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Fiat

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    00 25/04/2009 01:44


    da wiki:
    La FIAT, acronimo di Fabbrica Italiana Automobili Torino, è fondata l'11 luglio 1899 a Torino come casa produttrice di automobili, per poi sviluppare la propria attività in numerosi altri settori, dando vita al più importante gruppo finanziario e industriale privato italiano. Ora fa parte, insieme ai marchi Alfa Romeo, Lancia, Abarth & C. e Fiat Professional, della Fiat Group Automobiles s.p.a.: il ramo automobilistico del Gruppo Fiat.

    L'azienda nacque dalla comune volontà di una decina tra aristocratici, possidenti, imprenditori e professionisti torinesi di impiantare una fabbrica per la produzione di automobili.

    L'idea di produrre automobili su scala industriale era venuta agli amici Emanuele Cacherano di Bricherasio e Cesare Goria Gatti (già fondatori dell'ACI Automobile Club d'Italia) che avevano precedentemente costituito e finanziato la "Accomandita Ceirano & C.", finalizzata alla costruzione della "Welleyes", un'automobile progettata dall'ing. Aristide Faccioli e costruita artigianalmente da Giovanni Battista Ceirano.

    Visto il successo ottenuto dalla "Welleyes" alla sua presentazione, Bricherasio e Gatti proposero ad un gruppo di conoscenti di acquisire le esperienze, le maestranze e la competenza della "Accomandita Ceirano & C." per trasferirle su scala industriale, come già avveniva nella fabbriche dell'Europa settentrionale.

    Oltre ai due promotori, si mostrarono disposti a partecipare il conte Roberto Biscaretti, il marchese Alfonso Ferrero, il banchiere e industriale della seta Michele Ceriana-Mayneri, l'avvocato Carlo Racca, il possidente Lodovico Scarfiotti, l'agente di cambio Luigi Damevino e l'industriale della cera Michele Lanza.


    Atto Costitutivo della Fiat - 11 luglio 1899

    Il gruppo di notabili, dopo vari incontri per fissare le linee dell'accordo tenuti nel Caffé Burello e dopo aver ottenuto l'appoggio finanziario del "Banco di Sconto e Sete" di Torino, si riunì a Palazzo Bricherasio per sottoscrivere l'atto di "Costituzione della Società Anonima Fabbrica Italiana di Automobili" redatto dal Cav. Dott. Ernesto Torretta, Notaio Patrimoniale della Real Casa: era l'11 luglio 1899. I soci versarono un capitale di 800.000 lire in 4.000 azioni (circa 10 milioni di euro attuali) ed affidarono la presidenza a Ludovico Scarfiotti.

    Occorre aggiungere che, il giorno precedente alla costituzione della società, Michele Lanza decise di ritirarsi, abbandonando il sodalizio. Lanza aveva già realizzato in proprio, nel 1895, una delle prime automobili italiane e, ben conoscendo le difficoltà tecniche a cui si andava incontro, riteneva inopportuno escludere Giovanni Battista Ceirano dalla società, principale esperto meccanico, per mere questioni di rango. Parte della quota azionaria destinata a Lanza venne assunta dal possidente Giovanni Agnelli, coinvolto in extremis dell'amico ed ex commilitone Scarfiotti, mentre la rimanente quota azionaria venne sostenuta dal Banco di Sconto e Sete.

    Durante la prima seduta, il consiglio d'amministrazione della neonata FIAT deliberò l'acquisto dell'"Accomandita Ceirano & C.", liquidando Ceirano con la somma di 30.000 lire, per riassumerlo quale agente di vendita.
    La prima vettura costruita dalla FIAT fu il modello "3½ HP", copia della "Welleyes" e prodotta in 8 esemplari nel corso del 1899.

    Dopo un primo periodo di difficile sviluppo, segnato da diverse ricapitalizzazioni e da modifiche nella composizione del capitale azionario (non sempre in maniera pacifica ma anche sfociate in processi clamorosi per l'epoca), la proprietà della casa automobilistica viene assunta quasi integralmente da Giovanni Agnelli, che diventerà senatore durante il Fascismo e resterà a capo dell'azienda sino al termine della seconda guerra mondiale.
    Dopo aver rischiato di perdere la proprietà dell'azienda per la propria compromissione con il regime fascista, Agnelli passa il comando a Valletta, essendo l'unico figlio maschio, Edoardo, morto in un incidente aereo. Valletta, uomo di qualità non comuni, si occupò di reggere per conto della famiglia Agnelli una delle poche aziende italiane non completamente inginocchiate dalla disfatta, riuscì a farla rialzare e contemporaneamente fornì l'opportuna preparazione al ruolo che appena possibile avrebbe dovuto assumere il giovane discendente "primo in linea dinastica" (definizione attribuita a Montanelli).

    Gianni Agnelli, l'erede, divenne presidente della FIAT nel 1966 e lo rimase fino al compimento del 75° compleanno, quando le norme statutarie lo obbligarono a cedere la presidenza.
    La carica viene assunta prima (1996) dall'ex amministratore delegato Cesare Romiti e poi (1998) da un dirigente genovese che per molti anni ha lavorato alla General Electric negli USA, Paolo Fresco.
    La crisi del gruppo porta il fratello Umberto alla presidenza (2003); dopo la morte di Umberto è la volta (2004) di Luca Cordero di Montezemolo; l'erede designato dalla famiglia Agnelli, John Elkann, è stato nominato vice presidente all'età di 28 anni e altri membri della famiglia fanno parte del consiglio di amministrazione. L'Amministratore Delegato, Giuseppe Morchio, dimissionario, è stato sostituito da Sergio Marchionne, che lo ha sostituito dal 1 giugno 2004.

    La gestione di Gianni Agnelli incrementò notevolmente la vocazione multinazionale e plurisettoriale dell'azienda; una vocazione che affondava le proprie radici nelle realtà industriali create dalla Fiat in tutta Europa, già nel primo ventennio del secolo. La crescita, certo aiutata anche dal cosiddetto "boom economico" degli anni '60, fu rilevante sia in campo nazionale che nei mercati esteri.

