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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 17:01
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19/10/2012 15:48

136. Al vescovo di Firenze, cioè a quello da Ricasole.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

A voi, venerabile e carissimo padre mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi e racomandomivi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi confitto e chiavellato per santo desiderio in sul legno de la santissima e venerabile croce, dove trovaremo l'Agnello immacolato, arrostito nel fuoco de la dolcissima carità.



In su questo arboro troviamo i frutti de le virtù, poiché la carità è quello arboro fruttuoso che fu croce, e chiovo che tenne legato lo Figlio di Dio, ché altra croce né altro legame non l'avrebbe potuto tenere.

Ine trovate l'Agnello dissanguato essere mangiatore de l'onore del Padre e de la salute nostra: tanto è grande l'affetto suo che con la pena corporale nol poteva esprimere.

O inestimabile dolcissima e diletta carità, per ismisurata fame e sete che tu hai de la salute nostra, tu gridi che hai sete! (Jn 19,28) E poniamo che la sete corporale ci fusse grande per la molta fatica, ell'era maggiore la sete de la nostra salute. Oimé oimé, non si trova chi ti dia bere altro che amaritudine di molta iniquità: ma darli bere con una libera volontà, con puro e amoroso affetto, questo in pochi si trova che gli li dia.

Pregovi, dolcissimo e carissimo venerabile padre mio, che vi leviate suso dal sonno de la negligenzia, ché non è tempo più da dormire, ché il sole si comincia già a levare; e dateli bere, poi che tanto dolcemente ve ne dimanda. Se mi diceste: «Figlia mia, io non ho che darli», già v'ho detto che io desidero e voglio che siate confitto e chiavellato in croce, dove noi troviamo l'Agnello dissanguato che da ogni parte versa, che s'è fatto a noi botte, vino e celleraio. Così vediamo che quella umanità è quella botte che velò la natura divina, e il celleraio, fuoco e mani di Spirito santo, la spillò, questa botte, in su legno de la santissima croce. Questa sapienza, Parola incarnata, vino dolcissimo, ingannò e vinse la malizia del demonio, poiché egli lo prese con l'amo de la nostra umanità. Perciò non possiamo dire che non ci abbia dato bere, cioè di tòllare lo vino dell'assetato e ineffabile desiderio che egli ha de la salute nostra.

Voi, padre, come pastore vero, prego che poniate la vita per li sudditi e pecorelle vostre (Jn 10,11): uprite l'occhio dello intendimento, raguardate la fame che Dio ha del cibo dell'anima; allora s'empirà l'anima vostra di fuoco di santo desiderio, in tanto che mille volte, se fusse possibile, dareste la vita per loro. Siate gustatore e mangiatore delle anime, ché questo è lo cibo che Dio richiede. E io prego la somma eterna verità che mi conceda grazia e misericordia che io vi vega, per l'onore di Dio e per questo santo cibo, isvenare e uprire il corpo vostro, sì come egli è aperto per noi: allora sarà beata l'anima vostra, venerabile e dolcissimo padre.

Sappiate, padre, che frate Raimondo non ha fatta l'obbedienzia vostra, perché è stato molto impacciato e non ha potuto lasciare; gli è convenuto aspettare alquanti gentili uomini per lo fatto di questo santo passaggio, e anco ha molto a spacciare. Lo più tosto che si potrà ne venrà e sarà a la vostra obbedienzia. Perdonate a lui e a la mia presunzione.

Rimanete ne la santa carità di Dio.







137. A messer Matteo, rettore de la Misericordia di Siena, mentre che essa era a Pisa.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo figlio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi infiamato tutto d'amoroso fuoco, sì e per sì-fatto modo che diventiate una cosa colla dolce prima Verità.

E veramente l'anima che per amore è unita e trasformata in lui, fa come il fuoco che consuma in sé l'umore de le legna, e, poi che sono riseccate, le converte in sé medesimo, dandoli quello colore e caldo e potenza che egli ha in sé medesimo. Così l'anima che raguarda lo suo Creatore e la sua inestimabile carità, coi la quale comincia l'anima a sentire lo caldo del cognoscimento di sé medesimo (lo quale consuma ogni cosa, cioè ogni umore d'amore proprio di sé medesimo), crescendo il caldo, gittasi coi l'ardente desiderio nella smisurata bontà di Dio, la quale trova in sé. Ella participa del caldo e de la virtù sua, - perciò che subito diventa gustatore e mangiatore de l'anime -, e ogni creatura ragionevole converte in sé medesimo per amore e desiderio: il colore e il sapore de le virtù (che egli ha tratto del legno de la santissima croce, che è l'arboro venerabile dove si riposa il frutto de l'Agnello immacolato, Dio e Uomo), or questo è quello frutto soavissimo, lo quale vuole dare a l'anima per participare col prossimo suo; e veramente così è, ché non potrebbe dare né producere altro frutto che quello che egli abbia tratto de l'arboro de la vita, poiché s'è inestato d'amore e desiderio in esso arboro, perché era veduta e cognosciuta la larghezza de la sua smisurata carità.

