Un Dio vendicativo è il Signore.

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ReteLibera
00domenica 16 ottobre 2011 19:04


Deus caritas est


di Walter Peruzzi

[15 ott 2011]

Al centro della religione cattolica c’è la dipendenza dell’uomo da Dio, «padrone assoluto di tutte le cose», che  «ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra» (Catechismo di Pio X, 1912). E’ una dipendenza che si prolunga e converte nella dipendenza dalla Chiesa: «l’uomo appartiene totalmente alla Chiesa, deve appartenerle, dato che l’uomo è la creatura del buon Dio… E il rappresentante delle idee, dei pensieri e dei diritti di Dio non è che la Chiesa». (Pio XI, Discorso agli iscritti alla federazione francese dei sindacati cristiani, 1938).

Un Dio vendicativo è il Signore. La Chiesa oggi insiste sul fatto che «Dio è amore» (Deus caritas est, come dice Benedetto XVI nella sua prima enciclica) e che «per un disegno di pura bontà, ha liberamente creato l’uomo per renderlo partecipe della sua vita beata» (Catechismo della Chiesa cattolica, 1992). Ma il testo di Pio X sottolinea che il rapporto d’amore fra l’uomo e Dio non è un sentimento libero, bensì un rapporto di dipendenza, qualcosa che all’uomo è imposto, insieme al dovere di “servire” Dio in questa vita, per avere come ricompensa la beatitudine nell’altra.

E questa è anche l’immagine di Dio che ci dà la Bibbia: un Dio possessivo e geloso, amorevole solo verso chi gli si sottomette e lo serve senza discutere, ma vendicativo e violento verso chi gli resiste. La mano di Dio, dice Isaia, «si farà manifesta ai suoi servi,/ ma si sdegnerà contro i suoi nemici» (66, 14). E innumerevoli sono i passi biblici in cui Dio ordina stragi di nemici, fa passare a fil di spada uomini, donne e bambini, terrorizza popoli indifesi.

Diluvio e altri sfracelli. Già poco dopo la creazione, in risposta al peccato di Adamo, Dio si era vendicato in modo odioso e meschino, scaricando la colpa del padre sui figli e sui figli dei figli, cioè sull’umanità intera, ridotta a «massa dannata» (vedi 2. Felix culpa). Subito dopo comincia una sequenza di delitti spaventosi  – dal diluvio universale, alla Babele delle lingue, all’incenerimento di Sodoma e Gomorra.
Si dirà che queste sciagure gli uomini (e le donne) se le sono meritate con la loro vita peccaminosa. Ma  che colpa avevano gli animali e le piante, distrutti insieme agli esseri umani? O i bambini e le bambine certo esistenti al tempo del Diluvio, a Babele, a Sodoma o a Gomorra?
Né è il solo caso in cui la furia di Dio si abbatte sui bambini innocenti. Isaia, ad esempio, profetizza che a Babilonia nella divina vendetta contro i peccatori «I loro piccoli saranno sfracellati davanti ai loro occhi» (13, 16). E in molti altri casi si raccontano o minacciano vendette che si riverseranno sui figli innocenti (Deuteronomio, 2, 33-34; Salmi, 137, 7-9; Osea, 14, 1 ecc.).

