"Dal punto di vista tecnico, The Mouth è un po' così: la fotografia è bruttina, le scenografie casalinghe alla oggi-è-domenica-si-fa-tutti-un-corto-tanto-non-c'è-niente-in-tele.
E-piove."
Questo è quello che dicevo lo scorso anno al nostro amico Maurizio.
Quest'anno, sebbene dal punto di vista tecnico i miglioramenti siano evidenti, rimane quel sentore di prodotto home-made che mantiene freddini.
Mi spiego.
Tempo fa ne parlavo col Master Alex, di 'sta cosa. Molto tempo fa.
Si tratta del problema delle case-italiane.
Al di là del fatto che costano una cifra insostenibile e che ci tocca vivere con mamma, le case-italiane sono soprattutto anti-cinema.
Certo: se hai i soldi, se ti metti di buona lena a tirar su una scenografia adeguata, allora pure nelle case-italiane puoi fare bene.
Ma se di soldi ne hai pochi, perché sei un amatore, allora senti a me: lascia stare le case-italiane.
Tra le mura degli appartamenti della nostra Terra aleggia puzzo di semplicità.
Di pochezza.
Di dilettantismo.
Oh, capiamoci: non è una critica alle case che sono nel video, che vorrei avere per me.
Io parlo del fatto che quando si gira un corto amatoriale e si riprende una camera da letto (dove ci trovi sempre un letto, cit.) , un bagno, un corridoio… be’, stai pur sicuro che l’effetto che fai è quello dell’amatore
che oggi-è-domenica-si-fa-tutti-un-corto-tanto-non-c'è-niente-in-tele.
E-piove.
Vanno evitate, le case-italiane, ti fottono le storie. Te le rovinano, sempre e comunque. Sono mostri di cemento, divoratori di entusiasmo in pellicola.
Inoltre, qui ci hai messo gli amici. O sbaglio?
E non va bene, che ci metti gli amici. Gli amici non vanno nei corti amatoriali. Se ci metti gli amici, va a finire che puoi inventarti la storia più fica del mondo, la migliore, ma fai sempre l’effetto che sappiamo.
Quindi case-italiane e amici vanno evitati.
Le voci. Qui abbiamo delle voci pessime. Da brividi. Fastidiose.
Le musiche.
Quella delle musiche è la chiave principale per capire, sempre che interessi a qualcuno, che cosa mi ha fatto provare questo corto.
Le musiche sono state fatte dal regista in casa propria, con la propria “chitarrina”. E in effetti, si sente che sono autonome, private… casalinghe.
Realizzate maluccio, anche se alla fine stanno bene. Risultano adeguate.
E perché sono adeguate?
Perché sono casalinghe.
Casalinghe.
Case.
Case-italiane.
Trailer C è come quando ti metti a guardare la ricostruzione di una storia di assassinio a Telefono Giallo, e allora la guardi con poco spirito, perché sai che “tanto è finto, mica è l’omicidio VERO”.
Io guardo Trailer C e penso: è amatoriale.
Sì, lo so che è amatoriale per davvero. Ma io non devo pensarlo. Non devo… sentirlo.
Saperlo e sentirlo sono cose differenti.
Purtroppo qui si sente troppo. Molto. Ed è colpa delle case-italiane e degli amici.
Datemi retta. Se fate un corto, soprattutto horror, scappate da casa.
Trovate un parco, un bosco, un sottoscala, un lago, una cabina telefonica, l’interno di un furgone.
Non ha importanza. Voi scappate, intanto.
E mentre correte, camera in spalla, spegnete il cellulare.
Non fatevi trovare da nessuno.
Nemmeno dagli amici.
Divertente e con diversi spunti di genialità, come in The Mouth.
Titolo interessante.
C’è poco “cinema”, c’è molto sport da comitiva.
Ma mi è piaciuto, grazie.
----------------------------------------------
"Si staranno preoccupando per noi?"
"No, non ancora. Dovevamo incontrare i camion venti minuti fa; si faranno vedere soltanto fra un'ora e mezza. Alle due, cominceranno a chiedere a
qualcuno se c'hanno visto. Alle tre ci cercheranno nei bar, e verso le quattro si arrabbieranno. Alle cinque, forse qualcuno capirà che ci siamo persi. Alle sei, il capitano penserà di chiamare il comando, e lo farà solo alle sette e mezza. Dal comando risponderanno che è tardi e
che ci penseranno domani."