O figlio carissimo in Cristo Gesù, questo desidera l'anima mia di vedere in voi, affinché il desiderio di Dio e mio sia adempito in voi: sì vi prego e comando che sempre siate sollicito di consumare ogni umidezza d'amore proprio, di negligenzia e d'ignoranza. Cresca il fuoco e lo ismisurato desiderio; inebriatevi del sangue dello Agnello immacolato Figlio di Dio; corriamo come affamati de l'onore suo e de la salute de la creatura; arditamente gli tolliamo lo legame col quale fu legato in sul legno de la santissima croce. Leghiamoli le mani de la sua giustizia.

Ora è il tempo di gridare, di piangere, e di dolersi: lo tempo è nostro, figlio, poiché è perseguitata la Sposa di Cristo da' cristiani, falsi membri e putridi. Ma confortovi, ché Dio non dispregerà le lacrime, sudori e sospiri che sonno gittati nel conspetto suo. L'anima mia nel dolore gode e essulta, perché tra la spina sente l'odore de la rosa ch'è per aprire. Dice la prima dolce Verità che con questa persecuzione adempie la volontà sua i desiderii nostri. Ancora, godo del dolce frutto che s'è fatto in Cristo in terra sopra ai fatti del santo passagio, e ancora di quello che è fatto e fa qui ed è per fare, per la divina grazia.

Aiutatemi, figlio mio; inebriatevi del sangue de l'Agnello immacolato. Non voglio dire più.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio, facendo sempre riposo ai rami de l'arboro de la santissima croce. Gesù dolce, Gesù.







138. Alla regina di Napoli.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissima e reverendissima madre e sorella in Cristo Gesù, madama la regina: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi piena e unita nell'abondanzia de la grazia de lo Spirito santo, sì come terra fruttifera che renda frutto buono e soave, non produca spine rovi e triboli.

Voi sapete, carissima madre, che noi siamo come uno campo di terra, dove Dio per la sua misericordia ha gittato lo seme suo, cioè l'amore e l'affetto col quale ci creò, traendo noi di sé medesimo solo per amore e non per debito - noi nol pregammo mai che ci creasse - ma mosso dal fuoco de la sua carità, perché godessimo e gustassimo la somma eterna bellezza sua. E affinché questo seme faccia frutto e notrichinsi le piante, egli ci ha data l'acqua del santo battesimo. Bene è dolce e soave questo frutto; àcci bisogno d'uno ortolano che il governi, e conservi lo frutto suo.

O dolcissimo amore Gesù, tu ci hai dato lo più forte e grazioso ortolano che possiamo avere, cioè la ragione e la libera volontà: questo è sì forte che né demonio né creatura la può muovere né strignare a uno peccato mortale sed i non vuole. Questo parbe che dicesse quello dolce inamorato di Paulo, quando dice: «Chi sarà colui che mi parta da la carità di Cristo? non fame, non sete, non persecuzioni, né angeli, né dimonia». Quasi dica: come è impossibile che gli angeli mi partano da Cristo, così è impossibile che io mi parti mai da la divina carità, se io non vorrò: bene è forte dunque.

Anco c'è dato lo tempo, ché senza lo tempo questo lavoratore non farebbe nulla, ma nel tempo, cioè mentre che noi viviamo, questo lavoratore può rivòllare la terra e ricogliare lo frutto: allora le mani dell'amore del santo e vero desiderio piglia lo frutto e ripollo nel granaio suo, cioè in Dio, facendo e dirizzando ogni sua opera a lode e gloria di Dio.

E se voi mi diceste: Questo ortolano ha uno compagno, cioè la parte sensitiva, che spesse volte lo robba e lo 'mpedisce, seminandovi e ricogliendovi spesse volte lo seme del demonio, ponendoci i disordenati diletti e piaceri del mondo, stati, ricchezze, onore, e amore proprio di noi medesimi (il quale è uno verme pericoloso che inverminisce e guasta ogni nostra opera, poiché colui che ama sé senza Dio - che attenda solo all'onore di sé medesimo -, egli non fa mai nulla buono: se egli è signore, non tiene mai giustizia dritta né buona, ma faralla secondo lo piacere de le creature, lo quale piacere ha acquistato per l'amore proprio di sé), non voglio che questo caggia in voi: se attendarete solo all'onore di Dio e a la salute de la creatura, la giustizia e ogni vostra opera sarà fatta con ragione e giustamente: subito la forza de la libertà già detta farà stare queta la sensualità.

