A 150 anni dalla malaunità

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Jon Konneri
00lunedì 13 dicembre 2010 13:13

Il Foglio, 26 settembre 2009
di Francesco Agnoli
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A 150 dall’Unità si preparano le celebrazioni. Solo che stavolta, causa la crisi economica, i fondi sono pochi e quindi il fiume di retorica a pagamento forse non ci sommergerà. Epperò, senza pensare affatto a improbabili nostalgie, è giusto piantarla con i miti fondatori. Altrimenti non si capisce nulla della nostra storia recente: dell’emigrazione di massa post unitaria; dell’aggravarsi del fenomeno del brigantaggio in meridione; della politica di Giolitti verso il sud del paese; della partecipazione dell’Italia a quell’ “inutile strage” che fu la I guerra mondiale; dello strapotere torinese e agnelliano nella storia italiana; dell’adesione delle plebi meridionali al fascismo, nel quale spesso videro una maggior attenzione alle loro esigenze; della nascita della Lega in Sicilia, all’indomani della seconda guerra mondiale, prima, e della Lega veneta e lombarda al nord, poi; infine, del partito del sud di cui si parla oggi.
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Anche la Lega ha utilizzato quest’idea più che altro come slogan, per farsi strada nel dibattito sul federalismo. E con indubbi risultati. Epperò, senza pensare affatto a improbabili nostalgie, è giusto piantarla con i miti fondatori. Altrimenti non si capisce nulla della nostra storia recente: dell’emigrazione di massa post unitaria; dell’aggravarsi del fenomeno del brigantaggio in meridione; della politica di Giolitti verso il sud del paese; della partecipazione dell’Italia a quell’ “inutile strage” che fu la I guerra mondiale; dello strapotere torinese e agnelliano nella storia italiana; dell’adesione delle plebi meridionali al fascismo, nel quale spesso videro una maggior attenzione alle loro esigenze; della nascita della Lega in Sicilia, all’indomani della seconda guerra mondiale, prima, e della Lega veneta e lombarda al nord, poi; infine, del partito del sud di cui si parla oggi.
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Ammettiamolo: Garibaldi, Cavuor, Mazzini non hanno fatto risorgere nulla. Da cosa doveva risorgere la patria delle università, della scienza, della medicina, dell’arte, di Dante, Giotto, Cimabue, Petrarca….? La storia degli stati pre-unitari è storia sovente gloriosa, di repubbliche come Genova e Venezia, che hanno dominato i mari, di ducati come quelli di Mantova e Parma, delle decine di capitali che costellavano la nostra penisola…


