Il primo esperimento provocò una esplosione del motore che fece crollare il tetto del capannone del laboratorio e fece accorrere la polizia che temeva un attentato dinamitardo. Un paio d'anni dopo quell'episodio, l'Università di Roma istituì la prima cattedra in Italia di ingegneria aerospaziale e Broglio ne divenne il direttore. Tornando alle due isolette di ferro del poligono al largo di Malindi, irte di antenne per inseguire i razzi al lancio, e al campo base a Ungama Bay, Malindi, per tenere sotto controllo i satelliti in orbita, questi suggerivano l'immagine di un mondo che si sentiva assediato dalle incomprensioni ufficiali italiane in fatto di finanziamenti e di controlli.
A questa comunità di ricercatori dell'Università di Roma e di uomini dell' Aeronautica Militare, bastava essere capitanati da Broglio e sapere che la Nasa continuava ad inserire il San Marco nei suoi programmi di lancio anche se a lunghi intervalli.
Certo anche i suoi ultimi anni non sono stati felicissimi per le lungaggini normali o "artificiali" che hanno vanificato il suo progetto (del 1977) per realizzare un razzo vettore Scout potenziato con parti italiane. L'obiettivo era arrivare poi ad un razzo tutto italiano in grado di lanciare piccoli satelliti da 800 kg in orbita equatoriale, a costi contenuti. Il Cipe aveva concesso 90 miliardi per il 1990-92, ma fu fatto passare tanto tempo che la Nasa mandò nel frattempo in pensione lo Scout.
Le sue proposte vennero bocciate dall'allora vertice dell'Agenzia Spaziale Italiana, che anzi decise un ridimensionamento di tutto il progetto San Marco; ciò lo convinse, nel luglio 1993, a dimettersi dal Consiglio di amministrazione dell'Asi.
Fu probabilmente anche il suo carattere esclusivista a non facilitare il tentativo che voleva assicurare alla base San Marco un avvenire meno precario di quello che ha avuto, cioè fare del poligono una base europea per il lancio di piccoli satelliti scientifici o applicativi non solo per le nazioni africane. Il gruppo di lancio di Broglio è stato certamente il gruppo di "spaziali" più carichi di entusiasmo, che il prestigio del "professore" ha tenuto in pugno. E con che risultati.
Gli uomini di Broglio (non pochi dei quali furono in "cattedra" o in posti di responsabilità all'Agenzia spaziale italiana o nelle industrie) hanno l'invidiabile primato mondiale di non aver sbagliato un lancio di satellite (11) o di razzo sonda in 25 anni.
Sono sei i satelliti scientifici San Marco lanciati fra il dicembre 1964 (primo satellite italiano) e il marzo '88; quattro satelliti astronomici americani (almeno uno entrato nella storia per aver individuato la prima sorgente extragalattica di raggi x che ha fatto nascere una nuova astronomia) lanciati fra il dicembre '70 e il maggio '75, e un satellite scientifico inglese lanciato nell'ottobre '74. L'anno d'oro, il 1970-71 con tre satelliti lanciati in 11 mesi.
Ora la base, per quanto riguarda i lanci, è inattiva da quasi 20 anni (l'ultimo lancio, quello del satellite San Marco-5 è avvenuto nel 1988) e funziona solo come base di controllo e ricezione dati di satelliti in orbita e per la telemetria dei vettori Ariane lanciati dalla base di Kourou dell'Agenzia spaziale europea. Solo a Broglio gli americani hanno affidato propri satelliti per il lancio. Solo a Broglio l'Aeronautica Militare americana, ha offerto grado e compiti da generale.
Il primo accordo di collaborazione spaziale fra la Nasa americana e l' Italia (firmato dal vice presidente Johnson nel settembre '62) si riferisce proprio ai lanci dei satelliti San Marco e dal poligono San Marco. Broglio era molto ben voluto e stimato dai responsabili della Nasa, con i quali ebbe una collaborazione ultradecennale che consentì all'Italia rapporti da protagonista e non da semplice interlocutore o questuante di tecnologie. Una collaborazione diretta che dura ancora oggi, con la collaborazione italiana alla costruzione della Stazione Spaziale Internazionale.
I satelliti San Marco, con l' ingegnosa "bilancia Broglio" (due gusci collegati ad un sistema di molle e di sensori di registrazione che rilevavano gli urti delle particelle della bassa atmosfera equatoriale), venivano quasi fatti nel "retrobottega", al Centro ricerche aerospaziali dell'Università di Roma, semplici strutture all'aeroporto dell'Urbe.
Nella loro concezione e realizzazione Broglio ha tenuto sempre lontane il più possibile le industrie e anche questo non lo fece molto benvolere.
Broglio fu inoltre un precursore anche nella utilizzazione dei piccoli satelliti in orbita bassa per utilizzazioni come telerilevamento, telecomunicazioni, controllo ambientale, ricerche scientifiche.
Un tributo ad uno dei tanti geni italiani misconosciuti.