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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 17:01
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19/10/2012 15:32

114. Ad Agnolino di Giovanni d'Agnolin dei Salimbeni.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero combattitore, e non schifare i colpi come fa lo vile cavaliere.

Figlio mio dolce, noi siamo posti in questo campo della battaglia e sempre ci conviene combattere; e d'ogni tempo e in ogni luogo noi abbiamo i nemici nostri, i quali assediano la città dell'anima: ciò sono la carne con disordenato diletto sensitivo, lo mondo con l'onore e delizie sue, ed lo demonio con la sua malizia. Lo quale, per impedire lo santo desiderio dell'anima, si pone con molti lacciuoli, o per sé medesimo o col mezzo della creatura, in su la lingua dei servi suoi, facendo dire parole piagentiere e di lusinghe o di minacce o di mormorazioni o di infamie: e questo fa per contristare l'anima e per farla venire a tedio nelle sante e buone opere.

Ma noi, come cavalieri virili, doviamo resistere, e guardare questa città, e serrare le porte dei disordenati sentimenti; e ponere per guardia lo cane della conscienzia sì che, quando lo nemico passa, sentendolo, abbai; e così destarà l'occhio dell'intelletto, e vedrà se egli è amico o nemico, cioè o vizio o virtù, che passi.

A questo cane si conviene dare bere e mangiare: bere se li conviene dare lo sangue, e mangiare lo fuoco, a ciò che si levi da la freddezza della negligenzia: e così diventarà sollecito. A te dico, figlio Agnolino, dàlli mangiare, a questo tuo cane della conscienzia, fuoco d'ardentissima carità, e bere lo sangue dell'Agnello immacolato aperto in croce, lo quale da ogni parte del corpo suo versa sangue. Perché noi abbiamo che darli bere, e facendo così sarà tutto rinvigorito; e sarete vero combattitore.

E tollete lo coltello de l'odio e dell'amore, cioè odio e pentimento del vizio, e amore della virtù; e il nemico della carne nostra, che è lo più pessimo e malvagio nemico che possiamo avere, sia ucciso, e il diletto suo, da questo coltello. E la conscienzia lo faccia vedere all'occhio dell'intelletto, quanto è pericoloso questo nemico del diletto carnale che passa nell'anima, affinché l'uccida. E raguardi la carne fragellata di Cristo Crocifisso, a ciò che si vergogni di tenere in piacere e in diletto disordenato e in delizie lo corpo suo.

E il demonio con le malizie e lacciuoli suoi, i quali egli ha tesi per pigliare l'anime, si sconfigga con la virtù della vera umilità: abbai questo cane della conscienzia, destando l'occhio dell’intelletto, e vegga quanto è pericoloso a credere agl'inganni suoi; e vòllasi a sé medesimo e conosca l'uomo sé non essere, a ciò che non venga a superbia, poiché l'umilità è quella che rompe tutti i lacciuoli del demonio. Bene averebbe da vergognarsi l'uomo d'insuperbire, vedendo sé non essere - e l'essere suo avere da Dio, e non da sé -, e vedere Dio umiliato a lui, poiché per profonda umilità discese la somma altezza a tanta bassezza quanta è la carne nostra.

Questo dolce e inamorato Agnello, Verbo incarnato, ci dà conforto, poiché da lui viene ogni conforto.

Perché egli è venuto come nostro capitano, e con la mano disarmata, confitta e chiavellata in croce, ha sconfitti i nemici nostri; e il sangue è rimaso in su lo campo, per animare noi cavalieri a combattere virilmente e senza alcuno timore. Lo demonio è diventato impotente per lo sangue di questo dolce Agnello, poiché non ci può fare più che Dio permetta; e Dio non permette che ci sia posto maggiore peso che noi possiamo portare. La carne è sconfitta coi fragelli e tormenti di Cristo; e il mondo con l'oprobrio scherni villanie e vituperio; e la ricchezza con la povertà volontaria di Cristo Crocifisso, poiché la somma ricchezza è tanto povaro, che non ha luogo dove posare lo capo suo, stando in su lo legno della santissima croce.