Insomma, il “bel paese” dove i romantici venivano a godere l’arte, la poesia, la musica, la buona cucina… Da cosa dovevamo risorgere, se non, come voleva Cavour, dalle tenebre della storia cristiana? L’unità politica ed economica era forse un’esigenza, benché i popoli della penisola non ne sapessero nulla. Anche Pio IX e buona parte del clero italiano la avrebbero appoggiata. Nei primi anni del Risorgimento non mancavano i sacerdoti e i seminaristi che partivano volontari, che agitavano la coccarda tricolore nelle strade, che si arruolarono nella I guerra di indipendenza. Ma ad un certo punto non fu più possibile farlo, perché si capì che chi si stava appropriando del movimento di unificazione voleva un’Italia elitaria, “illuminata”, che tagliasse le sue radici col passato.
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L’unità avrebbe potuto nascere per consenso, con la dovuta calma e cautela, federando stati, culture, economie diverse, e mantenendo uguali diritti per tutti. Coniugando la storia e i costumi del nord con quelli del centro e del sud. Invece Garibaldi, Mazzini, Cavuor, le sette segrete, con l’appoggio di parte della borghesia capitalista, puntarono a fare dell’Italia un’appendice del Piemonte, con l’ausilio non degli italiani, ma dell’esercito di Napoleone e dei soldi dell’Inghilterra. Ha scritto Antonio Gramsci: “I liberali concepiscono l’unità come allargamento dello Stato piemontese e del patrimonio della dinastia, non come movimento nazionale dal basso, ma come conquista regia…”.
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Si volle dunque fare dell’Italia un paese “liberale”, nel senso di borghese, dove contadini e operai non erano neppure considerati, mentre i diritti dei più ricchi erano garantiti dall’apertura delle frontiere, da leggi speciali a vantaggio di determinate industrie e di certe categorie di persone, e dal diritto di voto al 2% della popolazione (i benestanti). Anche da queste miopìe derivarono non solo i problemi del sud, ma anche i fatti di Milano del 1898, l’uccisione di Umberto I e un socialismo massimalista che avrebbe poi formato spiriti violenti e totalitari come quelli di Mussolini e di tanti uomini del Pcd’I.
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Non è un caso che Torino, per una sorta di vendetta della storia, dopo essere stata la prima capitale dell’Italia borghese, liberale, industriale, sia divenuta poi una delle patrie del comunismo italiano, ed infine la meta di migliaia e migliaia di meridionali e di extracomunitari. La politica di Cavour fu quella, furbesca, ma non certo patriottica, del carciofo: annettere gli stati italiani uno alla volta, come si sfoglia un carciofo, cercando di volta in volta alleati ingenui, da scaricare al momento opportuno. Persino Napoleone III fu concepito come un uomo da addomesticare con una bella donna e promesse irrealizzabili.
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Il tutto in vista di un centralismo alla francese, giacobino, che rinnegava le storie molteplici, e persino la varia geografia, del nostro paese. Riguardo alla Chiesa si volle servirsi di Pio IX, contro l’Austria, con cui si cercò a tutti i costi un ‘casus belli’: e così facendo prima trascinarono il papa, controvoglia, nella guerra del 1848, poi lo dipinsero come un mostro reazionario, nemico della modernità. A tirare le fila di tutto, quei politici piemontesi, che si definivano liberali, ma che per raggranellare i soldi per le loro imprese espansionistiche confiscavano i beni della Chiesa e indebitavano l’erario statale, in attesa poi di riempirlo nuovamente, ai danni degli stati conquistati; che mandavano a morire i soldati sabaudi in Crimea, a migliaia di chilometri da casa, e avrebbero poi imposto una leva militare obbligatoria lunghissima, negli stati italiani ove essa non esisteva. In effetti la I guerra di Indipendenza costò 295 milioni di lire, cioè quanto lo stato spendeva in due anni e mezzo di vita pacifica; costò tanti uomini, troppi per un paese così piccolo.
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Mentre i Savoia concepivano i loro sogni espansionistici, pronti a servirsi di chiunque, e creavano uno stato a misura di borghesia rampante, a costruire scuole, tipografie, falegnamerie per i poveri piemontesi, per gli orfani e le vittime dell’industrializzazione accelerata di Cavour, ci pensava Giovanni Bosco; mentre i malati incurabili li raccoglieva, nella sua splendida opera della Provvidenza, il canonico Cottolengo. I diritti dei più forti erano garantiti, quelli dei deboli ignorati. In questo il regno dei Savoia era all’avanguardia: “Fino al 1844 i rapporti tra apprendisti, garzoni di bottega e lavoratori erano regolati, in Piemonte, da norme precise che difendevano il giovane e obbligavano il padrone a insegnargli bene il mestiere e a non sfruttarlo. Un editto reale del 1844 (strappato dai liberali in nome del progresso) ha abolito queste norme. Da quel momento i garzoni e i giovani operai sono rimasti soli e indifesi nelle mani del padrone. A otto, nove anni vengono gettati in un lavoro estenuante di 12-15 ore al giorno, in mezzo ad abusi, scandali, sfruttamenti, negli ambienti malsani delle fabbriche e delle officine”.
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Nello stesso 1844 i ragazzini al di sotto dei 10 anni impiegati nelle fabbriche piemontesi sono quasi ottomila. Lo stesso Cavour, favorevole al liberismo, mentre Giovanni Bosco raccoglie questi ragazzi per le strade, gli insegna un mestiere e cerca di strappare per loro la domenica libera e contratti migliori, afferma: “forse troppo poco ci curiamo di sapere che da noi, nei nostri opifici, le donne e i fanciulli lavorano quasi un terzo di più, se non il doppio di quello che si lavori in Inghilterra” (Teresio Bosco, “Don Bosco”, 1988, p. 201)
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Dopo la vittoria, grazie ai francesi, nella II guerra d’indipendenza, i sabaudi si sarebbero spinti al sud, tramite gli avventurieri di quel Garibaldi che nelle sue memorie scriveva: “Qui nella contaminata vecchia capitale del mondo, si disputerà sulla verginità di Maria che partorì un bel maschio sono ora 18 secoli (e ciò importa veramente molto alle affamate popolazioni); sull'eucarestia, cioè sul modo di inghiottire il reggitore dei mondi, e depositarlo poi, in un Closet qualunque. Sacrilegio che prova l'imbecillità degli uomini che non regalano d'un pugno di fango il nero, che sì sfacciatamente si beffa di loro. Finalmente sull'infallibilità di quel metro cubo di letame che si chiama Pio IX.... Un'altra volta, dal balcone del palazzo della Foresteria io dicevo a codesto popolo: Il più atroce nemico dell'Italia è il Papa!" (Giuseppe Garibaldi, “Memorie”, Rizzoli).
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Cosa fece Garibaldi in meridione? Basterebbe leggere gli autori siciliani che credettero in lui, da Giovanni Verga a Luigi Pirandello. Oppure quelli che non gli credettero mai: tutti quelli di cui è stata cancellata in buona parte la memoria, come i sessanta vescovi meridionali allontanati dalle loro sedi “per trame politiche contro il regno d’Italia”. Bisognerebbe ricordare coloro che divennero “briganti”, non di rado per lottare contro l’occupazione; coloro che nei plebisciti avrebbero votato contro l’unità, ma poi si trovarono ingannati, perché quella che doveva essere la loro prima esperienza di voto libero, fu invece una beffa vera e propria. Tomasi di Lampedusa ce la descrive ne "Il gattopardo", attraverso la figura di Ciccio Tumeo: "Io, eccellenza, avevo votato no… e quei porci in municipio si inghiottono la mia opinione, la masticano e poi la cacano via trasformata come vogliono loro. Io ho detto nero e loro mi fanno dire bianco".
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Dopo Garibaldi, Vittorio Emanuele II e le leggi marziali applicate nel meridione. Dovunque esercito, coprifuoco, pena di morte eseguita con estrema facilità; deportazione sulle montagne del nord; prefetti e sindaci piemontesi, di nomina governativa, in quelle terre che si proclamavano “liberate”, e, infine, l’acquisizione della complicità di parte della nobiltà e della borghesia meridionale con la cessione di terre del demanio, di proprietà ecclesiastiche confiscate, e di posti a sedere nel Senato di nomina regia, e cioè, ancora una volta, piemontese.
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Ne “Il gattopardo” questo tentativo di comperare le elite meridionali, allo scopo di completare la piemontesizzazione di tutto, è descritto nell’incontro tra il messo del re, Chevallay, dal cognome poco italico, e il principe di Salina, che alla proposta di far parte del nuovo Senato, risponde: “Stia a sentire, Chevalley; se si fosse trattato di un segno di onore, di un semplice titolo da scrivere sulla carta da visita e basta, sarei stato lieto di accettare…”; ma “in questi sei ultimi mesi da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere ad un membro della vecchia classe dirigente di svilupparle e di portarle a compimento; adesso non voglio discutere se ciò che si è fatto è stato male o bene; per conto mio credo che parecchio sia stato male”.
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E’ proprio per la rilettura della storia del recente passato che in meridione pullulano, ultimamente, le riviste e i libri revisionisti che ribaltano la storia degli ultimi 150 anni, e presentano Garibaldi per quello che fu veramente. Per questo le infinite vie dedicate all’ “eroe dei due mondi” vengono ormai sempre più spesso eliminate e sostituite, con una certa enfasi, da sindaci e consigli comunali iconoclasti e stufi della retorica. Certo non basterà a risollevare un sud in perenne difficoltà, ma personalmente penso che questa revisione, se condotta senza inutili vittimismi e con un certo patriottismo “leghista”, possa fare più bene al nostro sud, risvegliando in esso un sano orgoglio, delle ennesime celebrazioni che vogliono trasformare i fatti storici in mitologia patria. Dietro il fenomeno Raffaele Lombardo, in ogni modo, c’è anche questo desiderio di rivincita, questa revisione del Risorgimento, che non deve però divenire volontà di rifugiarsi nel pozzo oscuro dei soldi “romani”. Sarebbe un paradossale ricadere nel centralismo risorgimentale.
Postato il Sabato, 11 dicembre @ 16:05:36 CET di David
spirito!libero
00lunedì 13 dicembre 2010 13:38
Lo so che al Vaticano spa e accoliti brucia ancora porta pia, ma credevo che almeno avessero la pudicizia di non dichiararlo così apertamente.

Solo quando ci libereremo totalmente dal giogo vaticano saremo realmente liberi.
nevio63
00lunedì 13 dicembre 2010 13:47
L'ombra della massoneria nella conquista del Sud!

