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VI AMO ADDIO di Cristiano Stocchi & Francesco Cortonesi

Ultimo Aggiornamento: 12/04/2008 23:03
04/04/2008 16:34
 
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TITOLO CORTOMETRAGGIO: Vi amo addio

LOCANDINA DEL CORTOMETRAGGIO:



DURATA: 11 minuti
REGIA: Cristiano Stocchi & Francesco Cortonesi
ATTORI PRINCIPALI: Simone Nepote Andrè
SCENEGGIATURA: Cristiano Stocchi & Francesco Cortonesi
MUSICHE: Valentina Cidda
FOTOGRAFIA: Maurizio Gambini

BREVE SINOSSI: Un serial killer decide di suicidarsi davanti all'occhio implacabile della telecamera, confessando un'impressionante sequenza di omicidi. La sua morte però non sarà assolutamente rassicurante...


BREVE BIOGRAFIA DEL REGISTA:
Registi con all'attivo numerose produzioni in ambito horror indipendente. Per saperne di più visitate www.filmhorror.com

FINESTRA player DOVE VISUALIZZARE IL CORTO O EVENTUALE LINK UTILE DOVE POTER VISIONARE IL CORTO:


07/04/2008 21:10
 
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Un altro corto, che fa salire di qualità la rassegna di quest'anno...il duo Stocchi e Cortonesi...riesce, si qui, nella staticità di un inquadratura, a regalare emozione e interesse verso la mini-pellicola, grazie anche ad una sceneggiatura, che rende partecipe lo spettatore e per la bravura del protagonista, nell'interpretare la parte. Anche la scenografia, con quel quadro, tanto bello...quanto emblematico nel sottofondo della scena è imput ancor di più positivo per la visione...
12/04/2008 19:13
 
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L'idea mi è piaciuta molto. L'ho trovata originale, coraggiosa, ben realizzata.
E mi sono piaciuti anche gli espedienti escogitati per "movimentare" in qualche modo la scena, quegli applausi e fischi fuori campo che hanno concesso un po' di respiro e alleggerito di tanto in tanto la rappresentazione (quasi teatrale), altrimenti troppo pesante.
Il fatto è che, affinchè tutto funzionasse veramente alla perfezione, ci sarebbe voluto un attore MOLTO BRAVO.
Simone Nepote Andrè è discreto, senz'altro al di sopra della media nel panorama dei corti amatoriali, e penso che avrebbe senz'ombra di dubbio risollevato le sorti di molti dei lavori presenti in gara, se avesse interpretato un qualsiasi ruolo da protagonista al posto di altri molto meno capaci. Ma qui purtroppo non regge il peso degli 11 minuti di monologo (non facile) previsti dal copione.
Non riesce ad essere "mattatore della scena", non ha il carisma necessario a tenere vivo l'interesse dello spettatore e manca di quel fascino ambiguo che avrebbe invece dovuto essere un elemento portante del personaggio che ha interpretato.
Rimane comunque il fatto che il corto è, per me, uno dei migliori in gara, e l'ho riguardato con invariato piacere almeno un paio di volte; ma quanto sarebbe stato più bello se il protagonista fosse stato molto più convincente?
12/04/2008 23:03
 
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Ebbene.

Mi passo il sabato sera a casa. C'è chi mi dà buca, chi non ho voglia di vedere e subisce le mie buche, chi mi darebbe buca se ci fossimo conosciuti.
Eccetera.

Così mi metto di buon grado ad ammirare i corti in gara, comincio proprio da questo, comodino sulla sedia.
E chi ti trovo?

Un solitario come me. Uno che, come me, decide di starsene in una stanza a fissare uno schermo, fumacchiando qualche sigaretta e prendendosela col tempo.

No? Ah, non se la prende col tempo? Non è incazzato perché piove, perché fa freddo, perché ora come ora non sai proprio in che indumenti andarti a ficcare per affrontare gli sbalzi di temperatura?

No. Questo qui che ho davanti è un "serial killer che decide di suicidarsi".

Ora. Non sono un campione di uscite su carta scritta. Per carità.
Ma una cosa come "un serial killer decide di suicidarsi" mi fa un effetto tipo "il colmo per un idraulico", ecco.
Non so se mi spiego.

Ma andiamo oltre.

Soli entrambi, io e lui. Io e il serial killer.
Stabilito che di gente simile ne ho vista a bizzeffe, proprio qui, da comodino sulla poltrona, c'è da aggiungere che non partiamo nel migliore dei modi.
Perché lui esagera. E' un maleducato.
Mi ricorda un pochino una tipa che ho conosciuto recentemente, una carina, vestita sempre da gran donna, una che però ha il brutto vizio di credersi capace di pensare anche per te.
Comincia una frase, la tipa, e poi fa: "Ma non ci credi, vero? Ti starai chiedendo... questo... Starai rimuginando su...."
E no, cavolo. Mica per niente, ma è sgradevole quando ci si trova di fronte a chi crede che indovinare l'esatta natura dei punti interrogativi che ti competono sia come respirare.
Semplice e naturale.
Col cavolo.

Perciò questo tizio non mi sta simpatico, da subito.
Continua, mentre racconta la sua storia, a dare per scontate le emozioni che genera in chi lo ascolta. Scavalca il muretto che dovrebbe sempre esserci tra spettatore e attore, tra spettacolo e pubblico, e trasforma l'opera cinematografica in un comizio da spot televisivo in cui chi vende vuole convincerti che sappia cosa tu vuoi comprare.
Per fartelo comprare, è chiaro.
Maleducato. E noioso, anche.

