Sulle ali della Fantasia...

L'ISLAM

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    _Stellamarina_
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    Città: ROMA
    Età: 44
    Sesso: Femminile
    00 20/10/2009 11:52
    L'Islam parola traducibile con "sottomissione [a Dio ]", che deriva dalla radice "slm" ovvero "essere salvato", è una religione monoteista, osservata dai musulmani. L'Islam si è manifestato per la prima volta nella cittadina higiazena della Mecca (Penisola Araba) nel VII secolo. Suo artefice è stato Maometto, considerato dai musulmani l'ultimo e definitivo profeta inviato da Dio (Allāh) al mondo intero.
    Quanto a numero di fedeli l'Islam (con tutte le sue varianti) segue soltanto il Cristianesimo, anch'esso da intendersi in un'accezione globale. I numeri sono peraltro oggetto di disputa, variando tra il miliardo e 200 milioni e il miliardo e mezzo di devoti.
    L'Islam considera che il messaggio divino, contenuto nel suo libro sacro (il Corano) e negli insegnamenti del profeta Maometto, sia destinato a tutto il genere umano dall'inizio dei tempi, incluse quindi le comunità religiose monoteistiche ed enoteistiche precedenti alla sua comparsa e affermazione. Il loro credo, di cui si accettano taluni assunti e molti profeti (da Adamo a Noè, da Abramo a Mosè, fino a Gesù), viene ritenuto di origine celeste ma alterato dal fluire del tempo e dalla malizia degli uomini. Secondo i musulmani, l'Islam è la definitiva e non più modificabile riaffermazione divina della sua volontà, destinata a perdurare inalterata fino al Giorno del Giudizio, anche se talora tradita o trascurata dai suoi fedeli.

    La fede islamica predicata da Maometto aveva una struttura semplice, basata su tre articoli fondamentali:

    Unicità di Dio
    Profezia di Maometto
    Mistero dei giorni estremi
    Per essere un "uomo dell'Islam" si deve possedere perfettamente la fede in questi principi ed esercitare il bene e la pietà.
    L'Islam si configura quindi come "intima pace dell'uomo con Dio" e il mùslim (musulmano) è colui che si affida con pienezza al Signore. Questo fiducioso abbandono è manifestato dal credente assolvendo per quanto può ai doveri espressi dai cinque arkàn al-Islàm, vale a dire i cinque "pilastri della fede islamica".

    Gli arkān al-Islam ("Pilastri dell'Islam") sono quei doveri assolutamente cogenti per ogni musulmano osservante (pubere e sano di corpo e di mente) per potersi definire a ragione tale. La loro intenzionale evasione comporta una sanzione morale o materiale. Essi sono:

    la "testimonianza" di fede (affermazione, espressa con retta intenzione, dell'esistenza in Dio Uno e Unico nella missione profetica di Maometto, da effettuare alla presenza di due validi testimoni);
    la preghiera canonica da effettuare 5 volte al giorno, in precisi momenti che sono sanciti dal richiamo del muʾadhdhin che operano nelle moschee;
    il versamento a scopo pio di un'imposta di "purificazione" della ricchezza, attualmente devoluta volontariamente a organizzazioni di carità o aventi come fine l'islamizzazione all'interno o all'esterno dei paesi islamici;
    il ramaḍān, ovvero digiuno del mese lunare di Ramadan per chi sia in grado di sostenerlo;
    il pellegrinaggio canonico a Mecca e dintorni, nel mese lunare di Dhū l-hijja, per chi sia in grado di sostenerlo fisicamente ed economicamente.


    Il musulmano ha comunque il diritto-dovere di assolvere al jihād, indicato letteralmente dai musulmani come "impegno [del singolo] sulla Strada di Dio", nella speranza di poter vedere nell'Aldilà il Suo Volto, grazie alla riuscita lotta decisa contro le pulsioni negative del proprio corpo e del proprio spirito.

    Nessuna "teologia naturale" è ammessa, che possa far presumere all'intelligenza umana di penetrare razionalmente i confini tra il Volere di Dio e la Sua non-Volontà, essendo la creatura umana tenuta ad assoggettarsi senza distinguo al dettato coranico. Insenso letterale, la parola "Islàm" significa infatti sottomissione, abbandono o obbedienza a Dio. Abbandono a un Progetto divino che concerne l'umanità intera e che l'uomo non può conoscere per la sua intrinseca limitatezza, al quale tuttavia esso si dovrà abbandonare, fiducioso della bontà e della misericordia divina.

    Dio non concede il libero arbitrio all'uomo, essendo ogni atto (compreso quello umano) creato da Dio. Egli dà all'uomo tutt'al più il possesso dell'atto compiuto e il presumere di poter creare qualcosa o di penetrare l'insondabile Volontà divina sono peccati di massima superbia, con la conseguenza che il Volere divino dovrà essere accettato senza condizione alcuna da parte delle Sue creature.