Le uccisioni volute da Dio. Le pagine della Bibbia rigurgitano di omicidi e stragi ordinate o direttamente compiute da Dio. Nel Secondo libro dei Re 2, 23-24 si narra di due orsi mandati dal Signore a sbranare 42 ragazzini per uno sberleffo fatto al profeta Eliseo. Il santo profeta Elia sfida 450 sacerdoti di Baal a dimostrare chi sia il vero Dio e, dopo aver vita la gara, li scanna. Per convincere il faraone a lasciare andare il suo popolo prediletto dalla schiavitù d’Egitto, Dio non esita a colpire il paese intero, colpevoli e innocenti, con terribili piaghe l’ultima delle quali è la morte di tutti i figli primogeniti.
Durante la guerra “santa” degli ebrei in Palestina, Dio ordina di sottomettere città, sterminare gli abitanti, compresi i bambini. Altra volta Mosè addirittura si indigna perché gli ebrei, trasgredendo agli ordini divini, non uccidono abbastanza. «Questo è il Dio che agisce sullo sfondo di tutta la storia del Cristianesimo - scrive Deschner – un Dio tirannico come nessun altro di quelli creati dalle religioni precedenti e caratterizzato da una crudeltà rimasta, anche in seguito, insuperata… Nulla piace di più a questo Dio della vendetta e della rovina. Si esalta nel delirio omicida… i libri storici dell’Antico Testamento si configurano, in gran parte, come ‘la cronaca di una ripetuta, inutile, crudele carneficina’ (Brock)» (Storia criminale del cristianesimo, Ariele, vol. I).
È un vero e proprio Dio della guerra, tanto che uno dei suoi appellativi più ricorrenti è “Dio degli eserciti”.  Né meno terribili e indiscriminate sono le vendette contro il “suo” popolo, quando questo lo tradisce, si volge ad altri dei o non lo obbedisce per filo e per segno ( «ucciderò in te il giusto e il peccatore», Ezechiele 21,8).
Il Dio biblico decreta poi la pena di morte per chi lavora il sabato, bestemmia o segue altre religioni – legittimando intolleranza, roghi e crociate. Dio predica anche una morale sessuofobica – che prevede la morte per l’adulterio, l’incesto o l’omosessualità-, autorizza la schiavitù e la soggezione della donna. Costumi del tempo. Ma fissati in un decalogo che si pretende eternamente vero.
Né il Dio del VecchioTestamento è superato dal Nuovo. Tale posizione fu condannata nel 400 da Anastasio I: «Se qualcuno… crederà che il Dio dell’antica Legge sia diverso da quello degli Evangeli, sia anatema». E nel Catechismo romano del Concilio di Trento (XVI se.), si dichiarano legittime le uccisioni  «compiute per espresso comando di Dio», citando appunto la Bibbia.

Il fuoco eterno. Nel Nuovo Testamento il clima sembra cambiare perché non si parla più di un regno terreno, quello di Israele, e delle sue guerre, ma dell’avvento, ritenuto illusoriamente e erroneamente imminente, del regno dei cieli. Premi e castighi sono proiettati nella dimensione dell’etern.
Il grande umorista statunitense Mark Twain dirà sarcasticamente: «L’Antico Testamento si occupa essenzialmente di sangue e di sesso; il Nuovo parla di salvezza, di redenzione. Di redenzione per mezzo del fuoco» (in Deschner, cit., vol. III). E in un quaderno, il 20 giugno 1906, scrive: «Laddove il Dio dell’Antico Testamento è un personaggio terrificante e repellente, almeno è consistente. Parla con franchezza. Non finge di possedere alcuna morale o virtù – se non oralmente, perché niente di simile si rivela dal Suo comportamento. Credo comunque che egli meriti infinitamente più rispetto che non la sua persona riformata, come la troviamo ingenuamente espressa nel Nuovo Testamento. Niente… si avvicina lontanamente all’atrocità dell’invenzione dell’Inferno».
Nei Vangeli è lo stesso “buon” Gesù a mettere in atto l’atroce ricatto dell’Inferno, minacciando a chi pecca il «fuoco eterno… preparato per il diavolo e per i suoi angeli!» (Matteo, 25, 41).
La minaccia dell’Inferno divenne uno dei temi ricorrenti nella predicazione dei papi, da Gregorio I Magno in poi. Quale metodo per evangelizzare l’infanzia era ancora  in uso nel 1957, come si vede dalla  Guida catechistica per la prima elementare dove si legge: «Nell’inferno c’è un fuoco che brucia e non si spegne mai. (Nota per l’insegnante: È il tormento fisico più spaventoso e che più impressiona i bambini. Raccontare qualche fatto di cronaca, purtroppo così frequente, di persone che hanno provato lo spasimo di scottature gravi: fiamma, acqua, olio bollente. Accendere una candela o un fiammifero e mostrare come non si può resistere a tenervi sopra il dito nemmeno per poco tempo. Far riflettere che i dannati nell’inferno sono immersi nel fuoco ed il fuoco che li tormenta non si spegnerà mai, mai)».

E  Benedetto XVI il 25 marzo 2007, nel visitare la parrocchia romana di Santa Fe licita, rompe un certo silenzio da tempo osservato in materia, per dire: «l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo [di Dio] amore».
È un altro aspetto violento, feroce e ingiusto di Dio, che anche per un solo peccato “mortale”, un pensiero “impuro”, condanna un essere finito e capace solo di cattiverie finite, a una pena senza fine.E tuttavia pochi cattolici riflettono criticamente (come Enzo Mazzi, Ernesto Balducci, Enrico Peyretti) su questo dogma cattolico che concorre, insieme  alle imprese dell’Antico Testamento,  a screditare, e rendere anche moralmente inaccettabile, il Dio d’amore del cattolicesimo.

Walter Peruzzi
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