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07/08/2019 19:27 | |
UNA INTERPRETAZIONE SULLA VOCAZIONE SACRA: “le aiole”del lago di Bolsena”.
Potrebbe sembrare uno scritto non utile per una ricerca sul significato e sulla funzione delle “aiole” costruite nel periodo protostorico, sulle rive del più grande lago vulcanico d'Europa, il lago di Bolsena. Leggendo alcune considerazioni, fornite da diversi libri pubblicati da studiosi e ricercatori in archeologia, antropologia, antropologia religiosa, etnologia e altri sulla stessa linea, in merito alla definizione di un determinato spazio sacro, da parte di tutti i popoli antichi, si scoprono non solo molti indizi, ma soprattutto delle indicazioni utili alla vocazione sacra del lago di Bolsena dal periodo protostorico, al periodo etrusco fino al cristianesimo. Partiamo dal binomio basilare, “acqua e fertilità”, sono valori precisi, come in questo caso, un terreno è fertile se vi è dell’acqua, indicano in maniera pregnante e ricco di significato quel determinato luogo specifico. Praticamente si sottolinea, un territorio con le sue caratteristiche peculiari e particolari, dalle quali qualsiasi studioso di storia delle religioni comprenderebbe questo importante concetto basilare. Così come ci racconta l’antropologo e storico delle religioni, Julien Ries a pagina 39, del libro "Alla ricerca di Dio: La via dell'antropologia religiosa" volume 1 Jaca Book- , egli scriveva: “….lo storico delle religioni coglie il sacro perché esso si manifesta. E’ attraverso la fenomenologia della manifestazione ch’egli comprenderà la natura del sacro…”, il Ries prosegue nell’esternare il suo pensiero così: “…Il teologo orienta la sua riflessione sul divino, sulla natura divina, sul Dio….invece lo storico delle religioni, invece al contrario, si volge alle ierofanie, numerose ed eterogenee. Ne prende il maggior numero possibile, ne esamina la struttura e la morfologia al fine di cogliervi le modalità del sacro e di individuarne i contenuti…”. Grande concetto esplicativo del Ries, sul rapporto “natura e sacro”, come proprio nel binomio “fertilità e acqua”. Perchè l’acqua e la terra fertile, sono degli esempi del grande valore della “vita”, necessari e utili a tutti gli esseri viventi. E’ proprio su questi elementi che si esalta il valore di queste caratteristiche particolari di un determinato spazio, dove il sacro si manifesta, con tutta la sua potenza e la sua meraviglia rispetto all’ordine delle cose. Perché acqua e terreno fertile erano quegli elementi basilari su cui un popolo passò, da nomade come raccoglitore e cacciatore, a stanziale come allevatore, coltivatore e addomesticatore. Cioè come indicato nel libro di Jacques Cauvin (1930-2001 archeologo studioso di preistoria) “ La nascita delle divinità, nascita dell’agricoltura”-Jaca Book seconda edizione 2010- E’ l’approccio dell’uomo, nella sua forma di essere non più nomade ma stanziale, cioè dalla fase di predazione alla fase di produzione e di sussistenza. Il territorio del lago di Bolsena erano presenti queste due fasi, perché era un territorio ricco di selvaggina stanziale e di fauna ittica. Erano presenti nei fitti boschi l’orso, lo stambecco e il cinghiale nella fauna selvatica, i mammiferi più grandi, invece nel lago di Bolsena era ricchissimo di pesce e anche di grossa taglia come la trota di lago e il luccio che potevano arrivare a pesare anche più di 20 kg. Quindi l’uomo del Paleolitico Superiore che viveva sulla riva del lago in forma semi nomade, ma con l’arrivo dell’agricoltura sotto le attività di semina, allevamento degli animali, insieme alle attività di caccia e pesca le popolazioni divennero tutte stanziali. Proprio la lunga permanenza in quei determinati territori e con l’arrivo di popoli dall’Anatolia, portatori di un concetto di civiltà diverso dalla