    Le attività e le strategie del gruppo, in origine dirette alla sola produzione industriale di autovetture (e poco dopo anche di veicoli industriali e agricoli), con il passare del tempo ed a causa delle mutate condizioni di mercato e del consolidato assetto di gruppo, sono andate verso una diversificazione in molti altri settori. Il gruppo ha al momento attività in una vasta gamma di settori dell'industria e nei servizi finanziari.

    Si tratta del maggiore gruppo aziendale italiano, che vanta inoltre significative attività anche all'estero, dove è presente in 61 nazioni con 1063 aziende che impiegano oltre 223.000 persone, 111.000 delle quali al di fuori dell'Italia.

    La FIAT iniziò la costruzione del famoso stabilimento produttivo denominato Lingotto nel 1916 e lo fece entrare in funzione nel 1923.

    it.wikipedia.org/wiki/Fiat
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    00 25/04/2009 01:46
    Fiat diventa un caso a Bruxelles
    Anche il governo contro il commissario


    TORINO - L'interesse di Fiat per la casa tedesca Opel diventa un caso politico. Alle parole del commissario Ue all'Industria e vicepresidente dell'esecutivo europeo, il tedesco Guenter Verheugen, che ha definito Fiat un gruppo «altamente indebitato» e si è chiesto dove Torino «trovi di soldi» per operazioni così importanti, hanno prima risposto l'ad del Lingotto, Sergio Marchionne, e poi il ministro degli Esteri, Franco Frattini che ha parlato di «inaccettabile interferenza», seguito dal premier Silvio Berlusconi, e dal leader degli industriali Emma Marcegaglia. Dichiarazioni che hanno fatto salire ulteriormente la tensione nel triangolo che va da Bruxelles, a Torino fino a Roma.

    BERLUSCONI E FRATTINI - «È meglio che non commenti, ha già parlato Frattini. Sono in totale sintonia con quello che ha detto il ministro» ha spiegato Berlusconi. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, come detto, aveva parlato di «inaccettabile interferenza» e aveva mostrato «viva sorpresa» per le dichiarazioni del commissario Ue. Si tratta, ha detto Frattini, di una «interferenza nelle scelte industriali di soggetti privati, tanto più inaccettabile in quanto una delle aziende in questione è della stessa nazionalità del vice presidente della Commissione». E Frattini è andato anche oltre: «Spero che il presidente della Commissione» europea, Josè Manuel Durao Barroso, «vorrà smentire» le «improprie dichiarazioni» del vicepresidente.

    LA REPLICA - La battuta di Verheugen ha provocato un vero e proprio caso e un vespaio di reazioni da parte italiana. Alla fine di una giornata tesa è arrivata una precisazione del portavoce del commissario Ue, che dichiarava: «Non capiamo davvero tutte queste reazioni. Forse sono solo il frutto di un grande fraintendimento. Quello che il commissario voleva dire è che è presto per giudicare, servono maggiori informazioni sull'operazione».

    TENSIONE BRUXELLES-TORINO - Sarà, ma intanto la tensione era ormai già alta. Il commissario Ue aveva espresso forte scetticismo rispetto alle indiscrezioni sul possibile interesse di Fiat per la tedesca Opel: «Dove trovano i soldi?» aveva detto Verheugen parlando a una radio tedesca, definendo Fiat un gruppo «fortemente indebitato». E si era chiesto «dove questa società trovi i mezzi per portare avanti allo stesso tempo due operazioni di questo genere», riferendosi al progetto di ingresso nel capitale dell'americana Chrysler e del pacchetto di maggioranza della tedesca Opel. In ogni caso, aveva concluso Verheugen, anzitutto «provo un senso di sorpresa»: la Fiat è un concorrente diretto della Opel ed «è un costruttore d'auto europeo che non gode della salute migliore».

    MARCHIONNE - Stizzita la replica di Sergio Marchionne, ad della Fiat: «Dal commissario responsabile per l'impresa e l'industria mi sarei aspettato un dialogo costruttivo con i produttori europei per risolvere i problemi che stanno impattando negativamente sull'industria invece di sentenze di morte, scegliendo unilateralmente chi debba sopravvivere».

    «NESSUNA SCORTESIA» - Dopo la secca risposta dell'ad del Lingotto, il commissario Ue aveva voluto controreplicare, smentendo di essere contrario a un possibile interesse della Fiat per la tedesca Opel. Ma - ha aggiunto - «esistono ancora troppe questioni aperte». Verheugen ha precisato di non avere avuto intenzione di «essere scortese», ma che sulla potenziale operazione vorrebbero «saperne di più». Per poi concludere: «È ancora troppo presto per giudicare», ha concluso.

    SCAJOLA - Sul caso è intervenuto anche il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, che ha giudicato «inaccettabili e del tutto fuori luogo» le parole del commissario Ue. «Capisco - ha detto il ministro - che per un politico tedesco può essere fastidioso dover accettare l’aiuto di una impresa italiana come Fiat per salvare un’impresa tedesca, ma quelle dichiarazioni sono inaccettabili e del tutto fuori luogo».

    MARCEGAGLIA - «Se quello riportato corrisponde a quanto effettivamente detto dal commissario Ue, credo sia un atteggiamento grave, che in un certo senso distrugge l'Europa», ha inoltre commentato il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Questo rappresenta il «caso in cui a dichiarazioni altisonanti contro il protezionismo corrispondono poi atteggiamenti che proteggono le aziende del proprio Paese», ha aggiunto Marcegaglia, rispondendo a una domanda nel corso della conferenza stampa al G8 delle imprese a Santa Margherita di Pula, in provincia di Cagliari.