I: A. Pellicciari - Risorgimento da riscrivere‏

L'unità d'Italia è stata cucita a spese della Chiesa. Il processo storico di unificazione dal 1848 al '61 si è svolto contestualmente a una vera e propria guerra di religione condotta nel Parlamento di Torino - dove tra i liberali siedono i massoni - contro la Chiesa cattolica. I liberali aboliscono tutti gli ordini religiosi della Chiesa di Stato, spogliano di ogni avere le 57.492 persone che li compongono, sopprimono le 24.166 opere pie, lasciano più di 100 diocesi senza vescovo, impongono al clero l'obbligo di cantare il Te Deum per l'ordine morale raggiunto, vietano la pubblicazione delle encicliche pontificie, pretendono siano loro somministrati i sacramenti nonostante la scomunica, e, come se nulla fosse, si proclamano cattolici.
Perché? Perché proprio lo Stato sabaudo, che si dice costituzionale e liberale, alla guida del moto risorgimentale dedica accanite sessioni parlamentari per la soppressione degli ordini religiosi? Con quali motivazioni ideologiche, morali, politiche e giuridiche? Sulla base di una mole impressionante di fonti originali, Angela Pellicciari dimostra che colpendo il potere temporale della Chiesa s'intendeva annientarne la portata spirituale. Dell'iconografia tradizionale resta un Ottocento tormentato, certo spregiudicato, molto meno romantico, che apre a una più piena comprensione delle difficoltà riscontrate fino a oggi nell'evoluzione della nostra identità nazionale (pp. 336).

Angela Pellicciari, storica del Risorgimento, sta pubblicando con Ares anche I Papi & la Massoneria (2007). Gli altri volumi già in libreria sono: L'altro Risorgimento (Piemme, 2000); I panni sporchi dei Mille (Fondazione Liberal, 2003); Risorgimento anticattolico (Piemme, 2004).

A. Pellicciari - Risorgimento da riscrivere

Codice prodotto: 978-88-8155-393-8
Autore: Pellicciari Angela
Titolo: Risorgimento da riscrivere
Sottotitolo: Liberali & massoni contro la Chiesa
Pagine: 336
Codice ISBN: 978-88-8155-393-8
prezzo € 19.00
sconto 10%: €17.10
nevio63
00lunedì 13 dicembre 2010 13:48
Altro testo interessante

Keyes O’clery Patrick: La rivoluzione italiana

Il diario sconvolgente di un irlandese che combatté a Mentana (1867) e a Porta Pia (1870).

In tempi non sospetti di revisionismo storiografico, l'autore demitizza ideali e protagonisti del Risorgimento, svelando i retroscena sulla formazione del Regno d'Italia: l'opportunismo delle classi dirigenti, la manipolazione del consenso come prassi di legittimazione, l'odio anticristiano, la presenza malavitosa nei moti politici, la dipendenza dalle complicità straniere (pp. 752).

Autore: Keyes O’clery Patrick
Titolo: La rivoluzione italiana
Sottotitolo: Come fu fatta l'unità della nazione
Pagine: n/d
Codice ISBN: 88-8155-194-2


prezzo € 25.00
sconto 10%: €22.50
nevio63
00lunedì 13 dicembre 2010 13:50
L’unità di Italia e la Massoneria

Mercoledì 12 Maggio 2010 21:29
Il Risorgimento è stato frutto di élite laiciste che puntavano a estirpare la fede cattolica dal comune sentimento nazionale
di Maurizio Moscone
L’unità di Italia è certamente un valore e forse pochi o nessuno rimpiange l’Italia pre-unitaria, divisa in tanti stati dominati da potenze straniere. Ciò non giustifica, tuttavia, il modo retorico ed ideologico con cui ancora oggi il Risorgimento viene presentato dai mass media e dalle autorità statuali. Secondo Gramsci il Risorgimento può essere compreso, nella sua complessità, all’interno di alcune idee-guida che ne evidenziano gli aspetti essenziali:
1) l’unità d’Italia è stata realizzata tramite “l’allargamento dello Stato piemontese e del patrimonio della dinastia” (1) e tale operazione è avvenuta manu militari, con una “conquista regia” (2).
2) L’intera epopea risorgimentale non è stata “un movimento nazionale dal basso” (3), essendo stata ideata e gestita da un’élite di liberal-massoni, che faceva parte della ricca borghesia e ha agito contro gli interessi del popolo italiano.
3) La Massoneria è stata l’ispiratrice e l’animatrice del Risorgimento, “l’unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo” (4).
Queste tesi di Gramsci sono suffragate da molti studi documentatissimi (5) e si resta perplessi di fronte alla falsificazione continua della storia da parte di coloro che hanno il dovere di informare correttamente i cittadini, senza mistificare la realtà per finalità ideologiche.
Perché si tace sul fatto che i maggiori protagonisti di questo periodo storico (Cavour, D’Azeglio, Crispi, Nigra, Garibaldi) erano massoni e che la Massoneria si considera l’artefice del Risorgimento e dell’istituzione del nuovo stato italiano anticlericale, che avrebbe dovuto sconfiggere il Papato?
Hiram, la rivista del Grande Oriente d’Italia, scrive in proposito: “Molti patrioti furono iniziati in logge estere (come Federico Confalonieri, iniziato in Inghilterra, e lo stesso Garibaldi, iniziato in America latina); molti Fratelli, infine, furono esuli politici in molte parti del mondo (Europa, America latina, Malta, ecc.) dove continuarono la loro attività massonica. […] Nel programma formulato nel 1861 dal risorto Grande Oriente di Torino venne inserito, tra i primi obiettivi da perseguire, il , mancando ancora ad essa l'acquisizione di Roma, del Veneto e della Venezia Giulia. Fu soprattutto Garibaldi a cercare di utilizzare tutti i canali massonici, nazionali e internazionali, per giungere il più presto possibile all'unificazione della penisola; anzi, egli sostenne con forza la necessità dell’unificazione dei vari corpi massonici italiani, quale premessa indispensabile per l’unificazione della nazione. In Italia operarono infatti, per vari anni dopo la creazione del Regno, dei Grandi Orienti a Torino, a Napoli e a Palermo, conseguenza della frantumazione esistente a livello politico. La lunga lotta contro il Papato e contro lo Stato temporale della Chiesa cattolica fece della presa di Roma del 1870 un episodio di grande significato e la Massoneria inglese fu la prima nel mondo ad inviare le sue felicitazioni alla Giunta del Grande Oriente che aveva allora sede a Firenze, tanto che questa apprese la notizia prima dello stesso Governo italiano. Il 20 settembre è stato considerato dalla Massoneria una data emblematica della vittoria della libertà sull’oppressione. Conseguenza diretta delle ripetute condanne papali contro i reggitori del nuovo Stato, gran parte dei quali erano Massoni, fu la grande estensione di sentimenti anticlericali all’interno della Massoneria italiana” (6).
Garibaldi fu iniziato alla Massoneria nel 1844 (7). Fu poi nominato “maestro” a Palermo nel 1860, “primo libero muratore d’Italia” nel 1861, “gran maestro del Supremo Consiglio Scozzese di Palermo” nel 1862, “gran maestro del Grande Oriente” a Firenze nel 1864 (8).
Secondo l’eroe dei due mondi la Massoneria avrebbe dovuto creare le premesse morali per realizzare l’unità politica degli Italiani. Così scriveva Garibaldi: “Io sono di parere che l’unità massonica trarrà a sé l’unità politica d’Italia […]. Io reputo i massoni eletta porzione del popolo italiano. Essi […] creino l’unità morale della Nazione. Noi non abbiamo ancora l’unità morale; che la Massoneria faccia questa, e quella sarà subito fatta” (9).
Queste idee di Garibaldi erano condivise da tutta la Massoneria, la quale voleva “liberare” l’Italia dal cattolicesimo e sostituirsi ad esso, come risulta chiaramente dalla lettura di riviste massoniche, pubblicate durante il periodo risorgimentale. È scritto nel Bollettino del Grande Oriente del 1865: “Le nazioni riconoscevano nell'Italia il diritto di esistere come nazione in quanto le affidavano l'altissimo ufficio di liberarle dal giogo di Roma cattolica. Non si tratta di forme di governo; non si tratta di maggior larghezza di libertà; si tratta appunto del fine che la massoneria si propone; al quale da secoli lavora, attraverso ogni genere di ostacoli e di pericoli” (10). Quattro anni dopo lo stesso Bollettino proclama: “La massoneria avrà la gioia di debellare l'idea terribile del papato, piantandovi sulla fossa il suo vessillo secolare - verità, amore” (11).
L’Italia, scrive Ernesto Galli della Loggia, “è l’unico Paese d’Europa (e non solo dell’area cattolica) la cui unità nazionale e la cui liberazione dal dominio straniero siano avvenute in aperto, feroce contrasto con la propria Chiesa nazionale. L’incompatibilità fra patria e religione, fra Stato e cristianesimo, è in un certo senso un elemento fondativo della nostra identità collettiva come Stato nazionale” (12).

