alcune un po’ eccessive, dal mio punto di vista (“
sapesse d’aria masticata”, “e tu, di sorridermi, non hai sorriso mai”).
Ho notato anche che hai la tendenza a posizionare la parola “
mai” alla fine della frase in cui compare. È una scelta stilistica anche questa, può essere ancora una volta molto funzionale, ma ti invito a osservare che trattandosi di una scelta insolita salta all’occhio già la prima volta in cui vi ricorri, perciò farlo sempre può costituire un eccesso: “
Aggraziata non lo sei stata mai”, “a ricominciare, non t’eri arresa mai”, “ma cosa non l’hai confessato mai”, “la cui provenienza non ti ho chiesto mai”, “e tu, di sorridermi, non hai sorriso mai”.Ovviamente non si tratta di un errore e non ha alcun impatto sul punteggio, te lo faccio notare solo perché personalmente l’ho trovato ridondante, ma la scelta è tua.
Qualche piccolo refuso:
“nessun’altro”: non ci vuole l’apostrofo.
“
hai scostato i capelli del viso”:
dal viso.
Quello che ha pesato di più sul punteggio di questo parametro, e che personalmente considero il vero e proprio neo di questa storia che altrimenti avrei apprezzato molto, è l’uso dei tempi verbali.
La narrazione si svolge al passato prossimo, scelta già di per sé molto delicata, perché il passato prossimo non è un tempo “principale”, ma identifica l’anteriorità rispetto al tempo presente. Non si presta, secondo me, a narrazioni particolarmente lunghe, come nel tuo caso, e ancora meno si presta alla definizione di anteriorità e posteriorità rispetto ad esso. Hai utilizzato trapassato prossimo e imperfetto per definire le variazioni temporali rispetto alla linea principale, commettendo in molti casi errori di
consecutio temporum.
Nella storia, è Draco che ricorda (tempo presente) e riferisce di una serie di episodi, raccontandoli tutti al passato prossimo (già qui la scelta è opinabile, perché per eventi che riguardano anni prima sarebbe più opportuno l’utilizzo del passato remoto, ma non è questo il vero errore). Questo ha reso difficile mantenere una coerenza temporale per tutta la durata della storia. Riporto alcuni esempi.
“
Sei comparsa dal nulla quand’avevo ventidue anni e paura del mondo – il giorno in cui ti ho incontrata, quando Blaise e Daphne avevano finalmente deciso d’ufficializzare il fidanzamento, avevi ancora quell’uniformità che, negli anni successivi, nella vita avresti cercato per sempre e nemmeno te ne rendevi conto.”In questo periodo la parte finale non risulta corretta, ma considero due possibilità:
1) errore di
consecutio temporum: “nella vita avresti cercato sempre senza rendertene conto”, perché “rendersene conto” è qualcosa che avviene contemporaneamente alla ricerca dell’uniformità, quindi una forma implicita risolve la difficoltà di rendere simultanee le due cose, che, nel modo in cui le hai scritte tu, non lo sono;
2) errore di punteggiatura: Asteria non si rende conto di avere ancora l’uniformità, quindi la contemporaneità è tra
avevi e
rendevi, pertanto corretta; risulta un errore il non aver isolato “
nella vita avresti cercato per sempre” con delle virgole, in questo caso assolutamente necessarie.
“Hai chinato il capo, ma te ne sei pentita subito. Avevi una grossa cicatrice anche in testa, dove i capelli non ricrescevano, e ti vergognavi a farti vedere in quel modo.«Ciao» avevi mormorato, infine, a disagio.Non ho detto nulla. Perfettamente coerente con il materiale della mia anima, fibre d’argento e tessuto verde scuro, ma il coraggio non faceva per me.”Questa parte riassume bene il problema della distribuzione delle azioni nel tempo secondo una sequenza logica. La prima parte è corretta, scrivi al passato prossimo, poi usi l’imperfetto per le descrizioni e per le azioni durature.
Successivamente, la battuta di dialogo è retta da un trapassato prossimo, che indicherebbe anteriorità rispetto al passato prossimo principale: se Asteria è a disagio e “
infine” saluta, la sua battuta è successiva alle azioni dei righi precedenti, sequenza non rispettata dalle scelte verbali. In ultimo, la mancata replica di Draco è al passato prossimo, quindi si distacca dal saluto di Asteria ponendosi come un “ritorno” alla rievocazione del ricordo.