    La condizione della donna è una delle realtà dell’Islam che più sconcertano la sensibilità dell'Occidente liberale. Dal punto di vista religioso non sembrano esserci problemi; per la legge islamica la donna è ontologicamente uguale all’uomo, ha gli stessi doveri, non c’è per essa alcuna discriminazione nella vita eterna che l’attende dopo la morte. I problemi cominciano quando dal campo religioso si passa a quello sociale.
    Infatti il Corano stabilisce: «gli uomini sono preposti alle donne perché Dio ha prescelto alcuni esseri sugli altri e perché essi donano dei loro beni per mantenerle.»
    Questo significa, in pratica, che la donna, finché rimane in famiglia, è sottoposta all’autorità del padre e dopo, quando si sposa, passa sotto l’autorità del marito. Paradossalmente esclusa da questa tutela ( wilāya ) è la nubile non più giovane ( anīs ), che può in tutto e per tutto gestirsi senza dipendere dall'altrui beneplacito.
    Nel mondo islamico le donne non sono ugualmente discriminate in tutti i Paesi, per cui parlando dei diritti delle donne islamiche occorre precisare a quale piano ci si riferisca, se teorico-religioso o pratico-politico, ed a che paese si faccia riferimento.
    In alcuni Stati esse hanno ormai ottenuto parecchi privilegi una volta destinati quasi esclusivamente agli uomini, ma negli Stati più tradizionalisti e in quelli che mirano alla reintroduzione a pieno titolo della sharīa, dove le norme del Corano sono interpretate ed applicate in maniera più rigida e rigorosa, le donne non vivono una situazione egualitaria in termini di libertà, e sono considerate ad un livello inferiore rispetto all’uomo.
    Così, in virtù di questo precetto, le donne sono private persino dei fondamentali diritti umani e civili: non godono della libertà di spostamento, della libertà di espressione e di parola; non possono procedere negli studi né tanto meno fare carriera o ricoprire cariche o posizioni di responsabilità in campo civile o religioso. Non possono decidere il proprio destino né quello dei propri figli e sono totalmente sottomesse all'uomo, da cui possono venire ripudiate (e non viceversa). Sono eventualmente costrette a convivere con altre mogli scelte dall'uomo; e sono obbligate a coprire il proprio corpo e spesso anche il viso.
    La poligamia è lecita e prevista dal Corano per gli uomini con la limitazione se temete di non essere giusti con loro sposatene una sola o le ancelle in vostro possesso. Questa limitazione ha indotto alcuni commentatori modernisti ad affermare che, poiché è impossibile essere giusti con più di una donna la poligamia è virtualmente illecita.
    Secondo il Corano l'uomo può ripudiare la moglie e non v'è nessun accenno che la moglie possa farlo nei confronti del marito.. Secondo un'usanza che è precedente al Corano questo versetto proibirebbe alla donne di mostrare il volto e quindi avrebbe giustificato nei tempi passati l'esistenza dei ginecei (harem) in cui erano rinchiuse le donne, custodite nel caso di personalità di grande ricchezza, da guardiani evirati, nonché l'uso oggi in certi Stati islamici di vesti che coprono interamente il viso. Circa l'obbligo di portare il velo e coprire il volto non c'è alcun versetto che lo prescriva espressamente.
    Con l’avvento del nuovo secolo, le donne hanno preso maggior coscienza della loro situazione, percependola come un’ingiustizia: nel 2001, infatti, le donne sono state le protagoniste delle cinque maggiori manifestazioni in Iran e hanno fatto emergere il loro odio per il regime misogino dei mullah". Ma la presa di coscienza, sebbene rappresenti un passo avanti rispetto al passato, non basta a modificare la situazione. Dall'elezione del nuovo Presidente iraniano la repressione contro le donne è nettamente peggiorata: il nuovo Ministro della Giustizia Jamal Karimi-Rad ha, infatti, dichiarato alla stampa, che le donne «impropriamente velate» saranno trattate come se non indossassero per nulla il velo. L'accusa alle donne è di «non rispettare le virtù islamiche» e di indossare «vesti repulsive ed immorali». Il bersaglio privilegiato dei gruppi paramilitari e delle polizie private sono le giovani donne, prese di mira per cercare di non far perdere le antiche tradizioni islamiche basate sul rispetto del Corano. Nella città di Shahin-Shahr, il tribunale ha reso noto, tramite pubblici annunci, che coloro che violeranno il codice d'abbigliamento verranno portate in giudizio e condannate alla pena di 100 frustate in pubblico.
    Ali Khamenei, il supremo leader religioso iraniano, sostiene che le donne del suo paese non hanno diritto ad un’attività politica e sociale, in quanto il loro unico scopo nella vita deve essere quello di rimanere a casa, di mettere al mondo i bambini, allattarli, crescerli ed educarli. Anche da punto di vista fisico, psicologico ed emotivo, sempre secondo Ali Kakalì, le donne, sono troppo deboli rispetto all’uomo.