www.lottimista.com/cultura/storia/383-lunita-di-italia-e-la-massone...
nevio63
00lunedì 13 dicembre 2010 13:52
Esiste una grande guerra che attraversa la storia:

Quella tra lo gnosticismo, trasmutato in Ordine dei Cavalieri Templari e in massoneria, poi, contro la Chiesa Cattolica!

Unità d'Italia, Massoneria e Fascismo - di Luigi Marino Inviato da : ufficiostampa | Giovedì, 08 Maggio 2008 - 10:58

Unità d'Italia, Massoneria e Fascismo

di Luigi Marino

da La Rinascita della Sinistra dell'8 maggio 2008

L’Unità d’Italia la si deve in gran parte alla Massoneria. Come è innegabile il sostegno dato dalla Massoneria anche al primo movimento sindacale ed alle stesse società di mutuo soccorso. Massoni del resto furono Andrea Costa, Antonio Labriola, Leonida Bissolati, Arturo Labriola, tanto per citare qualche nome. E fu sempre la Massoneria a spingere per l’entrata in guerra dell’Italia e a portare il paese alla vittoria. A scavare sui vari tentativi della Massoneria di “ammansire” il fascismo e sull’atteggiamento di Mussolini alla vigilia della marcia su Roma volto a non avere la Massoneria contro, è il recente saggio apparso su “Il Ponte” di Gerardo Padulo, studioso attento e scrupoloso, già consulente della Commissione stragi e poi della Mitrokhin, che verte sulla nascita della prima casa editrice del PNF.,”Imperia”, e sul supporto offerto da settori della Massoneria ed in particolare di Palazzo Giustiniani alla “gestazione e costituzione legale ”di quella operazione culturale. In sostanza Padulo contesta il carattere democratico ed antifascista che la Massoneria avrebbe avuto sin dal sorgere dei fasci di combattimento: del resto nessuna voce massonica ufficiale si ebbe di condanna delle violenze sanguinose e sistematiche compiute dai fascisti in quegli anni. Diverse logge sin dall’inizio non negarono il loro appoggio al movimento fascista sia per il timore dell’affermazione del bolscevismo in Italia, sia con l’obiettivo di ripristinare l’ordine nel paese, fortemente lacerato e sconvolto socialmente nel dopoguerra. D’altra parte da Farinacci a Marinelli,dallo stesso Italo Balbo a Michele Bianchi, cui fu affidata la segreteria del PNF al momento della sua fondazione, ed altri ancora erano tutti massoni. I quattro quinti del Gran Consiglio, che successivamente dichiarò fuori legge la Massoneria, erano formati da massoni. E’ nota tuttavia l’avversione dello stesso Mussolini per la Massoneria, manifestatasi chiaramente dopo la presa del potere. E ciò per ovvie ragioni, non potendo un regime dittatoriale condividere o anche convivere con un potere occulto così pervasivo. Ma nonostante la condanna e l’incompatibilità tra fascismo e massoneria dichiarata già nel 1923, restarono dodici massoni nel Gran Consiglio. Oltre ai “fratelli” già ricordati, anche De Bono e De Vecchi. E massoni, rivela Padulo, sono anche membri del CdA e del Collegio dei sindaci nonché sottoscrittori della Soc.Imperia, che non è azzardato definire massonica. Questa iniziativa editoriale non deve solo propagandare le idee del fascismo, pubblicare libri ed opuscoli del pensiero fascista, formare i giovani, curare un collegamento spirituale e materiale con tutte le colonie di italiani sparsi nel mondo (“il vero impero italiano”!), ma soprattutto “preparare la nuova classe dirigente” che ricostruisca il paese uscito dalla guerra in condizioni disastrose, sia pure vittorioso. Sia i cattolici, nemici storici di Palazzo Giustiniani, sia i socialisti vedono ingigantirsi le proprie forze nel dopoguerra .Entrambi “premevano alle porte dello Stato”, ma soprattutto questi ultimi diventavano padroni della piazza, ”diffamando la vittoria ottenuta”. Di qui il fascismo come antidoto contro i pericoli insiti nel movimento socialista, sovversivo dell’ordine esistente, e contro la stessa avanzata dei cattolici. Merito di G.Padulo è avere riscoperto non solo l’iniziativa editoriale di “Imperia”, di cui molto poco si è scritto, bensì di avere ancor meglio puntualizzato come settori della Massoneria agissero per orientare sempre più il fascismo in senso antisocialista ed anticattolico in funzione di una “ricostruzione nazionale”,sotto il controllo della stessa Massoneria dopo il primo conflitto mondiale. Sta di fatto che molti massoni di Palazzo Giustiniani partecipano o in vario modo aderiscono alla adunata dei sansepolcristi milanesi nel 1919,che segnò la data di nascita del fascismo, come ricorda Padulo nel suo precedente saggio contenuto nella Storia d’Italia Einaudi, Annali 21, ”La Massoneria”. Un volume, curato da Gianmario Cazzaniga, che ripercorre le diverse fasi storiche ed esperienze delle associazioni massoniche dall’illuminismo riformatore al Risorgimento, all’irredentismo sino alla “presenza muratoria nelle colonie e nelle comunità italiane extraeuropee”. Insomma logge e settori della Massoneria simpatizzano.sostengono ed in qualche caso tengono a battesimo-e non potevano farlo senza l’autorizzazione dall’alto o senza il beneplacito dei vertici, le prime aggregazioni del futuro PNF:dopo la dichiarazione di incompatibilità tra massoneria e fascismo nel 1923, esponenti della stessa Massoneria non esiteranno ad accusare il movimento fascista di “ingratitudine” . L’ingratitudine,annota giustamente Padulo nel suo saggio è reale perché ”documenti incontrovertibili provano che la nascita e la fortuna dei fasci nel 1929 furono l’esito profano di uno scisma massonico” e “senza la Massoneria non si spiegano né la nascita del fascismo e il suo avvento al potere, né molte altre questioni della storia dell’Italia unita”