Quando lo nemico de l'onore e stato del mondo vuole intrare dentro, fa', figlio, che gli abbai lo cane della conscienzia tua, e desti la guardia dell'intelletto a ciò che vegga che stabilità o fermezza non ha alcuno onore o stato del mondo. E da qualunque parte elle vengono, non ne trova punto, e voi lo sapete, che l'avete veduto e provato. Poi voglio che voi vediate che lo darsi disordenatamente a queste cose transitorie che passano come lo vento, non ne segue onore, ma vituperio, perché l'uomo si sottomette a cosa meno di sé, e serve a cose finite; ed egli è infinito, poiché l'uomo non finisce mai a essere, perché finisca a grazia per lo peccato mortale. E però se noi vogliamo onore e riposo e sazietà, convienci servire e amare cosa maggiore di noi.

Dio è il nostro redentore, signore e padre, somma ed eterna bontà, degno d'essere amato e servito da noi; e per debito lo doviamo fare, se vogliamo participare la divina grazia. Egli è somma potenza e sazietà: egli è solo colui che sazia ed empie l'anima e fortifica ogni debole, sì che sta in pace e in quiete e in sicurezza, e d'altro non si può saziare. E per questa cagione è che ogni cosa creata è meno che l'uomo. Perciò lo spregiare del mondo è l'onore e la ricchezza dell'uomo, ma gli stolti e matti non cognoscono questo vero onore, ma reputanlo tutto lo contrario.

Ma voi, come vero combattitore, levate voi sopra ai sentimenti vostri sensitivi, e conoscete questa verità; e non vogliate credere ai malvagi e alli iniqui uomini, poiché favella lo demonio per la bocca loro per impedire la vita e salute vostra, e per provocarvi ad ira e a contradire alla volontà di Dio. E però non credete ai consiglieri del demonio, ma credete e rispondete allo Spirito santo che vi chiama. Traete fuore la disciplina dell'ardire, e con virile cuore rispondete a loro, e dicete che voi non sete colui che vogliate ricalcitrare a Dio, ché non potreste. So che v'è detto, e vi sarà, molto male della contessa da' fedeli e dagli altri, perché ella vuole essere serva e sposa di Cristo. Questi iniqui, per impedire liei e voi, vi porranno inanzi lo timore ed i suspetti; e porranno per vituperio e viltà quello che è il maggiore onore che avere potiate: poiché non tanto che sia onore presente, ma l'onore e il ricordo e memoria di voi sarà dinanzi a Dio e nel mondo infine all'ultimo fine, sopra tutti quanti i vostri antecessori.



Stolti e matti a noi, che vogliamo pur ponere l'affetto la sollicitudine e la speranza nel fuoco della paglia! Grande fuoco si mostrò la prima volta che la sposaste; ma subito venne meno, e non ne rimase altro che fummo di dolore. La seconda apparbe la materia del fuoco, ma non venne in effetto; poiché venne lo vento della morte e portollo via. Molto sarebbe semplice ella e voi, poiché lo Spirito santo la chiama, se ella non rispondesse. E ha veduto che lo mondo la rifiuta e cacciala a Cristo Crocifisso. Sono certa per la divina bontà, che voi non sarete quello che per neuno detto vi scordiate da la volontà di Dio; e non sarete corrente né ratto ai detti del mondo. Chiudete chiudete la bocca ai sudditi vostri, che non favellino tanto; e mostrate lo' lo volto. Non dubbito che, se lo cane della conscienzia non dorme, e l'occhio dell'intelletto, che voi il farete; ché in altro modo non sareste combattitore virile, anco mostrareste grandissima viltà contro lo mio desiderio di vedervi virile. E però vi dissi che io desideravo di vedervi vero combattitore posto in questo campo della battaglia, e singolarmente in questa battaglia nuova che ora voi avete per la disposizione della contessa. Lo demonio s'avede della perdita sua, e però vi fa dare tanta molestia alle creature. E però confortatevi e uccidete ogni parere del mondo, e viva in voi Cristo Crocifisso. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




115. A madonna Isa, figlia che fu di Giovanni d'Agnolino dei Salimbeni.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi sposa ferma e fedele, e che non vi volliate al vento come fa la foglia.

