[PS3] [X360] SHADOW OF THE DAMNED

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Alexander13
00martedì 19 luglio 2011 22:45

Shadows of the Damned è un gioco divertente, sboccato e pieno zeppo di boss e di demoni per tutti i gusti, non a tutti piacerà un gameplay così "old-school" comunque sia :
WELCOME TO HELL
Shadows of the Damned è uno shooter in terza persona con venatura da survival-horror che ci catapulta nel bel mezzo degli inferi tra demoni assortiti, compagni dediti al doppio senso anatomico-sessuale, una donzella da liberare e sangue a litri. Immaginatevi un mix di Painkiller, Clive Barker’s Jericho, The Darkness e Splatterhouse e Resident Evil 4 e avrete un’idea piuttosto precisa di quanto vi aspetti in questo incubo scurrile e ad alto tasso di emoglobina firmato da Shinji Mikami (il babbo di RE) Akira Yamaoka (il padre sonoro di Silent Hill) e infine Goichi Suda (il padre di No more Heroes, God Hand, Killer 7..)
Tre geni dei videogiochi.
Il nostro alter ego è Garcia, un cacciatore di demoni che intraprende un allucinante viaggio all’inferno per riprendersi la sua dolce Paula in compagnia di Johnson, un demone convertitosi al “bene” (più o meno) capace di diventare all’occorrenza una torcia, un’arma e persino una motocicletta e sempre pronto a dispensare battute dissacranti.
Alexander13
00martedì 26 luglio 2011 01:52


Butto giù il mio parere definitivo, finito ieri in modalità difficile, in parte ho rivalutato l'opera nonostante in principio, specie a causa delle mie aspettative che reputavo non rispettate, l'avessi trattato maluccio. Per queste motivazioni, ho colpito duramente il titolo di Suda e company di primo impatto, salvo poi soffermarmi maggiormente sulla proposta di gioco offerta dal combo giapponico e dall'italiano (come non citarlo) e infine, una volta finito e ragionato, convincermi ancora una volta che come sempre la scuola giapponese, l'alta scuola giapponese dei videogiochi resta imbattibile nonostante tutti i progressi fatti dai videogame occidentali. Preparatevi perchè è una deambulazione lunga, ho messo in grassetto passaggi cruciali, sui quali credo sia giusto puntare la luce.


Che l’opera sia geneticamente e stilisticamente superiore si comprende già dalla mappetta in 2d alla Ghost & Goblins durante il caricamento dei livelli. Solo questo tassello basterebbe per consigliarlo ai retrogamer più incalliti, ma questo non basta.
L’incontro tra 3 menti eccelse del mondo videoludico ovvero :
Shinji Mikami - Resident Evil/ Vanquish/ God Hand)
Goichi Suda - No More Heroes / Killer 7
Akira Yamaoka - Silent Hill (OST e FX)
Ha partorito un gioco sfaccettato, folle e bizzarro oltre ogni catalogazione di sorta. In cui ogni artista ha messo a frutto (al meglio forse) quel talento specifico e unico nell’arte dell’intrattenimento, dote accumulata per anni di permanenza nel settore e qui sviscerata al meglio, non di certo un’opera esemplificativa in senso stretto, ormai da tempo, soprattutto per Mikami, da sempre più concentrato su un principio semplificativo del videogioco, attraverso una filosofia di radicalità, o di ritorno al gameplay puro e crudo in senso stretto. Un concetto va subito chiarito: la pregevolezza di SHADOW OF THE DAMNED sta proprio in quella filosofia di stampo tutto arcade e nipponico che vuole il videogioco un “semplice” veicolo di divertimento strutturato,

- non un film,
- non un gioco-film
- non un film-gioco.


Ma bensì un videogioco, dove l'abilità del giocatore e la sua capacità d'interfacciarsi con il gameplay offerto, è il risultato finale dell'esperienza, ed è il punto focale nonchè l'eredità più importante. La semplicità è un concetto molto frainteso e in parte detestato da chi non comprende (o non accetta) un distinguo : i pochi elementi di partenza non per forza diventano automaticamente una povertà di utilizzo. God Hand, PN03, Vanquish, Shadow of the Damned, Alan Wake : in tutti questi titoli si privilegia un sistema di gioco riassumibile in poche voci la cui la ricchezza sta nel uso che il giocatore vorrà farne, non in decine di armi, poteri speciali, item e via dicendo. In pratica, comprendere la meccanica di un Vanquish è questione di decimi di secondo, però allineare la propria bravura a tutte le possibilità che si dispiegano man mano durante una partita è pura scienza del videogioco.

