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    Padre Guardiano
    00 02/08/2007 17:18
    Salutate sempre.....
    Dal sito alateus.it un eccezionale raccontino :


    Al Cavaliere de La Barre
    suppliziato all'eta' di 19 anni
    il 1º Luglio 1766
    per non aver salutato una processione.





    La lapide posta ai piedi del monumento, eretto a Montmartre, a pochi metri dalla bottega del sacro cuore, non si presta ad equivoci.
    Si tratta proprio di:


    Jean-François Lefebvre d'Ormesson, Chevalier de La Barre

    studente, arrestato nel 1765, torturato e condannato all'amputazione della mano destra, al taglio della lingua e alla morte sul rogo, a fuoco lento, per non essersi tolto il cappello al passaggio di una processione, distante 30 passi, e aver cantato, in compagnia di amici, qualcuna di quelle canzoni boccaccesche che oggi fanno parte di quei rituali goliardici che, in alcune occasioni, animano tutte le universita'.

    Jean-François, nato nel 1747 a Férolles-en Brie e residente ad Abbeville, ha concluso la sua breve esistenza nel 1766, in questa stessa citta', vittima della feroce intolleranza clericale che per quasi due millenni ha devastato tutta l'Europa; e non solo questa.

    Nella seconda parte di questa nota viene riportato un ampio resoconto della vicenda pubblicato, pochi anni dopo, a cura di Voltaire.

    Qui' e' sufficiente ricordare che con l'obbrobrio di Abbeville non e' stato condannato solo il Cavaliere de La Barre, ma anche la filosofia dei lumi, della ragione e della liberta' di pensiero e di espressione.
    Il dramma di Abbeville si rinnova ancora, quotidianamente, dove la liberta' di coscienza non esiste o viene con "santa" brutalita' soffocata nel nome e per la conservazione di assurdi fondamentalismi religiosi.

    Nel 1774 Voltaire tento' di ottenere la revisione del processo e la riabilitazione del giovane, seguito poi, nel 1789, da tutta la nobilta' di Parigi. Voltaire, morto nel 1789, non ebbe la soddisfazione di vedere accolte le sue petizioni.
    La riabilitazione venne concessa con decreto della Convenzione Nazionale, il 25 Brumaio dell'Anno II (15 Novembre 1794).




    Nella relazione indirizzata al Marchese di Beccaria, pubblicata da Voltaire in forma anonima, poco tempo dopo l'esecuzione, alcuni nomi sono stati, per motivi comprensibili, alterati.






    RELAZIONE SULLA MORTE
    DEL CAVALIERE DE LA BARRE

    Fatta dal Signor Cassen, avvocato presso il Consiglio del Re,
    al Signor Marchese di Beccaria (1)
    1766


    Sembra, Signore, che ogni qualvolta un genio benefico cerchi di rendere un servizio al genere umano, un demone funesto si levi immediatamente per distruggere l'opera della ragione.

    Avevate appena istruito l'Europa con il vostro eccellente libro sui delitti e sulle pene, che un uomo, che si definisce giureconsulto, scrisse contro di voi in Francia.
    Voi avevate sostenuto la causa dell'umanita' ed egli si fece avvocato della barbarie.
    Questo potrebbe essere cio' che ha preparato la catastrofe del giovane Cavaliere de La Barre, (2) di anni 19 e del figlio del presidente d'Étallonde, che non ne aveva ancora 18.

    Prima che io vi racconti, Signore, questo orribile avvenimento che ha indignato l'Europa intera (eccetto forse qualche fanatico nemico della natura umana), permettetemi di stabilire qui' due principi che voi troverete incontestabili.
    Quando una nazione e' ancora immersa nella barbarie tanto da far subire agli accusati il supplizio della tortura, vale a dire per farli soffrire mille morti invece di una, senza sapere se sono innocenti o colpevoli, dovrebbe almeno essere chiaro che non si debba esercitare questa enorme furia contro un accusato quando egli ammette il proprio crimine e che quindi non c'e' piu' bisogno di altre prove.
    E' tanto assurdo quanto crudele punire le violazioni degli usi recepiti in un paese, i delitti commessi contro le opinioni dominanti, e che non generano alcun male fisico, con lo stesso supplizio con cui si punisce i parricidi e gli avvelenatori.
    Se queste due regole non sono rispettate, non c'e' piu' legge, non esiste piu' ragione sulla terra; gli uomini sono abbandonati alla tirannia piu' capricciosa, e la loro sorte e' molto al di sotto di quella delle bestie.

    Stabiliti questi due principi, vengo, Signore, alla funesta storia che vi ho promessa.