“«Ti farai male, rimanendo lì» non ti ho nemmeno salutata. «E prenderai un raffreddore».Avevi riso – una risata falsa, amara come quella polvere di caffè che, in cucina, avresti rovesciato sempre: non me ne sono accorto, all’inizio, che ti tremavano sempre le mani.
«Importa?» m’avevi chiesto, scrollando il capo. «Sono a chiazze e tagliente anche io e, da quanto ne so, il simile annulla il simile».”Di nuovo, scrivi al passato prossimo, poi passi al trapassato per azioni che in realtà sono successive (Asteria ride per quello che Draco ha detto) e prosegui con il trapassato che regge la battuta in risposta a quella di Draco. Se isoli il dialogo, che è una scena unica, puoi renderti immediatamente conto, già da come suona, che qualcosa non va nei tempi:
“«Ti farai male, rimanendo lì» non ti ho nemmeno salutata. «E prenderai un raffreddore».«Importa?» m’avevi chiesto, scrollando il capo.”Aggiungerei inoltre che non mi convince la didascalia della battuta di Draco, in quanto si tratta di una frase che non regge direttamente il dialogo, bensì è un’aggiunta (lui dice qualcosa senza averla neanche salutata), perciò ritengo sarebbe necessario un segno di punteggiatura a dividere la prima metà della battuta dalla frase all’esterno.
“«Importa?» m’avevi chiesto, scrollando il capo. «Sono a chiazze e tagliente anche io e, da quanto ne so, il simile annulla il simile».Non avrei saputo come controbattere. Mi sono voltato, ho incassato la testa tra le spalle e ho fatto per andarmene […]”
Ancora: la battuta è retta da una didascalia al trapassato, poi Draco osserva che non sa come controbattere con un condizionale passato che non è coerente dal punto di vista temporale. E subito dopo torni al passato prossimo (“
mi sono voltato, […]”) che è scorretto sia rispetto al trapassato utilizzato per Asteria che rispetto al condizionale.
“Mesi dopo, me l’avresti detto: chi potrebbe mai volermi, in questo stato?
Io, avevo sussurrato – tu avevi fatto finta di non udire una parola, continuando imperterrita con il tuo discorso.”In questo caso sei passata dall’anticipazione del futuro correttamente espressa dal condizionale (“
me l’avresti detto”) al trapassato prossimo (“io
, avevo sussurrato”), quando invece la risposta è diretta conseguenza dell’ammissione di Asteria, perciò avrebbe dovuto essere ancora una volta al condizionale (“
io, avrei sussurrato”).
In sintesi, la gestione dei tempi verbali ha purtroppo inficiato un po’ la lettura della tua storia. Credo che il passato prossimo sia un tempo molto difficile da gestire per storie così lunghe, soprattutto quando la struttura temporale della narrazione è già complessa.
Questo aspetto è quello che sicuramente ha penalizzato maggiormente il tuo punteggio in questo parametro.
Struttura della narrazione: 5/5La storia è gestita in maniera molto molto efficace. La trama è chiara e viene presentata secondo un intreccio che è funzionale alla narrazione. Tralasciando l’aspetto relativo ai tempi verbali, che sono una questione riguardante il parametro precedente, i tempi della narrazione sono invece definiti perfettamente e con ottimi risultati: Draco ricorda come ha conosciuto Astoria e ogni momento importante dell’evoluzione del loro rapporto, ma soltanto alla fine si scopre
perché ha bisogno di ricordare e soprattutto come mai è così rilevante che lui
ci riesca.
Trovo che la storia sia ben riuscita e che ci sia un equilibrio ottimale tra dialoghi, descrizione e introspezione. Complimenti!
Coerenza e caratterizzazione dei personaggi: 5/5Ho trovato i tuoi personaggi molto ben caratterizzati e soprattutto piacevolmente coerenti per tutta la durata della storia. Asteria è in qualche modo spezzata, la sua risata è amara e carica di cinismo, ma allo stesso tempo sembra in grado, paradossalmente, di apprezzare la vita più di Draco. Quest’ultimo ha un carattere meno forte, ma non meno chiaro dal punto di vista narrativo. Si lascia travolgere da un sentimento che non sarà mai ricambiato, quasi lo prende come una sfida, e si sente legato a questa ragazza così danneggiata.
I personaggi si descrivono con le loro azioni, non hai avuto bisogno di raccontare come sono fatti, eppure è chiarissimo da ogni dialogo e ogni avvenimento. È facile entrare in empatia con loro e apprezzarli, perfino quando non se ne condividono le scelte.
