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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 17:01
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19/10/2012 15:43

127. A frate Bartolomeo Dominici e a frate Tommaso d'Antonio, de l'ordine dei Predicatori, quando erano a Pisa.

Al nome di Cristo crocifisso.

A voi, dilettissimi e carissimi padri, per riverenzia di quello dolcissimo sagramento, e carissimi fratelli in quello abbondantissimo e dolcissimo sangue, lo vostro carissimo padre e fratelli vi mandano cento migliaia di salute, confortando e benedicendo in quella ardentissima carità che tenne legato e chiavellato Cristo in su la croce.

O fuoco, o abisso di carità! tu sei fuoco che sempre ardi e non consumi (Ex 3,2), tu sei pieno di letizia, di gaudio e di soavità: lo cuore ch'è vulnerato di questa saetta, ogni amaritudine li pare dolce, ogni grande peso diventa leggiero. O carità dolce, che ingrassi e pasci l'anima nostra! Perché dicemmo che ardeva e non consumava, ora dico che egli arde e consuma, distrugge e dissolve ogni difetto e ogni ignoranza e ogni negligenzia che fusse nell'anima, in poiché la carità non è oziosa, anzi aduopera grandi cose.

Io Caterina, serva inutile, spasimo di desiderio, rivollendomi per le interiora dell'anima mia, di dolore e di pianto, vedendo e gustando la nostra ignoranza e negligenzia, e non donare amore a Dio, poi che tante grazie dona a noi con tanto amore. Perciò, carissimi fratelli, non siate ingrati né irriconoscenti, ché agevolmente si potrebbe seccare la fonte de la pietà in noi. O negligenti negligenti, destatevi da questo perverso sonno, andiamo e riceviamo lo re nostro che viene a noi umile e mansueto (Mt 21,5). O superbi noi, ecco lo maestro della umilità che viene e siede sopra l'asina! Però disse lo nostro Salvatore che una de le cagioni, infra l'altre, per la quale egli venisse sopra essa, si fu per dimostrare a noi la nostra umanità in quello che ella era venuta per lo peccato, a dimostrare che ci conviene tenere con questa asina de la nostra umanità. Drittamente senza veruna differenza, non ci ha tra noi e la bestia nulla: la ragione per lo peccato diventa animale.

O verità antica, che ci hai insegnato lo modo! Io voglio che tu salghi sopra questa asina, e possega te medesimo, umile e mansueto. Con che piei vi saliamo, dolcissimo amore? con l'odio de la negligenzia e con l'amore de la virtù. Or non diciamo più, ché troppe cose avremmo a dire - non posso più! -: ma facciamo così, figli e fratelli miei: lo canale è aperto e versa, sì che vedendo che noi aviamo bisogno di fornire la navicella dell'anima nostra, andiamo a fornirla ine, a quello dolcissimo canale, cioè lo cuore e l'anima e il corpo di Gesù Cristo. Ine trovaremo versare con tanto affetto che agevolemente potaremo empire l'anime nostre, e però vi dico: non indugiate a mettare l'occhio ne la finestra aperta, ch'io vi dico che quella somma bontà ci ha apparecchiati i modi e tempi da fare i grandi fatti per lui. E però vi dissi che fuste solleciti di cresciare lo santo desiderio, e non state contenti a le piccole cose, poiché egli le vuole grandi.

E per tanto io vi dico: lo papa mandò di qua lo suo vicario, e ciò fu lo padre spirituale di quella contessa che morì a Roma, ed è colui che renunziò lo vescovado per l'amore de la virtù: venne a me da parte del padre santo, ch'io dovesse fare speziale orazione per lui e per la santa Chiesa, e per segno mi recò la santa indulgenzia. "Gaudete et exultate", ché il padre santo ha cominciato ad eccitare l'occhio verso l'onore di Dio e de la santa Chiesa. Costà venrà uno giovane che vi darà questa lettara; dateli, di ciò ched egli vi dice, fede, in poichéd egli ha uno santo desiderio d'andare al Sepolcro, e però egli ne va ora al santo padre per la licenzia, per lui e per alquante persone, relegiosi e secolari. Io ho scritta una lettara al padre santo, e mandolo pregando che, per amore di quello dolcissimo sangue, egli ci desse licenzia, affinché noi dessimo le corpora nostre ad ogni tormento. Pregate quella somma eterna verità che, se egli è lo meglio, che ci faccia questa misericordia a noi e a voi: tutti di bella brigata diamo la vita per lui. Sono certa che, se sarà lo meglio, che la farà dare. Altro non dico.