Non voglio che così si volla l'anima vostra, né il santo desiderio, per veruno vento contrario di veruna tribulazione o persecuzione che desse lo mondo o il demonio, ma virilmente, con l'affetto de la virtù e de la perseveranza e con la memoria del sangue di Cristo, le passate tutte; né per detto di nessuna creatura si rimuova questo desiderio: ché giongono coi detti e con gl'iniqui consigli loro. Unde se voi sarete sposa fedele e ferma, fondata sopra la viva pietra, Cristo dolce Gesù, non perdarete lo vigore, e la parola non verrà meno ne la bocca vostra; anco l'acquistarete, poiché non debba diminuire la virtù né l'ardire in colui che desidera e vuole acquistare virtù, ma debba crescere. Ricordomi che secondo lo mondo vi sete fatta temere, e messovi sotto i piedi ogni detto e piacere degli uomini - e questo è fatto solo per lo miserabile mondo -: non debba dunque avere meno vigore la virtù, ma per una lingua ne dovete avere dodici, e rispondere arditamente ai detti del demonio che vuole impedire la salute vostra.

E se terrete silenzio sarete ripresa nell'ultimo dì, e detto sarà a voi: maladetta sia tu che tacesti! E però non aspettate quella dura reprensione. Sono certa che, se vorrete seguire l'Agnello derelitto e consumato in croce, per la via de le pene scherni obbrobrii e villanie, che non terrete silenzio. Voglio dunque che seguitiate lo Sposo vostro Cristo; e con ardito e santo desiderio intrare a combattere in questa nuova battaglia, con perseveranza fino a la morte, dicendo: «Per Cristo Crocifisso ogni cosa potrò, lo quale è in me che mi conforta» (Ph 4,13). Ora, all'entrata, sentite voi la spina, ma poi n'averete lo frutto, e ricevarete gloria de la loda di Dio. Orsù virilmente, con una vera e santa perseveranza, e non dubitate punto.

Del fatto dell'abito mi pare che sia da seguire quello che lo Spirito santo per la bocca vostra dimandò, senza essere indutta da persona; e lassate menare le lingue a modo loro. Questo non vi scemarà la devozione del glorioso padre nostro santo Francesco, anco la crescerà; non di meno voi sete libera, poniamo che fusse più tosto defetto che no a tornare a dietro quello che è cominciato.

Dei fatti de la contessa mi pare, se si potesse fare che ella venisse a la Rocca prima che io venisse, io credo che sarà bene. Poi faremo quello che lo Spirito santo ci farà fare. Altro non dico.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Bagnatevi nel sangue di Cristo Crocifisso. Gesù dolce, Gesù amore.





116. A madonna Pantasilea, donna di Ranuccio da Farnese.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissima sorella in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vero lume e cognoscimento di voi e di Dio, a ciò che cognosciate la misera fragilità del mondo, poiché l'anima che conosce la miseria sua conosce bene quella del mondo; e chi conosce la bontà di Dio in sé, la quale trova nell'essere suo - cioè conoscendosi creatura ragionevole, creata all'imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26) -, subbitamente, allora che l'anima è venuta a questo santo e vero cognoscimento, ella ama e serve Dio in verità; e ciò che ella ama, retribuisce al suo Creatore, e ogni dono e grazia. E acordasi sempre con la volontà sua; e di ciò che Dio fa e permette a lei è contenta, perché vede che Dio non vuole altro che la sua santificazione.

Questo ci manifesta lo Verbo dolce del figlio di Dio, ché, a ciò che noi fussimo santificati in lui, corse come inamorato all'obrobiosa morte della croce, sostenendo morte con amari tormenti per liberare noi de la morte eterna. Dunque, poiché la morte e lo sangue di Cristo ci manifesta l'amore inestimabile che Dio ci ha, e che non vuole altro che lo nostro bene, doviamo portare con vera pazienza ogni fatica e tribulazione, e per qualunque modo egli ce le concede; e sempre pigliare una santa speranza in lui, pensando che egli provederà in ogni nostro bisogno, e non ci darà più che noi possiamo portare. A misura ce le dà; e se egli cresce fatica, ed egli dà maggiore fortezza, a ciò che noi non veniamo meno.

