Diagnosi precoce e indicatori di rischio nelle anoressie mentali della adolescenza

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sonardj
00lunedì 28 aprile 2008 21:52
Diagnosi precoce e indicatori di rischio
nelle anoressie mentali della adolescenza

(pubblicato in: Informazione in psicologia, psicoterapia, psichiatria, n. 24/25, Roma, 1996, pp.9-14)

Francesco Montecchi *



Premessa

Fin dai suoi primordi, la relazione del neonato con la madre avviene attraverso il corpo e, in particolare, con il canale orale-digestivo e successivamente con gli apparati e funzioni che, nel corso della evoluzione del bambino, vengono coinvolti assumendo di volta in volta posizioni di primo piano: mangiare, digerire, sputare, vomitare, diventano il veicolo espressivo di emozioni, sentimenti positivi, tranquillizzanti o frustranti e angoscianti; l'avvicinare-allontanare, rifiuto-accettazione, trattenere-espellere rimarranno come modelli di relazione fin quando non verranno sviluppati, e accettati, meccanismi "mentalizzati" per affrontare i propri conflitti che se, altrimenti, lo sviluppo ne sarà carente, rimarrà come modello espressivo e relazionale ed entrerà in una dimensione patologica. Il disturbo somatico è indicativo di un antico, patologico rapporto madre-bambino in cui attraverso l'espressione del corpo ci si rifiuta di pensare alla propria tensione emotiva.

Il disturbo sul corpo, pertanto, si va ad instaurare là dove la sofferenza psichica, non percepita e relegata nell'inconscio, va a minare l'integrità fisica, e più è forte la difesa e la rimozione della sofferenza psichica, più è grave e profondo l'attacco al corpo.
Su tali premesse il disturbo della relazione madre-bambino, attivando una alterazione della funzionalità dei neurotrasmettitori e di alcuni neuromodulatori sui sistemi ormonali, portano ad una distorsione dello sviluppo delle dimensioni del corpo che, originando nella prima infanzia, e, se poi, restano consolidate nella fanciullezza e nella adolescenza, condizionano in modi diversi la vita intrapsichica e interrelazionale dell'età adulta, specie se il soggetto coinvolto è di sesso femminile.


Quando si parla di disturbato rapporto madre-bambino bisogna stare attenti a non attribuire alla madre tutte le colpe del disturbato sviluppo del figlio: la madre proprio perché è la persona più in prima linea nella relazione (gravidanza, parto, allattamento del lattante ecc.) è anche la persona più esposta a situazioni emotivamente impegnanti e angoscianti e angoscianti e necessita anch'essa di un contenitore dove proiettare, elaborare e trasformare le sue angosce depressive e persecutorie; ha una funzione importante la presenza paterna dal periodo della gravidanza al primo anno di vita in quanto assume una funzione mitigatrice e trasformativa delle angosce materne e stabilizzatrice e ordinatrice del rapporto madre- bambino, divenendo, il padre, il garante della sopravvivenza psicologica della madre e del figlio. E' bene sottolineare che quando si parla di "madre" e di "padre" ci si riferisce maggiormente alla "funzione" materna e paterna che perlopiù coincidono con padre e madre reali, ma non solo.

A livello individuale, fin dall'età neonatale, l'alimentazione ha un ruolo fondamentale nella sopravvivenza e nell'instaurazione di validi rapporti col mondo esterno. La soddisfazione dei bisogni alimentari è l'occasione per la madre, d'insegnare il piacere al figlio. Attraverso la relazione alimentare vengono sperimentate le prime esperienze di soddisfazione, di frustrazione, di piacere e di dispiacere. Si stabiliscono così le preferenze alimentari che assumono significato di scelte morali, di adesione a valori e modelli, diventano attributi di identità di individui e gruppi.
L'affettività correlata alle prime esperienze alimentari può influire sul comportamento alimentare, assai più delle caratteristiche organolettiche dell'alimento.
Il cibo, da sempre, ha assunto un significato simbolico ed una speciale carica emotiva di calore, rifugio, identificazione. Mangiare vuol dire incorporare, assimilare, anche in senso ideale, le caratteristiche proprie degli alimenti che diventano parte dell'individuo. Gli uomini diventano "forti o deboli" a seconda del cibo "forte o debole" che assumono; ecco che vengono conferiti poteri magici ad alcuni elementi: il cannibale mangia il corpo del nemico ucciso per assimilarne la forza e il coraggio. Il pasto comune, in ogni società, ha un significato di mantenimento di identità culturale, di scambio; è simbolo di comunità, è rito religioso, è ospitalità. I costumi alimentari sono tra gli indicatori migliori delle caratteristiche etniche e delle differenziazioni tra i popoli; i riti ad essi connessi, i miti e i tabù, hanno permesso di identificare leggi precise dei comportamenti umani.
sonardj
00lunedì 28 aprile 2008 21:53
Da dove nasce l'anoressia mentale

L'accentuazione della coscienza razionale in cui viene privilegiato l'aspetto consumistico e tecnico che, assorbendo troppa energia, ha fatto perdere e dimenticare all'uomo moderno occidentale la parte corrispondente alla sfera dei sentimenti e della spiritualità, ed ha fatto annullare i rituali collettivi che segnavano ogni cambiamento, particolarmente quelli presenti nella pubertà.