Alessa vi si racomanda cento migliaia di volte, con desiderio di ritrovarvi e di rivedervi con quella ardentissima carità; maravigliasi molto che non ci avete mai scritto. Dio ci conduca in quello luogo due noi ci vedremo a faccia a faccia con lo Dio nostro. Alessa negligente si volrebbe volentieri invòllare in questa lettara per potere venire a voi. Monna Giovanna vi manda mille volte benedicendo che aviate memoria dinanzi da Dio. Gesù, Gesù, Gesù, Gesù.

Io Caterina, serva inutile di Gesù Cristo, cento migliaia di volte vi conforto e benedico. Caterina Marta vi si racomanda che preghiate Dio per lei. Racomandateci a frate Tommasso e al vostro priore e a tutti gli altri.







128. A Gabriello di Davino dei Picogliuomini.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti costante e perseverante nella virtù per sì-fatto modo che mai non volla lo capo adietro, poiché in altro modo non potresti essere piacevole a Dio né ricevaresti lo frutto del sangue de l'umile e immacolato Agnello, poiché solo la perseveranza è quella che è coronata.

Perciò c'è di necessità la perseveranza, e se tu mi dicessi, carissimo figlio: «In che modo posso avere questa constanzia e perseveranza, con-ciò-sia-cosa-che io abbi molti contrarii e molti nemici atorno: lo mondo e le creature, con molte persecuzioni ingiurie e mormorazioni, e la propria mia sensualità che spesse volte combatte e ribella contro a la ragione?», rispondoti che in neuno modo si può sconfiggere i nemici se non con l'arme e senza timore; e che volontariamente entri alla battaglia, e dispongasi alla morte, e che egli ami la gloria che segue doppo la battaglia. In questo modo noi, che siamo posti nel campo a combattere contro i nostri nemici, cioè contro lo mondo, la carne ed lo demonio, senza l'arme non potremmo combattere, né ricevere i colpi che non ci offendessero.

Che arme è quella che ci conviene avere? Dicotelo: convienci avere la corazza della vera carità, la quale ripara ai colpi che ci dà lo mondo in diversi modi, e alle molte tentazioni del demonio, e ai colpi della nostra fragilità, che combatte contro lo spirito, come detto è. E conviensi che la corazza abbi la sopravesta vermiglia, cioè lo sangue di Cristo Crocifisso, unito intriso e impastato col fuoco de la divina carità. E questo sangue si conviene che sia scuperto, cioè che tu lo confessi dinanzi a ogni creatura, e nol nascondi, confessandolo per buone e sante opere, e con la parola, quando egli bisogna; sì che tu non facci come molti matti che si vergognano dinanzi al mondo di ricordare Cristo Crocifisso, e di confessarsi loro essere servi di Cristo.

Questi cotali non si vogliono mettere la sopravesta, oh confusione del mondo!, ché si vergognano di ricordare Cristo e il sangue suo, del quale sono ricomprati con tanto fuoco d'amore; e non si vergognano delle loro iniquità, che con tanta miseria si privano del frutto del sangue, e hanno tolta la bellezza dell'anima loro, e perduta la dignità; e sono fatti animali bruti, e fatti servi e schiavi del peccato. E non se n'aveggono, poiché essi hanno perduto lo lume de la ragione, e vanno come ciechi e frenetici, ataccandosi a le cose del mondo, che non si possono tenere a nostro modo perché corrono come lo vento. Poiché o elle vengono meno a noi, o noi a loro, cioè quando noi siamo richiesti dal sommo giudice, separandoci l'anima dal corpo. E se essi non si correggono o nella vita o nel punto della morte (bene che neuno debba essere tanto ignorante che pigli indugio, poiché egli non sa in che modo né in che stato si muore, né quando), non correggendosi sono privati del bene della terra e di quello del cielo, e giongono all'eterna dannazione.