    FIAT: NESSUNA OFFERTA - Polemiche a parte, il Lingotto ha smentito che sia stata predisposta un'offerta per la casa tedesca: «Fiat - recita una nota del gruppo emessa su richiesta della Consob - non ha al momento predisposto alcuna offerta per l'acquisizione di quote di partecipazione in Opel». «È peraltro noto - si legge nel comunicato - che nell'attuale contesto competitivo la società, così come gli altri concorrenti, esamina ogni opportunità delle più varie forme di accordi per ottenere sinergie produttive e accedere a nuovi mercati».

    TREMONTI: ACCORDO CON CHRYSLER FANTASTICO - «Il silenzio è d'oro» è invece la risposta di Giulio Tremonti al commissario Ue. L'ipotesi Opel è stata indirettamente bocciata anche dal ministro dell'Economia, che ha dichiarato che un accordo con l'emericana Chrysler «sarebbe una cosa fantastica». A Washington per il G7 finanziario, il ministro è stato intervistato dal Tg3 e ha detto che il Canada «vede molto bene l'accordo con Fiat e lo vediamo bene anche noi. Un accordo avrebbe un grande effetto positivo... Dopo che ci hanno sempre detto che le nostre macchine partono a spinta».

    CHRYSLER VERSO BANCAROTTA PILOTATA - Intanto, Chrysler si starebbe preparando a chiedere la protezione dai creditori già la prossima settimana, che venga raggiunta o meno un'alleanza con Fiat. Secondo il Wall Street Journal il ricorso al «Chapter 11», cioè a una procedura di bancarotta pilotata, permetterà a Chrysler di liberarsi di alcune voci di bilancio in passivo, permettendo così a Fiat di scegliersi le parti più appetitose e redditizie della casa automobilistica.

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    00 26/04/2009 01:17
    Fiat-Opel, Barroso: saremo imparziali. Chrysler, ok dal sindacato canadese
    BRUXELLES (BELGIO) - «Se la Commissione europea fosse coinvolta nell'esame dell'operazione Fiat-Opel, il presidente dell'esecutivo Ue Josè Manuel Barroso garantirà un approccio collegiale e corretto da parte di tutta la commissione. Nel corso di tutto il suo mandato, la Commissione, cosciente dell'importanza economica e sociale dell'industria dell'automobile in Europa, si è impegnata in favore dell'avvenire di questa industria»: lo afferma il portavoce della Commissione Ue Johannes Laintemberger, interpellato a proposito delle dichiarazioni fatte venerdì dal Commissario Ue all'industria, il tedesco Guenter Verheugen sull'eventuale operazione Fiat-Opel, che hanno suscitato le vive proteste della Fiat e dell'Italia.

    CONSENSO - «C'è un consenso all'interno del collegio dei commissari che in un momento di crisi economica e finanziaria attuale, tutte le piste di soluzione devono essere esaminate in modo aperto e costruttivo. Come ovvio, questo esame incombe prima di tutto alle parti interessate», chiarisce oggi Laitenberger.

    CONTRARIO IL GOVERNATORE DELL'ASSIA - Riguardo al possibile ingresso della Fiat nel capitale della Opel (General Motors), il governatore dell'Assia Roland Koch (Cdu) ha ribadito la sua contrarietà. Intervistato dal quotidiano Hamburger Abendblatt, Koch, che guida il Land dove si trova il quartier generale della controllata Gm, ha detto che la «Fiat ha problemi simili a quelli della Opel», sottolineando che anche Torino «dovrà ridurre la capacità per sopravvivere». Prima di un'eventuale acquisizione, ha aggiunto, «la Fiat dovrebbe dissipare i dubbi che sarà solo la Opel a pagare».

    SALVATAGGIO CHRYSLER - Intanto è accordo fatto tra la Chrysler e il sindacato canadese CAW per l'abbattimento del costo del lavoro, nell'intento di salvare la casa automobilistica dalla bancarotta. Lo hanno riferito fonti del sindacato. L'accordo, che sarà sottoposto al giudizio dei lavoratori nel prossimo fine settimana, è una delle molte intese che la società dovrà raggiungere entro la prossima settimana per guadagnarsi nuovi aiuti dal governo americano ed evitare la liquidazione. «I rappresentanti della Chrysler - ha detto il leader sindacale Ken Lewenza - ci hanno detto che non ci sono ancora tutti i numeri per evitare il fallimento. Perciò facciamo appello a tutti gli azionisti negli Stati Uniti - ha aggiunto - perché i sacrifici siano equamente distribuiti». La Chrysler, che ha continuato a produrre fino all'inizio dell'anno grazie ad un prestito da 4 miliardi di dollari da parte del governo Usa, ha tempo fino alla fine di questo mese per siglare l'alleanza con la Fiat e ottenere concessioni dai propri creditori e sindacati, pena un taglio dei finanziamenti governativi.

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    00 27/04/2009 15:29
    Fiat-Chrysler, accordo raggiunto con i sindacati dell'auto Usa
    WASHINGTON - Il sindacato Uaw (united autoworker) ha raggiunto un accordo con Fiat, Chrysler e il governo americano sulle concessioni alla più piccola delle case automobilistiche di Detroit per il taglio dei costi in base alle richieste dell'amministrazione Usa.

    IL COMUNICATO - L'accordo, come si legge nel comunicato, è definito dai sindacati «doloroso», ma «consente di sfruttare la seconda chance per la sopravvivenza di Chrysler». La rappresentanza sindacale si augura che gli sforzi richiesti agli attuali dipendenti e ai pensionati della casa automobilistica americana «facciano sì che anche gli altri protagonisti della trattativa si adoperino per una conclusione positiva» della vicenda. La ratifica dell'intesa dovrà avvenire entro il prossimo 29 aprile.