Questi cambiamenti e distorsioni dei valori sociali del collettivo hanno un loro peso anche nei nuovi valori assunti dalle famiglie, riscontrabile nelle famiglie con patologie anoressiche in cui domina la tensione verso l'evoluzione economica senza una parallela evoluzione culturale e l'esaltazione della tematica della gestione del potere e del controllo degli spazi decisionali altrui.


Il crescente interesse e il continuo approfondimento della ricerca attestano come l'anoressia sia una patologia emergente del nostro tempo, anche se in realtà è sempre esistita, e si sta diffondendo nel mondo dell'opulenza occidentale in concomitanza con la perdita di valori su cui un tempo si è poggiata la solidità dell'umanità; malattia della civiltà, del progresso e del consumismo, nell'anoressia la paziente si consuma per non consumare, non mangia per non afferrare e conoscere un mondo che rifiuta.

Quando compare la patologia anoressica

Per l'anoressia è stata individuata una fascia di popolazione sottoposta ad un maggior rischio: le ragazze dai 12 ai 18 anni appartenenti a classi sociali medio-alte. Questo aumento di incidenza ha una distribuzione bimodale con un picco a 14.5 anni ed un altro a 18 anni; questo tipo di situazione è simile in tutti i paesi occidentali pertanto conferma l'influenza dei fattori socio-economici. A questo fenomeno si accompagna una notevole precocità d'esordio, nel passato assente, che ha fatto osservare l'emergenza di tali patologie in una nuova fascia di soggetti a rischio, recentemente si è constatato un notevole aumento della precocità dell'esordio, tanto da far considerare una ulteriore fascia d'età, di insorgenza corrispondente da pochi mesi prima a pochi mesi dopo la comparsa del menarca, e questa è la forma che attualmente si osserva con maggiore frequenza, per la maggiore attenzione che si sta sviluppando, nell'individuare precocemente un disturbo del comportamento in età pediatrica tanto da far ipotizzare, e la storia di molte pazienti ce lo conferma, che le prime avvisaglie della patologia anoressica sono da riconoscere tra gli otto e i dieci anni anche per quei casi che apparentemente si manifestano più tardi.

Psicopatogenesi



Il problema dell'anoressia sta nel disturbo del pensiero che guida il comportamento alimentare e che è rappresentato da: ideazione di tipo ossessivo nei riguardi della propria immagine corporea e dal controllo del cibo;


ideazione di tipo fobico verso il proprio corpo con timore di sentirsi grassa e di ingrassare, verso il cibo sentito pericoloso, trasformante, ingrassante.
Da questa relazione ossessiva e fobica deriva la sintomatologia comportamentale tipica dell'anoressica che, se vissuta in modo egodistonico, ne deriva un disturbo di tipo depressivo mentre, se non riconosciuta come estranea e vissuta in modo egosintonico, può dar luogo a situazioni psicopatologiche in cui le convinzioni errate sul proprio stato e sulla realtà (alimentare) diventano del tipo delirante.

Criteri diagnostici

L'anoressia mentale dell'età pre-puberale e puberale riconosce validi i criteri diagnostici del DSM III R. e dell'ICD 10 ma tali riferimenti sono determinati dalle psicopatologie sottostanti il disturbo somatico.


Pur nella uniformità dei riferimenti diagnostici le anoressie mentali della prepubertà e pubertà sono diversificate da quelle che si incontrano nella tarda adolescenza e nelle giovani adulte; queste ultime costituiscono frequentemente forme ormai consolidate il cui esordio può essere individuato nella prepubertà ed è costituito da forme misconosciute e tardivamente riconosciute o, se riconosciute, mal-trattate da interventi scorretti che ne hanno favorito il consolidamento. E' per ciò che viene enfatizzato il valore di una prevenzione, di una attenta individuazione delle situazioni a rischio e di una precocità della diagnosi all'esordio del disturbo per intraprendere un intervento corretto fin dall'inizio.