Non voglio dunque, figlio, poiché stanno in tanto pericolo, che tu sia di questi cotali; ma armato nel modo detto, costante e perseverante ne la battaglia infine alla morte, e senza alcuno timore. E convienti avere lo coltello in mano con che tu ti difenda, e sia di due tagli, cioè d'odio e d'amore - amore della virtù e odio del vizio - e con questo percotarai il mondo, odiando gli stati delizie pompe e vanità sue e infiata superbia. E percotarai i persecutori con la vera pazienza che tu acquistarai da l'amore della virtù. E percotarai lo demonio, poiché la carità è sola quella che il percuote; e fugge da l'anima come la mosca da la pignatta che bolle. E percotarai la sensualità e fragilità tua con l'odio, lo quale odio traesti dal cognoscimento santo di te, e con l'amore del tuo Creatore, lo quale amore acquistasti per lo cognoscimento di Dio in te; e per questo amore intrasti ne la battaglia.

E debbiti ponere dinanzi all'occhio dell'intelletto tuo Cristo Crocifisso, gloriandoti negli obrobii e fatiche sue. In lui vederai la gloria che è apparecchiata a te e a chiunque lo servirà, ne la quale gloria trovarai e ricevarai lo frutto d'ogni fatica portata per gloria e loda del nome suo. Or questo è lo modo, carissimo figlio, da venire a perfetta virtù, e a vincere la fragilità, e a perseverare infine alla morte. Senza la perseveranza l'arbolo nostro non produciarebbe lo frutto, e però ti dissi che io desideravo di vederti costante e perseverante, a ciò che mai non vollessi lo capo adietro. Altro non ti dico.

Ho fatto menzione dell'arme, a ciò che tu sia proveduto quando si levarà lo gonfalone della santissima croce; unde io voglio che tu sappi che arme ti conviene avere. E però fa' sì che tu la procacci ora fra i cristiani; e cominciala sì ad usare, che ella non sia rugginosa quando andarai sopra gl'infedeli.

Permane nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







129. A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine dei Predicatori, in Firenze.

Al nome di Gesù Cristo che per noi fu crocifisso.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello e figlio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo a voi e conforto nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi anegato e affogato nel fuoco dell'ardentissima carità di Dio, spogliato del vostro perverso vestimento, e vestito e ricuperto del fuoco de lo Spirito santo.

Lo quale vestimento è di tanta fortezza e durezza che non amolla mai; e il cuore che n'è vestito non diventa mai femminile, anco è atto e forte a ricevare grandissimi colpi de le molte persecuzioni del mondo e del demonio e dal corpo proprio: non gli passano dentro poiché il vestimento de la carità fa resistenza, poiché l'amore ogni cosa porta (1Co 12,7), cioè esso Spirito santo. Egli è quello lume che caccia ogni tenebre; egli è quella mano che sostiene tutto il mondo.

Così mi ricordo che poco è che egli diceva: «Io sono colui che sostengo e mantengo tutto il mondo; Io sono quel mezzo che unii la natura divina con l'umana; Io sono quella mano forte che tengo lo gonfalone de la croce, e di questo ho fatto letto: tenuto confitto e chiavellato Dio e Uomo». Egli era di tanta fortezza che, se lo vincolo de la carità, fuoco di Spirito santo, non l'avesse tenuto, i chiodi non erano sofficienti a tenerlo.

O amore dolce, inestimabile diletta carità, sei ministratore e servidore de le vilissime creature: qual cuore si difendarà che non si spogli del vestimento dell'uomo vecchio, dell'amore proprio di sé medesimo, e non corra, a tanto calore, a vestirsi dell'uomo nuovo? (Ep 4,22-24) Certo i cuori tiepidi e freddi e negligenti se ne difendono, e tutto questo nasce da la perversa radice dell'amore proprio: però vi dissi che io desideravo che fuste anegato e vestito di quella fortezza e plenitudine de lo Spirito santo, ché l'anima ch'ha levato l'affetto suo sopra di sé, e percossolo nel consumato desiderio di Dio, non cade in questo defetto, ma ènne privato.