civiltà appenninica, si scopre la metallurgia ( le prime miniere di rame), la lavorazione dei metalli, la creazioni di forni per la fusione dei metalli, l’ingegneria idraulica, con la bonifica di diversi luoghi paludosi, l’astronomia, il culto della madre terra il tutto succede intorno al IV millennio con la nascita di un popolo che oggi viene chiamato la Civiltà di “Rinaldone”. E’ una località chiamata Rinaldone, vicino Montefiascone, dove furono rinvenute delle sepolture, nei primi del ‘900, e un insediamento di questo popolo dal quale prende il nome “Facies culturale o civiltà di Rinaldone”. E’ proprio in quel periodo storico nel eneolitico,
in quel particolare luogo, nel lago di Bolsena, nasce un pensiero sacro, nelle popolazioni che vi abitavano, una specie di forma primordiale di venerazione dell’elemento acqua. Testimonianza è stata data dalla creazione proprio sulle rive del lago di Bolsena di alcune strutture ciclopiche chiamate localmente “aiole”. Perché l’uomo nel dell’età del rame, intorno al III millennio (periodo Eneolitico) costruì tale opere? Sono strutture senza nessun significato, oppure ci trasmettono qualcosa? Fino a oggi non esiste una interpretazione ufficiale del mondo accademico, niente è stato divulgato sulla funzione delle “aiole”, anzi, oltre alle varie pubblicazioni dell’Ing. Alessandro Fioravanti (scopritore delle “aiole”), la loro epoca storica, si aggiunge inoltre uno scritto riguardante la loro datazione, è dovuto all’archeologo Carlo Persiani nel libro “Sul filo della corrente”- pubblicato dalla Arx Società Cooperativa 2009- esattamente a pagina 61 descrivendo l’abitato del Gran Carro ci dice: “…l’abbandono dell’abitato palafitticolo del Gran Carro avvenne nella fase più antica del periodo villanoviano. All’epoca dell’insediamento, il livello del lago si dovrebbe attestare a quota 293, e la riva coincideva con un’antica linea di costa….L’abitato sorgeva quindi al centro di una piana di molti ettari, non lontano dal grande tumulo noto localmente come “Aiola” del Gran Carro, che doveva già esistere al momento della nascita dell’abitato, e dal quale sgorgava una sorgente idrotermale e varie emissioni gassose…”. Già questo passaggio del Persiani ci dice che il grande tumulo del Gran Carro esisteva prima dell’innalzamento del livello delle acque del lago e della nascita del villaggio, quindi attesterebbe la sua datazione della costruzione del tumulo verso l’età del periodo eneolitico. Così con una datazione simile, è il tumulo di pietre sotto Gradoli in località chiamata “aiola di monte senano sub” e località “ragnatoro”, dove sono stati rivenuti reperti del periodo fine eneolitico e bronzo antico, (tra la fine del III millennio e l’inizio del II millennio). Allora che cosa potrebbero significare questi grandi tumuli di pietre ora sotto il livello del lago? Un elemento significativo c’è lo indica il nome attribuitogli, “aiola” o”aiuola”, tale definizione , quando fu detta? In prima istanza la indicazione è precisa, ma è un sostantivo coniato dal dialetto locale e diffuso solamente dal mondo da chi praticava la pesca nel lago. Vale a dire potrebbe risalire al periodo pre-etrusco, perché con la continua frequentazione di questo luogo, non vedere più questi enormi tumuli, oramai coperti dall’acqua, perché chiamarli “aiole”? Sicuramente questi tumuli di pietre, sono rimasti nella tradizione cultuale popolare come qualcosa di importante, in “illo tempore”, che purtroppo per una causa sicuramente tellurica il livello delle acque del lago l’ha sommerse. Periodo ancora non si praticava la scrittura, però i rituali con le varie pratiche agricole, religiose e tutte le altre attività dell’uomo, si tramandavano per via orale praticando l’esercizio della tradizione. Nella fattispecie queste strutture-tumulo, simboli di un esercizio di