Fattori predisponenti e indicatori predittivi di rischio



Si possono individuare nella patogenesi della malattia tre aree principali:

1.

fattori socio-economici;

2.

fattori correlati con l'ambiente familiare;

3.

fattori individuali: sesso età, personalità premorbosa e problemi legati al vissuto corporeo.



Fattori socio economici

Cambiamenti e distorsioni dei valori sociali del collettivo hanno un loro peso anche nei nuovi valori assunti dalle famiglie, con patologie anoressiche in cui domina la tensione verso l'evoluzione economica senza una parallela evoluzione culturale. L'anoressia mentale interessa prevalentemente il sesso femminile, in famiglie di livello socio-economico medio- alto o perlomeno con impegno al miglioramento della propria posizione sociale, o con fantasie di evoluzione socio economica dalla cui realizzazione se ne fa carico la paziente, futura anoressica.

Fattori familiari


Nella vasta letteratura sull'anoressia viene enfatizzato molto il ruolo del materno che è nella madre ma poco si valorizza il ruolo del padre e del femminile veicolato dal padre dove non è infrequente individuare un nodo problematico laddove il padre, figlio amato di una madre dominante, ha impegnato la propria vita a cercare di piacerle attraverso l'intelligenza e l'efficenza professionale che lo porta ad essere professionalmente affermato proseguendo poi nello sforzo di piacere alla "Madre Società" chiedendo alla figlia ciò che la propria madre chiese a lui.
sonardj
00lunedì 28 aprile 2008 21:54
Schema n. 1 - Indicatori familiari

Storia di problemi alimentari soprattutto lungo la linea materna (Madri o nonne ex-anoressiche o obese).

Patologia psichiatrica di un genitore (Fobie, ossessione, depressione, borderline).

Impossibilità ad avere spazi individuali in famiglia.

Madre centrale che impone i propri ritmi alimentari e di vita, con padre periferico oppure

Padre ipercontrollante, possessivo dello spazio decisionale familiare.

Disunione familiare per separazione o morte di un genitore.

Fattori individuali

Oltre a quelle caratteristiche socio-economiche, familiari riconosciute ormai dalla letteratura. Da una ricerca compiuta sulla nostra casistica attraverso uno studio osservazionale e caso-controllo sono emerse delle caratteristiche individuali, oltre alle familiari precedentemente indicate, che possono essere utilizzate come indicatori predittivi di rischio. E' importante sottolineare che, tali indicatori, nel loro insieme assumono il valore di "spie luminose", di "segnali di pericolo", ma se presi singolarmente non hanno alcun senso, quindi non vanno letti singolarmente ma parallelamente. Tra i vari indicatori, che per essere orientativi di una diagnosi di rischio, debbono essere in un numero di almeno quattro, appartenenti almeno due all'area individuale e due all'area familiare.



Schema n. 2 - Indicatori individuali

In fase pre-morbosa.


Allattamento artificiale.


Precocità della acquisizione della deambulazione e linguaggio.


Attività sportiva e/o danza svolta con ossessività ed intensità


(Assenza di attività sportiva nelle forme a rischio psicotico)

*

Rendimento scolastico eccellente

*

(Scarso nelle forme a rischio psicotico)

*

Sentimenti di inadeguatezza ed insicurezza, disagio sociale

*

Dipendenza dalla figura materna

Schema n. 3 - Fattori predisponenti

Eccedenza ponderale


Consistenza di malattie croniche e congenite


Alterata percezione del proprio corpo ed immagine femminile idealizzata



Esordio



La sintomatologia ha inizio con una delle seguenti modalità:

1.

Necessità di ridurre il peso e la massa corporea per una percezione problematica del corpo dovuta al sovrappeso che induce ad iniziare una dieta dimagrante.

2.

Sensazioni cenestesiche sgradevoli come gonfiore alla pancia, senso di nausea, dolori addominali che portano ad una progressiva e subdola riduzione dell'apporto alimentare.

3.

Episodi di senso di soffocamento nell'ingerire il cibo con successiva paura di mangiare ed ingerire, dove il cibo assume una valenza persecutoria e pericolosa.



Sintomatologia

Dalla riduzione o capricciosità alimentare si giunge al rifiuto totale, talora anche dei liquidi, ne deriva un dimagrimento progressivo e intenso, pallore cinereo, acidosi, amenorrea; quest'ultimo sintomo è frequentemente di origine psicogena più che di origine organica, è spesso un segno prognostico positivo quando scompare (talvolta molto prima della modificazione della condotta alimentare). Altri sintomi fisici accessori riscontrabili, oltre l'amenorrea, sono: cute secca, lanugo, ipotensione, bradicardia, ipotermia, riduzione motilità gastrica, alterazioni cliniche ed enzimatiche del sangue.