www.comunisti-italiani.it/modules.php?op=modload&name=News&file=articl...
nevio63
00lunedì 13 dicembre 2010 13:53
Cavour, l’anticlericale in odor di massoneria

Avvenire – 29 luglio 2010

La «libera Chiesa» secondo Cavour�
Mangiapreti o buon cristiano? A duecento anni dalla nascita, storici a confronto sui rapporti tra lo statista e il cattolicesimo.
di EDOARDO CASTAGNA

La formula era quella, celeberrima, della «Libera Chiesa in libero Stato». Ma cosa Cavour esattamente intendesse con quel suo enunciato resta oggetto di dibattito fra gli storici. L’artefice dell’Unità, nato a Torino il 10 agosto di due secoli fa, «fu uno statista dal respiro europeo – nota Andrea Riccardi , storico della Chiesa e fondatore della Comunità di Sant’Egidio –, che fece entrare il piccolo Piemonte nel grande gioco continentale. Mise al servizio dell’unificazione e delle ambizioni di casa Savoia la sua cultura europea; non era un teorico, ma un pragmatico che marciava verso il suo obiettivo, l’Unità. Per lui la Chiesa era un problema sia verso la creazione di uno Stato liberale, con il foro ecclesiastico che sottraeva i sacerdoti ai tribunali statali e i vasti possedimenti in mano ai religiosi, sia verso l’Unità, con l’esistenza stessa dello Stato pontificio. Tutto questo lo portò inevitabilmente allo scontro con un papa che invece concepiva la Chiesa entro l’orizzonte culturale della Restaurazione. Per Pio IX – ma sarebbe stato così anche con Leone XIII, fino alla cosiddetta ‘conciliazione silenziosa’ di Benedetto XV – il potere temporale era la garanzia della libertà spirituale della Chiesa. Una visione certo datata, da Antico regime, ma è corretto che il papa non sia suddito di alcuno Stato, secondo il principio che infatti sarebbe stato alla base dei Patti lateranensi del 1929: immaginiamoci che cosa sarebbe accaduto, se il papa non fosse stato protetto dalla sua sovranità, nel-l’Italia del fascismo, dell’occupazione nazifascista, e giù giù fino alla politica e alla magistratura di oggi… Pio IX non aveva la cultura politica necessaria per comprendere l’Unità, eppure la sua intuizione era giusta».
All’interno del movimento risorgimentale, tuttavia, di pulsioni anticlericali ce n’erano. «Mazzini – prosegue Riccardi – voleva senza mezzi termini sradicare la Chiesa dall’Italia, considerandola un fenomeno retrivo, una piaga nazionale. Ma tutta la laicità italiana era connessa a certi filoni massonici, fin dalla Carboneria». E con questi filoni, sia pure nelle varianti più moderate, lo stesso Cavour era in contatto. Spiega Massimo Introvigne, direttore del Cesnur: «Cavour non era affiliato, non c’è alcun documento che lo dimostri – sebbene a rigore non ve ne siano nemmeno che lo escludano. Tuttavia, se non possiamo dire che Cavour fosse massone, certo lo era la suo cerchia politica». Uno statista circondato da famelici mangiapreti, quindi? «Un momento. La massoneria dell’epoca era divisa in due riti, cui corrispondevano differenze di atteggiamento. I mangiapreti erano quelli di rito scozzese; nelle cerchia di Cavour c’erano invece i massoni del rito simbolico, secondo i quali la Chiesa non solo non andava attaccata, ma anzi applaudita con tutti gli onori: ma solo finché si occupava di coscienze, dell’uomo come individuo singolo. Guai, però, se pretendeva di dire la sua sui problemi economici, sociali e politici; una posizione, questa dei massoni di rito simbolico, che arrivava addirittura a incontrarsi con quella di certo cattolicesimo liberale, alla Lamennais seconda maniera. Il massone vicino a Cavour è quello in redingote e cravatta del suo amico Pier Carlo Boggio, suo punto di riferimento nell’elaborazione teorica dei rapporti tra Stato e Chiesa; quello che incensa la Chiesa quale bellissima istituzione, utile per la pubblica morale, purché se ne rimanga nelle sue sagrestie. Per questo le gerarchie ecclesiastiche dell’epoca consideravano, non senza ragione, il massonismo moderato del rito simbolico non meno pericoloso di quello che faceva capo al rito scozzese, alla Garibaldi, che con la bava alla bocca si piazzava davanti a una chiesa il Venerdì Santo e agitava il cosciotto di maiale urlando volgarità».
Nulla di più distante, anche caratterialmente, dall’accorto primo ministro sabaudo. Anzi, puntualizza ancora Introvigne, «può darsi che, esaurito il periodo giovanile di ateismo, Cavour conservasse nel suo cuore un genuino rispetto per la Chiesa e una certa nostalgia del cattolicesimo piemontese profondo». Conferma lo storico
Ernesto Galli della Loggia : «Cavour non era assolutamente un massone; un anticlericale, sì, nella misura in cui lo erano tutti i liberali compresi quelli cattolici come Manzoni o Fogazzaro. Perché nell’Italia dell’Ottocento non poteva essere diversamente: la Chiesa con l’enciclica Mirari vos del 1832 si era schierata recisamente non tanto contro l’indipendenza italiana, ma contro la stessa libertà di coscienza. Era la tragica contrapposizione tra la Chiesa dell’epoca e la modernità, i diritti civili e politici, i governi rappresentativi fondati sulle elezioni. Per questo i liberali non potevano non essere anticlericali; il che, nella politica concreta di Cavour, significava rimuovere dall’ordinamento piemontese tutti i residui di Antico regime, dal foro ecclesiastico che minava il principio dell’uguaglianza davanti alla legge alla riduzione del potere economico della Chiesa. Certo, per farlo furono adottati provvedimenti prevaricatori: ma anche la riforma agraria voluta da De Gasperi fu prevaricatrice… Che alternativa c’era? Forse sostenere che fosse giusto per la Chiesa possedere enormi proprietà terriere, spesso improduttive? Dubito che oggi la dottrina sociale della Chiesa approverebbe una cosa del genere; per questo è bene evitare di combattere sterili battaglie di retroguardia, come pure qualche studioso si ostina a fare». La contrapposizione tra movimento nazionale e temporalismo della Chiesa era inevitabile; «eppure personalmente – rimarca Galli della Loggia – Cavour non rinnegò mai la sua appartenenza cattolica. Sul letto di morte volle i conforti religiosi, e in seguito perfino ‘L’Armonia’, giornale cattolico di Torino che tante volte l’aveva contestato, gli tributò l’onore delle armi con un bellissimo necrologio, nel quale si ricordava come spesso lo statista avesse fatto, segretamente, molta beneficenza, e proprio attraverso istituzioni cattoliche. Cavour non condivise mai l’idea, propria invece di altri settori del fronte risorgimentale, di ’scattolicizzare’ l’Italia. Anzi, cercò di gettare le basi per una soluzione politica del temporalismo, più o meno nella direzione poi adottata dal Concordato del 1929». Paolo VI, un secolo dopo, avrebbe definito «provvidenziale» la fine del potere temporale della Chiesa. «Io aggiungo – conclude Riccardi – che anche la perdita dei possedimenti fondiari in qualche misura lo fu. Ma una cosa va detta: venne perseguita con metodi giacobini, colpendo anche i poveri che dai conventi soppressi ricevevano assistenza. Nel nuovo sistema liberal-borghese la mendicità divenne reato, cosa ben lontana dall’attenzione ai deboli propria della Chiesa, oggi come allora ».
Lo Stato pontificio era un ostacolo oggettivo all’unificazione nazionale, mentre l’evoluzione in senso liberale dello Stato era frenata da fori ecclesiastici e possedimenti degli ordini religiosi, spesso improduttivi