    C'era ad Abbeville, piccola citta' della Picardia, una badessa, (3) figlia di un consigliere di stato molto stimato; trattasi di una donna amabile, di costumi molto morigerati, di un umore dolce e gioioso, benefattrice, e saggia senza superstizioni.

    Un abitante di Abbeville, (4) chiamato Belleval, di 60 anni, viveva con lei in grande intimita', essendo egli stato incaricato di qualche affare riguardante il convento; egli e' luogotenente di una specia di piccolo tribunale che si dice L'election, sempre che si possa definire tribunale una compagnia di borghesi preposti unicamente a regolare la gestione dell'imposta detta la Taille. Quest'uomo divenne amante della badessa, che all'inizio non lo respinse in virtu' della sua ordinaria gentilezza, ma che fu in seguito obbligata a manifestargli la sua avversione e il suo disprezzo per le sue inopportunita' troppo esagerate.

    A quei tempi, nel 1764, essa fece venire a se, il Cavaliere de La Barre, suo nipote e nipote in linea diretta di un luogotenente generale dell'esercito, ma il cui padre aveva dissipato una fortuna di piu' di 40.000 lire di rendita; essa prese cura del giovane come di suo figlio, ed era in procinto di ottenergli una compagnia di cavalleria; egli era alloggiato all'esterno del convento e la signora sua zia lo invitava sovente a cena, assieme a qualche altro dei suoi amici.
    Il signore di Belleval (5)escluso da tali serate, si vendico' coinvolgendo la badessa in qualche affare di dubbio interesse.

    Il giovane La Barre prese decisamente la parte di sua zia, e parlo' con quest'uomo con un'altezzosita' tale che lo rivolto' completamente.
    Belleval risoluto a vendicarsi, seppe che il giovane Cavaliere de La Barre e il giovane Gaillard d'Étallonde, figlio del presidente de l'Election, erano passati, poco tempo prima, davanti ad una processione senza togliersi il cappello: era il mese di Luglio 1765.
    Da questo momento egli cerco' di far passare questa eccezionale mancanza di buona creanza come un insulto premeditato nei confronti della religione.
    Mentre egli ordiva segretamente questa trama, accadde, disgraziatamente, che il 9 Agosto dello stesso anno, si scoprisse che il crocifisso in legno posto sul ponte nuovo di Abbeville era stato danneggiato, e si sospettava che alcuni soldati ubriachi avessero commesso tale empieta'.

    Io non posso evitare, Signore, di notare qui' quanto sia indecente e pericoloso l'esporre su di un ponte quello che dovrebbe essere riverito in un tempio cattolico; le vetture pubbliche possono facilmente danneggiarlo o gettarlo per terra. Degli ubriaconi potrebbero insultarlo all'uscita dei loro ritrovi, senza neanche rendersi conto dell'eccesso che commettono.
    Occorre ancora notare che queste opere grossolane, questi crocifissi sulle grandi vie, queste immagini della vergine Maria, questi Gesu bambino che si vedono nelle nicchie di gesso agli angoli delle vie di parecchie citta', non sono oggetto di adorazione come potrebbero esserlo nelle nostre chiese; questo e' tanto vero che e' permesso passare davanti a queste immagini senza salutarle.
    Sono dei monumenti di una pieta' male illuminata, e, a giudizio di tutti gli uomini sensati, cio' che e' santo deve stare nei luoghi santi.

    Disgraziatamente il vescovo di Amiens, (6)essendo anche il vescovo di Abbeville, diede a questo episodio una celebrita' ed una importanza che non meritava affatto. Egli fece emettere dei monitoires; (7) venne a fare una processione solenne accanto al crocifisso e ad Abbeville, per un anno intero, non si parlo' che di sacrilegi. Si disse che si era formata una nuova setta che spezzava tutti i crocifissi, che buttava per terra tutte le ostie e le trafiggeva a colpi di coltello. Si dava per certo che esse avevano sparso anche molto sangue. Ci furono delle donne che credettero di esserne state testimoni. Si rievocarono tutte le storie calunniose sparse contro gli ebrei in tutte le citta' d'Europa.
    Voi sapete, Signore, a quali eccessi portano il popolino, la credulita' ed il fanatismo, sempre incoraggiati dai preti.

    Il signor Belleval, visti gli animi accesi, mescolo' maliziosamente insieme il fatto del crocifisso e quello della processione, tra i quali non c'era alcun legame.
    Egli indago' sulla vita del Cavaliere de La Barre: per questo assoldo' valletti, servitori e lavoranti; disse loro con tono ispirato che essi erano obbligati, in virtu dei monitoires vescovili, a rivelare tutto cio' che avrebbero potuto apprendere riguardo al giovane; tutti quanti risposero che non avevano mai sentito dire che il Cavaliere de La Barre avesse avuto una qualsiasi parte nel danneggiamento del crocifisso.