Convienci dunque portare e averle in reverenzia per Cristo Crocifisso, e perché elle sono cagione e strumento della nostra salute: perciò che la fatica e la tribulazione di questa vita ci fa umiliare e atutare la superbia, e facci levare lo disordinato affetto dal mondo, e ordenare l'amore nostro in Dio; e anco ci fa conformare con Cristo Crocifisso, e sentire de le pene e delli obrobrii suoi. Sì che elle sono di grande necessità a noi, se vogliamo godere nell'eterna visione di Dio: elle ci fanno sentire e destare dal sonno de la negligenzia e ignoranza, perché nel tempo del bisogno ricorriamo a Cristo conoscendo che egli solo ci può aitare.

E per questo modo diventiamo grati del beneficio ricevuto e che riceviamo, e cognosciamo meglio la sua bontà, e la nostra miseria: poiché egli è colui che è (Ex 3,14), e noi siamo coloro che non siamo, e l'essere nostro aviamo da lui. Bene lo vedete manifestamente che tale ora vorremmo la vita che ci conviene avere la morte; la sanità e noi siamo infermi; tenere i figli e le ricchezze e delizie del mondo perché ci dilettano, ed egli ce le conviene lasciare. Questa è la verità, che o elle lassano noi per divina dispensazione, o noi lassiamo loro per lo mezzo della morte, partendoci di questa tenebrosa vita. Sì che vedete che noi non siamo nulla per noi medesimi, se non pieni di peccati e di molta miseria: questo solo è nostro, e ogni altra cosa è di Dio.

Perciò, carissima sorella, aprite l'occhio dell'intelletto, e amate lo vostro Creatore e ciò che egli ama - cioè la virtù, e singularmente la pazienza -, con vera e perfetta umilità, non reputandovi alcuna cosa; ma solo rendere onore e gloria a Dio, possedendo le cose del mondo, e marito e figli e ricchezze e ogni altro diletto, come cosa prestata e non come cosa vostra, poiché, come già detto è, vengono meno, e non le potete tenere né possedere a vostro modo, se non quanto piace alla divina bontà di prestarvele. Facendo così, non vi farete Dio dei figli né di veruna altra cosa - anco amarete ogni cosa per Dio, e fuore di Dio non nulla -, e spregiarete lo peccato, e abbracciarete la virtù.

Levate, levate l'affetto e il desiderio vostro dal mondo, e ponetelo in Cristo Crocifisso, che è fermo e stabile, e che non viene mai meno, né vi può essere tolto se voi non volete. Non dico poiché voi non stiate nel mondo nello stato del matrimonio più che voi vogliate, né che voi non governiate i vostri figli e l'altra fameglia secondo che vi richiede lo stato vostro; ma dico che viviate con ordine, e non senza ordine. E in ciò che voi fate, vi ponete Dio dinanzi agli occhi: e stare nello stato del matrimonio, e andare con timore santo e come a sacramento, e avere in reverenzia i dì comandati della santa Chiesa, quanto egli è possibile a voi.

E i figli, notricarli nelle virtù e nei comandamenti dolci di Dio, poiché non basta alla madre e al padre di notricare solamente lo corpo - ché questo fa l'animale, d'allevare i suoi figli -, ma debba notricare l'anima nella grazia, giusta al suo potere, riprendendoli e gastigandoli nei difetti che commettessero. E sempre vogliate che usino la confessione spesso, e la mattina odano la messa, o almeno i dì comandati dalla Chiesa, e così sarete madre dell'anima e del corpo. Sono certa che se avarete vero cognoscimento di Dio e di voi, come detto è, voi lo farete, poiché senza questo cognoscimento nol potreste fare.