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    _Stellamarina_
    Post: 5.336
    Città: ROMA
    Età: 44
    Sesso: Femminile
    00 20/10/2009 11:56
    Inoltre vi posto qualcosina che ho trovato in rete circa le differenze sulla sessualità tra Islam e Occidente.
    Molti uomini musulmani considerano le loro donne come una sorta di "oggetto costante di tentazione", per cui si sentono in dovere, avendo della donna anche una concezione di "bene privato", di coprirle con abiti lunghi fino ai piedi e con veli per la faccia (burka) o foulard per la testa, al fine di sottrarle agli sguardi di altri uomini e al fine naturalmente di tenere la donna sottomessa. L'oppressione della donna è di tipo ideologico.
    In occidente l'oppressione che la donna subisce è più di tipo economico. Qui infatti gli sfruttatori la usano come "oggetto di tentazione" semplicemente per fare quattrini, e quindi sono costretti a scoprirle e a sottoporle a varie umiliazioni.
    Entrambe le culture sono maschiliste. La differenza sta nel fatto che quella islamica è più moralista, più formale e meno legata al denaro. Nella sua semplicità essa è anche più primitiva di quella occidentale. Ma "primitiva" non significa meno "umana", perché quanto a "disumanità", il cinismo occidentale non conosce confini.
    I musulmani non si fidano dei loro istinti, in quanto si considerano dei "deboli" sul piano sessuale. Gli occidentali invece cercano di promuovere gli istinti più bassi per far soldi o per narcotizzare gli individui che potrebbero rifiutare il senso di questa società, basata unicamente sul profitto.
    Da noi, quando gli individui più influenzabili -sotto la pressione degli stimoli più bassi- commettono azioni illecite, tutta la responsabilità viene fatta cadere su di loro. Nel senso cioè che in Occidente, da un lato, ogni sorta di "vizio" è lecito, mentre, dall'altro, chi non vi resiste e non ha buone coperture e protezioni, paga senza potersi avvalere di alcuna attenuante sociale.
    Viceversa, i musulmani, temendo il peggio, si premuniscono in anticipo, a livello collettivo, cioè obbligando tutte le donne a un determinato comportamento: lo stesso fatto di poter avere sino a un massimo di quattro mogli, escluse le concubine, rientra in questa logica primitiva.
    Gli occidentali sanno bene che il vizio è sempre a loro disposizione (prostituzione, pornografia, adulterio...) e sanno che se lo rifiutano è solo per una scelta personale, non per un'esigenza di moralità collettiva.
    Per un islamico la prostituzione può essere superata autorizzando la poligamia nel diritto matrimoniale; se la poligamia è troppo onerosa, è possibile autorizzare la prostituzione con la finzione del cosiddetto "matrimonio di piacere" (ci si sposa e ci si divide in pochissimo tempo. Questo è previsto esplicitamente nel codice civile iraniano che consente di sposare, oltre alle quattro mogli regolari, altre donne. Ma è vietato nel diritto musulmano sunnita, anche se le autorità religiose sunnite autorizzano i loro fedeli che si trovano in occidente per studi o per lavoro, a sposare donne monoteiste, con la segreta intenzione di separarsene, alla fine del loro soggiorno, perché in teoria è escluso dal diritto musulmano avere rapporti sessuali fuori dal matrimonio).
    L'uomo occidentale contemporaneo è troppo smaliziato per accettare formalismi del genere. Anzi, da quando ha accettato il cristianesimo la sua coscienza è diventata più profonda. Ecco perché, quando vuole compiere azioni moralmente illecite, spesso non ha scrupoli nel farle nel peggiore dei modi.
    La depravazione è un prodotto tipicamente occidentale. L'individuo borghese, con l'attuale livello di consapevolezza che possiede, è disposto, in questo campo, ad accettare delle limitazioni solo quando è in gioco non la morale, ma il denaro, cui tiene di più che al sesso. Ad es. l'occidentale forse sarebbe anche disposto a ostacolare la prostituzione se gli si dimostrasse, dati alla mano, ch'essa favorisce la diffusione dell'Aids, la quale comporta ingenti spese sanitarie.
    I limiti alle deviazioni sessuali da noi vengono posti solo dopo aver costatato certe spiacevoli conseguenze sul piano economico. Ecco perché una qualunque morale alternativa a quella borghese deve anzitutto mettere in discussione il primato che si concede al profitto.






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    rosarossa79
    Post: 36.157
    Sesso: Femminile
    00 20/10/2009 11:57
    non conosco direttamente persone di questa religione
    non ne so' granche' se non quello che sento in tv






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    - Prendi un piatto e tiralo a terra.
    - Fatto.
    - Si è rotto?
    - Si.
    - Adesso chiedigli scusa.
    - Scusa.
    - È tornato come prima?
    - No.
    - Adesso capisci?