culto, rimasero nella mente delle popolazione tramite la loro definizione con il nome di “aiola”. Si trattava mantenere in vita, dentro un pensiero di un popolo una ritualità relativa alla funzionalità di queste determinate strutture, non era altro indicarne con il nome “aiola”, cioè delimitazione di uno spazio particolare rispetto all’area circostante. La fertilità della terra faceva parte delle diverse motivazioni di ritualità le più diffuse in antichità, in diverse parti del mondo. Esempio la festa di “Pachamama”, che si svolge tutt’ora in diverse parti dell’America Latina, tradotto significa “Madre Terra”, era una divinità affine al valore sacro della terra, dell’agricoltura e fertilità. Così oggi intorno al lago di Bolsena si svolgono delle diverse attività legate proprio al valore sacro della terra, in chiave cristiana sono la Barabbata di Marta e i diversi riti legati al solco dritto, una volta molto diffuso nei diversi comuni lacuali. Quindi si può delineare che le “aiole” non sono altro dei simboli sacri di età protostorica, tutti legati al grande culto dell’acqua e della fertilità della terra. Erano strutture che rappresentavano la sede e la pratica di certi rituali sacri. La costruzione di questi manufatti ci indicano una particolarità precisa, non solo erano tutte edificate sopra a delle sorgenti di acqua calda e minerale, ma esprimevano una chiara funzionalità, vale a dire esaltavano, circoscrivevano, delineavano e proteggevano questi elementi sacri: “l’acqua e la fertilità della terra”. Strutture sorte e realizzate verso la fine dell’età del rame e inizi del bronzo antico, in pieno periodo protostorico, dove la scrittura era assente, ma stavano proprio a indicare e comunicare, attraverso la tradizione orale lo svolgimento dei riti e la comunicazione attraverso i simboli. L’esempio più marcato del sacro di questo territorio e in quel periodo storico, sono le diverse e particolari manifestazioni religiose (oggi cristiane) distribuite intorno al territorio del lago di Bolsena. Tutte legate ad attività cultuali, in gran parte ancorate alla fertilità della terra e al grande culto dell’acqua. Le aiole non sono altro il “SIMBOLO SACRO” “dell’homo religiosus” che ha vissuto nel periodo pre-etrusco intorno al lago di Bolsena. Luogo identificato come “centro sacro” e punto primordiale di spiritualità, ricco di vitalità ed energia , espressione ierofanica. Le aiole bolsenesi non sono state altro delle strutture con una duplice funzione proprio legate alla forte bivalenza che assumevano certi elementi naturali e peculiari di un determinato territorio vulcanico, come l’acqua e la terra. Cioè, come scriveva, Gaston Bacheland (filosofo 1884-1962) il quale ci insegna a definire, che ogni simbolo legato a ogni elemento (acqua, fuoco, aria, terra), porta con se una certa “bivalenza”. Lo stesso concetto lo esprimeva Mircea Eliade (1907-1986 uno dei massimi storici delle Religioni) a pagina 186 nel libro “ Trattato di Storia delle Religioni”-Bollati Boringhieri Einaudi Torino 1954-, scriveva così : “…Ma persiste soprattutto il sentimento ambivalente di paura e di attrazione verso le acque, che insieme disintegrano ( il fascino porta alla pazzia, all’abolizione della personalità) e germinano, che uccidono e che facilitano la nascita…”. Così come è regolato dal nostro “sistema terrestre”, vita-morte-rinascita, cioè come c’è un inizio di una vita c’è anche una fine. Questa bivalenza viene fortemente marcata nel simbolismo apotropaico racchiuso nelle “aiole” del lago di Bolsena. Il quale già portato a conoscenza dal grande studioso e ricercatore Giovanni Feo (1949-2019), vedi il video “I 4 incantesimi del lago di Bolsena”, il libro “Il tempio perduto degli Etruschi”-Effigi 2014 e la pubblicazione sui quaderni di "Tages" Le aiole del lago del 21 settembre 2015.
