Giovanni Fasanella per “Panorama”
Unità speciali» di Stay-behind, la rete atlantica in Italia meglio nota sotto il soprannome di Gladio, «probabilmente sono state impiegate anche in occasione della ricerca di Aldo Moro».
È scritto in una relazione riservata del servizio segreto della Germania Federale, il Bnd (Bundesnachrichtendienst), inviata il 19 novembre 1990 a Francesco Cossiga, allora presidente della Repubblica. Cossiga la fece avere alla procura romana, ma depurandola delle parti sulle quali il Bnd aveva imposto il vincolo del segreto; e dalla magistratura il documento arrivò sul tavolo della commissione Stragi.
Uno dei brani secretati riguardava proprio quell’accenno a un ruolo di
Gladio durante i 55 giorni del sequestro Moro. Panorama ne è venuto a conoscenza nel corso di una conversazione con uno storico tedesco esperto di cose militari, che sta preparando un saggio sull’argomento, e con un ex funzionario di Berlino. Entrambi, per ovvie ragioni, hanno preferito mantenere l’anonimato. Ma grazie al loro racconto e ai loro appunti Panorama ha potuto ricostruire il documento nella sua interezza. Un riscontro decisivo è poi venuto da un colloquio proprio con Cossiga (vedere l’intervista in basso). È un documento prezioso.
Perché, da un lato, aggiunge nuovi tasselli alla storia di Stay-behind, la rete clandestina destinata ad attivarsi «dietro le linee» nel caso in cui le truppe del Patto di Varsavia avessero invaso l’Europa occidentale. Dall’altro proiettando il caso Moro nella sua vera dimensione internazionale (geopolitica e non complottistica) può aiutare a comprendere quello che accadde durante quei drammatici 55 giorni di prigionia.
Le parti secretate di quella relazione parlano anzitutto degli sforzi, durante la guerra fredda, per coordinare l’attività dei servizi di informazione dell’area atlantica.
Americani, inglesi e francesi avevano una rete comune (poi passata sotto il controllo del Bnd) nelle zone di occupazione in Germania, il ventre molle del fronte occidentale. E nel 1954 fu creato un «elemento superiore di coordinamento e direzione» dell’intelligence atlantica, di cui facevano parte i servizi di Francia, Lussemburgo, Gran Bretagna, Belgio e Usa, l’Allied coordination committee (Acc). Tra i compiti dell’Acc, in tempo di pace, c’era la preparazione di una «base operativa comune (Allied clandestine base)» e di un «sistema comune di telecomunicazioni».
Tra i compiti, in caso di difesa, quelli di «programmazione/ coordinamento di provvedimenti “Stay-behind” comuni», in appoggio delle forze armate della Nato.
La relazione analizza poi le varie organizzazioni nazionali Stay-behind. Particolarmente interessante quella italiana, che disponeva di reti «rigidamente separate tra loro» per il reperimento di informazioni, il sabotaggio e il trasferimento di persone e materiali. Non solo, esisteva anche una «unità speciale» con gruppi operativi addestrati sia sul piano militare che su quello delle operazioni di polizia. E potevano essere impiegate, in tempo di pace, «come “unità antiterrorismo” (probabilmente sono state impiegate anche in occasione della ricerca di Aldo Moro)».
C’è da dire, ancora, che all’epoca del sequestro Moro il coordinamento delle attività di intelligence atlantica era proprio del Bnd, a cui due anni prima, nel 1976, era stata affidata la presidenza dell’Acc. E questo, da un lato, spiega il perché di quella relazione inviata a Cossiga; dall’altro, rende ancora più significativo l’accenno al ruolo di Gladio durante i 55 giorni. Sorge, a questo punto, una domanda: come mai fu deciso l’impiego di «unità speciali» collegate alla rete Stay-behind?
La risposta, forse, è proprio nel personaggio Aldo Moro, uomo legato più di ogni altro esponente democristiano al mondo dei servizi (come testimonia Cossiga nell’intervista) e quindi a conoscenza di segreti militari delicati. Segreti atlantici, che riguardavano il sistema difensivo dell’Europa occidentale, che potevano finire nelle mani delle Brigate rosse. E da lì, chissà quali altre direzioni avrebbero potuto prendere.
Alla luce di questo documento, prende ancora più corpo l’ipotesi di una doppia trattativa, sulla quale ha molto insistito Giovanni Pellegrino, ex presidente della commissione Stragi. Quella per «proteggere » i segreti atlantici che Moro aveva rivelato o avrebbe potuto rivelare durante l’interrogatorio. E quella per la liberazione del prigioniero.