    DETROIT - Ora Chrysler potrebbe farcela ad evitare il fallimento: ha superato due dei maggiori ostacoli alla sua sopravvivenza e all’accordo con Fiat. Ha raggiunto un’intesa di massima con il sindacato Uaw sul ridimensionamento di salari e benefit dei lavoratori Usa e ha ratificato quella stretta qualche giorno fa con i sindacati dei suoi stabilimenti canadesi. Ma per ottenere i sei miliardi di dollari promessi dal governo Usa, dopo i quattro già concessi, Chrysler deve perfezionare l’alleanza con Fiat e sciogliere il nodo del debito con banche ed hedge funds, titolari di 6,9 miliardi di dollari di crediti. I dettagli dell’accordo con Uaw saranno resi noti solo oggi, ma il potente sindacato dell’auto Usa ha annunciato che l’intesa è stata raggiunta con Chrysler, Fiat e con il Tesoro Usa. Questi significa che c’è la benedizione del governo e che la Fiat è stata coinvolta in maniera molto intensa nel negoziato ed è seriamente intenzionato a prendere una quota del 20% in quello Usa in cambio della sua tecnologia sulle auto di piccola cilindrata. E per due persone vicine ai negoziati alla firma dell’accordo con Fiat manca solo al sistemazione dei creditori.

    IL SINDACATO - Uaw ha definito dolorose le concessioni fatte nel quadro dell’intesa con l’azienda, ma ha aggiunto che l’accordo approfitta della seconda possibilità offerta a Chrysler dall’amministrazione Obama. «L’accordo provvisorio raggiunto fornisce il quadro necessario a garantire la competitività della produzione e contribuisce a soddisfare i requisiti avanzati dal Tesoro» ha affermato in una nota il vice presidente Chrysler per le relazioni industriali Al Iacobelli. «Chrysler può perciò continuare a negoziare per la partnership con Fiat». Chrysler sopravvive grazie ai quattro miliardi concessi dal governo e potrebbe ricevere altri 500 milioni per tirare avanti fino a giovedì, giornata entro la quale dovrà produrre un piano di riassetto che soddisfi l’amministrazione Obama. Altrimenti il Tesoro chiuderà i rubinetti del credito e l’esito più probabile per la più piccola delle tre case di Detroit sarà la vendita fallimentare.

    CASA BIANCA - Domenica il consigliere economico della Casa Bianca Larry Summers si è detto convinto che Chrysler possa evitare di portare i libri in tribunale. Tuttavia Tesoro, azienda e banche, le parti coinvolte nel negoziato sui termini dello scambio dei 6,9 miliardi di debiti, sembrano ancora distanti: il Tesoro dovrebbe presentare lunedì un’altra controfferta dopo quelle tutte bocciate dal pool di creditori. Il vice presidente di Uaw General Holliefield ha affermato che «gli iscritti e i pensionati del sindacato dovranno fare straordinari sacrifici per la sopravvivenza di Chrysler. Per garantire un futuro sostenibile alla società, tutti gli stakeholders dovranno mostrare la stessa volontà a contribuire al bene comune che è state dimostrata ripetutamente dai nostri iscritti». Il presidente di Canadian Auto Workers Ken Lewenza ha affermato che l’accordo raggiunto con i lavoratori canadesi rende il costo del lavoro competitivo rispetto a quello della Toyota canadese, non sindacalizzata. Consentirà a Chrysler di risparmiare circa 200 milioni di dollari l’anno, senza tagliare i salari base o le pensioni.

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    00 01/05/2009 14:58
    Cinquecento, il "topolino rampante" che salverà il gigante americano


    di VITTORIO ZUCCONI (repubblica.it)
    FIGLIA di un dio povero e frugale, che mai avrebbe sognato di convertire le divinità dei motori nel loro santuario, la nostra bambina di latta arriva nella terra dei ciclopi d'acciaio per cercare di salvarli dalla loro cecità. Un'eresia, un'impossibilità, una rivoluzione culturale. Immaginare un'"America in 500" oggi sembra ancora assurdo, un ossimoro, come ieri sarebbero stati impensabili un presidente americano nero, un miliardario russo o un banchiere cinese che salva Wall Street. Dunque può accadere.

    Se il signor Walter Percy Chrysler, che dalle officine di riparazione dei treni in Texas divenne il creatore della terza casa automobilistica americana negli anni '20, potesse oggi vedere il "topolino rampante", come già l'hanno ribattezzata, la 500, sulle strade americane, penserebbe a uno sketch televisivo, a un giocattolo per bambini viziato.

    Forse a un cartone animato come quell'eccitabile "Luigi", appunto disegnato in forma di Cinquecento, amabilmente preso in giro nel film disneyano "Cars".
    L'automobilina che cercherà di rotolare sulle "superhighway" a otto corsie della California, di duellare con i mostruosi tir "18 ruote" è il polo opposto di tutto ciò che siamo abituati a considerare americano, dove il "bigger is better", il più grande è migliore, domina l'identità nazionale. E tutto ciò che è italiano racconta alla cultura popolare di cose belle, eleganti, raffinate, colte, magari delinquenziali, ma parla raramente di eccellenza industriale o ingegneristica.

    Se il nome della Cinquecento era sopravvissuto nel subconscio anche al disastro commerciale della Fiat negli anni '70, quando migliaia di acquirenti americani furono abbandonati al loro rugginoso destino a bordo delle "128" e "124 cabrio" senza assistenza, è stato grazie a collezionisti un po' annoiati, consumisti snob, gli stessi che hanno recuperato il culto della Vespa dimenticato dai tempi di "Vacanze Romane" e Audrey Hepburn. Piaceva ai "car fanatics", alle stelle di Hollywood, ai miliardari viziati come Ralph Lauren della Polo o Jay Leno, il signore dei talk show serali, che le compravano per sazietà delle "solite" Ferrari, Rolls Royce, Porsche o BMW. Si diceva che anche Ayn Rand, l'immigrata russa che divenne la sacerdotessa del liberismo, ne possedesse una, ma in realtà la Rand disse soltanto che ne avrebbe voluta una, come esempio di come l'industria libera sappia rispondere al mercato.