Unde, considerando me che per altra via non potete avere la grazia di Dio, dissi che io desideravo di vedervi con vero lume e cognoscimento di voi e di Dio. Pregovi, per l'amore di Cristo Crocifisso e per vostra utilità, che il facciate: e così adempirete in voi la volontà di Dio e il desiderio mio. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





117. A monna Lapa sua madre e a monna Cecca nel monasterio di santa Agnesa da Montepulciano, quando essa era a la Rocca d'Agnolino predetta.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre e figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestite del fuoco de la divina carità sì e per sì-fatto modo che ogni pena e tormento, fame e sete, persecuzioni e ingiurie, scherni strazii e villanie, e ogni cosa, portiate con vera pazienza, imparando da lo dissanguato e consumato Agnello, lo quale con tanto fuoco d'amore corse a la obbrobriosa morte de la croce.

Acompagnate dunque quella dolcissima madre Maria, la quale, affinché i discepoli santi cercassero l'onore di Dio e la salute delle anime seguitando le vestigie del dolce figlio suo, consente che i discepoli si partano da la presenza sua, avenga che sommamente gli amasse; ed ella rimane come sola ospita e perregrina. E i discepoli, che l'amavano smisuratamente, anco con allegrezza si partono, sostenendone ogni pena per onore di Dio; e vanno fra i tiranni, sostenendo le molte persecuzioni. E se voi gli dimandaste: «Perché portate voi così allegramente, e partitevi da Maria?», risponderebbero: «Perché abiamo perduti noi, e siamo inamorati de l'onore di Dio e de la salute delle anime». Così voglio dunque, carissima madre e figlia, che facciate voi. E se per fino ad ora non fuste state, voglio che siate arse nel fuoco de la divina carità, cercando sempre l'onore di Dio e la salute delle anime; altrimenti stareste in grandissima pena e tribulazione, e terrestevi me. Sappiate, carissima madre, che io, miserabile figlia, non sono posta in terra per altro; a questo mi possiede eletta lo mio Creatore: so che sete contenta che io l'obedisca.

Pregovi dunque che, se vi paresse che io stesse più che non piacesse a la vostra volontà, voi stiate contenta, poiché io non posso fare altro.

Credo che se voi sapeste lo caso, voi stessa mi ci mandareste: io sto per ponere remedio a uno grande scandalo, se io potrò. Non è però dei fatti de la contessa, e però ne pregate tutti Dio, e codesta gloriosa Vergine, che ci mandi effetto che sia buono. E tu, Cecca, e Giustina, v'annegate nel sangue di Cristo Crocifisso, poiché ora è il tempo di provare la virtù nell'anima. Dio vi doni la sua dolce ed eterna benedizione a tutte. Altro non dico.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







118. A monna Caterina de lo Spedaluccio e a la soprascritta Giovanna di Capo, in Siena.


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figlie in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi figlie obedienti, unite in vera e perfetta carità; la qualeobbedienza e amore vi farà smaltire ogni pena e tenebre, perché l'obedienzia tolle quella cosa che ci dà pena, cioè la propria e perversa volontà, che si anniega e uccide ne la santa e veraobbedienza.

Consuma e disolvesi le tenebre per l'affetto de la carità e unione, perché Dio è vera carità (1Jn 4,8-16) e è sommo ed eterno lume (Jn 8,12 Jn 9,5 Jn 12,46): chi ha per sua guida questo vero lume non può errare il camino.

E però, io voglio, carissime figlie, poiché tanto è necessario, che vi studiate di perdere le volontà vostre e d'avere questo lume. Questa è quella dottrina che sempre mi ricorda che v'è stata data, bene che poca n'aviate impresa. Quello che non è fatto vi prego, dolcissime figlie, che il facciate; se voi nol faceste stareste in continua pena, e terrestevi me miserabile che merito ogni pena. A noi conviene fare, per onore di Dio, come fecero gli appostoli santi: poi che ebbero ricevuto lo Spirito santo, si separaro l'uno da l'altro, e da quella dolce madre Maria. Poniamo che sommo diletto lo' fusse lo stare insieme, nondimeno essi abandonano lo diletto proprio, cercano l'onore di Dio e salute de l'anime. E perché Maria gli parta da sé, non tengono, però, che sia diminuito l'amore, né che siano privati de l'affetto di Maria. Questa è la regola che ci conviene pigliare a noi.