2 - MORO SAPEVA TUTTO DI STAY-BEHIND
Intervista a Francesco Cossiga
Francesco Cossiga era ministro dell’Interno durante i 55 giorni del rapimento di Aldo Moro. Ma è anche il politico italiano più esperto di intelligence. «Panorama» gli ha chiesto di commentare i documenti del Bnd tedesco su Gladio e il caso Moro.
Panorama chiede a Francesco Cossiga: «Se in un documento classificato di un servizio segreto si afferma che “unità speciali” di Stay-behind “probabilmente” vennero impiegate durante il caso Moro, vuol dire che è probabile o che...». Ma lui non lascia nemmeno finire la domanda: «Vuol dire che è vero, che Gladio intervenne» risponde sicuro. «D’altronde, tenga presente che, passato il tempo nel quale io da sottosegretario di stato della Difesa mi occupavo di Gladio, di queste cose non ne seppi più nulla. Salvo un caso nel quale dovetti intervenire sulle autorità giudiziarie e di pubblica sicurezza locali per risolvere il delicato problema che si era creato con l’arresto di appartenenti alle forze speciali di un paese alleato che erano state paracadutate nel corso di un’esercitazione di Stay-behind per essere “esfiltrate” dalla rete locale dell’organizzazione.
Non solo, ma da quando io mi insediai al Viminale, sino al giorno in cui mi dimisi, fui tenuto sotto il costante controllo telefonico e fisico del prima Sid e poi Sismi, nel cui ambito era costituita la famosa
Quinta divisione che era il vertice operativo ed amministrativo della Staybehind Net italiana. E poche erano le cose che il servizio segreto militare comunicava al ministero dell’Interno, anche per un’atavica diffidenza, che perdura tuttora, dei militari verso i civili» .
Cossiga presente al ritrovamento del corpo di Moro in via Caetani nel 1978
Presidente, Moro le parlò mai di Stay-behind?
Più volte. Era una creatura cui teneva molto, avendo a suo tempo autorizzato l’accordo dell’allora Sifar con i servizi d’intelligence dei paesi dell’Alleanza atlantica, perché la Stay-behind Net era un organismo non della Nato, ma dell’Alleanza atlantica. Tanto che la Francia, che sempre rimase membro dell’Alleanza, continuò a farne parte, eccome. Anche quando, sotto De Gaulle, abbandonò la Nato. Ma la Stay-behind Net atlantica era legata anche a organizzazioni consimili di paesi neutrali come la Svizzera, l’Austria e la Svezia. E perfino la Iugoslavia di Tito, che aveva una forte struttura di «Ta», cioè di «armate territoriali» dipendenti dai governi delle repubbliche federate, forze armate che poi consentirono alla Croazia e alla Slovenia di difendere e garantire con le armi la loro dichiarazione di indipendenza contro l’Armata proletaria del governo, ormai quasi esclusivamente serbo, di Belgrado.
Una «creatura» a cui Moro teneva molto. E perché?
Me ne parlò molte volte. Moro, non lo si penserebbe, era molto interessato a questo genere di cose: servizi segreti, reparti speciali e altre diavolerie…
In che occasione gliene parlò?
Ricordo quando, io ero giovane ministro della Funzione pubblica, mi chiamò e mi chiese di andare a un incontro in casa di Flaminio Piccoli con l’avvocato Franco Coppi e con la moglie e il figlio del generale Miceli, capo del Sid, che era stato arrestato dal giudice Tamburrino, il quale stava per arrivare a scoprire Gladio. Io obiettai che non mi sembrava opportuno che un ministro avesse contatti con la famiglia di un arrestato e con il suo avvocato difensore. Ma egli non ne volle sapere, e mi disse di andare, sia perché si trattava di un servitore dello Stato sia perché, attraverso la famiglia e l’avvocato difensore, dovevo fargli giungere l’ordine del governo di opporre il segreto.
Se ci fosse stato Moro, per il cosiddetto scandalo Sismi… avrebbe fatto volare la procura della Repubblica di Milano, così come costrinse personalmente, «in nome di superiori interessi dello Stato», i magistrati romani a dare la libertà provvisoria ai due palestinesi accusati di aver cercato di far esplodere con missili terra-aria un aereo della compagnia civile israeliana El Al, al momento del decollo dall’aeroporto di Fiumicino. Poi li fece prendere in consegna da due ufficiali del Sifar e con un aereo del servizio, che serviva anche per i trasporti clandestini di Gladio (e io ci ho volato più di una volta!), li fece trasportare a Malta e consegnare a elementi dell’Olp.
Per la gioia degli israeliani, immagino.