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    r23775
    Post: 10
    Sesso: Maschile
    00 03/11/2010 17:01
    Apprezzo il tentativo di discutere di un argomento tanto delicato che ci mette in contatto con un mondo, quello islamico, che si sta avvicinando a noi, ma in maniera troppo anonima. Quanto hai riportato dalla rete, purtroppo deriva da una interpretazione troppo letterale che segue una mentalità occidentale, per capire i dettami di una religione complicata, feroce e stranamente umana allo stesso tempo.
    Non sono un esperto di Islam nel vero senso del termine, ma ho vissuto fra i musulmani quanto è bastato per entrare, almeno un po' nella loro mentalità.
    Intanto il Corano non andrebbe letto, ma interpretato appunto secondo la loro mentalità. Tuttavia anche fra di loro i risultati sono in antitesi. Le affermazioni contrastanti derivano principalmente dal contesto del discorso specifico che emerge da un argomento. Eppure, sia noi che loro, siamo portati a scegliere una versione a seconda di quanto ci faccia comodo.
    In altre parole:
    Affermazione 1 "la pena di morte non dovrebbe esistere"
    Affermazione 2 "Ma guarda che disgraziato, meriterebbe la morte"
    Dunque, io sono pro o contro la pena di morte?
    Tutto questo comunque non può tener conto di una difficoltà impossibile da superare totalmente:
    Traducendo da una lingua in un'altra, per lo più si sostituiscono in una lingua dei messaggi non a unità distinte, ma a interi messaggi dell'altra lingua. Questa traduzione è una forma di discorso indiretto; il traduttore ricodifica e ritrasmette un messaggio ricevuto da un'altra fonte. Così la traduzione implica due messaggi equivalenti in due codici diversi. La traduzione interlinguistica dall'arabo all'italiano moderno è in fondo il confronto inevitabile di due culture: tale confronto si opera a partire da un testo scritto, inteso come espressione di una certa cultura, e vuole arrivare a un altro testo scritto, che in qualche modo si possa dire equivalente. Il testo del Corano, però, è un testo culturalmente lontano dal pensiero occidentale. «si pone quindi un'osservazione e una domanda: ogni traduzione è (o vorrebbe) essere in qualche misura un sostituto dell'originale, un surrogato. Anche se la cosa può essere vista con rammarico e accettata soltanto come una necessità che si impone, non per questo è meno vera. Ciò significa pure che essa deve sostituire l'originale, tanto da far scomparire anche la distanza cronologica? La prima e fondamentale distanza che una traduzione elimina è quella linguistica in senso stretto: nel nostro caso da un sistema linguistico di filologia semitica arcaica a uno di filologia neolatina contemporanea. Tale distanza non è sempre necessariamente anche cronologica... e non sempre notevole anche dal punto di vista spaziale.
    Ma quando spazio e tempo, l'uno o l'altro o entrambi, si inseriscono a qualificare la distanza di un testo, allora siamo quasi sempre nel campo delle diversità di cultura e il problema non è più tanto quello di ciò che si può tradurre, ma quello di decidere, all'interno del "si può, quanto e come si deve o si dovrebbe tradurre".

    Quanto sopra solo per dire che, in fatto di Islam, non bisogna credere a quanto si legge, se non si è certi che l'autore del testo non sia uno scribacchino o un sedicente esperto.
    La dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, sta nei continui contrasti che esistono fra la nostra cultura e la loro, se ci intendessimo saremmo in pace.
    Naturalmente c'è chi nelle incomprensioni ci sguazza, ma questa è un'altra storia.

    Scusate la lungaggine e la mancata presentazione, io sono r23775, un nick come un altro che nasconde (chi sa poi perché) il nome di Roberto.




