00 07/08/2010 01:23
Il primo paese in Sudamerica ad ufficializzare i diritti delle coppie omosessuali, nonostante le forti proteste

 

Matrimonio gayIl Senato argentino ha approvato il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Quando la Presidente Cristina Kirchner sancirà la riforma (e lo farà lei, avendola pienamente sostenuta) il Paese sarà il primo del nostro machista Sud America a universalizzare tale diritto. Gay e lesbiche potranno formare ufficialmente una coppia, con gli stessi diritti degli eterosessuali, incluso quello all'eredità, alla pensione e all'adozione di figli. Ci sono state forti proteste, sia contro sia a favore della riforma legislativa, ma alla fine ha vinto la ragione – una vittoria da attribuire alla società civile argentina e alle organizzazioni a sostegno dei diritti degli omosessuali.

Ciò dimostra, una volta di più, che la discussione su quale dei due Paesi abbia il miglior calcio rimane aperta, mentre in termini di civilizzazione il Brasile ha ancora parecchio da imparare dal fratello sudamericano.

Qui in Brasile, l’Avvocatura generale dell'Unione (AGU) ha preso posizione a difesa delle unioni omosessuali stabili. In nome della Presidenza della Repubblica, la AGU ha sostenuto che le relazioni omosessuali esistono indipendentemente dalla presenza o meno di tutela legale, sebbene alcuni Paesi abbiano già modificato la propria legislazione per includere tale possibilità. Il parere in materia appoggia la Procura Generale della Repubblica, che ha chiesto al Tribunale supremo federale di dichiarare incostituzionale l’articolo del Codice Civile che considera possibili solo le unioni tra uomini e donne.

In Argentina, per consentire il matrimonio gay, è stata modificata la legge, sostituendo l’espressione "uomini e donne" con il termine "coniugi". Le analoghe proposte presentate nel Parlamento brasiliano, per consentire l’unione civile tra persone dello stesso sesso, sono lungi dall’essere approvate. E la questione del matrimonio resta annosa. In fin dei conti, è pur sempre un peccato…

Nonostante l’influenza di gruppi religiosi contrari al cambiamento, prima o poi anche in Brasile verranno modificate tali norme, garantendo dignità e sconfiggendo i pregiudizi. Qualcosa va già cambiando pian piano: un uomo riesce a estendere la copertura previdenziale al suo compagno, una donna ottiene la pensione della compagna. Il problema è che questo percorso va rivelandosi assai lento, quando in realtà dovrebbe essere rapido per consentire a quanti vivono oggi di godere di questa nuova realtà.

È assurdo che nel secondo millennio la nostra società stia ancora discutendo se si debbano universalizzare o meno tali diritti. Che gay e lesbiche vengano picchiati e uccisi per strada solo perché hanno osato essere diversi dalla massa. Che seguaci di una supposta verità divina taccino di peccato il comportamento altrui e condannino i diversi a una vita d’inferno in Terra.

Quel Parlamento che oggi non sembra prestare attenzione alle proposte di riforma, è il frutto del tessuto sociale nel quale si inserisce – e, sì, il pandemonio che dà vita alle notizie di criminalità, pardon, di politica, è un riflesso di noi stessi. In termini pratici, una (mancata) decisione legislativa racchiude gli stessi pregiudizi delle battute maligne contro i gay o dei piccoli atteggiamenti machisti che noi (me incluso) assumiamo nella vita di tutti i giorni. La differenza sta nella dimensione dell’impatto, non nella sua natura.

Attribuiamo la colpa al processo formativo brasiliano, all’eredità patriarcale portoghese, alle imposizioni religiose, al Giardino dell'Eden e così via. È più facile affermare che siamo il frutto di qualcosa, che siamo condizionati dal passato, piuttosto che tentare di reagire a un’inerzia che mantiene la distinzione tra cittadini di prima classe (uomini, ricchi, bianchi, eterosessuali) e di seconda classe (donne, poveri, neri e indigeni, omosessuali, ecc.). È una lotta ingloriosa, ma necessaria. E ci richiede di riflettere profondamente sui nostri comportamenti. Alla fine, sarà una scelta fra la barbarie dell’intolleranza e la civilizzazione.

Gayneys




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