Gli israeliani si vendicarono. Agenti del Mossad fecero saltare quell’aereo, che aveva la sigla di Argo 16, mentre era in volo. Conosco i capacissimi agenti del Mossad, e prima di fare uno sgarbo a Israele, per esempio ricevendo pubblicamente in Italia rappresentanti di Hezbollah o di Hamas, ci penserei non tre, ma «tre per tre» e il risultato moltiplicato per se stesso volte.
Lei è mai stato alla base algherese di Staybehind?
Molte volte! E mi feci lì insegnare a usare il plastico e le armi automatiche, Kalashnikov e le israeliane Uzi.
Chi era a conoscenza dell’esistenza di Staybehind?
Quando me ne parlarono per la prima volta, ero appena stato nominato sottosegretario alla Difesa, i dirigenti dei servizi mi esibirono l’elenco delle persone che erano a conoscenza dell’esistenza di questa organizzazione, e richiamarono la mia attenzione sul fatto che avrei potuto parlare solo con queste persone. Era un gruppo ristretto che comprendeva, in carica e fuori carica: i presidenti della Repubblica, i presidenti del Consiglio dei ministri, i ministri della Difesa e dell’Interno, i capi della Polizia e i comandanti generali dell’Arma dei carabinieri, i nostri rappresentanti, militari e civili, alla Nato e pochi altri.
Perché Giulio Andreotti, nel 1990, ne rivelò l’esistenza?
Perché Andreotti, contrariamente a quanto la gente comunemente ritiene, non credeva a questi pasticci. E poi la guerra fredda era finita.
È completo l’elenco dei 600 «gladiatori» consegnato al Parlamento?
No, mancano un bel po’ di nomi. Per esempio quelli di due membri del governo attualmente in carica.
Del governo Prodi? E chi sono?
Niente nomi. Posso solo dirle che sono della Margherita.
ANDREOTTI: MAI SAPUTO CHE DUE EX GLADIO NEL GOVERNO…
(Adnkronos) - ’Non ne so assolutamente nulla. Questa non l’ho mai sentita’. Il senatore a vita Giulio Andreotti - ospite della puntata di ’Porta a Porta’ dedicata ad Aldo Moro - smentisce le affermazioni fatte da Francesco Cossiga a ’Panorama’ a proposito della incompletezza della lista dei 600 uomini della struttura militare antinvasione Gladio. Andreotti sottilinea in particolare di "non sapere nulla" dell’affermazione di Cossiga su due ministro della Margherita che sarebbero ex appartenenti a Gladio. ’L’uso di Gladio durante i 55 giorni e’ una questione che ho sentito dopo la morte di Moro. Non so se e’ una cosa esatta o no’, ha poi aggiunto a poposito del documento del Bnd di cui ha parlato ’Panorama’ e della conferma dello stesso Francesco Cossiga. ’Posso capire a cosa Cossiga si riferisce. Quando parla Cossiga non fa certamente delle fantasie io pero’ non ho niente al riguardo’, ha detto Andreotti
GEN. INZERILLI: NESSUNO DELLA GLADIO SI MOSSE…
(Adnkronos) - "Nessuna unita’ speciale della Gladio venne impiegata nel caso Moro. Io ero il capo della Gladio, e non ho dato nessun ordine ai miei uomini. Nessuno si e’ mosso". Il generale Paolo Inzerilli, capo dell’Organizzazione Militare dal ’74 all’ ’86, prima dall’interno dell’Ufficio ’R’ del Sismi e dal 1980 con il grado di direttore della VII Divisione del servizio segreto militare, nega che la struttura antinvasione in caso di attacco delle truppe del Patto di Varsavia abbia svolto un ruolo durante i 55 giorni del sequestro Moro. Almeno secondo quanto rivelerebbe un documento del Bnd, servizio segreto della Germania federale, inviato nel novembre 1990 all’allora Capo dello Stato, Francesco Cossiga, e pubblicato da ’Panorama’ in edicola domani. Il generale Inzerilli precisa quindi di aver approfittato in quel periodo di mobilitazione delle Forze Armate "per sperimentare se l’addestramento che facevo con i gladiatori funzionava facendo esfiltrare uno dei miei uomini da piazza Pio IX fino a Cerveteri nascondendolo dentro una cassa in un furgoncino pieno di materiale elettrico".
"Il camioncino parti’ da piazza Pio IX, che si trova in cima a via Gregorio VII e siamo arrivati a Cerveteri passando attraverso tutti i posti di blocco. Nessuno ci ha fermati. Dietro c’era una macchina con un mio uomo -spiega ancora il generale- un capitano dei carabinieri con la tessera, pronto ad intervenire qualora fosse successo qualcosa. Il capitano e’ ancora vivo, l’uomo dentro la cassa era un mio ufficiale". Quanto all’impiego di uomini di Stay-Behind nel caso Moro, il servizio di intelligence tedesco Bnd, afferma ancora il generale Inzerilli, "puo’ dire tutto quello che vuole". E ammette: "che Cossiga abbia ricevuto al tempo un documento dalla Germania e’ sicuro, riguardava la Gladio in generale e non la Gladio italiana facendo i distinguo tra Nato e Alleanza Atlantica".