Poi la storia. La storia è una barba.
Hai ucciso un casino di gente?
Hm, ok. Non sei il primo che sento riportare eventi del genere, perciò andiamo oltre.
Dove? Be', ma a come l'hai fatto, almeno. Al dove, al quando.
Perché la morte è banale, di per sé. L'assassinio, lo è.
Ci faccio i conti tutti i giorni, nella realtà e nella finzione, perciò, a meno che tu non stia parlando della mia, di morte, mi spiace: l'ho già sentita questa.
Dài, amico: siamo a un festival horror, perciò ti prego, ti scongiuro: dimmmi che non sei venuto qui a confessare d'aver ucciso e basta.
Dimmelo.

No. Tralasci dettagli sui tuoi omicidi, preferisci concentrarti su quello che sto pensando io....
E va bene, allora cosa sto pensando?
Le prove? Voglio le prove?
Ah, ok.

Un cadavere.
Carino. Fatto bene. Pare morta sul serio. L'hai uccisa tu? Davvero? E come?
No, aspetta, non mi sto chiedendo altro che questo: come l'hai uccisa?
Dimmelo, su. Raccontami, cavolo, come l'hai ammazzata?
E chi è? Dove l'hai presa? Quanti anni aveva?

No. Sei convinto stia pensando ad altro.
Ok. Ok, ok, ti ascolto.

E ti ascolto. E ti ascolto....


Ma hai poco da dire, amico. Poco, e lo dici pure male. Non sembri sincero, sembra tu stia leggendo un copione.
E stavolta fai indovinare me: il copione c'è stato, vero?
Be', lo stai leggendo, non interpretando. Stai ripetendo una poesiola, e lo fai fumando, e questo mi fa rabbia, perché pare che nei corti amatoriali tutti debbano fumare, aiuta l'attore che davanti alla camera vuole darsi un'aria riflessiva quando gli mancano le espressioni.

E poi piantala di dirmi costa sto pensando. Basta!
Io sono lo spettatore, ricordi? Sono IO che decido come interpretare te, non il contrario. E non mi spacciare questa mia sensazione per ricercato colpo artistico.
Stai sbagliando, stop. Stai scavalcando il muretto, mi stai facendo capire che per te valgo poco, che ci fossi io, Steveau, o un altro, le tue parole sarebbero le stesse. Che se spegnessi ora, tu continueresti a dire le stesse identiche cose a chissà chi altro.
Permettimi anche questo: cancellala quella cosa "ad alcuni di voi sembrerà un brutto film", perché è un film, amico. UN FILM. E lo sai bene pure tu.
Cerca almeno di fingere di dimenticarlo, e di condizionarmi a credere altrettanto.


Dovevi essere più bravo. Dovevi saper recitare meglio, dire le tue cose senza dare l'impressione di leggerle, dirle senza anticipare di volta in volta le mie conclusioni, e soprattutto dovevi evitare di fumare.

Ciao amico.


Torniamo a noi: bella l'idea, davvero. L'ho trovata intrigante, oscura, coraggiosa.
E m'è piaciuto un casino il rumore del flash, stavolta pronto a togliere la vita, anziché conservarla in uno scatto.
Ma il monologo è a mio parere scritto male, e ho già ampiamente spiegato i motivi. L'attore non è all'altezza, le musiche sono povere e noiose.
Gli applausi, poi, stonano parecchio. Forse avrebbero reso meglio se non fossero sembrati tanto effetto sit-com.
Ottimo il trucco. Professionale.
Splendida la stanza.

Non so, forse a stranirmi è proprio quel continuo superare il limite del palcoscenico.
C'è un film, molto buono, intitolato Killing Words. Nell'incipit, un attore COLOSSALE confessa alla camera una serie di omicidi.
E non passa neanche un istante, che quello t'ha preso. T'ha preso completamente.
Perciò l'attore fa la sua parte, ma è banale dirlo con un film da "occhio di bue" come questo.
Perciò le mie notazioni vanno solo e unicamente alla parte scritta (letta dall'attore...).
Avrei evitato di scavalcare quel muretto. Di ficcarmi nei pensieri di chi mi guardava, e avrei invece cercato di suscitarli con stile fintamente distaccato.
Non ordinare sentimenti. Suscitarli con appropriati suggerimenti.
Per esempio: perché mai mi si deve dire che io odio il protagonista, sul finale? "Voi mi odiate".
Perché dovrei odiarti?
Perché... Cosa? Come dici, amico? Scusa, ero distratto. Be', lo dicevi pure tu che potevo dedicarmi ad altro, no? Lo dicevi all'inizio del monologo, sì, e...
Stai parlando con le tue vittime??? Ma davvero?
Cioè, sono dieci minuti che ti ascolto, e non parlavi con me?
Ah.
Allora ok. Allora la cosa mi piace. Veramente, allora tutto ha un senso.
Hai un legame forte con chi hai ucciso, eccerto, ecco perché sapevi tutto.
Ok.


Ma allora perché mostrarmi le prove?
Ma allora perché confessare colpe di cui gli spettatori stessi avrebbero dovuto essere prove viventi...morenti...morte?

E no, non ti seguo più. Sono confuso.

Mi ascolti? Oh, non giocare con la macchina fotografica, ehi...
Sei morto?
Ah. Ok.

Dissolvenza. Fine.


Magari sì, un po' ti ho odiato.








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"Si staranno preoccupando per noi?"
"No, non ancora. Dovevamo incontrare i camion venti minuti fa; si faranno vedere soltanto fra un'ora e mezza. Alle due, cominceranno a chiedere a
qualcuno se c'hanno visto. Alle tre ci cercheranno nei bar, e verso le quattro si arrabbieranno. Alle cinque, forse qualcuno capirà che ci siamo persi. Alle sei, il capitano penserà di chiamare il comando, e lo farà solo alle sette e mezza. Dal comando risponderanno che è tardi e
che ci penseranno domani."
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