Gianluca Atzori ha 36 anni, è nato in provincia di Frosinone, ma lo legano a Ravenna 4 campionati di serie B tra il ‘97 e il 2000 e una residenza nel Borgo San Rocco: “Ho scelto Ravenna – racconta – perché ho passato anni talmente importanti e gratificanti da decidere con la mia famiglia di stabilirmi in questa città”. L’ex difensore ha poi seguito il suo allenatore Baldini in una carriera da fedele vice-allenatore, giunta, con l’attuale incarico a Catania, al suo quarto anno.
Atzori è forzatamente salito alla ribalta della cronaca per aver dovuto sostituire per un mese, ovvero 6 giornate di campionato, e fino al 30 settembre, il suo capo-allenatore, resosi protagonista di un gesto clamoroso, la pedata nel sedere all’allenatore del Parma, Di Carlo. Ripensando all’episodio, a mente fredda, Atzori commenta: “Non c’è dubbio che Silvio Baldini abbia sbagliato, ma è stato bravo a riconoscerlo subito. È un tipo caldo, fumantino, non le manda a dire. Ma lì ha esagerato, anche se c’era stata la provocazione dell’avversario”.
Il vice
L’allenatore in seconda è una delle funzioni meno note nel mondo del calcio: “Il mio è essenzialmente un lavoro di mediazione fra l’allenatore e i giocatori, un ruolo che richiede dialogo e diplomazia per presentare all’allenatore gli umori della squadra e viceversa”. Nessun ragazzo che si avvicina al calcio dice da grande voglio fare l’allenatore in seconda: “Certamente neppure io: ho sempre pensato di allenare al termine della mia carriera di calciatore. Con Baldini ho avuto occasioni importanti per fare esperienza, ma il mio obiettivo è quello di avere la responsabilità di una squadra. Speriamo di realizzarlo”.
Con la forzata promozione a primo allenatore forse qualcosa è mutato nelle sue mansioni: “In realtà non è cambiato nulla o quasi: sono tenuto a riportare sul campo le strategie che Baldini ha deciso; non sono in contatto con lui per motivi di regolamento, ma anche durante la partita qualche spiffero mi arriva. Quello che è cambiato realmente è la grande attenzione dei media televisivi su di me”.
Aria di Sicilia
Lo stadio di Catania è stato teatro dei terribili scontri fra tifosi e polizia che hanno portato alla morte dell’ispettore Raciti. Ancora oggi, su ogni campo di calcio se ne percepisce il ricordo. “Quel terribile episodio ha gettato una pessima luce su Catania, che è una città splendida e innamorata del calcio. Sono stati fatti molti sforzi per migliorare la sicurezza e l’ordine pubblico. Io invito con grande tranquillità i miei amici allo stadio: purtroppo i gravi episodi dello scorso anno si devono a pochi scemi violenti che, purtroppo, si ritrovano in ogni stadio di Italia, al Sud e al Nord”.
Ricordi, dolci ricordi
Ripensando a Ravenna e al Ravenna, viene spontaneo chiedere di ricordare un compagno di squadra, una partita e un luogo della città “Per il compagno non ho dubbi, visto che è tuttora un grandissimo amico: si tratta di Mauro Bertarelli; oggi è tornato a vivere nella sua Jesi e si occupa del settore giovanile, ci sentiamo spesso e abbiamo passato molto tempo assieme durante quegli anni. Anche per la partita non ho dubbi. A Foggia, la gara decisiva per la salvezza: stavamo perdendo 2-0 e sarebbe stata serie C1, ed era stato espulso anche Rinaldi, ma avevo visto che i due centrali di difesa del Foggia erano nervosissimi e litigavano spesso fra loro. Ho detto ai compagni che ci dovevamo credere e Bertarelli e Pietranera riuscirono a pareggiare, quest’ultimo, poi prese anche una clamorosa traversa. Fra i luoghi di Ravenna scelgo il quartiere San Rocco, che ho trovato perfetto per prendere casa, e il ristorante La Bella Venezia, vicino a piazza del Popolo”.
Marco Ortolani