    Non si scopri' alcun indizio riguardante tale danneggiamento e quindi apparve assai improbabile che il crocifisso fosse stato intenzionalmente danneggiato. Si comincio' a pensare (cosa assai piu' verosimile) che qualche carro carico di legname avesse accidentalmente causato il danno.

    "Ma - disse il Belleval a quelli che stava interogando - se voi non siete sicuri che il Cavaliere de La Barre abbia mutilato il crocifisso passando sul ponte, saprete almeno che quest'anno, nel mese di Luglio, egli e' passato in una via, con due dei suoi amici, a trenta passi da una processione senza togliersi il cappello. Voi avete sentito dire che egli ha cantato, una volta, delle canzoni libertine e quindi siete obbligati ad accusarlo sotto pena di peccato mortale"

    Dopo averli cosi' intimiditi, egli si reco' dal primo giudice del Tribunale del Siniscalco di Abbeville. Depose contro il suo nemico e convinse il giudice ad ascoltare i denuncianti.

    La procedura, una volta avviata, provoco' una quantita' di delazioni. Ognuno disse che aveva visto, o creduto di vedere, quello che aveva solo sentito raccontare o creduto di sentire.
    Ma quale non fu, Signore, lo sbalordimento del Belleval, quando i testimoni che egli stesso aveva istigato contro il Cavaliere de La Barre, denunciarono suo figlio come uno dei principali complici di quegli empi segreti su cui si cercava di fare luce.
    Belleval fu colpito come da una folgore: fece subitamente fuggire suo figlio ma, cio' che si stenta a credere, egli prosegui' con non meno zelo in questo orribile processo.

    Ecco, Signore, quali sono state le imputazioni.
    Il 13 Agosto 1765, sei testimoni dichiarano di aver visto passare tre giovani a trenta passi da una processione e che i signori La Barre e d'Étallonde avevano il cappello in testa e il signor Moinel il cappello sotto il braccio.

    In un supplemento di indagine, una tale Elisabeth Lacrivel depose di avere sentito dire, da uno dei suoi cugini, che tale cugino aveva sentito dire dal Cavaliere de La Barre, che egli non si era tolto il cappello.

    Il 26 Settembre, una donna del popolo, di nome Ursule Gondalier, depose di aver sentito dire che il Cavaliere de La Barre, vedendo una immagine di S. Nicola in gesso, presso la suora Maria, portinaia del convento, domando' alla suora stessa se avesse acquistato tale immagine per avere quella di un "uomo" presso di se.

    Un certo Bauvalet depose che il Cavaliere de La Barre aveva pronunciato una parola empia parlando della vergine Maria.

    Claude, detto Selincourt, unico testimone, dichiaro' che l'accusato gli aveva detto che i comandamenti di Dio erano stati inventati dai preti; ma in sede di confronto, l'accusato sostenne che il Selincourt era un calunniatore e che non ci fu mai una discussione sui comandamenti della chiesa.

    Un certo Héquet, tastimonio unico, dichiaro' che l'accusato gli aveva detto di non poter comprendere come si potesse adorare un dio di pasta. L'accusato, durante il confronto, sostenne di essersi riferito agli Egiziani.

    Nicolas Lavallée dichiara di aver sentito cantare dal Cavaliere de La Barre due canzoni libertine. L'accusato confessa che un giorno, essendo ubriaco, di averle cantate con il signor d'Étallonde senza sapere quello che faceva; che in queste canzoni, a dire il vero, si definisce puttana santa Maria Maddalena, dato che la stessa, prima della sua conversione, aveva avuto una vita "sregolata"; ha pure ammesso di aver recitato l'Ode a Priapo del signor Piron.

    Un certo Héquet depose ancora, in un secondo tempo, di aver visto il Cavaliere de La Barre fare una piccola genuflessione davanti ai libri titolati:
    Thèrése Philosophe
    La Tourière des Carmélites
    Le Portier des Chartreux
    Egli non indica nessun altro libro ma, successivamente e durante il confronto, disse poi che non era certo fosse stato il Cavaliere de La Barre a fare la genuflessione.

    Un certo Lacour dichiaro' di aver sentito dire dall'accusato "nel nome del c...." invece che "nel nome del padre, ecc.". Il Cavaliere durante il suo interrogatorio sul banco degli imputati ha negato questo fatto.