Perciò io vi prego, figlio in Cristo Gesù: poi che dice che è vestimento forte che riceve ogni colpo, portiamo virilmente. O amore! lo Verbo s'è dato in cibo, lo Padre è letto dove l'anima si riposa. Amore amore! non ci manca nulla: vestimento di fuoco contro lo freddo, cibo contro al morire di fame, letto contro a la stanchezza. Siate siate inamorato di Dio, dilatando l'anima e la conscienzia vostra in lui, e non vogliate pigliare la stremità, poiché ella è cagione di tagliare le braccia del santo desiderio; e non ci bisogna pigliare tanta stremità, ché noi vediamo tanta larghezza che, essendo noi pellegrini, questa Parola incarnata ci ha acompagnati ne la pellegrinazione, e datocisi in cibo per farci corrire virilmente. Ed è si dolce compagno all'anima che il segue che egli è colui che, giungendo al termine de la morte, ci riposa nel letto, mare pacifico de la divina essenzia, dove riceviamo l'eterna visione di Dio. Questo parbe che volesse dire la dolce bocca de la Verità in sul legno de la santissima croce, quando disse: "In manus tuas, Domine, comendo spiritum meum" (Lc 23,46).

O Gesù dolce, tu sei nel Padre, ma non noi, ché, come membri putridi, per lo peccato eravamo privati de la grazia; sì che fu detta per noi, che, per la stretta compagnia che fece con l'uomo - che diventò una cosa con lui - reputava suo quel ch'era nostro. O fuoco d'amore! non voglio dire più, ché io non mi ristarei fino a la morte, se non che io vi vegga segato per mezzo.

Ricevetti la vostra lettara, e intesi ciò che diceva del dubbio che avete: ratto, per la grazia di Dio, lo dichiararemo insieme. Sono certa che la divina providenzia non vi farà stare senza frutto, non tollendolo con la vostra conscienzia, ma largo e in perfetta umilità: così voglio e prego teneramente, come figlio, facciate, e io, come misera miserabile madre, v'offerrò e tenrò dinanzi al Padre eterno Dio. E se mai fui affamata dell'anima vostra, singularmente sono al dì d'oggi: in questa Pasqua ve ne sete potuto avedere, e ogni dì è questa Pasqua: non potete stare senza me che continuamente per santo desiderio non sia dinanzi da voi.

Dell'andare a Roma, credo che Dio per sua grazia vi ci mandarà, però ch'io vedo la volontà di frate Tommasso inchinata a ciò. Lo nostro Cristo in terra ne viene tosto, secondo che io intendo, per la quale cosa io vi prego e constrengo che ne veniate più tosto che potete.

Mandastemi a dire ch'era morto misser Nicolaio e monna Lippa: ònne avuta grande letizia, pensando che ogni cosa è fatta con providenzia di Dio. Sappiate se monna Lippa avesse lassato per testamento nulla; se ne poteste avere nulla per Santa Agnesa, ingegnatevene, ché hanno grande bisogno. Ho scritto a monna Bilia e a Magdalena. Lo vescovo non mi rispose mai; però vi prego che v'andiate e constregniate di fare quello che io gli scrissi, e diavelo a voi, quella quantità che può, sforzando lo potere, ché è di grandissima necessità, e così dite a Nicolò Soderini; e il più tosto che potete recate ciò che vi danno. Dite a Lisabetta e a Cristofana e a tutte l'altre che si confortino in Cristo Gesù cento migliaia di volte, e che corrano virilmente dietro a lo Sposo dolce Cristo Gesù. Pregatela che mi perdoni, che io dimenticai la manna la quale io le promissi. Dite a Nicolino de li Strozzi che cresca di virtù in virtù, ché chi non cresce, torna adietro. Confortatelo molto molto da mia parte.

Sappiate che il dì che Dio sposò l'umana generazione coi la carne sua, fummo di nuovo lavati nel sangue e sposati con la carne. Anegatevi e affogatevi nel fuoco del santo desiderio. Rimanete ne la santa carità di Dio.

Alessa e Caterina e io Cecca pazza vi ci mandiamo molto racomandando. Gesù, Gesù.

Caterina, serva dei servi di Dio inutile, vi si racomanda. Frate Raimondo e frate Tommasso vi mandano molto confortando.







