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Diario della crisi economica

Ultimo Aggiornamento: 12/05/2020 11:31
31/08/2015 09:40
 
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Il problema è nel manico

LA DISOCCUPAZIONE E’ ALLE STELLE NONOSTANTE IL JOBS ACT, IL QE, LE RIFORME E IL PREZZO DEL PETROLIO! CERCO DI SPIEGARVI I MOTIVI (di Giuseppe PALMA)

by Giuseppe Palma, scenarieconomici.it

Che il Jobs Act non servisse a creare nuovi posti di lavoro ormai lo sanno anche i sassi, ma che a circa sei mesi dall’entrata in vigore del contratto unico a tempo indeterminato la situazione fosse ancora così drammatica, sinceramente non me lo aspettavo! La riforma del lavoro targata Renzi/PD ha dimostrato di avere solo un obiettivo: SVALUTARE IL LAVORO (riduzione dei salari e contrazione delle garanzie contrattuali e di legge) allo scopo di salvare l’€uro, una moneta totalmente sbagliata che, non consentendo aggiustamenti sul cambio, scarica il peso della competitività sul lavoro, quindi sui salari e sulla qualità occupazionale. In pratica, avendo ciascuno Stato dell’eurozona perso sovranità monetaria, ed essendo l’€uro un accordo di cambi fissi, gli Stati – in periodi di recessione -, non potendo più sfruttare la leva della svalutazione monetaria, sono costretti – affinché merci e servizi tornino ad essere competitivi – a SVALUTARE IL LAVORO. E in questo contesto si colloca il Jobs Act!

E non venitemi a parlare del Quantitative Easing: pur avendo provocato una svalutazione dell’€uro sul dollaro di circa il 25%, si è trattata di una svalutazione comune a ben 19 Paesi, quindi non ha prodotto quei benefici che scaturivano dalle svalutazioni competitive del passato!

Bene. Assodato quanto premesso, ricordo che il contratto unico a tempo indeterminato e a tutele crescenti è entrato in vigore a partire dal 7 marzo 2015 (Legge delega n. 183/2014 più successivi decreti attuativi), preceduto dagli incentivi statali (decontribuzione) in favore delle imprese che assumono personale con contratto a tempo indeterminato (gli incentivi sono in vigore dal 1 gennaio 2015).

Al di là delle critiche al Jobs Act (che ho già argomentato in parecchi dei miei articoli) in merito alla definitiva scomparsa del lavoro stabile (che nella sostanza non esiste più visto che il datore di lavoro non può più essere condannato a reintegrare il lavoratore illegittimamente licenziato, fatte salve pochissime ipotesi residuali), in questa sede vorrei porre l’attenzione su un ulteriore e drammatico aspetto: i motivi dell’irreversibile incapacità di Governo e Parlamento – che prendono ordini da Bruxelles, Berlino e Francoforte – a risolvere la piaga della disoccupazione.

Ciò detto, quando nel febbraio 2014 Matteo Renzi divenne – con una manovra di Palazzo e senza alcuna legittimazione democratica – Presidente del Consiglio dei ministri, la situazione occupazionale era esattamente quella di adesso, ma il neo premier promise che l’Italia – grazie alla riforma del lavoro – sarebbe tornata a correre.

Oggi, nonostante il Jobs Act (in vigore da quasi sei mesi), nonostante la decontribuzione (a regime da ben otto mesi), nonostante gli 80 euro (in busta paga di parecchi italiani da più di un anno), nonostante il bazooka del Quantitative Easing (che da marzo di quest’anno sta iniettando liquidità nel sistema, causando anche una salutare quanto inutile svalutazione dell’€ sul $), nonostante la riforma e l’informatizzazione della giustizia civile (avviate dagli ultimi due Governi Berlusconi e proseguite dagli esecutivi Monti, Letta e Renzi), nonostante il basso costo del petrolio, nonostante l’Expo e nonostante l’avviato percorso di riforme istituzionali (una su tutte quella riguardante la Parte Seconda della Costituzione), i dati sull’occupazione diffusi dall’ISTAT relativi al mese di giugno 2015 sono un bollettino di guerra: la disoccupazione è al 12,7%, con quella giovanile ormai fuori controllo (44,2%). Solo quattro anni fa, cioè prima del COLPO DI STATO che portò Mario Monti a Palazzo Chigi al posto di Silvio Berlusconi, la disoccupazione era all’8,4% (quella giovanile poco sotto il 30%).

Tutto ciò premesso, i motivi del disastro sono da ricercare – a mio parere – nella iattura rappresentata dall’UE e dall’€uro, tant’è che le ricette economiche dettate da Bruxelles e Francoforte sono del tutto FALLIMENTARI!

Continuare a voler morire in nome di una moneta unica sbagliata e all’interno di una Unione Europea fatta di burocrati, vincoli capestro e norme dittatoriali, è davvero un’assurdità, un vero e proprio attentato nei confronti della democrazia, del lavoro e dei principi inderogabili della Costituzione!

Diciamoci la verità: se non riprende la DOMANDA INTERNA, la disoccupazione resterà – salvo lievi oscillazioni – quella di adesso!

Ciononostante, in televisione e sui giornali di regime parecchi giornalisti, politici, professoroni universitari ed economisti (con la zucca vuota ma il portafogli pieno) continuano a raccontare MENZOGNE e a non affrontare seriamente la “QUESTIONE EURO“.

Se si continua a voler seguitare acriticamente questa UE e questo €uro, tra pochi anni l’Italia sarà un cimitero!

Giuseppe PALMA

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