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Congresso dei DS all'EUR

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2005 02:16
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06/02/2005 19:02

Due righe di slogan, per il congresso dei Ds che si è aperto giovedì scorso al Palalottomatica dell'Eur:

Finisce l'illusione, comincia l'Italia.


Tre giorni di dibattito, folla di delegati e ospiti stranieri, strutture avveniritisiche per uno sforzo da 2 milioni di euro, alleggerito dal contributo delle sponsorizzazioni: evento mai accaduto prima in un congresso della sinistra.

I DELEGATI - Sono 1576 delegati dai congressi regionali e quelli di diritto, di cui 975 uomini e 599 donne, pari al 40 per cento del totale. Duecentocinquanta i delegati di diritto (parlamentari, presidenti di istituzioni locali), 40 delegati della Sinistra giovanile e 32 delegati esteri eletti nei congressi del partito presenti in 19 paesi stranieri. Al Palaottomatica presenti anche 200 parlamentari nazionali, 12 parlamentari europei, i cinque presidenti di regione, 30 presidenti di provincia, 28 sindaci di comuni capoluogo.

LA STRUTTURA - Oltre ai 5500 metri quadrati interni, sono stati attrezzati altri 3000 metri quadrati per l'accoglienza, in uno spazio esterno al Palalottomatica. Diciannove le sale di riunione, 8500 i posti a sedere, due i ristoranti per un totale di 600 posti. Dieci i punti di ristoro. I giornalisti accreditati sono oltre 500.

IL PALCO - Lo sfondo scelto è rosso e il palco è collocato in mezzo alla platea per dare l’idea della compattezza e della fusione tra l’oratore e la gente.
Il logo delle assise, una sorta di (incompiuta) spirale a tre eliche che, nella gigantesca dimensione di nove metri di diametro, campeggia sul palcoscenico. L'obiettivo è suggerire l'idea del movimento, dell'evoluzione e del rinnovamento. Per realizzare questa avveniristica struttura sono stati impiegati in media 300 lavoratori al giorno per un totale di 30mila ore di lavoro. Il costo dell’evento? Sotto i 2 milioni di euro e verrà coperto per il 50% circa dalle sponsorizzazioni.

GLI OSPITI STRANIERI - Da record anche la presenza dei delegati stranieri. Centoventi rappresentanti di partiti, fondazioni e organizzazioni mondiali, tra cui il presidente socialista del Parlamento europeo Josep Borrell; Kerry Kennedy, numero uno della Fondazione Robert Kennedy e lo speaker del Parlamento romeno, Adrian Nastase, recentemente sconfitto nelle elezioni presidenziali. Non c'è invece il cubano Manuel Questa Morua, leader della Corrente socialista democratica di Cuba, perché l'Avana non gli ha concesso l'autorizzazione a raggiungere Roma. Per il governo partecipa il vicepresidente del consiglio Follini. Ci saranno i parlamentari della Cdl Domenico Fisichella e Domenico Nania (An) e Bruno Tabacci (Udc).

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06/02/2005 19:07

Fassino segretario col 79,1%


Siamo più uniti di tre anni fa. Piero Fassino inizia così la relazione al termine della quale viene proclamato per la seconda volta segretario dei Ds col 79,1%. Nel suo intervento il leader della Quercia si dedica però non solo al bilancio del partito che prese in mano a Pesaro nel 2001 ma anche al progetto della federazione dei riformisti (che non piace all’ala radicale del partito) e alla leadership di Prodi che, ricorda Fassino, abbiamo scelto tutti insieme. Lunghi applausi dalla platea, specie quando il Professore sale sul palco e lo abbraccia in quella che diventa la fotografia emblema della prima giornata del Congresso Ds.

UNITI PER PRODI- Un leader forte, una alleanza larga, un timone riformista solido. Dal palco congressuale del Palalottomatica, Fassino elenca i tre cardini del progetto politico con il quale il centrosinistra può tornare a vincere. Una coalizione senza leader sarebbe muta davanti agli elettori e disarticolata davanti alla nacessità di una sintesi politica e programmatica - spiega Fassino - una coalizione senza guida politica riformista sarebbe esposta alla paralisi e quindi a nuove forme di divisioni. Per questo tutti insieme abbiamo scelto Romano Prodi e intorno a Prodi vogliamo e dobbiamo schierare una nuova classe dirigente che il centrosinistra ha in misura certamente più ampia del centrodestra. In questa visione abbiamo detto sì a forme di investitura democratica e popolare della leadership di Romano Prodi e le primarie a questo devono servire: a unire il centrosinistra e a rafforzarne la sua credibilità, non a dividerlo.