www.agerecontra.it/public/press/?p=5329
nevio63
00lunedì 13 dicembre 2010 14:04
Il Tricolore

Parola di massone:

IL TRICOLORE, BANDIERA GIACOBINA DELL'UNITÀ D'ITALIA, STENDARDO SIMBOLO DELLA CARBONERIA, DELLA GIOVANE ITALIA E DELLA MASSONERIA.
FU LA BANDIERA DELLA REPUBBLICA ROMANA DI MAZZINI E GARIBALDI
di Aldo Chiarle [massone]


Leggete il seguito qui.


www.salpan.org/ARTICOLI/Il%20tricolore.htm
spirito!libero
00lunedì 13 dicembre 2010 14:13
Re: Il Tricolore
nevio63, 13/12/2010 14.04:


Parola di massone:

IL TRICOLORE, BANDIERA GIACOBINA DELL'UNITÀ D'ITALIA, STENDARDO SIMBOLO DELLA CARBONERIA, DELLA GIOVANE ITALIA E DELLA MASSONERIA.
FU LA BANDIERA DELLA REPUBBLICA ROMANA DI MAZZINI E GARIBALDI
di Aldo Chiarle [massone]


Leggete il seguito qui.


www.salpan.org/ARTICOLI/Il%20tricolore.htm




Come nel mondo cattolico ci sono cose "buone" così anche nella massoneria. Non so se sono vere le dicerie, ma se anche lo fossero, l'unione d'Italia e la fine del giogo vaticano a Roma sono ottimi risultati.
nevio63
00lunedì 13 dicembre 2010 14:27
Un articolo che ne parla in chiave positiva

X Spiritolibero

La massoneria nasce e si sviluppa sulla radice dell’illuminismo, del bisogno dell’uomo di affrancarsi dalle religioni in senso temporale e dallo strapotere degli ecclesiastici, nel tentativo di fondare un nuovo ordine di valori fondato sulla libertà di pensiero, sulla uguaglianza tra i censi, sulla fratellanza fra gli uomini. Parlare di massoneria senza tener conto dell’impulso che questa ha dato allo sviluppo dell’uomo moderno, significa mettere la testa dentro la sabbia e far finta che la storia sia stata scritta guardando altrove. Significa dimenticare infatti, che a partire dal 700 questa ha segnato indelebilmente ogni evento di rilevo mondiale. Come dimenticare che la dichiarazione di indipendenza americana (così come la dichiarazione dei diritti dell'uomo un paio di secoli dopo) fu scritta in una loggia massonica, e che la più importante democrazia del mondo è stata pensata, tenuta a battesimo, cullata, e svezzata dalle logge massoniche americane. Come far finta di non sapere che Washinton, Franklin, Jefferson, Adams e moltissimi altri delegati, erano massoni ?

Tutta la vicenda della guerra di indipendenza - il ruolo di Franklin a Parigi, inviato speciale del Congresso americano; il ruolo giocato da Lafayette e dai suoi volontari; la spedizione militare del generale Rochambeau a Rhode Island, presenta aspetti misteriosi e, a volte, paradossali, che solo un sotterraneo lavorio delle Logge inglesi, francesi e americane, convergenti intorno a un comune progetto «sovversivo» che già guardava, forse, ai possibili sviluppi rivoluzionari in terra francese, potrebbe in buona parte spiegare. Impegnandosi nella guerra al fianco degli insorti americani, è come se Ancien Régime avesse firmato la sua condanna e la sua rovina, in Francia prima e in prospettiva, nel resto d'Europa; con la sola eccezione della Gran Bretagna che, avendo già realizzato il trapasso verso la modernità (liberalismo, parlamentarismo, rivoluzione industriale e ascesa della borghesia commerciale e finanziaria, tutti temi cari alle logge inglesi ), poteva permettersi di guardare con sovrano disprezzo alle sanguinose convulsioni del Vecchio Continente. Fu così che pochi anni dopo, Danton Marat e Desmoulins, alzarono sui tetti di Francia la massima massonica: Libertà – Uguaglianza – Fratellanza.

E in Italia ?

La prima loggia fu fondata a Firenze nel 1731. Intorno al nucleo iniziale, costituito da soli inglesi, si aggiunsero gradualmente numerosi nobili ed intellettuali fiorentini. Su questa loggia si esercitarono gli effetti persecutori della bolla pontificia “In eminenti”, pubblicata il 28 aprile 1738, che inaugurava una lunga serie di scomuniche e di condanne. Della prima Loggia in Italia, detta degli "Inglesi", fecero parte gli italiani Antonio Cocchi e Tommaso Crudeli; quest'ultimo fu per questo incarcerato, torturato dal Sant'Uffizio di Firenze, morì per i postumi del carcere a Poppi (proprio Poppi di Arezzo) nel 1745 e per questo è considerato il primo martire della massoneria universale.