Confortatevi, carissima madre, ché per lo inesto che ha fatto Dio in noi arbolo infruttifero, cioè per l'unione de la natura divina con la natura umana, questo ha sì fortificata la ragione e l'amore nostro verso di lui che per forza d'amore è tratto ad amare; la sensualità è sì indebilita che, volendo usare la ragione, non ci potrà nulla. Bene vediamo che la carne nostra, cioè l'umanità di Cristo, che è de la massa d'Adam, è sì flagellata e tormentata, con tanti strazii e scherni e villania infine all'obrobiosa morte della croce, che deve fare stare suggetta la nostra che non ribelli mai né alzi lo capo contro Dio e la ragione.

O amore inestimabile, dolcissimo Gesù, come si può tenere la creatura che non si disfacci e dissolva per te? O inesto piacevole, Verbo incarnato Figlio di Dio, che traesti lo verme del vecchio peccato d'Adam, traestine lo frutto salvatico, poiché per lo peccato commesso era l'orto nostro sì insalvatichito che veruno frutto di virtù poteva produciare che gli desse vita. O dolce fuoco d'amore, hai inestato e legato Dio nell’uomo e l'uomo in Dio, sì e per sì-fatto modo che lo infruttuoso frutto che ci dava morte è fatto buono e fruttifero, in tanto che sempre ci dà vita, se noi vorremo usare sempre la forza della ragione.

Raguardate raguardate l'amore ineffabile che Dio vi porta, e la dolcezza del soave frutto dell'Agnello immacolato, lo quale fu quello seme seminato nel campo dolce di Maria! Non stia più a dormire né in negligenzia questo nostro lavoratore, poi che egli ha lo tempo, ed è forte per l'essere suo, ed è fortificato per l'unione che Dio ha fatta nell’uomo. Pregovi, in Cristo dolce Gesù, che l'amore l'affetto e il desiderio vostro si levi su e pigli l'arbolo della santissima croce, e piantisi nell'orto dell'anima vostra, poiché egli è uno arbolo pieno di frutti de le vere e reali virtù. Ché bene vedete voi che, oltre all'unione che Dio ha fatta con la creatura, egli s'è unito in su la croce santa; vuole dunque e richiede che noi ci uniamo per amore e desiderio in su questo dolce arbolo: allora l'orto nostro non potrà avere altro che dolci frutti e soavi. E però dissi che io desideravo che voi fuste campo fruttifero.

Aviamo veduto in che modo riceva in sé lo frutto e in che modo se il tolla: usare la forza e potenza del buono lavoratore de la ragione e libera volontà, con la memoria dell'Agnello dissanguato, ad abbattare la parte sensitiva. Or su virilmente, dolcissima sorella: non è più tempo da dormire, poiché il tempo non dorme ma sempre passa come lo vento. Rizzate in voi, per amore e per desiderio, lo gonfalone della santissima croce, poiché tosto si converrà rizzare: ché, secondo che mi pare intendare, lo padre santo la bandirà sopra i Turchi, e però vi prego che vi disponiate, sì che tutti di bella brigata andiamo a morire per Cristo.

Ora vi prego e constringo da parte di Cristo Crocifisso che soveniate la Sposa di Cristo nel bisogno suo, in avere e in persona e in consiglio; e in ciò che si può dimostriate che siate figlia fedele de la dolce e santa Chiesa. Ché voi sapete che ella è quella madre che notrica i figli al petto suo, dando lo' latte dolcissimo che lo' dà vita. Bene è stolto e matto quello figlio che non aita la madre, quando lo membro putrido le ribella ed è contro a lei. Voglio che siate quella figlia vera che sempre soveniate alla madre vostra. Non dico più; perdonate alla mia ignoranza.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.

Racomandovi frate Pietro, che vi reca questa lettara, come caro padre e figlio mio.





139. A frate Tommaso dalla Fonte dell'ordine dei Predicatori, in Siena.

Laudato sia lo nostro dolce Salvatore.

A voi, carissimo e dilettissimo padre in Cristo Gesù: Caterina serva inutile, e vostra indegna figlia, vi si racomanda nel prezioso sangue del Figlio di Dio. Con desiderio io desidero di vedervi, ma non senza me, sbradato in su l'arbolo de la dolcissima e dilettissima croce: altro refrigerio non ci veggio, carissimo padre, se non di spasimarvi su, con ardentissimo amore.

Ine non saranno dimonia visibili né invisibili che ci possino togliere la vita de la grazia, poiché, essendo levati in alto, la terra non ci potrà impedire, come disse la bocca de la verità: «Se io sarò levato in alto, ogni cosa trarrò a me», poiché traie lo cuore e l'anima e la volontà, con tutte le forze sue. Perciò, dolcissimo padre, facciancene letto, poiché io godo ed essulto di quello che mi mandaste a dire, pensando che il mondo è contrario a noi. Non sono degna ched elle mi faccino tanta misericordia ched elle mi donino lo vestimento ch'ebbe lo nostro dolcissimo Padre eterno - bene, padre carissimo, che quest'è poca cosa, ed è tanto poca cosa che non è quasi nulla. O dolcissima eterna verità, dacci mangiare dei bocconi grossi! Io non posso più, se non che io v'invito, da parte di Cristo crocifisso, che forniate la navicella dell'anima vostra di fede e di fame.