    Un tale Petignot dichiaro' di aver sentito l'accusato recitare le "litanie del c...." (8) come piu' o meno si ritrovano su Rabelais, e che egli si vergognava di ripetere in tribunale. L'accusato, durante il suo interrogatorio confessa di avere effettivamente pronunciato la parola "c...." ma nega tutto il resto.

    Ecco, Signore, tutte le accuse rivolte al Cavaliere de La Barre, al signor Moinel, al signor d'Étallonde, a Jean-François Douville de Maillefeu e al figlio del detto Belleval, responsabile di tutta questa tragedia.

    E' stato constatato che c'e' stato un pubblico scandalo, poiche' La Barre e Moinel furono arrestati solo sulla base dei monitoires emessi in occasione della mutilazione del crocifisso, mutilazione scandalosa e pubblica, ma della quale non fu fatto loro carico da nessun testimone.
    Si indago' su tutti i trascorsi della loro vita, sulle loro conversazioni segrete, sulle parole a loro sfuggite nel passato, sono state raccolte delle cose che non avevano tra di loro alcun significativo rapporto, e in questo la stessa procedura fu assai carente.

    Senza quei monitoires e senza l'applicazione violenta che ne diede il Belleval, non ci sarebbe mai stato, da parte di questi ragazzi sfortunati, ne scandalo ne processo penale: lo scandalo pubblico e' consistito solo nel processo stesso.

    Il monitoire d'Abbeville fece precisamente lo stesso effetto di quello di Tolosa contro i Calas; esso sconvolse le menti e le coscienze. I testimoni istigati da Belleval, come lo furono quelli di Tolosa istigati dal capitolare David, fecero riaffiorare nella loro mente fatti, vaghi discorsi dai quali non e' affatto possibile che si possano richiamare esattamente le circostanze sia favorevoli che aggravanti.

    Bisogna ammettere, Signore, che c'e' qualche caso in cui il monitoire e' necessario, ma ce ne sono molti altri in cui esso si rivela molto pericoloso.
    Esso invita la feccia della gente a muovere accuse contro le persone dei ceti piu' elevati, delle quali sono sempre gelosi.
    Esso e' sempre un ordine perentorio, intimato dalla chiesa, a fare l'infame mestiere del delatore. Siete minacciati di finire all'inferno se rifiutate di mettete il vostro prossimo in pericolo di vita.

    Non c'e' forse nulla di piu' illegale nei tribunali dell'inquisizione; la grande prova dell'illegalita' di questi monitoires e' che essi non sono affatto emanati da dei magistrati, ma e' il potere ecclesiastico che li emette. La cosa strana e' che un ecclesiastico, che non puo' emettere un giudizio di morte, mette in questo modo in mano ai giudici quel gladio che a lui e' proibito impugnare!

    E' bastato interrogare il Cavaliere de La Barre e il signor Moinel, ragazzo di circa 15 anni.
    Moinel, del tutto sconvolto, sentendo il giudice pronunciare le parole di "attentato contro la religione", ando' cosi' fuori di se' che si getto' in ginocchio e fece una confessione del tutto generale come se si trovasse davanti ad un prete.
    Il Cavaliere de La Barre, piu' istruito e di carattere piu' fermo, rispose sempre in maniera molto ragionevole, e discolpo' Moinel, del quale aveva pieta'. Questo atteggiamento che egli tenne sino all'ultimo momento, prova come egli avesse un animo nobile.
    Tale dimostrazione che avrebbe dovuto avere un peso agli occhi di giudici intelligenti, a lui non servi' a nulla.

    In questo processo, Signore, che ha avuto un seguito tanto orribile, voi non vedrete che delle indecenze e non una qualsiasi azione delittuosa; voi non riscontrerete nessuno di quei delitti considerati tali presso tutte le nazioni; non omicidio, non brigantaggio, nessuna violenza, nessuna vigliaccheria; niente di cio' che si attribuisce a questi ragazzi potrebbe essere considerato un delitto presso le altre comunita' cristiane.
    Io rilevo che il Cavaliere de La Barre e il signor d'Étallonde avendo detto che non si deve adorare un dio di pasta, cio' e' esattamente, parola per parola, quello che dicono tutti quelli della religione riformata.

    Il cancelliere d'Inghilterra potrebbe dire queste parole in pieno parlamento senza che esse vengano notate da qualcuno.
    Quando milord Lockhart era ambasciatore a Parigi, un frequentatore di parrocchia introdusse furtivamente l'eucaristia nel suo palazzo, per un domestico ammalato e che era cattolico; milord Lockhart, quando lo seppe, caccio' il bigotto dalla sua casa; disse al cardinal Mazarino che non era disposto a sopportare un tale insulto. Defini, con parole sue, l'eucaristia di un dio di pasta come idolatria. E il cardinal Mazarino gli fece delle scuse.