Detto questo come si mostra Shadow of the Damned ?
Presto detto, il gioco si presenta come uno sparattutto in terza persona (TPS) alla stregua di un Resident Evil 4 solo più vivace, nei colori, nelle ambientazioni e nel carattere delirante-psichedelico. Il titolo presenta una concezione sofisticata attraverso l’introduzione di numerose interazioni arma/contesto/nemico. L’idea poi dell’oscurità onnipresente e asfissiante uccida il giocatore in pochi secondi è una trovata che esclude ogni tranquilla scampagnata nel mondo della malvagità o free-roaming.
Inoltre, il medesimo meccanismo innesca soluzioni offensive alla Ikaruga (cioè bivalenti) e il gioco è molto felice nel cambiare sempre le carte in tavola e non far adagiare il giocatore nell’abitudinaria pratica sparacchina.


Johnson, ovvero il demone-schiavo di Garcia, ricopre non solo il ruolo di uno scazzato "Virgilio" punk che ci accompagnerà nel reame di Flemming, è la la base portante del gioco. Il demone teschio oltre ad essere una pratica torcia è anche il principale arsenale demonico di fuoco di Garcia. Il sistema a 3 armi la cui potenza è sempre inversamente proporzionale alla velocità e alla facilità di utilizzo, è una formula classica ma non per questo perdente. Dato l’estremo equilibrio delle forze in causa non esiste un elemento di spiccata utilità tale da affossare tutto il resto, in realtà ogni arma trova una sua giusta collocazione all’interno della tattica che si vuole adottare, dunque la scelta sbagliata di una arma non inficia troppo la prestazione di gioco. Gli elementi di offesa e di difesa di Garcia sono armi demoniache che sparano teschi, ossa, e denti di demoni, le armi sono folli ed esagerate come lo è l'alter ego di Garcia.


Alla prova dei fatti SotD presenta boss di pregiatissima scuola nipponica, legati a pattern ben precisi e dalla pulizia esemplare la cui cattiveria è materia relativa all’approccio conoscitivo del giocatore. Leggibilità, tatticismo, applicazione, esecuzione: ovviamente chi sa creare e progettare videogiochi validi si muove agevolmente nella semplificazione del gesto, laddove pregiatissimi emuli non riescono, nell’affastellarsi di armi, meccaniche trite e polverosità videoludiche a cogliere l’essenza stessa del videogioco come strumento di sfida visiva e pragmatica. SotD andrebbe fatto studiare a chi si appresta ad intraprendere l'ardua strada del game designer, per capire come bisogna fare e per comprendere quanto e cosa abbiamo perso in questo periodo di asfissiante omologazione videoludica.


L’apporto di Suda è quanto mai evidente in questo frullato horror pop capace di cambiare inaspettatamente registro con il procedere del gioco. Come da consuetudine, c’è un occhio rivolto al consumatore occidentale attraverso quella ricerca di opere di serie Z che nell’ultimo lustro esalta l’utente ultratrentenne, soprattutto al cinema. Al troncone principale della vicenda/ambientazione, ossia l’idea di un viaggio nel luogo del male assoluto e della disperazione si innestano una serie di stranezze ragguardevoli che privano il giocatore di qualsivoglia punto di riferimento : un bowling di teste ? distributori automatici di alcolici ? un porno quartiere simil Amsterdam per demoni arrapati ?

Grottesco, horror, ironico, poetico, languido, irriverente, volgare, epico: Garcia Hotspur è la parte idiota del Dante di Devil May Cry, tutto quello che rimane al netto di un cacciatore di demoni senza le suggestioni della paternità demoniaca e del cuore di carne che batte sotto la cristallizzazione del character design. Garcia è veramente un latin lover dal sangue caliente che rivuole la sua baby perché scopa bene e perché cucina da dio ma l’inferno che lo aspetta è più bizzarro di quanto possa esserlo lui. Una città di entità demoniache con tanto di società, hobby, elezioni, peculiarità in cui però pesano le narrazioni gotiche dei demoni maggiori che abitano questo luogo, simile al contrappasso di Silent Hill. Praticamente ogni aspetto dell’horror è contenuto in questa piccola antologia e, pur assomigliando un po’ a tutto però in realtà è anche originale.

Le citazioni e l’autocitazionismo sono così radicati che ogni idea che vi si trova, seppur già digerita, è amalgamata in un tutto incoerentemente logico: da Rodriguez a Del Toro, da Lovecraft a Tarantino, da Poe a Ozzy Ozbourne, una spruzzata di narrativa alla Bukowski con immagini inquietanti alla Edward Gorey, il tutto in una girandola glam metal narrata attraverso al genialità dei testi di Johnson, il teschio parlante/arma che funge da Virgilio nel viaggio verso il male assoluto. La quantità immane di cazzate, freddure, idiozie e spontaneità che vomita per tutta la durata lo rendono una spalla irresistibile e assolutamente necessaria alla narrazione. Ovviamente il creatore di Killer 7 e No more Heroes non ha la carta bianca dell’opera totale e globale, i paletti dell’opera horror del 2011 rappresentano una strada ben definita e poco orchestrabile ma all’interno di questo contesto il lavoro svolto ha dell’eccellente. Il lavoro di design estetico sovrappone ovvietà catacombali con bizzarrie nipponiche ottenendo infine una varietà intrinseca che non trova momenti di stanca. Città trasudanti sangue, foreste demoniache, biblioteche dei morti, bordelli spiritici, caverne stillanti umori terribili, villaggi di dannati, bowling (?) pachinko (?) shoot’em up 2d alla R-type con grafica cartonata, tiro a segno, fughe disperate, navigazioni nell’ombra, nudità e doppi sensi ginecologici. Ripeto, il tutto confezionato con sapienza per il palato occidentale che vuole stranezze e oscenità, anche simulate.