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    _Mamu_
    Post: 2.491
    Città: SIRACUSA
    Età: 41
    Sesso: Femminile
    00 03/11/2010 18:49
    Grazie Roberto, il tuo intervento è molto interessante e condivido il tuo punto di vista in merito alla diversità culturale e al rischio interpretativo che ciò comporti.
    Il tuo ragionamento mette in luce la questione del multiculturalismo e le difficoltà insite in tale pratica. Aprirò un post a parte, se vuoi, puoi intervenire anche la visto che mi sembri un esperto in materia.
    In relazione all'Islam, dato che hai avuto modo di stare a contatto con gente musulmana, sarei molto interessata a capirne un pò di più visto che anche i testi storici sembrano focalizzare l'attenzione sulle questioni più "pratiche".. penso alla sovrapposizione fra religione e interessi espansionistici dei primi musulmani, alla conversione legata all'accessibilità alle posizioni di prestigio nelle colonie mercantili islamiche dell'Africa orientale.. storie che rendono più umano l'Islam così come accade ricostruendo la storia del cristianesimo. Quello che mi affascina però e che si trova poco in giro è la dimensione spirituale di questa religione, sapresti dirci qualcosa in merito?
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    r23775
    Post: 10
    Sesso: Maschile
    00 03/11/2010 22:50
    Per arrivare alla dimensione spirituale dell'Islam prima bisogna parlare un po' delle origini di questa religione e di cosa sia realmente il Corano oggetto e mezzo di culto. Quindi necessita una visione d'insieme del popolo arabo. Temo pertanto che si debba partire dalla notte dei tempi.
    Dunque: Adamo ed Eva …..... Non centrano per niente [SM=g1839933]. Non ci fate caso, sono un burlone.
    Però: Come si è conservato e trasmesso nei secoli il Corano? Quale versione di esso è giunto fino a noi? Ci sono state sicuramente delle manipolazioni più o meno involontarie e quindi è veramente difficoltoso ragionare partendo dal concetto di purezza integrale del testo coranico, sulla quale i musulmani non ammettono discussioni. La predicazione del profeta avvenne tra il 610 e il 632, non in maniera diretta bensì per mezzo di una voce, che i musulmani dicono essere quella dell'arcangelo Gabriele (preso in prestito dal vecchio testamento). Alcuni seguaci di Muhammad (il profeta Maometto), ritennero a memoria brani della rivelazione. Taluni si specializzano addirittura nel lavoro di mandare a memoria i testi del Corano, aiutandosi con grafie rudimentali e scrivendo i loro testi su pezzi di cuoio, su rottami di coccio, su nervi di palma, su costole di cammello (soprattutto scapole), oltre che su tavolette. Si formarono, è naturale, raccolte o collezioni individuali, con letture e tradizioni differenziate. Ecco quindi la prima origine delle discrepanze successive che rende difficile ragionare in modo univoco. La tradizione narra che quando giungeva una rivelazione, Muhammad la recitava subito in un'assemblea di uomini fedeli, poi in un'assemblea di donne. Esse dunque erano tenute in considerazione ben diversa rispetto ad oggi. Chiamava quindi uno scriba per dettargli il testo rivelato (pare che Muhammad fosse analfabeta) e invece di una codificazione meccanica per ordine cronologico, riuniva i passi secondo il senso e l'argomento. Ad ogni nuova rivelazione precisava il posto esatto del nuovo frammento nella totalità del testo. L'insieme globale dei versetti di un capitolo. Il concatenamento di un capitolo con gli altri, verrebbe, in ultima analisi dallo stesso Muhammad che infine chiedeva ai suoi fedeli di imparare i testi a memoria per la necessità del culto. In tal modo la memoria veniva aiutata e corretta dal testo scritto (l'arte dello scrivere, poco nota a Medina, lo era abbastanza alla Mecca) e al tempo stesso eventuali errori di copisti venivano corretti da coloro che avevano appreso il testo a memoria. Inoltre il profeta esigeva, sempre stando alla tradizione, che ogni principiante facesse i suoi studi coranici sia presso di lui, che presso qualche discepolo. Dettatura, studio a memoria, controllo di un maestro erano le caratteristiche per diventare hàfiz, ovvero colui che conosce tutto il Corano a memoria. Piccola divagazione: in Turchia, nazione notoriamente laicizzata, nel 1965 esistevano circa 150.000 hàfiz. Della tradizione accennata, tuttavia non c'è troppo da fidarsi, essa sembrerebbe destinata a dimostrare l'ipotesi che durante la sua vita Muhammad si sia occupato di fissare il Corano per iscritto, completamente, mentre non ne siamo affatto sicuri, anzi! Le considerazioni sono:
    a) Per Muhammad e i contemporanei, era considerato sacrilegio pensare di “Trasportare” sulla terra una copia della scrittura “ben guardata" in cielo. Tutt'oggi non azzardatevi a chiamare il Corano “libro” perché i musulmani lo chiamano “rivelazione” e si offenderebbero a morte.
    b) Sarebbe stata concessa troppa fiducia alla memoria, pensando che essa da sola sarebbe bastata a trasmettere il testo coranico di generazione in generazione.
    c) La mentalità arabo-semita, assorbita in genere dai problemi della immediatezza concreta, non anticipa né si preoccupa del futuro.
    d) Nessuno ha pensato di costituire un corpus coranico, perché nessuno sentì la necessità di farlo con Muhammad in vita.
    e) Tale necessità, fu sentita solo dal primo successore di Muhammad. La storia della prima stesura del Corano appare quindi confusa, misteriosa, inafferrabile.
    La conosciamo non dal di dentro, ma dal di fuori. Utilissimi a tale riguardo sono i detti di Muhammad che commentano passi del Corano e indicano elementi nuovi o sciolgono difficoltà interpretative … sempre che l'interpretazione sia di gradimento. Con il profeta in vita, gli scribi furono 15, più 4 memorizzatori. A questi 4 se ne aggiunsero altri 3 durante la fuga a Medina. La tradizione vuole che anche una donna fosse una hàfiz. Alla Morte del Profeta, quindi, solo 8 persone conoscevano il Corano a Memoria.

    Dato che le cose lunghe annoiano, propongo di chiudere la puntata, anche per darmi il tempo di riordinare le idee.
    A presto.







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    r23775
    Post: 10
    Sesso: Maschile
    00 05/11/2010 10:44

    Scusate il ritardo. Negli ultimi giorni mi sono capitati diversi imprevisti, ma non ho dimenticato l'impegno preso con voi. Conto di liberarmi al più presto.