    Il grande arcivescovo Tillotson, il migliore predicatore d'Europa e, forse, il solo che non ha disonorato l'eloquenza con insipidi luoghi comuni, o con delle frasi vane e fiorite come il Cheminais, o con dei falsi ragionamenti come il Bordaloue, l'arcivescovo Tillotson, come dicevo, parlo' della nostra eucaristia precisamente come il Cavaliere de La Barre. Le stesse parole rispettate in milord Lockhart a Parigi e nella bocca di Tillotson a Londra, non possono dunque essere in Francia che un delitto circoscritto, un delitto di luogo e di tempi, un equivoco dell'opinione comune, un discorso sfuggito per caso davanti a una o due persone.
    Non e' il colmo della crudelta' il punire questi discorsi segreti con lo stesso supplizio con cui si punirebbe uno che avesse avvelenato suo padre e sua madre e messo a fuoco i quattro cantoni del suo paese?

    Notate, Signore, ve ne supplico, come si danno due pesi e due misure.
    Voi troverete nella ventiquattresima Lettera Persiana del signore di Montesquieu, presidente a vita del Parlamento di Bordeaux e dell'Accademia di Francia, queste precise parole: "Questo mago si chiama papa; a volte egli fa credere che tre ne fanno uno, che il pane che si mangia non e' pane, o che il vino che si beve non e' vino, e molte altre cose di questo genere".

    Il signore di Fontenelle si era espresso nella stessa maniera nella sua relazione di Roma e di Ginevra, sotto il nome di Mèro e di Ènego. C'e' mille volte piu' scandalo in queste parole dei signori Fontenelle e Montesquieu, esibite in lettura, agli occhi di 10.000 persone, di quanto non ce ne sia nelle due o tre parole sfuggite al Cavaliere de La Barre davanti ad un solo testimone, parole perdute e delle quali non resta alcuna traccia.
    I discorsi segreti devono essere considerati come dei pensieri; e' un assioma su cui anche la piu' detestabile delle barbarie deve convenire.

    Vi diro' di piu', Signore; non esiste in Francia una legge specifica che condanna a morte per blasfemia. L'ordinanza del 1666 commina un'ammenda per la prima volta, il doppio per la seconda, ecc. e la gogna per la sesta recidiva.

    Cio' nonostante i giudici di Abbeville, con una ignoranza ed una crudelta' inconcepibili, condannarono il giovane d'Étallonde, di 18 anni:
    a soffrire il supplizio dell'amputazione della lingua sino alla radice, cosa che si esegue in modo che, se il paziente non porge spontaneamente la lingua, glie la si tira con delle tenaglie di ferro e la si strappa;
    all'amputazione della mano destra, sul sagrato della chiesa principale;
    e infine ad essere condotto, su una carretta, alla piazza del mercato, essere attaccato ad un palo con una catena di ferro ed essere bruciato a fuoco lento.
    Il signore d'Étallonde ha fortunatamente risparmiato ai suoi giudici, con la fuga, l'orrore e di questa esecuzione.

    Per il Cavaliere de La Barre, essendo nelle loro mani, essi ebbero la compiacenza di mitigare la sentenza, ordinando di decapitarlo prima di essere gettato tra le fiamme; ma se essi diminuirono la pena da un lato, dall'altro l'aumentarono condannandolo a subire la tortura ordinaria e straordinaria, per fargli svelare il nome dei suoi complici, come se le stravaganze di un ragazzo, delle parole dette di cui non resta la minima traccia, fossero un delitto di stato, una cospirazione.
    Questa sbalorditiva sentenza e' stata emessa il 28 Febbraio di questo anno 1766.

    La giurisprudenza francese e' in un grande caos e conseguentemente l'ignoranza dei giudici e' tanto grande che, quelli che hanno emesso questa sentenza, si sono basati su una dichiarazione di Luigi XIV, rilasciata nel 1682, a seguito di pretesi sortilegi e di reali avvelenamenti commessi dalla Voisin, dalla Vigoureux e dai due preti chiamati Vigoureux e La Sage.
    Questa condanna del 1682 prescriveva realmente la pena di morte per il sacrilegio collegato alla superstizione; ma in questa legge si tratta unicamente di magia e di sortilegio, vale a dire di coloro che abusando della credulita' del popolo e dichiarandosi maghi, sono, ad un tempo, profanatori e avvelenatori: questo quanto alla lettera ed allo spirito della legge; si tratta, in questa legge, di atti criminali perniciosi per la societa' e non di vane parole imprudenti, di leggerezze, di sciocchezze commesse senza alcuna premeditazione, senza alcun complotto e pure senza alcun pubblico scandalo.