Le “aiole” non sono altro dei simboli terrestri, così come scriveva Alexander H. krappe (Folclorista 1894-1947) nel libro “Les genèse des mythes”, il quale elaborò in due ordini i simboli e i miti: celesti e terrestri. I primi legati alla volta , al sole, alla luna e alle costellazioni, gli altri legati ai fenomeni atmosferici, vulcanici, acquatici, ctonici e ai cataclismi. Così come ripreso e indicato dall’antropologo Gilbert Durant (1921-2012) nel suo libro “Le strutture antropologiche dell’immaginario –edizioni dedalo 2009”, a pagina 30, poi indica un altro grande studioso di antropologia di questi fenomeni prof. Mircea Eliade (1907-1986) nel suo libro già segnalato sopra, il quale sottolinea con una certa sintesi, essi sono tutti miti legati a fenomeni che ci portano alla individuazione di ierofanaie. Allora si può dedurre che le “aiole”, non avendo altre funzioni interpretative come strutture né difensive, tantomeno con funzioni di contenere delle eventuali frane, non rimane altro un solo scopo, quello sacro. Per concludere, si può dedurre le “aiole” del lago di Bolsena, sono delle prime forme strutturali atte a esercitare pratiche tutte legate al grande culto della madre terra, alla sua fertilità, all’acqua e a tutte quelle attività vulcaniche secondarie che un territorio può manifestare (vapori caldi, mofete, sorgenti calde, minerali e solfuree). Quindi si può dedurre la popolazione che ha vissuto intorno al lago di Bolsena è stata una civiltà fortemente legata alle attività agricole, di allevamento, pastorizia, di caccia e pesca, essenzialmente predisposte ai diversi riti legati all’acqua e alla fertilità della terra. Esempio c’è lo scrive Gilbert Durant nel suo libro già citato precedentemente, dove a pagina 283 tratta le diverse riflessioni sulla Terra Madre e scrive : “…le acque si troverebbero , mentre la terra sarebbe all’origine e alla fine di ogni vita…..le acque precedono ogni creazione e ogni forma, la terra produce forme viventi …”, Durant prosegue nel suo pensiero continuando a scrivere così: “…le acque sarebbero le madri del mondo, mentre la terra sarebbe la madre dei viventi e degli uomini…”, (vedi gli scritti anche a pagina 289). Sempre indicando il libro di J. Ries , nelle sue ampie e documentate osservazioni ci aiuta a capire la sostanza sacra racchiusa nella terra, nel preciso capitolo quando ci parla di Simbolo e Simbolismo. Egli in sintesi scrive a pagina 71 e successive: “…Il segno e il simbolo sono elementi identificativi naturali del fenomeno sacro primordiale, esempio fumo (segno), fuoco (simbolo primordiale); vapore (segno), acqua (simbolo primordiale); saetta (segno),temporale (segno primordiale). Nel caso delle “aiole” del lago di Bolsena, esse possono essere “il segno”, invece il “simbolo primordiale”, sono tutti quei fenomeni vulcanici secondari. Il segno, “l’aiola” come indicato, è la struttura costruita sopra il “simbolo primordiale”, ma alla fine i due momenti si uniscono e tutti diventano espressioni di un significato sacro unico. Il “segno” può essere anche una indicazione concreta, un metodo rituale, una manifestazione sacra che l’occhio umano intuisce, oppure un esercizio pratico di venerazione fortemente legato al significato di un’espressione di un contenuto (simbolo) sacro. Quindi “ le aiole” non sono altro il simbolo e il segno di una entità sacra che l’homo religiosus aveva individuato e delimitato intorno al Lago di Bolsena. Questa testimonianza protostorica, è anche una testimonianza antropologica, e sta a significare che il sacro non si “sposta”, è inamovibile. Esso nasce e si manifesta nella vita terrena , proprio nel momento della sua individuazione e lì rimane.
PARTE FINALE
Poi se andiamo a rileggere il libro già citato di Julien Ries, nel capitolo “Simbolismo, simboli e ambiente”, troviamo a pagina 101 una spiegazione specifica sul simbolo dell’acqua e scriveva così: “..con la montagna e l’albero, l’acqua costituiscono una trilogia sacra. Essa è fonte di vita. Purifica e fa rinascere. E’ fonte e origine, matrice e fondamento del mondo, essenza di vegetazione, elesir d’immortalità, principio di purificazione e di guarigione. Nella tradizione vedica, egiziana, ebrea e cristiana. Nei miti,nei rituali, nelle cosmogonie, l’acqua precede le forme che saranno create. E’ il supporto della creazione…”, prosegue il Reis con diversi esempi del grande culto dell’acqua in diversi luoghi e periodi nel mondo, tra questi traccia un esempio di venerazione di questo elemento così: “….. La simbolica dell’acqua spiega l’importanza dei culti di cui abbiamo tracce fin dal neolitico. Omero conosceva il culto dei fiumi. Per i Greci le ninfe erano divinità delle acque correnti, delle sorgenti e delle fontane. Il numero di sorgenti e di fontane benefiche e miracolose è impressionante. Questo culto popolare era talmente radicato nel subcosciente che la Chiesa ha permesso queste devozioni, volgendo lo sguardo dei cristiani verso la simbologia dell’acqua del battesimo….”