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    r23775
    Post: 10
    Sesso: Maschile
    00 06/11/2010 19:10
    L’evoluzione del testo Coranico, a mio avviso, è importante per capire quanto, in definitiva, sia attendibile oltre che comprensibile nella sua logica.

    Alla Morte del Profeta si contavano già parecchie migliaia di fedeli i quali però non conoscevano, del Corano, che frammenti più o meno lunghi, giusto sufficienti per la preghiera quotidiana.
    Questi frammenti furono raccolti utilizzando una ortografia fonetica assai capricciosa. Se a ciò si aggiunge, come già detto, la precarietà del sistema grafico usato, si giunge a una duplice conclusione
    1. la decifrazione di quei testi rimaneva criticamente assai incerta
    2. soltanto la recitazione a memoria e ad alta voce permetteva di giungere a una decifrazione decente.
    Con il califfo successore di Maometto si ebbe una prima recensione del Corano che si potrebbe definire, in termini moderni, una bozza del testo definitivo.
    Il califfo, era preoccupato delle divergenze testuali, temendo che, con la morte degli huffàz, il testo integrale scomparisse o si corrompesse.
    Secondo la tradizione che fu imposta ai posteri, il califfo chiamò un giovane che era stato scriba di Muhammad incaricandolo di riunire tutto il materiale esistente e di ricopiarlo su pergamene. Egli non avrebbe dovuto fidarsi della sola memoria, ma avrebbe dovuto chiedere ai musulmani di portare i frammenti autenticati, della lettura fatta davanti a Muhammad inoltre, per ciascuno dei versetti, avrebbe dovuto esigere almeno due attestazioni per iscritto che ne confermassero la verità. Ai testi così raccolti, avrebbe dovuto aggiungere frammenti della rivelazione che soltanto la memoria di taluni fedeli possedeva ancora. È evidente che, rimangono non pochi interrogativi inquietanti su questa trasmissione dove, su un sottofondo di verità, (la ricostruzione di un Corano quanto più possibile autentico) si sono imbastite piccole leggende.
    II giovane scriba, lavorò bene e stese una prima lettura ufficiale ma nel frattempo, altre recensioni parallele continuarono a circolare.
    Una seconda recensione, più raffinata, porta il nome del terzo califfo post Maometto. Egli decise di dare una versione unica al testo sacro. A partire dalla prima raccolta e completandola con altre raccolte, formò una commissione di quattro membri: uno della città di Medina e tre della Mecca. In caso di dubbio, doveva prevalere la lingua (dialetto) della Mecca perché era in quella logosfera che il corano era stato “rivelato”.
    Decise numero e ordine dei capitoli, li divise in versetti non numerati, ne inviò una copia alla Mecca, a Bassora, a Kufa, a Damasco, ovvero le città-chiave del neo-impero islamico. Fece distruggere gli tutti gli altri appunti come non degni di fede, ma i vecchi musulmani influenzarono la lettura del testo definitivo, differenziandole.
    La terza recensione del Corano, avvenne nel pieno splendore dell'impero arabo. Il califfo desiderava rinforzare il potere centrale e unificare le forze dell'impero spezzando all'interno ciò che avrebbe potuto ostacolare la realizzazione della sua politica di accentramento. La lingua araba diventò lingua ufficiale.
    La vocalizzazione ufficiale faceva ‘si che il testo sacro non si potesse leggere in modo arbitrario
    In tale modo, i fedeli avevano una metodologia sicura di lettura ed erano certi di non tradire il senso del messaggio sacro. Tuttavia si tollerarono parecchie vocalizzazioni (letture) di cui ciascuna si riallacciava, ad un lettore compagno di Muhammad.
    Dato il numero crescente di queste letture (e interpretazioni), si crearono le "scuole di lettura coranica" nel numeri di 7 nelle città di Medina, Mecca, Bassora, Damasco, e Kufa.
    Altre fonti parlano di ulteriori 3 scuole a Medina, Bassora e Kufa.
    Ma non è finita perché c’è chi vi aggiunge ancora quattro scuole fra Bassora e Kufa.
    Appare evidente che le cose non erano affatto chiare.
    Particolarmente importante per il testo coranico che oggi circola tra le mani delle popolazioni islamiche è che si tratta della versione derivante da una delle scuole di Kufa.
    In seguito ci furono ulteriori rielaborazioni ma solo nel 1923 (1342 per l’Islam), sotto il patrocinio del re Fu'àd I d'Egitto, la Biblioteca Nazionale del Cairo iniziò la pubblicazione critica di un Corano eccellente.
    Si tratta di un testo di impeccabile presentazione e di precisione ineguagliabile (a detta dei musulmani) destinato ad avere per i fedeli un compito eguale a quello delle edizioni critiche della bibbia per i cristiani.
    Rimane il fatto che questa ultima versione deriva principalmente dalla scuola di Kufa, una delle 14, ma le altre in cosa si differenziavano?
    Purtroppo oggi non è dato di sapere poiché gli eventi bellici e colonialisti dei 100 anni precedenti al 1923, hanno fatto portato alla perdita e/o alla distruzione delle rare edizioni precedenti.







