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Preti gay, per i fedeli non è più un tabù

Ultimo Aggiornamento: 30/01/2009 01:40
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30/01/2009 01:40

APRIRE la discussione su omosessualità e preti gay sulle pagine dell'Avvenire è stato come una scossa culturale, che sta attraversando l'opinione pubblica cattolica. Il giorno dopo il direttore Dino Boffo commenta sereno: "Ci è parso normale parlarne nei termini civili e documentati come ha fatto il professore Andreoli. Ho condiviso la sua intenzione di toccare anche situazioni dolorose e casi estremi". Però, precisa Boffo, l'articolo va inquadrato in un reportage di quarantotto puntate che sta affrontando tutti gli aspetti del sacerdozio: dai problemi in seminario ai rapporti tra clero e politica, dai preti operai ai sacerdoti presenti nei mass media.

Di fatto lo psichiatra - ponendo la questione del rapporto tra vocazione ed omosessualità - ha sfiorato la punta di un iceberg, che rimanda ad una realtà molto più sviluppata di quanto siano pronte ad ammettere le autorità ecclesiastiche. "Tranne casi di disperazione e di grande tormento interiore - commenta un prete omosessuale romano - una parte consistente del clero gay non si considera minimamente malata e c'è una giovane generazione che vive la propria vita senza paura di rappresaglie".

Può anche accadere, spiega a Repubblica un sacerdote gay del settentrione, che un prete lo dica al proprio vescovo e non accada nulla, perché le autorità hanno soprattutto paura dello scandalo. "Io l'ho fatto e poi ho lasciato il mio ministero - racconta - ma ho rifiutato di firmare una lettera di richiesta di riduzione allo stato laicale. E non è stato aperto nessun procedimento canonico contro di me. Ufficialmente sono ancora prete".

Don Domenico Pezzini, professore emerito di Letteratura inglese medievale, fondatore e animatore di gruppi cattolici omosessuali, ritiene che vi siano parecchi preti gay che "vivono ormai serenamente la loro condizione e per i quali non ha più nemmeno importanza come si pronuncia l'istituzione ecclesiastica. Chi rimane nel ministero, che sia etero oppure omosessuale, ha la stessa fatica nel gestire il celibato e se incontra difficoltà le affronta a misura della sua saggezza e percezione di sé".

Quanto ai credenti gay, afferma, c'è chi fa il sagrestano, l'organista, il cerimoniere o il membro del consiglio parrocchiale e il parroco lo sa e non obietta. Nelle parrocchie, peraltro, l'atteggiamento dei fedeli è diventato in genere molto più aperto. Toccherebbe all'episcopato, semmai, mandare finalmente un messaggio più "inclusivo" invece di ripetere tanti no.
Anche per padre Bartolomeo Sorge, gesuita, direttore della rivista Aggiornamenti Sociali, non bisogna avere nessuna paura di sviluppare una ricerca seria su temi che pongono anche interrogativi nuovi. Resta la domanda, soggiunge, se la massa dei fedeli sia pronta a recepire tutto. Perciò "ci vuole prudenza nella divulgazione".
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