. Il cardinale antropologo e storico delle religioni avviandosi alle conclusioni in merito questo capitolo sul simbolo e simbolismo relativo all’acqua scriveva così: “….La nostra riflessione sul sacro e l’ambiente ci ha condotti a presentare due trilogie che sono strutture cosmiche raddoppiate in un simbolismo sacrale molto ricco per l’uomo. Nella prima trilogia troviamo la volta celeste, la terra e la luce, tre componenti universali dell’ambiente. La seconda trilogia è più limitata nel suo contesto geografico ma essa di una grande ricchezza simbolica: la montagna, l’albero e l’acqua. Queste due trilogie sono rapporti di ierofanie, cioè dei mezzi attraverso i quali si realizzano le manifestazioni del sacro. In altre parole, i sei grandi simboli che abbiamo appena passato in rassegna intervengono nell’esperienza del sacro e giocano un ruolo eminente nella vita religiosa….”. L’homo religiosus che viveva sulle sponde del lago di Bolsena è stato il creatore e l’artefice delle “aiole”, non è altro quell’uomo che viveva di pulsioni atte a esternare le sue emozioni sacre, tutte legate all’acqua e alla fertilità del territorio. Così come scriveva Gaston Bachelard (18814-1962), nel libro “Psicanalisi delle acque” Redazioni.it prima ediz.2006, emerito professore di storia e filosofia. Il prof. Bachelard ci porta a farci conoscere in maniera più profonda e diversa sul valore della sacralità dell’acqua. Concetto non nuovo, ma ripetutamente esercitato dall’uomo in “illo tempore”, e a pagina 148 c’è lo spiega così, esattamente nel capitolo “L’acqua materna e l’acqua femminile”; “…Qual’è la vera materia che trascina il sognatore? Non sono le nuvole,né il soffice prato, ma l’acqua. Nuvole e prato sono espressioni; l’acqua è l’impressione… “ poi continua “Dei quattro elementi l’acqua può cullare..”Questo termine del verbo transitivo “cullare”, il Bachelard intendeva anche sviluppare qualcos’altro come: “distendere”, “armonizzare”,”rilassare”, “curare”, “sognare”. Tant’è vero che nelle pagine successive sviluppa e cita queste affermazioni: “…L’acqua ci porta. L’acqua ci culla. L’acqua ci addormenta. L’acqua ci restituisce la madre..”, oppure “..L’acqua ci invita in un viaggio immaginario. Lamartine esprime anche questa continuità materiale dell’acqua e del cielo, <..quando gli occhi vaganti sull’immensità luminosa delle acque che si confondeva con la luminosità immensa del cielo…>, non sa più dove cominci il cielo e dove finisca il lago….”. Sono tutte esternazioni e sensazioni che si ripetono nel tempo e non invecchiano mai, anzi saranno sicuramente le stesse che hanno avuto chi ha vissuto sulle sponde del lago di Bolsena nei millenni precedenti. Rileggendo nuovamente Mircea Eliade il libro già indicato, egli ha trattato molte pagine riferite al culto dell’acqua, tra cui cita il forte legame sacro tra fecondità delle acque, la luna, la donna e la fertilità. Egli sottolinea e indica in maniera esaustiva indicando che il sacro nasce soprattutto in quei luoghi dove maggiormente sono evidenti una complessità di ierofanie. Sono quei luoghi ricchi di acqua e fertlità, territori utili non solo per poterci vivere ma anche per esercitare una vita spirituale a contatto con diverse divinità. “Le aiole” o “aiuole” costruite sulle rive del lago di Bolsena, non sono altro la testimonianza storica e antropologica del grande culto legato in questo meraviglioso territorio. Lo sguardo, misterioso e affascinante dell’homo religiosus verso il sacro, attuato in “illo tempore”, perché lo individuava, lo percepiva, lo esaltava e lo circoscriveva. Concetto spirituale che è rimasto nel tempo, è stata la base principe per il popolo Etrusco continuando la “tradizione religiosa”, da cui poi nascerà qualche secolo successivo il suo centro sacro più importante dell’intera Etruria: il Fanum Voltumnae sul lago di Bolsena.
Luigi Catena 07.08.2019
foto 1,2,3, l'aiola in località gran carro (dimensioni forma ellittica 80 metri per 60 alta 5 metri), l'ing. A.Fioravanti nell'agosto del 1959, scoprì quella del gran carro in seguito in tutto furono ben 4 tutte scoperte da Fioravanti
Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai. |