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    rosarossa79
    Post: 36.157
    Sesso: Femminile
    00 06/11/2010 20:09
    posso chiederti come mai sei ferrato sull'argomento ?
    grazie del contributo






    ---------------------------------------------
    - Prendi un piatto e tiralo a terra.
    - Fatto.
    - Si è rotto?
    - Si.
    - Adesso chiedigli scusa.
    - Scusa.
    - È tornato come prima?
    - No.
    - Adesso capisci?



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    r23775
    Post: 10
    Sesso: Maschile
    00 07/11/2010 15:10
    rosarossa79, 06/11/2010 20.09:

    posso chiederti come mai sei ferrato sull'argomento ?
    grazie del contributo

    Donna! Attenta a quello che chiedi.
    Ripeto sempre quello che sostiene mia figlia e cioè: "non chiedere mai che ore sono a mio padre, potrebbe spiegarti come funziona un orologio"
    Quindi mi limiterò a dire che dal mio primo giorno di permanenza in Africa (per lavoro), ho scoperto che esistono mondi ben più grandi di quelli che si crede di stringere in un pugno.
    Di paese in paese, da una cultura all'altra, da una lingua all'altra, ho realizzato quanto profondamente fossi ignorante.
    Per fortuna sono un inguaribile curioso ed eternamente assetato di input (leggi informazioni).
    Adesso poi che sono in pensione, [SM=g10765] per me è festa dalla mattina fino a notte fonda (se va bene) nel senso che, a parte navigare in rete, leggo tutto quello che mi attira compreso, a volte, le etichette dell'acqua minerale.

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    Prossimamente scriverò qualche altra cosa che potrebbe spiegare, ma è solo una mia interpretazione, la dimensione spirituale dell'Islam.
    Non a caso ho detto interpretazione, perché il Corano stesso, escluse quelle parti riguardanti le comuni regole di vita imposte ai fedeli, è totalmente da interpretare.

    [Modificato da r23775 07/11/2010 15:35]







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    rosarossa79
    Post: 36.157
    Sesso: Femminile
    00 07/11/2010 20:25
    tutto da interpretare ? e chi sa qual'e la giusta interpretazione ?






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    - Prendi un piatto e tiralo a terra.
    - Fatto.
    - Si è rotto?
    - Si.
    - Adesso chiedigli scusa.
    - Scusa.
    - È tornato come prima?
    - No.
    - Adesso capisci?



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    r23775
    Post: 10
    Sesso: Maschile
    00 07/11/2010 23:00
    rosarossa79, 07/11/2010 20.25:

    tutto da interpretare ? e chi sa qual'e la giusta interpretazione ?

    Alla tua domanda potrei rispondere in arabo. Sarebbe molto poetico ma poco comprensibile e dunque, con le palme delle mani rivolte in alto ti dico: Allah è grande e Maometto è il suo Profeta.
    Dunque:
    L'Islam non ha alcuna gerarchia religiosa dal momento che si crede non possa esistere alcun intermediario fra Dio e le Sue creature
    Gli Imam sono solo persone qualsiasi cui è affidato il compito di capo preghiera, conoscendo meglio di altri la “liturgia”.
    Gli Ulama (leggi Uleima) sono conoscitori ancora più profondi del tema e si limitano a interpretare il Corano. In realtà, nello svolgimento della loro funzione, tendono a riaffermare il ruolo privilegiato che deve svolgere la religione islamica.
    I Muftì si muovono nell’ambito giuridico ed esprimono pareri astratti nelle diverse fattispecie giuridiche, indicando se una data norma sia o no coerente con l'impianto giuridico islamico.
    I Qadì sono nominati dal governo. In pratica sono funzionari chiamati a giudicare in base alle norme della shari'a all'interno di particolari tribunali.
    Gli Ayatollah rappresentano il grado più alto negli studi islamici ma non vi è un percorso preciso per raggiungere il titolo. Di solito esso viene concesso per riconoscimento, ad una persona esperta di studi religiosi che abbia ottenuto la stima, il rispetto e l'ammirazione dei suoi superiori e dei suoi colleghi grazie alla propria conoscenza del canone islamico e grazie alla sua condotta.
    Un Ayatollah può rendere pubbliche le proprie interpretazioni “autentiche” delle leggi Coraniche e fungere da punto di riferimento in materia religiosa, ma la storia insegna che ognuno di essi ha sempre parlato in funzione degli interessi del proprio entourage ed in funzione di una salute mentale non sempre presente, vedi il fu Ayatollah Komeini che elencava una serie di animali con i quali gli uomini potevano avere dei rapporti sessuali. Sono morto dal ridere al pensiero dei danni che un gatto non consenziente avrebbe potuto causare.
    Fu proprio lo scontro di interessi fra gli Ayatollah e lo Scià Reza Palevi a far cadere la monarchia in quella nazione che si chiamava Persia.
    Dunque, di quale interpretazione si potrebbe parlare seriamente?