L'8 ottobre 1859, a Torino, sette confratelli su ispirazione di Camillo Benso conte di Cavour, costituirono una nuova loggia, chiamata "Ausonia dall'antico nome poetico dell'Italia". L’appoggio della massoneria inglese ai patrioti italiani divenne esplicito quando tutta la flotta britannica fu schierata nel Tirreno, pronta a sbarrare la strada alle navi da guerra borboniche che avrebbero fatto volentieri a pezzi i garibaldini che stavano puntando su Marsala. Il 1º gennaio 1862 sotto la presidenza di Felice Govean, facente funzioni di gran maestro, e con la presenza dei rappresentanti di ventotto logge, Giuseppe Garibaldi fu salutato come "primo libero muratore italiano", ricevendo il 33º grado del Rito scozzese. Furono membri della massoneria con ruoli di primo piano, anche Mazzini, Crispi e Zanardelli. Tutto il risorgimento italiano, fu impregnato degli ideali massonici.

Nel 1884 fu pubblicata l'enciclica Humanum Genus di papa Leone XIII, che segnò probabilmente il momento più alto di scontro tra la Chiesa cattolica e la massoneria. Il documento pontificio, oltre ad addebitare alla massoneria "atroci vendette su chi sia creduto reo di aver tradito il segreto e disubbidito al comando, e ciò con tanta audacia e destrezza, che spesso il sicario sfugge alle ricerche ed ai colpi della giustizia", sosteneva che l'obiettivo dei massoni era quello di "distruggere da cima a fondo tutta la disciplina religiosa e sociale che è nata dalle istituzioni cristiane, e sostituirla con una nuova, modellata sulle loro idee, e i cui princìpi fondamentali e le leggi sono attinte dal naturalismo". In questo clima entrarono a far parte della massoneria le figure più rappresentative del mondo politico e culturale, tra cui Giovanni Bovio, Giosuè Carducci, Agostino Bertani.

Il 6 giugno 1889 in Campo de' Fiori a Roma avveniva l'inaugurazione del monumento a Giordano Bruno, opera dello scultore e futuro gran maestro Ettore Ferrari. L'oratore ufficiale fu il filosofo Giovanni Bovio; nel 1895 divenne gran Maestro Ernesto Nathan, poi sindaco di Roma.

All'inizio del XX secolo avvengono ulteriori attacchi alla massoneria provenienti dai versanti più disparati e tra loro contrapposti.

- Pubblicato nel 1917, il canone 2335 del codice di diritto canonico prevedeva la scomunica per i massoni.

- Nel novembre 1922, il IV congresso moscovita dell'Internazionale Comunista proclamava l'incompatibilità tra militanza nei partiti comunisti e appartenenza alla massoneria.

- Nella seduta del 13 febbraio 1923 presieduta da Benito Mussolini, il Gran Consiglio del fascismo dichiarava l'incompatibilità tra militanza fascista ed appartenenza alla massoneria.

- Il 19 maggio 1925 la Camera dei deputati approvò con 289 voti favorevoli e solo 4 contrari il progetto di legge sulla disciplina delle associazioni, presentato da Mussolini e mirante soprattutto allo scioglimento della massoneria. Difatti Mussolini riteneva che la moderna democrazia di origine illuminista, non fosse altro che una subdola dittatura massonica.

- Il 28 maggio 1930 gli esuli massoni all’estero fondarono una nuova loggia,l' "Italia Nuova" numero 609, dalla quale provenne un notevole contributo alla causa repubblicana nella guerra civile spagnola, cui parteciparono nove membri della loggia, tra i quali Randolfo Pacciardi e Francesco Fausto Nitti.



Fu Antonio Gramsci a battersi contro il disegno di legge, presentato da Mussolini in Parlamento contro le società segrete, cioè contro la massoneria. E guarda caso, fu il primo provvedimento legislativo presentato dal governo mussoliniano.

Che cos'è la massoneria? A questa sua domanda, Gramsci rispose, rivolgendosi ai fascisti: Voi avete fatto molte parole sul significato spirituale, sulle correnti ideologiche che essa rappresenta; ma tutte queste sono forme di espressione di cui voi vi servite solo per ingannarvi reciprocamente, sapendo di farlo.

La massoneria, dato il modo con cui si è costituita l'Italia in unità, data la debolezza iniziale della borghesia capitalistica italiana, la massoneria è stata l'unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo.

Su questo ragionamento gramsciano, Francesco Cossiga, che di massoneria se intende come pochi, confessa che la massoneria era la religione civile del Risorgimento contro la Chiesa e accomunava monarchici e repubblicani.

Negli stati totalitari la massoneria è quasi sempre bandita. Nella Germania nazista i massoni venivano inviati nei campi di concentramento e tutte le logge massoniche furono chiuse e spesso distrutte. I massoni tedeschi adottarono il fiore "nontiscordardime" come modo segreto di riconoscimento e come sostituto per il troppo noto e riconoscibile simbolo della squadra e del compasso. Così anche per quanto riguarda i regimi totalitari comunisti, con l'eccezione di Cuba dove la massoneria è sempre stata ammessa.

Anche in epoca moderna i governanti più illuminati si sono sempre ispirati alla muratoria. E’ il caso di Hussein di Giordania, del presidente Sadat o di Francois Mitterrand. Oggi la massima espressione della cultura massonica è rappresentata dalla Organizzazione delle Nazioni Unite, che della massoneria ha adottato pure il colore sociale: l’azzurro.

Qualcuno potrebbe spaventarsi, dal momento che nell'immaginario collettivo del nostro Paese l'idea di massoneria ha assunto una connotazione decisamente negativa. Alla formazione di questo luogo comune ha contribuito lo scandalo tutto italico, della Loggia P2 e la scoperta del suo «Piano di rinascita democratica» che mirava ad un un assorbimento degli apparati democratici della società italiana all'interno di un autoritarismo legale che avrebbe avuto al suo centro l'informazione. In altre nazioni non è così. Negli USA sono istallati anche cartelli stradali di tipo turistico, per segnalare la presenza dei centri massonici, mentre è notorio che tutta la storia della democrazia americana, ruota attorno alle logge che ne hanno costituto l’humus culturale.

Negli ultimi anni l'Italia, caso unico tra i paesi democratici, è stata ripetutamente condannata dalla Corte di giustizia europea per violazione dei diritti umani poiché alcune leggi dello stato e di alcune regioni risultavano discriminatorie nei confronti dei massoni. Sul punto è da rilevare che pronunzie del Consiglio Superiore della Magistratura degli anni novanta del secolo scorso, ritennero censurabile finanche la remota affiliazione di un Magistrato all'istituzione massonica. Sulla decisione aveva pesato anche la valutazione del clima creatosi in Italia nei confronti della massoneria, dopo lo scandalo della P2.