    I giudici della citta di Abbeville hanno palesemente peccato sia contro la legge sia contro l'umanita', condannando a dei supplizi tanto spaventosi un gentiluomo e il figlio di una famiglia molto onesta, entrambi in una eta' nella quale non si puo' fare a meno di considerare delle storditaggini alla stregua di un semplice sgarbo che un anno di prigione avrebbe potuto correggere.
    C'erano pure cosi' scarsi elementi delittuosi che i giudici, nella loro sentenza, si servirono di termini vaghi e ridicoli in uso presso il popolino: "per aver cantato delle canzoni abominevoli ed esecrabili contro la vergine Maria, i santi e le sante".
    Notate, Signore, come essi avevano cantato queste "canzoni abominevoli ed esecrabili contro i santi e le sante" davanti ad un solo testimone che avrebbero potuto legalmente ricusare.
    Questi epiteti sono conformi alla dignita' della magistratura? Una vecchia canzone da osteria dopo tutto non e' che una canzone. E' il sangue umano sparso con leggerezza, e' la tortura, e' il supplizio della lingua strappata, della mano tagliata, dei corpi gettati nelle fiamme che sono "abominevoli ed esecrabili".

    Il Tribunale del Siniscalco di Abbeville sottopose, per competenza, le sue decisioni al parlamento di Parigi.
    Il Cavaliere de La Barre venne trasferito a Parigi e il suo processo riesaminato. Dieci dei piu' celebri avvocati di Parigi tennero un consiglio nel quale misero in luce l'illegalita' delle procedure e l'indulgenza dovuta ai giovani in eta' minorile, che non erano accusati ne di complotto, ne di un crimine premeditato; il procuratore generale, esperto di giurisprudenza fini' con il bocciare la sentenza di Abbeville. C'erano 25 giudici dei quali 10 concordarono con le conclusioni del procuratore generale, ma per una circostanza particolare che io non posso mettere per iscritto, gli altri 15 giudici furono obbligati a confermare la stupefacente sentenza il 4 Giugno 1766.

    E' mai possibile, Signore, che in una societa' che non e' selvaggia, cinque voti di maggioranza su venticinque siano sufficienti per togliere la vita ad un accusato, e molto spesso ad un innocente?
    Ci vorrebbe in questo caso l'unanimita'; sarebbe per lo meno necessario che i tre quarti dei voti fossero a favore della pena di morte; e ancora, in quest'ultimo caso, il quarto dei giudici disposti a mitigare la sentenza, dovrebbe, secondo una propensione al comune buon cuore, prevalere sui tre quarti di tali crudeli borghesi, che giocano impunemente con la vita dei loro concittadini senza che la societa' ne tragga il minimo vantaggio.

    La Francia intera guarda a questa sentenza con orrore. Il Cavaliere de La Barre fu rinviato ad Abbeville per essere giustiziato. Occorre notare che gli arcieri di scorta lo trasferirono seguendo un percorso segreto, temendo che il Cavaliere de La Barre potesse essere liberato, durante il trasferimento, dai suoi amici; cosa questa che si sarebbe dovuta piuttosto sperare piu' che temere.

    Infine, nel Luglio del corrente anno, venne eseguita ad Abbeville, questa sentenza piu' che memorabile; ma prima dell'esecuzione il ragazzo venne sottoposto alla tortura. Ecco in cosa consiste questo tipo di tormento.
    Le gambe del paziente sono fortemente serrate entro un apposito contenitore. Si affondano poi dei cunei di legno o di ferro tra i contenitori e le ginocchia sino a frantumarne le ossa. Il Cavaliere de La Barre svenne, ma presto rinvenne con l'aiuto di un qualche liquore alcolico e dichiaro', senza lamentarsi, di non aver avuto alcun complice. (9)

    Gli venne assegnato come confessore ed assistente un domenicano, amico della zia badessa, con il quale egli aveva sovente cenato nel convento. Il buon uomo piangeva ed il Cavaliere dovette consolarlo. Quando venne loro servito un pasto il domenicano non riusci' a mangiare. "Prendiamoci un po' di cibo - gli disse il Cavaliere - voi avrete bisogno di forza almeno quanto me per sopportare lo spettacolo che dovro' dare". (10)

    Lo spettacolo in effetti fu terribile; erano stati inviati da Parigi ben cinque carnefici solo per questa esecuzione.
    Io non posso dire con certezza, se gli tagliarono la lingua e la mano. (11) Tutto quello che so attraverso alcune lettere da Abbeville, e' che egli sali' sul patibolo con tranquillo coraggio, senza pianti, senza collera e senza ostentazione.
    Tutto cio' che disse al religioso che lo assisteva si riduce a queste parole: "Non credevo che si potesse far morire un gentiluomo per queste sciocchezze".