    Alla delusione per il tradimento della Fiat negli anni '70 e alla collera per l'abbandono del marchio che aveva sfidato i difetti di qualità per affermarsi nei desideri come l'Alfa Romeo, erano sopravvissute rare "Cinquecento" importate direttamente dall'Europa, perché qui mai furono vendute ufficialmente, e scambiate sul mercato delle aste di auto classiche, per 15 mila dollari se ben restaurate. "Topolini rampanti" guidati per fare esibizionismo, come la decapottabile rossa del 1957 che il comico più amato d'America, Jerry Seinfeld, porta in giro per le vie di Manhattan, affrontando le mostruose pozzanghere e i patetici freni a tamburo che a volte lo tradiscono, come accadde in un incidente dello scorso anno, concluso da un testacoda. Ammesso che nella 500 si riesca a distinguere la testa dalla coda.

    Ma alla rinata bambina di lamiera che qui sarà saggiamente venduta senza il "badge" Fiat, soltanto come Cinquecento, come fece la BMW lasciando la Mini Morris al proprio nome, spetta la fatica missionaria di continuare la conversione degli americani al "più piccolo è meglio", che da anni i giapponesi, poi i coreani, poi gli europei con la Mini e la Smart dal modestissimo successo di nicchia, hanno cominciato. Con la benzina arrivata lo scorso anno alla cifra di 70 centesimi al litro, mostruosa per chi ancora si crede una nazione autosufficiente e si illude di avere ancora gigantesche riserve sotto i piedi, la speranza di Marchionne, di chi guiderà il guscio della Chrysler, dei creditori, dei sindacati spremuti e di Barack Obama è che il richiamo del portafoglio si sposi alla seduzione del glamour italiano in quella "city car", una sorta di Prada su gomma. E aiuti gli automobilisti, soprattutto le mamme SUV che circondano le creaturine con corazzate da guerra in Iraq vincere il terrore di sfidare a duello, come nel bel film di Spielberg, i mostri del trasporto commerciale.

    L'America andrà in 500, anche dopo le lodi concesse dai critici del New York Times e di Popular Mechanics, soltanto se scatterà il passaparola, se la bambina di lamierina diventerà un oggetto insieme di uso e di culto, purché a prezzi concorrenziali con le efficienti scatolette coreane.

    Forse non si tornerà più al rispetto che Henry Ford manifestava per la Alfa Romeo, quando invitava a "togliersi il cappello" davanti alle automobili di Arese e la 500 resterà un oggetto di divertimento, un monile da esibire, una "calamita per il sesso", secondo la brutale formula del comico Sasha Cohen in Borat, per rimorchiare signore incuriosite nei parcheggi degli shopping center. Oggetti di sorriso, ma non piu di ridicolo come anche i Simpsons la presero in giro in un episodio.

    Per adottare la nostra bambina, mentre altri sperabilmente apprezzeranno le sue sorelle maggiori con il marchio ancora amatissimo del biscione, l'America dovrà innamorarsi di lei e perdonarle qualche rumorino e cigolio, saltabeccando su pozzanghere ancora patriotticamente americane, dunque ancora enormi, nelle quali la ridotta lunghezza della 500 non darà quella sensazione di materasso di piuma che gli inguidabili macchinoni americani concedono.

    Dovrà sgomitare fra le altre tascabili che da tempo sono emigrate negli Stati Uniti, accettando la sfida di un mercato spietato al punto di avere costretto i tirannosauri di Detroit e chiedere aiuto ai velociraptor di Torino. Molto è cambiato dai tempi del marchio Fiat letto come "Fix it again Tony", riparamela ancora Tonino e la bambina, un successo l'ha già ottenuto.
    Quello di farci ascoltare - sbalorditi - il successore di un presidente chiamato Nixon che esclamò "io me ne strafotto dell'Italia e della lira", ringraziare la Fiat, lodarne il managament e la tecnologia. Trent'anni dopo Tonino, il meccanico dalle unghie nere e dalla tuta ha l'occasione per la sia vendetta. Deve tornare ancora, ma questa volta per riparare l'industria americana.

    (1 maggio 2009)
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    00 04/05/2009 16:24
    La Germania apre alla Fiat sulla Opel
    La Fiat rilancia su Opel e la Borsa ha accolto bene il tentativo. Il titolo infatti vola a Piazza Affari (+ 6% a metà seduta) con più del 2% del capitale scambiato in un’ora di trattative. «La Fiat stima di aver bisogno circa di 5-7 miliardi di euro di prestiti-ponte» per concludere l'affare Gm Europa, proprietaria dei marchi Opel e Saab, ha detto il ministro tedesco dell'Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg al termine del suo incontro con l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne. Secondo il ministro, Marchionne ha assicurato che le perdite di posti di lavoro alla Opel non saranno drammatiche, ma senza quantificare gli esuberi necessari.

    IL GOVERNO TEDESCO: «PIANO INTERESSANTE» - E intanto si è saputo che il governo tedesco «accoglie favorevolmente ogni possibile» investitore interessato alla Opel, «senza decisioni predefinite». Lo ha detto Ulrich Wilhelm, portavoce della cancelliera Angela Merkel. Lo stesso concetto è stato poi espresso anche dal ministro dell'Economia, zu Guttenberg, che ha detto di essere «molto aperto a qualsiasi potenziale investitore» e di essere alla ricerca di una strategia di lungo termine per Opel, anche se non si attendono decisioni imminenti . Il ministro - in un incontro con i giornalisti - ha poi riferito che Marchionne ha detto che Fiat vuole comprare Opel senza indebitamento. «Il piano presentato - ha concluso Guttenberg - è interessante». Un avvertimento preciso è stato avanzato dal ministro degli Esteri e vice cancelliere, Frank-Walter Steinmeier: «Tutti gli impianti Opel in Germania devono essere mantenuti e chi punta ad acquistare l'azienda deve anche specificare il luogo della sede della nuova società». Per il ministro degli Esteri, inoltre, il nuovo proprietario di Opel dovrà anche assicurare il futuro dei fornitori di componenti della società, riferisce l'agenzia Bloomberg.