Grande consolazione so che v'è la mia presenza; nondimeno, come vere obedienti, dovete voi e la consolazione propria, per onore di Dio e salute de l'anime, non cercare; e non dare luogo al demonio, che vi fa vedere d'essere private de l'affetto e de l'amore che io ho a l'anime e ai corpi vostri. Se altrimenti fusse, non sarebbe fondato in Dio. E io vi fo certe di questo, ch'io non v'amo altro che per Dio. E perché pigliate pena tanto disordinata de le cose che si vogliono fare per necessità? Oh come faremo, quando ci converrà fare i gran fatti, quando nei picoli veniamo così meno? Egli ci converrà stare insieme e separati secondo ch'i tempi ci verranno.

Testé vuole e permette lo nostro dolce Salvatore che noi siamo separate per suo onore. Voi sete in Siena, e Cecca e la nonna sono a Montepulciano; frate Bartolomeo e frate Mateio vi saranno e sonvi stati. Alessa e monna Bruna sonno a Monte Giovi, di lunga da Montepulciano xviij miglia; e son con la contessa e con madonna Isa. Frate Raimondo e frate Tomaso e monna Tomma e Lisa e io, siamo a la Rocca fra mascalzoni; e mangiansi tanti demoni incarnati che frate Tomaso dice che gli duole lo stomaco, e con tutto questo non si può saziare. E più appetiscono; e trovanci lavorio per un buon prezzo. Pregate la divina bontà che lo' dia di grossi e dolci e amari bocconi. Pensate che l'onore di Dio e la salute de l'anime si vede molto dolcemente. Voi non dovete altro volere né desiderare: facendo questo, non potete fare cosa che più piaccia a la somma ed eterna volontà di Dio, e a la mia.

Orsù, figlie mie, cominciate a fare sacrificio de le volontà vostre a Dio, e non vogliate sempre stare a latte, ché ci conviene disponere i denti del desiderio ad amorsare lo pane duro e muffato, se bisognasse.

Altro non dico. Legatevi nel legame dolce de la carità: a questo mostrarete che voi siate figlie; e in altro no. Confortatevi in Cristo dolce Gesù, e confortate tutte l'altre figlie etc. Noi tornaremo più tosto che si potrà secondo che piacerà a la divina bontà.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore, Maria.





119. A monna Alessa vestita dell'abito di santo Domenico, quando era a la Rocca.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti seguire la dottrina de lo immacolato Agnello col cuore libero e spogliato d'ogni creatura, vestita solo del Creatore, col lume della santissima fede, poiché senza lo lume non potresti andare per la via dritta dello dissanguato e immacolato Agnello.

E però desidera l'anima mia di vedere te e l'altre schiette e virili; e che non vi volliate mai per neuno vento che vi venisse. Guarda che tu non volti mai lo capo a dietro; ma sempre va' inanzi, tenendo a mente la dottrina che t'è stata data. E ogni dì di nuovo fa' che entri nell'orto dell'anima tua, col lume de la fede, a trarne ogni spina che potesse affogare lo seme de la dottrina (Mt 13,7 Mc 4,7 Lc 8,7) data a te, e a rivoltare la terra: cioè che ogni dì spogli lo cuore di nuovo.

Questo è di necessità, di spogliarlo continuamente, poiché spesse volte ho veduto di quelli che è paruto che sieno stati spogliati, che io li ho trovati vestiti per pruova più che per parole: con la parola parrebbe lo contrario, ma l'opera dimostra l'affetto. Voglio dunque che tu in verità spogli lo cuore seguitando Cristo Crocifisso; e fa' che lo silenzio stia ne la bocca tua. Sommi aveduta che poco credo che l'altra l'abbi tenuto: di questo molto m'incresce, se egli è così come mi pare. Vuole lo mio Creatore che io porti, e io sono contenta di portare; ma non sono contenta dell'offesa di Dio.