    Egli sarebbe certamente diventato un eccellente ufficiale: studiava le regole della guerra e aveva formulato dei commenti su alcune opere del re di Prussia e del maresciallo Saxe, i due piu' grandi generali d'Europa.

    Quando la notizia della sua morte giunse a Parigi, il nunzio apostolico disse pubblicamente che non sarebbe stato trattato cosi' neanche a Roma e che se avesse confessato le sue colpe all'inquisizione di Spagna o del Portogallo, non sarebbe stato condannato che ad una penitenza di qualche anno. (12)

    Lascio, Signore, alla vostra umanita' e alla vostra saggezza il compito di fare delle riflessioni su un avvenimento tanto doloroso e tanto strano che davanti a questo, tutto cio' che ci hanno raccontato sui pretesi supplizi dei primi cristiani, dovrebbe sparire.
    Ditemi voi chi e' piu' colpevole, un ragazzo che canta due canzoni ritenute empie dalla sua sola setta, e considerate innocenti in tutto il resto della terra, o un giudice che aizza i suoi simili per fare morire questo sventato ragazzo, di una morte orribile.

    Il saggio ed eloquente marchese di Vauvenargues ha detto: "Cio' che non offende la societa' non e' di competenza della giustizia". Questa verita' deve essere la fondamenta di tutti i codici penali: ora, sicuramente, il Cavaliere de La Barre non ha nociuto alla societa' dicendo parole imprudenti ad un cameriere, a una portinaia, o cantando una canzone. Erano delle imprudenze segrete delle quali neanche si ricordava; erano delle leggerezze infantili dimenticate da piu' di un anno e che furono tratte dalla loro oscurita' a causa di un "monitoire" che le fece riemergere, "monitoire" emesso per un altro scopo, "monitoire" che genero' solo dei delatori, "monitoire" tiranno fatto per turbare la pace di tutte le famiglie.

    Vero e' che non si deve trattare un ragazzo imprudente come uno scellerato consumato nel crimine, tanto che il giovane signore d'Étallonde, condannato dagli stessi giudici ad una morte ancora piu' orribile, e' stato accolto dal re di Prussia e ammesso tra i suoi ufficiali; egli e' considerato da tutto il reggimento come un eccellente soggetto: chissa' se un giorno non vorra' vendicarsi dell'affronto che gli hanno fatto in patria?

    L'esecuzione del Cavaliere de La Barre costerno' talmente tutta Abbeville e getto' gli animi in un tale orrore che non si oso' piu' eseguire i processi a carico degli altri accusati.

    Voi, senza dubbio, vi stupirete, Signore, che succedano delle cose cosi' tragiche in un paese che si vanta della gentilezza dei suoi costumi e nel quale gli stranieri stessi vengono in folla a cercare i piaceri della societa'.
    Ma io non vi nascondo che se esiste pur sempre un certo numero di spiriti indulgenti ed apprezzabili, nondimeno esistono ancora, in molti altri, antichi segni di barbarie che niente ha potuto cancellare. Potete ritrovare ancora la stessa mentalita' che pose una taglia su un primo ministro cardinale, o che condusse l'arcivescovo di Parigi, pugnale alla mano, nel tempio della giustizia.
    Certamente la religione e' stata piu' oltraggiata da questi due atti che dalle sciocchezze del giovane Cavaliere de La Barre; ma cosi' va il mondo:


    Ille crucem sceleris pretium tulit, hic diadema.
    (Juven., sat. xiii, v. 195.)

    Qualche giudice ha detto che, nelle circostanze attuali, la religione aveva bisogno di questo funesto esempio. Essi sono del tutto in errore perche' nulla le ha fatto maggior torto. A soggiogare cosi' gli animi, questi finiscono per indignarsi e si rivoltano.

    Disgraziatamente ho inteso dire da molte persone che esse non potevano fare a meno di detestare una setta che si sostiene solo con i carnefici. Questi discorsi pubblici ed insistenti mi hanno fatto fremere piu' di una volta.

    Si e' voluto far morire, con un supplizio riservato agli avvelenatori e ai parricidi, dei ragazzi accusati di aver cantato delle vecchie canzoni blasfeme, e proprio questo ha generato piu' di centomila blasfemi.
    E' incredibile, Signore, quanto questi avvenimenti rendano la nostra religione cattolica romana, esecrabile a tutti gli stranieri.
    I giudici dicono che la politica ha loro forzata la mano in questo senso. Quale politica imbecille e barbara!
    Signore, che crimine orribile contro la giustizia, pronunciare un giudizio vincolato dalla politica, soprattutto un giudizio di morte! E di che morte!