NON UN PARTITO UNICO - L'ossatura della relazione è però incentrata sulla Fed, il progetto della Federazione dei partiti riformisti che dovrebbe prendere slancio dalla tre giorni romana. I partiti non si fondono, né si sciolgono a tavolino, puntualizza il leader della Quercia, senza partiti la democrazia deperisce e il potere passa di mano: quando va bene, con la supplenza delle grandi tecnocrazie, quando va male, con il formarsi e il consolidarsi di gruppi di potere, che occupano lo stato e lo trasformano in strumento di potere al servizio di interessi privati. E l'antipolitica avanza». Insomma, insiste Fassino, federazione e partiti, l'una tiene l'altra.

ITALIA RIALZATI - Nel lanciare la sfida del centrosinistra, Fassino conia un nuovo motto, dopo il O si cambia o si muore del 2001, che si può sintetizzare nell'Italia rialzati. Sì, l'Italia è un grande paese: ce la può fare, può rialzarsi. Ma per farcela - aggiunge - ha bisogno di un progetto in cui credere e una classe dirigente all'altezza del compito. Il segretario non perde l'occasione per una battuta sul premier: C'è un solo italiano che continua a ripetere che le cose vanno bene, anzi, non potrebbero andare meglio: Berlusconi, che ricorda quell'affascinante nobildonna francese che, colta in flagrante amplesso, cercò inutilmente di protestare la propria innocenza, urlando al suo uomo tradito: Ah benissimo, vedo che non mi amate più, credete di più a quel che vedete che a quel che vi dico.

IRAQ - Quanto ai temi internazionali, Fassino saluta con gioia il successo delle elezioni in Iraq e definisce il voto di domenica uno spartiacque. A chi scioccamente e irresponsabilmente ha definito Al Zarkawi e i suoi accoliti dei resistenti, replichiamo che i veri resistenti sono quegli otto milioni di donne e uomini iracheni che votando hanno detto no alla morte e sì alla vità. Secondo Fassino, gli iracheni hanno voluto dire che vogliono essere padroni del proprio destino, lasciarsi alle spalle sia Saddam Hussein, sia la guerra, per costruire finalmente un Iraq libero. Ed ecco perché Fassino chiede che si convochi il consiglio di sicurezza dell'Onu, si decida in quella sede l'avvio del ritiro delle truppe di occupazione e la loro eventuale sostituzione con una forza multinazionale di pace sotto egida Onu.

REGIONALI - Nel suo intervento, il segretario dei Ds apre ai radicali e dice che la credibilità del centrosinistra aumenterà se l'alleanza si aprirà anche ad altre convergenze, come con il partito radicale di cui apprezziamo la importante disponibilità a camminare insieme a noi.

SI' AL REFERENDUM - Anche alla legge sulla fecondazione assistita viene dedicata una parte della relazione al terzo congresso ds. E a chi sostiene che i referendum possano dividere il paese e ai vesconi che invitano al non voto, Fassino replica: La nostra intenzione è sempre stata chiara: dare al paese una buona legge che tuteli nascituro, la coppia, la donna, la ricerca. Ma se ciò non è possibile con serenità, ci avviamo alla campagna referendaria su quesiti mirati che abbiamo promosso e sostenuto.

I RISULTATI - La mozione di Fassino ha avuto il 79,10% dei voti, quella di Mussi il 14,56%, quella di Salvi il 3,98% e quella della Bandoli il 2,36%.


Il giorno di D'Alema


ROMA - Alla fine si discute sempre di lui: l'unico leader politico che risponde a un boato alzando un sopracciglio. Nec tecum nec sine te vivere possum , i Ds non riescono a vivere né con D'Alema né senza. Il boato dura da 30 secondi, lui alza anche l'altro sopracciglio. L'unico dubbio del congresso è se la sinistra interna lo voterà come presidente. L'ovazione si prolunga: saluto con entrambe le sopracciglia. L'ultima volta, Pesaro 2001, il suo discorso fu paragonato a un gioco sadomaso, un rito di sottomissione e di dominio: la colpa della sconfitta elettorale sarà anche mia ma, badate, è anche di ciascuno di voi; lo applaudirono comunque. Oggi la sola citazione del suo nome fa alzare tutti, tranne lui.