    MARCHIONNE - Durante il consiglio di amministrazione di domenica, la Fiat aveva reso noto che prenderà in considerazione lo scorporo dell’auto e una successiva fusione con Opel e il resto delle attività europee della General Motors, cioè l’inglese Vauxhall e la svedese Saab.
    Il mercato, che giovedì aveva penalizzato il Lingotto (-5,94%) dopo che nell'ambito dell'accordo con Fiat, Chrysler era stata posta in amministrazione controllata, apprezza quindi il piano di scorporo del settore auto ipotizzato da Fiat. La partita per l'acquisizione della Opel «comincia adesso» ha detto Marchionne, al suo arrivo al ministero dell'Economia a Berlino.

    SINDACATO: «OFFERTA INSUFFICIENTE» - L’offerta della Fiat su Opel è aumentata a un miliardo di euro. Lo hanno riferito i sindacati tedeschi di Opel alla France Presse. «La Fiat - ha detto Reineker Einenkel responsabile del comitato d’impresa dello stabilimento Opel di Bochum - ha aumentato la sua offerta a un miliardo di euro». Un altro esponente sindacale, Armin Schild, aveva affermato in precedenza che l’offerta ammontava a meno di 750 milioni. Secondo Einekel, l’offerta resta "insufficiente" perché ha ricordato come Opel abbia bisogno per proseguire la sua attività di circa 3,3 miliardi. Inoltre, ha aggiunto, Fiat "non ha ancora presentato un piano industriale e finanziario" per l’eventuale acquisizione.

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    00 05/05/2009 15:26
    Opel, sindacati tedeschi in allarme "Con Fiat a rischio 10mila posti"
    Sergio Marchionne

    Il governo tedesco ha posto ben 14 condizioni da soddisfare per valutare positivamente qualsiasi offerta di acquisizione di Opel, tra cui la collocazione in Germania del quartier generale della società, la solidità del piano finanziario, la nazione nella quale sarebbero pagate le imposte della nuova aggregazione e il grado di consenso dei lavoratori.

    Sarebbe questo, secondo un documento riservato dell'esecutivo di Berlino visionato dal Financial Times, uno degli ostacoli incontrati dall'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne alla progettata operazione di fusione tra le attività automobilistiche di Fiat, Opel e Chrysler che punta a creare il secondo gruppo mondiale dell'auto.

    Marchionne: "Non chiuderemo stabilimenti". In un'intervista alla Bild, l'ad di Fiat rassicura: l'azienda prevede di mantenere i quattro stabilimenti Opel in Germania, qualora l'acquisizione della controllata tedesca di Gm andasse in porto, ma non potrà evitare tagli al personale. "Abbiamo bisogno di queste fabbriche per costruire abbastanza macchine in futuro", ha sottolineato Marchionne, aggiungendo che "bisognerà di certo ridurre il livello del personale. Nessuno può evitarlo. Le fabbriche devono diventare più produttive".

    Sindacati in allarme. I rappresentanti dei lavoratori della Opel sono preoccupati. Secondo Klaus Franz, leader del consiglio sindacale della casa automobilistica tedesca e membro del consiglio di supervisione della compagnia, il piano di Marchionne porterebbe al taglio di 9-10mila posti di lavoro.

    L'America latina. L'interesse di Fiat per le attività di GM non si esaurirebbe però all'Europa. Secondo fonti industriali, Fiat punterebbe anche alle operazioni di General Motors in America Latina. E alcuni analisti, citati ieri da Bloomberg, non escludono un'espansione delle trattative alle produzioni dell'azienda Usa in Russia e Cina.

    Altri gruppi interessati. Ci sarebbero però altri pretendenti per Opel, oltre alla Fiat, sempre secondo il Financial Times, che cita due fonti vicine alla controllante General Motors. Tra i gruppi interessati, Magna International e la russa Gaz, ma anche i fondi sovrani di Abu Dhabi e Singapore e tre gruppi di private equity.

    L'ad del Lingotto negli Usa. Intanto Marchionne è tornato negli Stati Uniti per una serie di colloqui con il management della Chrysler. E' partito ieri sera per gli States dall'aeroporto di Torino Caselle, al termine della giornata in Germania per la possibile acquisizione di Opel.

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    00 16/05/2009 15:05
    A Torino operai Fiat da tutta l' Italia Tafferugli con in Cobas
    TORINO - Secondo i sindacati sono stati 10 mila i lavoratori scesi in piazza a Torino per la manifestazione nazionale dei lavoratori del gruppo Fiat indetta da Fim, Fiom, Uilm e Fismic. A sfilare in corteo, partito davanti alla porta 5 di Mirafiori, operai di tutti gli stabilimenti italiani. Ad aprire la manifestazione è stato lo striscione «Da Nord a Sud la Fiat cresce solo con noi». Tra i primi ad arrivare i lavoratori di Pomigliano, con la maglietta con la scritta «Pomigliano non si tocca», 7-800 persone giunte in treno alla stazione del Lingotto, che hanno scelto di non utilizzare il pullman messo a disposizione dai sindacati per raggiungere la palazzina di Corso Agnelli dove si sono presentati in corteo.

    TENSIONI CON I COBAS - Durante i discorsi dal palco non è mancato il fuori programma con relative tensioni. Mentre stava parlando il segretario generale della Fim, Beppe Farina, un gruppo di rappresentanti dei Cobas ha iniziato a fischiare e a gridare «venduto, venduto». Poi hanno staccato l'audio e Farina ha proseguito lo stesso l'intervento, poco dopo però sono riusciti ad arrivare al palco salendoci sopra con tensioni e spintoni sopra e sotto il palco. Nei tafferugli è stato coinvolto anche il segretario della Fiom, Gianni Rinaldini, strattonato e tirato giù dal palco. Prima che i Cobas improvvisassero il loro comizio, Rinaldini è comunque riuscito a concludere il suo intervento. Colpito dai Cobas con una cinghiata anche il segretario generale della Uilm piemontese, Maurizio Peverati. Rinaldini ha poi lasciato la manifestazione, accompagnato dal numero uno della Fiom torinese, Giorgio Airaudo, tra gli applausi dei lavoratori. «È stato un episodio deplorevole, costruito in modo organizzato, che non può in alcun modo oscurare la grande manifestazione che si è svolta oggi a Torino» ha detto Rinaldini. «Soprattutto - ha aggiunto - non può oscurare il suo significato. E cioè la grande unità dei lavoratori di tutti gli stabilimenti Fiat, dal Sud al Nord del Paese»