La colonna sonora è parte integrante del titolo al pari delle altre componenti. I temi del loading e del retry sono già nenie leggendarie però come per tutto il resto è la varietà a sorprendere. Da temi in puro stile Silent Hill a brani composti esclusivamente di urla laceranti a pop trash nippo irresistibili (il Sushi Lamp!) la disarticolazione musicale si equipara a tutto il resto contribuendo a formare questa follia che pervade anche l’udito. Canzone nippo punk d’ordinanza per i titoli di coda. SotD è comunque tutt’altro che un titolo perfetto. La realizzazione tecnica nei freddi numeri è abbastanza povera e viene salvata dall’eccezionale direzione artistica. Glitch, bug e una tenuta non ottimale sono all’ordine del giorno e l’effetto è quasi quello di un titolo tecnicamente agli esordi di questa generazione. Inoltre ogni tanto, come per esempio al boss finale, qualche linea di programmazione sballata prevede colpi che non vanno a segno e portali che non si aprano, nonostante la procedura effettuata sia quella corretta. La cosa più grave e che in più di una occasione inficia la prestazione ludica è una retinatura del puntamento non uniforme che tende a non inquadrare bene gli oggetti a cui sparare e che a volte fa sparire il mirino. Questa cosa, a livello Difficile, fa la differenza tra la vita e la morte.

SotD comunque, è una sorpresa, un piccolo grande titolo di pura scuola nipponica che si distingue per particolarità e divertimento in questa generazione. Non è il God Hand con pistola ma rimane un action game robusto e teso che fa quello che deve fare e cioè divertire.

E un videogioco, è bene ricordarlo, DEVE divertire.


IL BUONO
- Garcia "Fucking" Hotspur e il suo aiutante Johnson sono già icone del videogioco.
- Una originale avventura, divertente, creativa, unica...un riff sull' Hell.
- la vostra amata Paula vi farà...impazzire.
- Di grande impatto visivo, sebbene povero nei poligoni
- Sintonizzato su una grandissima direzione musicale
- Boss semplicemente spettacolari, finale meraviglioso.
- Christopher, il demone mercante è troppo simpatico.
- Sempre divertente, mai frustrante, pieno di tocchi di classe.

IL BRUTTO
- Solo normale in termini di grafica...
- 10 ore sono in fin dei conti sono poche...
- Scarso valore di replay, al di là del gusto di farlo, il gioco una volta finito non permette niente, non sblocchi niente, non hai accesso nemmeno ad una partita potenziata...


IL CATTIVO
- Troppi Glitch e bug tendono a rovinare quasi il gioco...
- La storia meritava molto di più in termini di respiro narrativo...
- Alcuni personaggi sono del tutto accessori...
- Flemming è un cazzone



NB. E' probabile che suddetta review si trovi anche su altri siti più o meno noti del mondo dei videogame, in alcuni casi ne ho permesso la pubblicazione, ad ogni modo questa versione è stata volutamente resa unica per questo modesto spazio.


Kissoon
00martedì 26 luglio 2011 15:03
[SM=g27811]
rean
00domenica 15 aprile 2012 13:07
ero indeciso su che gioco buttarmi dopo l'ultimo ma ora mi sono chiarito le idee!
LoZombie
00lunedì 24 marzo 2014 14:40
Giocato e finito anche questo, sempre su PS3.
Il gameplay rimanda a Resident Evil 4, sebbene siano presenti simpatiche varianti.
Personaggi carismatici e sangue a fiumi: consigliato se amanti del genere (si trova facilmente a 10€ nei centri commerciali).

Anche in questo caso, la longevità non è elevata.
The Reign of Horror
00giovedì 27 marzo 2014 23:40
ma per PC non esiste ? [SM=g27815]
LoZombie
00domenica 30 marzo 2014 19:05
Re:
The Reign of Horror, 27/03/2014 23:40:

ma per PC non esiste ? [SM=g27815]




No boss!
Però per PC dovrebbe uscire "KILLER IS DEAD" altro giocone made in suda51 da non perdere.
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