E’ incompleto l’elenco dei 622 gladiatori consegnato da Andreotti al Parlamento? E comprende anche due "membri del governo in carica", secondo quanto affermato da Cossiga a ’Panorama’? "Non so chi siano questi due, ammesso che ci siano" risponde l’ex Comandante della Gladio. Che esista poi un secondo elenco e’ una balla colossale provata a livello giudiziario-aggiunge il generale- ed in base alle superperizie risulto’ che quella lista poteva comprendere tre nomi in piu’, e questo perche’ l’elenco fu stilato di corsa per poterlo consegnare entro 48 ore ad Andreotti, alla Polizia ed ai Carabinieri". "Posso ammettere che in un certo momento dissi ai miei uomini aprite gli occhi su fatti che potessero ricondursi al terrorismo, ma era successivo al sequestro Moro". Quanto al colonnello Camillo Gugliemi, presente in via Fani la mattina del 16 marzo 1978, il generale Inzerilli afferma: "e’ stato tirato in ballo come uomo della Gladio, ma non sapeva neanche che la struttura esistesse. Mi ricordo che di sicuro che nel marzo ’78 era comandante del gruppo carabinieri di Modena, incarico che ha mantenuto fino al 14 aprile 1978, e successivamente e’ stato assunto dal Sismi in qualita’ di consulente esterno"
Il cadavere di Moro
Foto Corriere Magazine
COSSIGA: NON SO SE GLADIO ABBIA LAVORATO ALLA RICERCA DEI BR…
(Ansa) - ’Premesso che io non ho avuto la possibilita’ di leggere il testo integrale della relazione inviata dal Bnd alla commissione del Bundestag sull’intelligence, cio’ che io ho dichiarato e’ che se il Bnd in questa relazione che, ripeto, io non conosco, ha detto che forse Gladio e’ intervenuta nella ricerca del caso Moro, lo ho detto perche’ il Bnd e’ un servizio estremamente efficiente anche se durante il caso Moro almeno al ministero dell’Interno che io ricordi non passo’ alcuna informazione che fosse apprezzabile’.
Lo afferma il senatore a vita Francesco Cossiga. ’D’altronde - spiega Cossiga - il Sid, poi Sismi, che dipendeva dal ministero della Difesa e nel quale era inquadrato il comando strategico di ’Stay Behind’, passava certo tutte le informazioni che aveva al ministero dell’Interno ma non gli riferiva del’uso degli strumenti che aveva a disposizione: ivi compreso ’Stay behind net’. Peraltro da quando diventai ministro dell’Interno a quando mi dimisi, il Sid (e per essere esatti il comando dei centri di controspionaggio di Roma) mise sotto controllo alcune mie linee telefoniche sia di casa sia del ministero e mi sottopose a una sorveglianza fisica di cui poi, eletto presidente del Senato, il comando generale dell’Arma dei Carabinieri che ne era venuto a conoscenza mi diede notizia. D’intesa con il procuratore aggiunto della Repubblica del tempo e con l’allora ministro dell’Interno, essendo stati i nostri servizi militari gia’ sufficientemente sputtanati si decise di Non farne nulla: perche’ in realta’, che durante gli anni di piombo il Sismi non avesse niente di meglio da fare che controllare il ministro dell’Interno era davvero, un po’ grossa...’.
COSSIGA: 'COMBATTENTI' SIA IN GLADIO BIANCA SIA IN ROSSA…
(Ansa) - ’Per chiudere ogni polemica presentero’ all’apertura delle Camere un disegno di legge che, sulla base delle conclusioni dell’Autorita’ giudiziaria di Roma, riconosca la qualifica di ’combattenti’ non solo ai membri della Gladio bianca ma anche a quelli della Gladio rossa’. Lo annuncia il senatore a vita Francesco Cossiga. ’L’autenticazione dei nomi della Gladio bianca - spiega - sara’ data dal ministero della Difesa sulla base degli archivi di Gladio. Per quella rossa, si ricorrera’ agli archivi dell’Istituto Gramsci; altrimenti, per i rapporti che ho con Mosca, ce li faremo dare dall’Istituzione che ha ereditato gli archivi del Kgb. Sono certo - conclude Cossiga - che l’amico senatore Massimo Brutti vorra’ firmare con me questo ddl’.
Giovanni Fasanella per “Panorama” 21 Marzo 2008