    GLI STRISCIONI - Molte le bandiere, gli striscioni e i cartelloni esposti durante la manifestazione, come quelli «Marchionne tu vuò fá l'americano», «Fiat in Italia cuore mente e braccia», «Marchionne il lavoro nobilita uomini e donne lasciaci gli stabilimenti evitaci patimenti» e «La classe operaia non ha nazione». Fra i gonfaloni già presenti quello della Provincia di Torino e del Comune di Pomigliano.

    LE RASSICURAZIONI DI MARCHIONNE - A proposito delle rassicurazioni fatte ieri dall'ad della Fiat Sergio Marchionne, Mario Di Costanzo rsu Fiom di Pomigliano dice che «non ci bastano. Il nostro obiettivo -aggiunge- è che nessuno stabilimento venga chiuso e che tutti i lavoratori vengano salvati. Se Marchionne davvero è un imprenditore superiore agli altri deve riuscire a fare questo. A novembre -ricorda ancora- finisce la cassa integrazione ordinaria e Berlusconi ci aveva promesso il raddoppio ma invece oggi si parla solo di altro». Insieme a lui Franco Percuoco, anche lui rsu Fiom dello stabilimento campano, che dice «siamo stufi di chiacchiere. Se non arriva urgentemente l'incontro con l'azienda e il governo andremo al ministero delle attività produttive».

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    00 27/05/2009 00:02
    Marchionne ha incontrato la Merkel "Colloquio ok. Sono fiducioso"

    BERLINO - "Colloquio positivo, ma è una lotteria". Sergio Marchionne trova tempo e modo di scherzare dopo il vertice sull'affare Opel con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Un'ora e mezza di faccia a faccia che l'amministratore delegato della Fiat riassume così: "Dialogo molto costruttivo. Il governo è seriamente impegnato in questo processo". Un giudizio su come andrà a finire? "E' una lotteria. Non dirò niente. Sono qua per fare un tentativo serio e concludere l'operazione. Se riuscirà, bene. Se no prendo l'aereo e me ne torno a casa". Anche se poi si lascia sfuggire: "Sono fiducioso". Marchionne ha aggiunto che il discorso "è stato molto aperto su
    tutti i punti importanti della transazione. Hanno una scelta difficile da fare, siamo qui per aiutarli".

    Tutto qui. Impossibile capire se il messaggio (se c'è) è positivo o negativo. All'incontro (da mezzogiorno alle 13,30 circa) era presente anche il ministro dell'economia Karl-Theodor zu Guttenberg. Nel pomeriggio, Marchionne ha incontrato anche il vicecancelliere Frank-Walter Steinmeier notoriamente schierato su posizioni critiche nei confronti del progetto Fiat.

    Anche Merkel e il suo ministro hanno preferito non commentare. Il governo tedesco ha annunciato di voler prendere una decisione verso la metà di questa settimana ed è prevista una riunione ai più alti livelli per mercoledì sera cui parteciperanno, rappresentanti del governo tedesco, un componente del board di General Motors ed il numero uno di Gm Europe Carl-Peter Forster, cioé i veri padroni della Opel. Una decisione finale è attesa per la nottata tra mercoledì e giovedì.

    Le indiscrezioni. L'incontro era stato preceduto da una raffica di indiscrezioni sui giornali tedeschi. Secondo Bild, che citava una "nota interna" del dicastero, Guttenberg aveva definito le tre proposte "non economicamente sostenibili" e - per la prima volta - aveva parlato della possibilità di una "liquidazione" della società. Ma il portavoce ha disconosciuto la paternità del documento: "Proviene da una società di consulenza esterna e non può essere attribuito al ministro".

    Altro giornale, altra indiscrezione. Secondo la Frankfurter Allgemeinen Zeitung, il gruppo austro-canadese Magna (uno dei tre "pretendenti") avrebbe migliorato il proprio piano nella parte relativa al futuro dello stabilimento di Bochum nel Nord Reno-Westfalia. Secondo voci circolate nei giorni scorsi, il piano precedente prevedeva - per l'impianto di Bochum - 2.200 esuberi su un totale di circa 2.500 in tutto il Paese. Ma anche Fiat ha ulteriormente migliorato il suo piano, che ora prevede garanzie pubbliche sul debito per sei miliardi di euro, un miliardo di euro in meno rispetto alla proposta precedente. Lo ha confermato oggi a Berlino lo stesso Marchionne.

    Le banche. Sul fronte bancario Corrado Passera, l'ad di Intesa Sanpaolo, la banca scelta di recente dal Lingotto come consulente insieme a Unicredit e a Goldman Sachs, si dice pronto a fare "di tutto" per aiutare Fiat. "Il nostro ruolo è quello di trovare la soluzione finanziaria migliore e ci metteremo il meglio di noi". E' di ieri la notizia che la Commerzbank sarebbe pronta a concedere alla Magna un maxi-credito da quattro miliardi di euro se l'offerta del gruppo austro-canadese per la Opel andasse in porto.

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    00 29/05/2009 12:55
    Fiat, l'acquisto Opel si allontana e anche Magna minaccia il ritiro


    Marchionne dice basta e annuncia che la Fiat non parteciperà agli incontri previsti oggi a Berlino con i pretendenti della Opel. E il governo tedesco si dice "non sorpreso dal ritiro di Torino". Tanto che, aggiunge un portavoce della Cancelleria "a questo punto non è detto che si tenga il vertice previsto per oggi. Si farà solo se ce n'è bisogno". Anche perché la stessa Magna sarebbe intenzionata a diesertare l'incontro giudicando "inaccettabili" le ulteriori riochieste di Berlino. L'irritazione del Lingotto nasce dal vero e proprio suck arabo messo in piedi dal governo tedesco per strappare l'ultima concessione a Fiat e Magna nella speranza di far pagare ai nuovi acquirenti i buchi di bilancio lasciati dalla casa di Russelsheim.