Personalmente, non sono convintissima della resa di Draco, che ho trovato non del tutto IC: se penso al fatto che lui è tutt’altro che coraggioso, mi risulta difficile immaginare che si sia lasciato prendere da una relazione tanto complessa e poco appagante. Si tratta comunque di un pensiero assolutamente personale, che non influenza il punteggio di questo parametro.
Titolo: 2/2Il titolo è corretto in italiano, aderente al testo e mi piace molto, l’ho trovato particolarmente calzante. Invita alla lettura della storia.
Utilizzo dei pacchetti:Prompt stilistico: 4.5/63. La storia deve contenere almeno un flashback o analessi, presentando un ricordo o una rievocazione di un momento passato. Tale flashback deve essere fondamentale per la comprensione di qualcosa che avviene nella narrazione principale, qualcosa che in un primo momento (ovvero fino alla spiegazione dettata dal flashback) al lettore appariva incomprensibile. Purtroppo ritengo che il pacchetto sia stato rispettato poco: la storia è una lunga rievocazione di momenti passati, mentre il prompt richiedeva espressamente che il flashback fosse funzionale a spiegare qualcosa della linea temporale principale.
Nella tua storia non c’è una vera e propria linea temporale principale, ma solo una cornice molto sottile in cui Draco ricorda e, alla fine, si scopre il valore della sua capacità di ricordare grazie all’ultimo episodio che rievoca, ovvero quello dell’Oblivion fallito. Di tutti i ricordi, quindi, soltanto quello finale porta a compimento la narrazione, raccontando qualcosa che comunque non fa parte della linea temporale principale, che è pressoché inesistente. Direi che è un po’ come se la parte prima del titolo anticipasse qualcosa, una sorta di
flashforward, e che il tutto sia il racconto di una memoria di Draco.
Considero il prompt inserito, ma non appieno e non in maniera naturale e completamente corretta per come lo avevo proposto.
Figura retorica: 5.25/6L. Litote (https://it.wikipedia.org/wiki/Litote) L’espressione che hai indicato, ovvero “Non uniforme”, è certamente una negazione, tuttavia la litote consiste nell’esprimere un concetto mediante il suo contrario con “intento di attenuazione o enfasi, ma anche di eufemismo o ironia” (Wikipedia).
In questo caso non ho trovato molto riuscito l’utilizzo della figura retorica: se provo a sostituire “non uniforme” con “disuniforme”, percepisco la stessa sfumatura di significato all’interno della storia, pertanto la preferenza della prima rispetto alla seconda riguarda perlopiù il fatto che “disuniforme” è una parola poco gradevole in termini di suono e non di concetto.
È possibile che tu l’abbia intesa in senso di attenuazione del “difetto” di Asteria, come intende l’etimologia stessa della parola litote, ma questo intento non mi ha raggiunta completamente nella lettura.
Considero comunque la figura retorica inserita, sebbene senza sfruttarne al meglio le potenzialità.
Di contro, ho trovato comunque molto centrale il concetto, attorno a cui ruota tutta la storia, e ho notato anche uno sforzo continuo in tutto il testo nel ricorrere a diverse negazioni. Draco stesso sostiene: “
È tutto una negazione, quando ricordo della te prima di noi, perché tutta la mia vita senza di te è stata privazione.”
Ho molto apprezzato questa scelta, sebbene non corrisponda appieno al concetto che speravo di ritrovare.
Gradimento personale: 0.75/1La storia mi è piaciuta, la trama e interessante e i personaggi sono caratterizzati bene. Ho fatto il tifo per loro mentre li guardavo affrontare le loro sofferenze. Mi ha un po’ frenata la gestione dei tempi verbali, che purtroppo mi ha reso la lettura un po’ faticosa, e alcune scelte stilistiche che mi hanno fatto trovare il testo leggermente ridondante in alcuni punti.
Impaginazione – Senza valutazioneIl testo è impaginato bene, il font è standard, la dimensione è ottimale e il corpo è giustificato correttamente. Unico appunto: mancano i rientri di paragrafo, che sarebbero necessari, soprattutto su un testo così lungo.
Per fare un’ultima aggiunta puramente personale, avrei preferito un titolo leggermente più grande, soprattutto perché essendo presente una parte del testo prima di esso tende un po’ a sparire.