130. A Pòlito degli Ubertini, in Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi col cuore virile, spogliato d'ogni passione e tenerezza sensitiva; la quale tenerezza, che procede dall'amore proprio, è impedimento d'ogni santo desiderio e operatore d'ogni male.

Colui che s'ama sé, sta intro una tiepidezza di cuore: dall'uno lato lo chiama Dio, faccendogli vedere lo poco tempo che ci ha a vivere, e la miseria e fragilità del mondo, e la poca fermezza e stabilità sua, e che ogni diletto minimo e sollicitudine che l'uomo piglia disordinatamente fuore di Dio, è punito miserabilemente. Viengli in odio e pentimento lo mondo e volentieri se ne vuole levare, vedendo che chi lassa lo mondo possiede lo mondo, cioè che se ne fa beffe dello stato, pompe o delizie, vedendo che ogni bene è rimunerato e saragli puoi renduto, per uno, cento (Mt 19,29 Mc 10,30). Disponsi allora in sé medesimo al tutto d'abandonarlo. Ma se l'amore proprio anco vivesse nell'anima, questo desiderio intepedisce; e con una tale tenerezza di sé si va pure attaccando, pigliando indugio di tempo. Non si die fare così, ma uccidere ogni amore proprio, considerando in sé medesimo che non è sicuro d'avere lo tempo; ché se noi ne fussimo sicuri, sarebbe da dire: «Io mi porrò a sciogliere questo legame del mondo; e quando io sarò sciolto, e io n'andarò a legarmi con Cristo col mezzo del giogo della santaobbedienza».

Carissimo fratello, poiché non sete sicuro d'avere lo tempo, gittate a terra ogni amore proprio e tenerezza sensitiva; e non vi ponete a sciogliere, ma tagliate. Recatevi nella mano del libero arbitrio un coltello che avesse due tagli, cioè di odio e d'amore: amore della virtù, odio e pentimento del vizio e del mondo e della propria sensualità. A questo mondo dimostrarrete che siate uomo virile, e non tiepido né negligente.

Rispondete, rispondete a Dio che vi chiama per sante e buone 'spirazioni; e àvi apparecchiato lo luogo, santo e devoto, separato al tutto dal secolo, con uno padre - cioè lo Priore di Gorgona - che è dirittamente uno angelo, specchio di virtù, con una buona e santa famiglia. Non fate resistenza alla divina grazia, che con tanta benignità vi domanda di volere abitare (Jn 14,23) nel cuore e nell'affetto vostro.

Secondo che io intesi per la lettera che mi mandaste, parmi che avesseate buona e santa intenzione: ma troppo la pigliate longa, domandando due anni. E questo fa lo demonio perché gl'incresce del vostro bene, ponendovi inanzi d'avere necessità per impedire la pace e la quiete vostra. Molto mi parebbe che faceste bene, lo più tosto che si potesse allogare la fanciulla vostra, e levarvi quel peso dal collo; poi, degli altri fatti, spacciatamente determinargli. Potreste, l'altre faccende che avete a fare, lassarle a fare a quel mezzo che vedeste che fusse buono e atto a fatigarsi per l'amore di Dio e per voi; ma quel della fanciulla fate voi medesimo. Pregovi da parte di Cristo crocifisso che tosto vi spacciate; e non aspettate lo tempo, che il tempo non aspetta voi.

Viene a voi lo Priore di Gorgona: dite a lui pianamente la vostra intenzione, e pigliate una salda ferma e vera diliberazione. E se cosa è che voi pigliate d'essere a quel luogo santo e devoto, che sarà la vita dell'anima vostra, o per qualunque modo si sia, se voi dispensate la substanzia vostra ai povari datene in quel luogo di Gorgona, poiché il luogo ha bisogno d'essere acconciato, a volere stare secondo i costumi dell'ordine dei Certosani. Orsù virilmente, ch'io spero nella bontà di Dio che bagnandovi nel sangue di Cristo crocifisso voi farete questo, e ogni altra cosa, senza indugio di tempo. Non dico più.

Raccomandatemi a Leonardo, e Niccolò Soderini, e monna Antonia, e tutta l'altra famiglia benedite in Cristo dolce Gesù.

Rimanete etc. Gesù dolce etc.



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