    L'ultima richiesta, quella di spendere 350 milioni di euro per aiutare le casse del governo di Berlino a far fronte alle richieste di Gm, ha fatto traboccare il vaso. "Siamo interessati a un progetto industriale", dice Marchionne in una dichiarazione che potrebbe preludere all'abbandono. Il pressing dei ministri socialdemocratici che ancora questa mattina tifano apertamente per Magna (e soprattutto per i rubli dell'ex cancelliere Schroeder, alleato dei russi), non deve aver migliorato l'umore dell'ad del Lingotto. La mossa di Torino sembra dunque l'ultimo tentativo di fare chiarezza. "Abbiamo fatto quello che dovevamo fare", dice il presidente del gruppo Luca Cordero di Montezemolo. "Se ci saranno le condizioni, bene. Oltre non possiamo andare".

    E' evidente che se la Fiat si ritirasse, Berlino non potrebbe più continuare all'infinito il gioco del rilancio e, a questo punto, sarebbe costretta all'alleanza con Magna. Una scelta non priva di controdindicazioni per la presenza, tra gli alleati del gruppo austro-canadese, dell'oligarca Oleg Deripaska, persona non gradita negli Usa. Se, come è probabile, nella nuova Opel Gm manterrà una quota, l'alleanza con Deripaska potrebbe creare qualche imbarazzo a Washington. L'imbarazzo aumenterebbe se a ritirarsi fosse anche la cordata austro-russo-canadese. A quel punto infatti Berlino rimarrebbe con un pugno di mosche. E non potrebbe certo gestire da sola la Opelò senza violare le regole europee che impediscono gli aiuti di stato, la cosiddetta soluzione ponte che avrebbe il solo vantaggio di nascondere la cenere sotto il tappeto in attesa delle elezioni di settembre.

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    00 30/05/2009 01:15
    Opel, c'è l'accordo tra Gm e Magna - Marchionne: "E' una soap opera"


    MONTREAL - Accordo fatto. La cordata austro-russo-canadese della Magna ha vinto la battaglia nella Cancelleria di Berlino sconfiggendo la proposta Fiat. Alle 9,30 del mattino a Montreal, il primo pomeriggio in Italia, Sergio Marchionne può finalmente dichiarare quel che pensava da alcuni giorni: "La trattativa su Opel - dice l'ad - somiglia a una soap opera brasiliana". L'ultima puntata della telenovela la stanno scrivendo i ministri socialdemocratici che hanno messo in un angolo Angela Merkel (con l'appoggio dell'ex primo ministro Schroeder, consulente dei russi) imponendo l'intesa con Frank Stronach. In serata arriva la conferma: il governo tedesco ha deciso di esaminare l'intesa raggiunta tra Magna e Gm. La partita, dunque, sembra proprio chiusa.

    Entro la serata il governo di Berlino dovrebbe firmare un "memorandum d'intesa" con la Magna per ottenere dai vincitori della battaglia i soldi necessari al prestito-ponte che dovrebbe salvare la Opel dalla bancarotta.

    Ma per la Fiat c'è ancora speranza: ne è convinto il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, che a Bruxelles ha appena finito l'incontro tra la commissione Ue e i ministri dell'industria europei per discutere del caso delle filiali europee di Gm. Scajola ha assicurato di "aver colto negli interventi dei suoi partner una grande preferenza per il progetto Fiat, industrialmente più solido". "Credo che il progetto Fiat - ha aggiunto - sia migliore per tanti altri aspetti che interessano General Motors anche in altri mercati". Scajola ritiene che, il prossimo futuro darà ragione al Lingotto. Ma, forse, il ministro stava già pensando ad altri scenari (Peugeot, l'accordo con Gm per il Sudamerica).

    La vittoria degli austro-russi era nell'aria da questa mattina quando Marchionne, con un lungo comunicato, aveva annunciato che l'offerta della Fiat non era ulteriormente modificabile e che il governo tedesco "non può chiedere di più". Dunque, diceva il Lingotto, anche se la Fiat "mantiene un forte interesse per l'operazione con Opel", non avrebbe partecipato all'ennesimo incontro con il governo di Berlino nel pomeriggio. "La vita va avanti" ha detto anche Marchionne e ha fatto sapere che la Fiat non è interessata ad alcuna forma di collaborazione con la Magna mentre sembra ancora in piedi l'interesse per Saab.

    Mentre in Cancelleria prepara il memorandum che chiude la partita, a Bruxelles i ministri dell'Ue si riuniscono per discutere del caso Opel. "Anche se ormai è tardi - commenta Marchionne - è necessario che l'Ue si occupi della vicenda". In ogni caso, dice l'ad del Lingotto, "la vita va avanti anche la Magna prende Opel". Sulla scorta delle prime indiscrezioni della sconfitta, il titolo di Torino ha perso oltre il 4 per cento in Borsa.

    Reazioni in Italia. E, sulle prime avvisaglie della sconfitta nella campagna tedesca, partono le polemiche in Italia. "E' incredibile l'assenza di
    iniziativa del governo italiano in questa vicenda" dicve il portavoce del Pd, Andrea Orlando. "Nelle scorse settimane - ricorda Orlando - Fiat è stata chiamata a dar conto delle proprie intenzioni oltre che dal governo persino dalle autorità locali tedesche. Il governo italiano è stato, sostanzialmente, tagliato fuori dagli sviluppi della trattativa". E Gianni Pagliarini (Pdci) chiede a Scajola di riferire su quanto sta accadendo e di rispondere a una serie di domande sulla vicenda.

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