Scrivestimi che pareva che Dio ti costrignesse nella orazione a pregarlo per me: grazia sia a la divina bontà che tanto amore ineffabile dimostra a la miserabile anima mia. Dicesti che io ti scrivesse se io avevo pene, e se io avevo de le mie infermità usate in questo tempo; a che ti rispondo che Dio ha proveduto ammirabilmente dentro e di fuore: nel corpo ha proveduto molto in questo Avvento, facendo spassare le pene con lo scrivere. è vero che, per la bontà di Dio, elle sono più agravate che elle non solevano. E se egli l'ha più agravate, ha proveduto che Lisa è guarita, subito che frate Santi infermò: che è stato in su la estremità de la morte. Ora quasi miracolosamente è tanto migliorato, che si può dire guarito.

Ma i pare che lo sposo mio della verità eterna abbi voluto fare una dolcissima e reale pruova dentro e di fuore, di quelle che si veggono e di quelle che non si veggono - che sono molto più, innumerabilmente, che quelle che si veggono -; ma egli ha tanto dolcemente proveduto, insieme con la pruova, che la lingua non sarebbe sufficiente a narrarlo. Unde io voglio che le pene mi siano cibo, le lacrime beveraggio (Ps 41,3 Ps 79,6), e il sudore uno unguento.

Le pene voglio che m'ingrassino, le pene mi guariscano; le pene mi diano lume, le pene mi diano sapienza; le pene mi rivestano la mia nudità, le pene mi spoglino d'ogni proprio amore, spirituale e temporale.

La pena de la privazione de le consolazioni d'ogni creatura m'aricchisca ne la prova de le virtù, in conoscere la imperfezione mia e il perfettissimo lume de la dolce Verità, proveditore e accettatore dei santi desiderii e non de le creature: quelli che non ha ritratto adietro la sua bontà verso di me per la mia ingratitudine, né per lo poco lume e cognoscimento mio; ma solamente ha raguardato a sé, che è sommamente buono.

Pregoti per l'amore di Gesù Cristo Crocifisso, dilettissima figlia mia, che non allenti l'orazione - anco la radoppia, poiché io n'ho maggiore bisogno che tu non vedi -; e che tu ringrazii la bontà di Dio per me. E pregalo che mi dia grazia che io dia la vita per lui, e che mi tolga, se gli piace, lo peso del corpo mio (perché la vita mia è di poca utilità altrui, ma più tosto è penosa, e gravezza a ogni persona da lunga e da presso per li peccati miei). Dio per la sua pietà mi tolga tanti defetti, e questo poco del tempo che io ho a vivere mi faccia vivere spasimata per amore de la virtù; e con pena offeri dolorosi e penosi desiderii dinanzi a lui per la salute di tutto quanto lo mondo, e per la reformazione de la santa Chiesa. Gode, gode in croce con con me, sì che la croce sia uno letto dove si riposi l'anima, una mensa dove si gusti lo cibo e il frutto de la pazienza con pace e con quiete.

Mandastimi dicendo etc. De la quale cosa fui consolata, sì per la vita sua, sperando che ella si corregga, menandola con meno vanità di cuore che fino a ora non ha fatto; e sì per li fanciulli, che erano condotti al lume del santo baptesmo. Dio lo' dia la sua dolcissima grazia; e lo' dia la morte, se non debbono essere buoni. Benedì loro, e conforta lei in Cristo dolce Gesù; e dille che ella viva col santo e dolce timore di Dio e che ella riconosca da Dio la grazia che ella ha ricevuta, che non è stata piccola, ma bene grande. E se ella ne fusse ingrata, dispiacerebbe molto a Dio; e forse che non la lassarebbe impunita. Racomandaci etc.

Di costoro novella nessuna non ho avuta; la cagione non so. Sia fatta la volontà di Dio.

Lo nostro salvatore mi possiede posta in su l'Isola, e da ogni parte i venti percuotono. Ognuno goda in Cristo Crocifisso, di longa l'uno dall'altro, serrati ne la casa del cognoscimento di noi. Altro non dico

Permane nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

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