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È sorprendente che fra il V e l'XI secolo gli ecclesiastici considerino la magia nera come una manifestazione della superstizione popolare e come un residuo di paganesimo, assolutamente non fondato su fatti reali, che la chiesa deve finire di distruggere. Il peccato, punito con penitenze più o meno pesanti, non consiste nell'esercitare poteri magici o stregoneschi, ma nel credere in simili poteri e nel partecipare a cerimonie pagane, comunque, del tutto inefficaci.

Ma con il passare degli anni questi orientamenti vanno mutando. Riprendono vigore quelle voci discordi, presenti nella tradizione e nella storia della Chiesa, che invece accettano l'idea di una vera possessione dei corpi da parte del Maligno: ad esempio S. Agostino, tra il IV e V secolo, si dice convinto che il pagano sia un vero demonio in carne e ossa. Inoltre riprende forza la granitica convinzione, mai sopita, della presenza sulla Terra e tra gli uomini del diavolo. Sono questi i varchi da cui incomincia a farsi strada la certezza che le streghe esistano, come creature soggette alle potenze infernali: non più creature che dicono cose senza senso perché erroneamente ispirate da Belzebù, ma esseri che hanno perso la propria personalità, che parlano e agiscono perché in loro vi è il demonio. Tommaso d'Aquino, nel XIII secolo, dichiara che il Signore degli Inferi non solo può assumere un corpo umano, ma è anche capace sia di congiungersi carnalmente con donne e uomini sia di procreare figli.

Si compie così un passo decisivo, carico di devastanti conseguenze: la strega o lo stregone non sono più soltanto capaci di compiere prodigi, a volte anche benefici, essi sono ormai indissolubilmente legati al Maligno. Si sono saldati stregoneria e teoria demonologica; le imprese sovrumane delle streghe non sono considerate fantasie e illusioni; i voli notturni, i riti orrendi, le orge sfrenate, gli assassini rituali sono veri, compiuti da una persona divenuto demonio incarnato; scongiuri, sortilegi, amuleti, malocchio, pupazzi di cera, paglia, stoffa in cui conficcare coltelli e spilloni non sono più corredo della strega, ma di Mefistofele.

Fino al XI e al XII secolo le misure legali nei confronti della stregoneria consistono al massimo in multe e penitenze, né mancano voci di moderazione e di ragionevolezza. Dal XII secolo, sconfitti gli antichi culti pagani, la chiesa comincia a preoccuparsi dei nuovi movimenti ereticali, contro i quali, dal 1231, è costituito l'apparato giudiziario dell'Inquisizione. Uno dei più celebri manuali destinati ad aiutare i giudici ecclesiastici nelle loro inchieste, scritto, fra il 1316 e il 1324, dall'inquisitore francese Bernard Gui (1261-1331), si occupa principalmente dei catari, dei valdesi e di altre sette ereticali, dedicando solo poche pagine ai "maghi, indovini e invocatori di demoni". Gui affronta anche le "molteplici invenzioni e false e vane imaginazioni di persone superstiziose", interessandosi di costoro unicamente se scopre traccia di dottrine eretiche nelle loro credenze.

La credenza nella stregoneria conosce una opposizione progressivamente crescente da parte delle autorità religiose e civili a partire dal XIII secolo, un periodo contrassegnato in tutta Europa da forti contrasti politico-religiosi e da profondi rivolgimenti sociali.

Il secolo è inaugurato dalla tragica vicenda della crociata bandita dal papa Innocenzo III e dal re di Francia Filippo Il Bello contro gli Albigesi (1208), portatori di una interpretazione del cristianesimo fortemente antagonista rispetto a quella della Chiesa di Roma. Per meglio favorire la terribile repressione, che schiaccia la comunità catara, sono attribuite ai suoi membri le stesse colpe che nei secoli successivi sarebbero andate a convalidare le accuse di stregoneria: crimini contro le persone e i loro beni, innominabili peccati sessuali, onori divini riservati a Satana, ogni genere di eccessi, nequizie e depravazioni. L'eresia, come poi la stregoneria, attenta all'autorità del potere religioso e intacca quello politico, legato al primo da mille vincoli e interessi minando i valori fondamentali della società medioevale nelle sue gerarchie, nel suo ordine sociale, nel suo sapere, nelle sue regole di disciplina e di obbedienza. Nel 1215 il IV Concilio lateranense eleva a legge generale della Chiesa la repressione dell'eresia e papa Gregorio IX rafforza ed estende all'intera cristianità i tribunali dell'Inquisizione, ai quali è demandato il compito di colpire coloro che negano validità alle interpretazioni ufficiali della verità rivelata da Dio. Affidati a vescovi a loro volta affiancati dai Domenicani e dai Francescani con funzioni di giudici e insieme di ricercatori delle prove o dei semplici sospetti di colpevolezza, tali organismi ecclesiastici non tardano ad allargare il campo delle indagini nell'ambito del mondo magico e delle sue arti: il primo caso di una strega condannata al rogo da un inquisitore si ha nel 1275 a Tolosa. Essendo la città influenzata dal catarismo, eresia e stregoneria diventano praticamente sinonimi. Nella bolla emanata nel 1326 dal papa Giovanni XXII per estirpare la stregoneria, la Super illius specula, le pene previste per i maghi e le streghe sono identiche a quelle comminate agli eretici: la morte per impiccagione, il rogo del cadavere e la confisca dei beni. Sempre lo stesso pontefice, allora residente ad Avignone, non ha scrupoli a trascinare in giudizio nel 1317 un gran numero di esponenti della corte papale, sotto l'accusa di praticare riti magici, nel farli sottoporre a torture e nel condannare al rogo, l'anno successivo, il vescovo Ugo Geraud per aver attentato alla sua persona mediante malefici realizzati con figure di cera.

Ma l'accusa di stregoneria può essere usata anche per risolvere i problemi finanziari del potere politico o religioso e come espediente per eliminare dalla scena scomodi avversari. Basta infatti denunciarli di una qualche frequentazione diabolica per liberarsene definitivamente. Su tali basi si giustificano concretamente le periodiche persecuzioni degli ebrei, accusati della più orrenda empietà, l'assassinio di Cristo, a cui segue la sistematica spoliazione degli averi. E così fa Filippo il Bello, re di Francia, per sbarazzarsi del potente e pericoloso ordine monastico-cavalleresco dei Templari (1307), accusandolo di pratiche magiche e incamerandone l'immenso patrimonio. Alla base della condanna per eresia, che conduce molti di loro al rogo, sta l'accusa di esercitare pratiche diaboliche: quello contro i Templari è, però, chiaramente un processo politico, voluto dal re di Francia, Filippo IV, per impadronirsi delle loro ricchezze. Non è da questo processo che ha inizio la vera e propria ossessione per la stregoneria e, infatti, per molti decenni, gli interventi dell'Inquisizione in questa materia restano abbastanza isolati. Tuttavia, già dalla seconda metà del Trecento, la teologia scolastica incomincia a elaborare la cosiddetta "dottrina del patto delle streghe col diavolo". Compaiono i primi trattati sulle streghe e la magia nera: Formicarius, del 1437, di G. Nider; "Breve trattato sulle streghe", del 1460, di G. Visconti; "Questione delle streghe", del 1471, di Giordano da Bergamo.

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