Forme cliniche



In rapporto alla psicopatologia è possibile individuare cinque forme cliniche:


Fobico ossessiva

Quadro dominato dall'ideazione fobico-ossessiva ed è presente uno stato di sofferenza per la obbligatorietà ad assecondare la propria ideazione.

Depressiva

Prevale il senso di inadeguatezza ed insicurezza, più frequenti in tarda adolescenza.

Isterica

Meno grave, il disturbo alimentare ha un valore comunicativo verso l'ambiente, tende a sollecitare un cambiamento nonché rappresentare un richiamo affettivo.

Psicotica

La sintomatologia anoressica "copre" una situazione psicotica latente che può avere una evoluzione o sul versante schizofrenico (dismorfofobia fino a delirio di trasformazione corporea), o sul versante della depressione maggiore o ad andamento bipolare in cui 1e fasi bulimiche e quelle anoressiche corrisponderebbero rispettivamente alla fase maniacale e a quella depressiva.

Forme lievi

L'esordio avviene in occasione della crisi adolescenziale o in seguito ad una dieta dimagrante. Sono presenti tutti i sintomi ma con minore entità e tende a risolversi spontaneamente. Questo quadro di riferimento, non da tutti condiviso, fa parte dei numerosi tentativi di inquadramento di questa patologia. Tentativi che anche negli ultimissimi convegni si caratterizzano per queste due tendenze, da una parte il tentativo di unificare i sintomi ed i comportamenti all'interno di un quadro psicopatologico originale ed originario e dall'altra quello di ricondurli a strutture specifiche di patologie nevrotiche o psicotiche.



L'intervento precoce



La presa in carico di questo tipo di pazienti richiede una lettura globale che tenga conto, nello stesso momento, degli aspetti organici, metabolico-nutrizionali, endocrini e di quelli più specificatamente intrapsichici-relazionali, in particolare c'è da considerare che la giovane età delle pazienti fa si che siano concretamente dipendenti dai genitori e dalla famiglia e non si può pertanto non tenere conto, nell'intervento diagnostico e terapeutico, anche dei movimenti emotivi e comportamentali della famiglia.


Si sottolinea quindi come un approccio che non tenga conto della genesi psicologica di questa malattia sia destinato ad un fallimento terapeutico. L'integrazione di più specialisti nella presa in carico e gestione di queste pazienti rimane la forma di intervento d'elezione Un errato intervento medico, per esempio l'alimentazione forzata, può precludere le possibilità terapeutiche di tipo psicologico o esitare in un temporaneo abbandono del sintomo: spesso si verifica una ripresa dell'alimentazione con un recupero del peso seguita dalla comparsa di altri sintomi psichiatrici. La patologia anoressica impegna in un intervento d'urgenza nella fase critica che deve essere diretto in più direzioni ed innanzitutto è necessario spostare l'attenzione sia della paziente che della famiglia dal cibo al processo di pensiero che provoca una simile condotta. Quindi l'intervento non deve essere incentrato sull'alimentazione, ma deve spostare l'interesse sulla problematica psicologica e relazionale di cui è semplice espressione, rispettando il desiderio della paziente a non alimentarsi; tale desiderio va letto come la "guerra d'indipendenza" che la paziente anoressica attua per avere uno spazio decisionale proprio, differenziato da quello familiare a cui si è adeguata in passato.


L'intervento diagnostico di tipo medico si rende necessario per accertare il danno biologico ed eventualmente correggerlo, anche per il successivo intervento psicologico. Infatti può offrire i dati obiettivi per dimostrare alla paziente il grado di deterioramento fisico da utilizzare per il successivo intervento psicologico:
nelle anoressiche la constatazione del dimagramento eccita una sensazione di onnipotenza e di dominio sul proprio corpo e sulla propria fame; e se non si smantella questa sensazione di onnipotenza è poi difficile motivarle ad accettare un programma terapeutico.

* Servizio Psichiatria e Psicoterapia - I.R.C.C.S.
Ospedale Bambino Gesù - Roma

BIBLIOGRAFIA
Bruch H., Patologia del comportamento alimentare, Feltrinelli, Milano 1977.
Brusset B., L'anoressia mentale del bambino e dell'adolescente, Borla, Roma 1979.
Kestemberg E., Kestemberg J., Decobert S., La fame del corpo, Astrolabio, Roma 1972.
Montecchi F., Problemi psichiatrici in psichiatria, Borla, Roma 1991.
Montecchi F., Anoressia mentale dell'adolescenza - Rilevamento e trattamento medico-psicologico integrato, F. Angeli, Milano 1994.

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