    Per concludere sulla spiritualità:
    L’ascesa dell’Islam non fu pacifica e lineare come potrebbe apparire.
    In oriente, alla sua nascita, esistevano diverse religioni monoteistiche, cristiani ed ebrei, oltre che che pagane.
    In un primo periodo si considerò con distacco la “divagazione” religiosa di Maometto, reputata come una delle tante varianti del Cristianesimo.
    Tuttavia ci fu un crescente malumore da una parte della popolazione politeista che vedeva danneggiati i propri interessi a causa dell'inevitabile conflitto ideologico e spirituale che si stava radicando con gli altri arabi di uguale fede politeista.
    Furono organizzate delle ruberie alle carovane commerciali del Profeta ed egli rispose, con i suoi fedeli, con le armi.
    Chi sa, potrebbe avere origine da questi conflitti molto sanguinosi il versetto che incita alla guerra considerata santa dal profeta?
    Nel 624, la battaglia di Badr, contro La Mecca ebbe sorti avverse finché Maometto ed i suoi vinsero. Essi avrebbero dovuto essere aiutati da un esercito formato da ebrei. Questi però non fornirono l’aiuto richiesto per cui la loro città fu assediata. Dimostrando sentimenti di pietà per le donne ed i bambini degli assediati, secondo i dettami del Corano, gli assediati furono convinti ad arrendersi a Maometto. Il giorno seguente essi si arresero ai musulmani, ma questi provvidero al completo sterminio per decapitazione dei circa 700 maschi ebrei e la resa in schiavitù delle donne e dei bambini.
    Una volta cristallizzato il contenuto con l’ultima versione agli inizi del 1900, c’era poco da discutere sul Corano.
    A quel punto si trattava solo di seguire le regole in esso scritte non solo in materia di fede religiosa, ma anche in fatto di codice civile.
    In esso infatti, si descrive minuziosamente quali dovessero essere i doveri di una persona nei confronti della comunità, quale deve essere il rapporto con la/le moglie/i ed i figli, come devono essere trattati gli schiavi, quali devono essere le regole per dividere un’eredità, come devono essere ricomposte le controversie etc.
    Per il resto, vista la confusa complessità dei versetti e le diverse origini di molti insegnamenti, il fedele decide di seguire l’interpretazione che crede più conveniente.
    In origine erano tutti pastori o mercanti, cui il Corano imponeva la rigida onestà, ma che l’insegnamento fosse a dir poco difficile da seguire, lo dimostra l’imposizione della legge del taglione.
    Tutti pregavano rivolti alla Mecca, ma appena era possibile si rubava la capra del pastore vicino. Se poi la cosa finiva nel sangue beh, si trattava sempre di difendere i propri interessi.
    Cosa c’era di meglio che rifarsi ai dettami del Corano per tagliare impunemente la gola del viandante che non fosse un correligioso, per derubarlo?
    Tutt’oggi si tratta di gente altamente infida. Alcuni esempi di esperienze vissute:
    che senso ha correre alla moschea per pregare le 5 volte al giorno prescritte, se poi tornando a casa ti fermi a depredare il cadavere di una persona coinvolta in un incidente d’auto?
    Quale regola coranica ti autorizza a sperare in una guerra per poter depredare un deposito di automezzi?
    In base a cosa decidi che in Italia la legge coranica non è applicabile e ti senti autorizzato bere alcolici, oltre a fare tutto quello che in patria ti sarebbe proibito?
    Potrei continuare a lungo ad elencare fatti assolutamente assurdi cui ho assistito
    E tuttavia la civiltà islamica ha fatto cose grandi nella scienza e nel sociale.
    I primi ospedali sono opera loro; idem per le case di accoglienza, tipo ospizi, per poveri soli. Molte macchine, pur rudimentali, furono inventate per poter alimentare le città con acqua corrente ed annaffiare coltivazioni e giardini pensili.
    Sempre con l’ausilio dell’acqua furono costruite strutture che misuravano non solo il tempo, ma anche le fasi lunari e le fasi zodiacali. Molte scoperte chimiche si devono a loro, per non parlare della matematica.
    Se poi tocchiamo l'architettura, penso che pochi architetti, anche moderni, abbiano fatto quello che fecero i musulmani in proporzione ai loro pochissimi mezzi.
    Non so chi di voi possa essere interessato/a, ma non fidatevi di alcun giuramento, alcuna firma impegnativa di fronte a non importa quale autorità. Se un musulmano decide di ripensarci, può sempre appellarsi al fatto di non essere obbligato a rispettare le leggi dei Kafiruna (non credenti) e non esiste un tribunale del loro paese che darà loro torto.
    Quest’ultima considerazione è rivolta alle ragazze “in età da marito”

    Nonostante tutto ciò, quando rivedo le foto scattate a suo tempo e ripenso a certi periodi trascorsi nel deserto o nelle oasi, mi pare di essere nuovamente li, risento il brontolio dei dromedari, l’odore delle spezie, il richiamo del muezzin, l'incessante vento sulla pelle .... la sua carezza infinita.