Come lo maestro udì la vostra lettara, fece rispondare al compagno suo - non so se l'avete avuta - per sì-fatto modo ched elle si potranno bene pacificare. Di Luca vi rispondo, che, quanto a me, apareva lo meglio ched i si ricevesse per frate, per più legame di lui; non di meno, ciò che ne pare a voi e al priore, io sono molto contenta. Diteli che non si indugi più a vestirsi. Prego lo nostro dolce Salvatore che ve ne facci fare quello che sia più onore suo.

Sappiate che io temo che non mi convenga passare l'ubidienzia, poiché l'arcivescovo ha chiesto di grazia al generale ch'io rimanga anco parecchie dì; pregate quello venerabile Spagnuolo che ci accatti grazia, che noi non torniamo votie: per la grazia di Dio non credo tornare votia. Benediceteci tutte da parte vostra, e tutte vi ci mandiamo racomandando.

Confortate e benedite, da parte di Gesù Cristo e di tutte noi, monna Lapa e mona Lisa, e tutte e tutti figli e figlie nostre. Caterina serva inutile.

Amor Gesù non posso più amor Gesù non posso più amor Gesù non posso più amor Gesù non posso più amor Gesù non posso più la vita, amore!



140. A messer Giovanni Aut, e a altri capi de la compagnia che venne nel tempo de la fame,la quale lettera è di credenzia, cioè che in essa si contiene che al frate Raimondo da Capua sia data piena fede a le cose che lui dirà. Andava lo detto frate Raymondo al detto messer Giovanni e gli altri caporali, per inducergli ad andare contro a gl'infedeli (avenisse che per gli altri vi s'andasse), onde prima che si partisse ebbe da tutti piena promessa con sacramento d'andarvi: e di ciò le feceno tutti la scritta di loro mano, sugellata dei lor sugelli.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

A voi, dilettissimi e carissimi fratelli miei in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero figlio e cavaliere di Cristo, sì tanto e per sì-fatto modo che disideriate mille volte, se tanto bisognasse, dare la vita per amore del buono e dolce Gesù, lo quale sarebbe scontamento di tutte le nostre iniquità le quali abbiamo commesso contro lo Salvatore nostro.

O carissimo e dolcissimo fratello in Cristo Gesù, or sarebbe così gran fatto che vi recaste un poco a voi medesimo, e consideraste quante sono le pene e gli affanni che voi avete durato in essere al servigio e al soldo del demonio? E già desidera l'anima mia che mutiate i modi e che pigliate lo soldo e la croce di Cristo crocifisso, voi e tutti i vostri seguaci e compagni; sì che siate una compagnia di Cristo, ad andare contro a tutti gl'infedeli che posseggono lo nostro luogo santo, dove si riposò e sostenne la prima dolce Verità morte e pena per noi. Perciò io vi prego dolcemente in Cristo Gesù che, poi che Dio ha ordinato, e anco lo santo padre, d'andare sopra gl'infedeli, e voi vi dilettate tanto di far guerra e di combattere, non guerreggiate più i cristiani, poiché offendete Dio, ma andate sopra di loro; ché grande crudeltà è che noi, che siamo cristiani, membri legati nel corpo de la santa Chiesa, perseguitiamo l'uno l'altro. Non è da fare così, ma è da levarsi con perfetta sollecitudine e levarne ogni pensiero.

Maravigliomi molto, avendo voi - secondo che ho inteso - promesso di volere andare a morire per Cristo a questo santo passaggio, e ora voi vogliate far guerra di qua. Questa non è quella santa disposizione che Dio richiede a voi, a andare in tanto santo e venerabile luogo. Parmi che vi doviate, in questo tempo, disponarvi a virtù, fino che il tempo ne venga, per voi e per gli altri che si 'sporranno a dare la vita per Cristo, e così dimostrarrete d'essere virile e vero cavaliere.

Viene a voi questo mio padre e figlio, frate Raimondo, lo quale vi reca questa lettera. Dateli fede a quello che egli vi dice, poiché egli è vero fedele servo di Dio, e non vi consiglierà se non quello che sia onore di Dio, e salute de l'anima vostra. Non dico più. Carissimo fratello, pregovi che vi rechiate a memoria la brevità del tempo vostro. Caterina inutile serva etc.

Rimanete nella santa carità di Dio. Gesù dolce, Gesù.



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