    La commozione e l'orrore che mi pervadono non mi permettono di dire altro.

    Vostro ecc.







    (1) Signor Cassen = Voltaire.
    Marchese di Beccaria = Cesare Bonesana Marchese di Beccaria (1738-1794). Autore dell'opera "Dei delitti e delle pene".

    (2) Jean-François Lefèvre d'Ormesson, Cavaliere de La Barre.

    (3) Mme de Brou, badessa di Willencourt.

    (4) Nella pubblicazione del 1775, si legge:
    "Un tale Saucourt, specie di giureconsulto d'Abbeville, si riteneva offeso da questa dama, alla quale egli aveva domandato, per suo figlio, la mano di una signorina ricca e di molte qualita', pensionata in questo convento, che lei invece marito' con un altro. Questo Saucourt aveva inoltre perso un processo contro un cittadino di Abbeville, padre di uno dei giovani che furono, in seguito, implicati nell'orribile avventura del Cavaliere de La Barre.
    Saucourt cerco' quindi di vendicarsi. Egli aveva tutto il fanatismo del capitolare di Tolosa, David, principale assassino di Calas; egli riuniva in se lo stesso fanatismo e la stessa ipocrisia ......"
    Nicolas-Pierre Duval signore di Saucourt, era luogotenente particolare, assessore criminale nel siniscalcato di Ponthieu e nel seggio presidiale di Abbeville.

    (5) Edizione 1775: "Il signor Saucourt comincio' con l'accusare il Cavaliere, presso il vescovo di Amiens, di essersi introdotto nel convento vestito da donna .....".

    (6) Louis-François-Gabriel de La Motte.

    (7) Monitoire = allo stesso tempo: minaccia scritta di scomunica generale e invito dei fedeli alla delazione onde evitare la scomunica stessa. Usato pesantemente, nei secoli precedenti e dalla inquisizione, contro le streghe, i non credenti, gli apostati, ecc.

    (8) Litanie del cazzo, riprese dal Pantagruel di Rabelais.

    (9) Sotto il nome di "interrogazione" la tortura era, nei tempi passati, sistematicamente applicata per fare confessare i presunti colpevoli. Questa pratica era nata nel 1200-1300 (sistema inquisitorio), con l'incoraggiamento ed il beneplacito della chiesa, per fare "confessare" gli indiziati di stregoneria, di apostasia, di eresia e a danno di tutti quanti osavano opporsi alle prevaricazioni del clero.
    La tortura (quella grande e quella piccola) era applicata, nel 1700, in presenza di un chirurgo che tastava il polso ai seviziati e acconsentiva alla prosecuzione dei tormenti sino a quando la vittima non fosse in pericolo di vita. In questo caso veniva proposta una sospensione di un'ora o due per consentire al malcapitato di riprendersi.
    Questa pratica, ai giorni nostri, non e' ancora del tutto scomparsa, come attestano i resoconti si Amnesty International.

    (10) "Prendiamo un po' di caffe' - disse il Cavaliere de La Barre dopo il pasto e qualche ora prima della sua esecuzione - non mi impedira' certo di dormire."

    (11) L'ordine del parlamento diceva solamente di trapassargli la lingua, cioe' di bucargliela con un ferro rovente. Essendosi il Cavaliere de La Barre rifiutato, i carnefici furono abbastanza pietosi da non eseguire l'ordine alla lettera; si limitarono a simulare l'atto. Alcuni autori affermano che sul rogo venne gettata anche una copia del Dizionario Filosofico di Voltaire.

    (12) Si narra che il Parlamento abbia tardato sei giorni a firmare la sentenza sperando che Luigi XV concedesse la grazia. Ma a causa di rapporti tesi tra il Parlamento e la Corte, il re fu irremobile



    Ahhhh, per amore di Cristo quante cose ha fatto la CCR!!!!
    omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789054]
    Un sentito plauso all'operato della Chiesa Cattolica Merdolica Romana!!! [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812]
    [Modificato da =omegabible= 02/08/2007 17:31]



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    Padre Guardiano
    00 03/08/2007 16:56
    re
    Quì non ha replicato nesssuno ma di là.... [SM=x789053] [SM=x789053] [SM=x789053]
    il link freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=84889&idd=1859

    [SM=x789049] [SM=x789049] [SM=x789049] omega [SM=x789054] [SM=x789054] [SM=x789054]



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