Secondo la Corte europea, la norma regionale, contenuta nell’art. 7 bis ante, comma 5, della legge regionale 75/1978, introdotto con la legge regionale 1/2000, nell’obbligare gli appartenenti a società massoniche a dichiarare tale appartenenza all’atto della presentazione della candidatura, avrebbe irragionevolmente discriminato tali soggetti, in violazione dell’art. 14 della Convenzione che impone agli Stati contraenti di assicurare, senza discriminazioni ingiustificate, il godimento dei diritti e delle libertà riconosciute dalla stessa Convenzione, tra cui la libertà di associazione sancita dall’art. 11.

La sentenza della Corte europea ribadisce quanto già affermato con una sentenza del 2001 (Corte Europea dei diritti dell’uomo, sez. IV, 2 agosto 2001, Goi-Italia) che traeva origine da un ricorso (n. 35972/97) con il quale il Grande Oriente d'Italia denunciava la violazione della CEDU da parte della legge della regione Marche n. 34 del 5 agosto 1996 che dettava le regole da seguire per le nomine e le designazioni alle cariche pubbliche di spettanza della Regione medesima. In particolare l'art. 5 della legge fissava le modalità e le condizioni di presentazione delle candidature alle nomine ed alle designazioni nell'ambito di "organi di enti e soggetti pubblici e privati diversi dalla Regione", prevedendo, fra l'altro, che i candidati non dovessero appartenere alla Massoneria.

La Corte - richiamata la propria precedente giurisprudenza – ha ritenuto che la libertà di associazione rivesta una tale importanza da non potere subire alcuna limitazione, sia pure per una persona candidata ad una carica pubblica, nella misura in cui l'interessato non commetta egli stesso, in ragione della sua appartenenza all'associazione, alcun atto irreprensibile. D'altra parte è evidente che l'associazione subisce il contraccolpo delle decisioni dei suoi membri. In conclusione, l'interdizione contestata, per quanto minima possa essere con riguardo alla ricorrente, non appare "necessaria in una società democratica".

La sentenza del maggio 2007 nasce dal ricorso promosso per violazione dell’art. 14 (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l’art. 11 (libertà di riunione e di associazione), dell’art. 11, e dell’art 13 (diritto ad un ricorso effettivo) CEDU in relazione al comma 5 dell’art. 7 bis ante della legge della Regione Friuli Venezia Giulia n. 75/1978 che prevedeva l’obbligo dei candidati a nomine o designazioni di competenza regionale, nei “Consigli di Amministrazione delle società a partecipazione regionale, in quelli degli Enti regionali e nei Comitati di nomina regionale”, di dichiarare la loro eventuale appartenenza a “società massoniche”. Stabilendosi che la mancata dichiarazione costituisse condizione ostativa alla nomina.

La Corte, dopo aver chiarito che la disposizione contenuta nell’art. 14 completa le altre disposizioni normative contenute nella Convenzione e nei Protocolli, avendo la funzione di assicurare il godimento di tutti gli altri diritti e libertà che la carta garantisce, ha affermato che una disposizione è discriminatoria allorquando difetta di una giustificazione oggettiva e ragionevole. Infatti, la norma di cui all’art. 14 è violata ove venga meno il rapporto di ragionevolezza e proporzionalità che deve esistere tra scopo perseguito e mezzi impiegati.

Nel caso di specie, si è rilevato che, sebbene la disposizione della legge regionale sopra citata sia volta a perseguire il fine legittimo di tutelare la sicurezza nazionale e la difesa dell’ordine, essa discrimina ingiustificatamente le associazioni massoniche rispetto alle altre associazioni a carattere non segreto, per le quali potrebbe comunque porsi un problema di sicurezza nazionale e di difesa dell’ordine.

La Corte ha pertanto constatato la violazione dell’art. 14, in combinato disposto con l’art. 11, anche in ragione della mancanza di valide argomentazioni difensive da parte del Governo sul carattere ragionevole e proporzionato della disparità di trattamento tra associazioni.

Sempre, con sentenza 17 febbraio 2004, la Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo aveva infine condannato l'Italia a risarcire un magistrato che era stato censurato dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in ragione della sua affiliazione ad una loggia massonica. La Corte ha riscontrato nella fattispecie una violazione dell'articolo 11 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) in materia di libertà di riunione e di associazione, ravvisando nel citato provvedimento disciplinare un'ingerenza illegittima in questo campo di libertà. (Corte Europea diritti dell’uomo, 17 febbraio 2004, Maestri-Italia; 2 agosto 2001, N.F-Italia) L’Italia è stata condannata anche al pagamento delle spese.

In Italia la massoneria trova la sua legittimazione in primo luogo nell'articolo 18 della Costituzione della Repubblica Italiana, che riconosce e tutela la libertà d'associazione, e prevede che i cittadini abbiano il diritto di associarsi, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalle leggi; se il fine è lecito, ne consegue la liceità dell'associazione. Il medesimo articolo, al comma secondo, vieta le associazioni segrete; quali associazioni siano da intendersi segrete è stabilito dalla legge numero 17 del 25 gennaio 1982 sulle associazioni segrete, la cosiddetta legge Spadolini-Anselmi. In base a tale legge, segreta non è l'associazione che mantenga la riservatezza sugli iscritti, ovvero custodisca segreti iniziatici, bensì quella che, anche all'interno di associazioni palesi, occultando la propria esistenza, ovvero tenendo segrete finalità ed attività sociali, tenendo sconosciuti i soci, anche in parte e reciprocamente, svolga attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di pubbliche amministrazioni, di enti pubblici ovvero di servizi pubblici essenziali d'interesse nazionale. Quindi, la fattispecie criminale è precisa e rappresenta condotte differenti dall'autentico lavoro massonico.

Alcuni valori della massoneria sono condivisi da altre associazioni internazionali; in alcuni casi risultano anche legami personali. Tuttavia nessuna di queste associazioni appartiene alla massoneria.

Lo scautismo internazionale, che non è un gruppo massonico, fu fondato da Robert Baden-Powell di cui non è mai stata provata l’adesione alla massoneria, pur esistendo varie logge a lui intitolate. Tuttavia, alcuni fra i fondatori di associazioni scout nazionali probabilmente ritennero di poter mettere in pratica molti degli ideali massonici attraverso lo scautismo, come nel caso del massone Daniel Carter Beard. Anche Sir Francis Vane e James Spensley, fra i pionieri dello scautismo in Italia, furono massoni.

Tra i fondatori del Rotary International vi erano massoni, così come nel Lions Club e nel Kiwanis International. L'Avis è stata fondata in Italia da un massone, come anche la Croce Rossa Internazionale, fondata dal massone Jean Henri Dunant.

anonym.to?http://www.informarezzo.com/index.php/lettere-alla-redazione/3145-massoneria-un-problema-o-una-risorsa.html-------------------------------------...
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