Odi et amo , è un rapporto di odio e amore quello che lega la platea all'antico leader. Ci conosciamo da 35 anni sospira Mussi. A Montecitorio eravamo compagni di banco si intenerisce Folena, che si asterrà, per stima. Sono stata la sua ministra della Cultura rievoca la Melandri, che come Cofferati lo voterà. Il boato non accenna a finire, ma solo quando Fassino lo guarda con espressione quasi implorante si alza anche lui e fa ciao con la mano. Finita la relazione, il segretario prima ancora che da Prodi va subito da D'Alema, ne riceve la stretta di mano e due baci sulle guance, bravo, molto bravo. Troppo lungo? gli sussurra Fassino. Nooo, bene così. Non che abbia bisogno della sua approvazione.

Il D'Alema di oggi non è più il padrone del partito. Ne è un po' il padre, però. Il fondatore Occhetto è in tribuna ospite accanto a La Russa. Lui è qui anche per motivi affettivi: Certo che l'applauso mi ha fatto piacere. Un po' mi ha emozionato, un po' mi ha imbarazzato. Sono rimasto seduto perché sono timido. E per un fatto anagrafico: Siamo tutti un po' attempatelli. Così accade che ci sottopongano a esami che abbiamo superato nel 1976. O che ci rivolgano domande cui abbiamo risposto nel 1979. Pare ci considerino ancora il Pci. Noi, invece, abbiamo fondato il Partito socialista europeo. Quando siamo entrati nell'Internazionale socialista mio figlio Francesco non era ancora nato. Adesso è un ometto.

Con Fassino si conoscono da molto tempo prima. Dal 1973, quando lui divenne capo della Fgci torinese. Avevamo 24 anni. Parlo al plurale perché siamo tutti a due del 1949, lui di ottobre, io di aprile. Un congresso da ex segretario è come ritrovare una donna molto amata e perduta. Il discorso di Fassino gli è piaciuto, compreso il passaggio sull'Iraq: Piero ha fatto bene a sottolineare il carattere libero e democratico delle elezioni di domenica scorsa. Del resto, basta vedere i primi risultati: se il partito del primo ministro è il quarto partito, vuol dire che sono state elezioni serie. Detto questo, è stato perfetto anche il riferimento al ruolo dell'Onu e della comunità internazionale. Lo interrompe un compagno di Agrigento: mi riconosci? Lo riconosce, sono stato al congresso del Pci di Agrigento nel 1976. L'anno prima Berlinguer aveva offerto la guida della Fgci nazionale a Fassino, che rifiutò per non lasciare Torino e la madre rimasta vedova a 36 anni. Allora Berlinguer chiamò il segretario del Pci pisano, D'Alema, che accettò e per prima cosa propose all'amico Piero di fargli da braccio destro, ricevendo una risposta un po' seccata: Non ho voluto fare il primo, vuoi che faccia il secondo?. Erano altre le prove destinate a unirli.

La notte del 20 luglio 1984 D'Alema è a Torino per un dibattito sul femminismo organizzato da Livia Turco. Tocca a me - ha ricordato Fassino - informare Massimo che la sua compagna, Giusi Del Mugnaio, è stata vittima di un incidente mortale in Puglia, di rientro da un comizio. Ricordo il colpo terribile, quasi fisico, che si abbatte su di lui, la mia frustrazione e il mio sgomento (D'Alema ha un altro ricordo, una telefonata notturna di un compagno, Giacomo Princigalli. Tutto crollò. Non so quanto tempo fosse passato da quella telefonata, ma non doveva essere molto perché era ancora notte. Sentii bussare alla porta della camera d'albergo. Era Piero Fassino. Mi abbracciò).

Quattro anni dopo, è Fassino a telefonare a D'Alema da una camera d'albergo, a Parigi. E' là per rendere omaggio alla tomba di Imre Nagy, l'eroe di Budapest 1956. E ha appena ricevuto una telefonata di Pajetta che minaccia: Se lo fai, domani io vado sulla tomba di Kadar. Un colpo terribile per un torinese iscrittosi diciottenne alla sezione Gaspare Pajetta, intitolata al fratello di Giancarlo caduto da partigiano. D'Alema lo conforta: il giorno dopo l'Unità , di cui è direttore, aprirà con un titolo in sostegno di Fassino. Tutto questo non impedirà a Piero nel 1994 di schierarsi con Veltroni, e a D'Alema di imporlo segretario nel 2001 e difenderlo poi dall'offensiva dei girotondi. Che, in realtà, ce l'avevano con lui. Nanni Moretti lo punta da una vita, a parte il tormentone sulla cosa di sinistra: era D'Alema il parlamentare di Palombella Rossa , a D'Alema pensava Moretti quando in Aprile diceva che quelli della Fgci passavano il tempo a guardare Happy Days , e quella è stata la loro formazione umana, politica e culturale. D'Alema replicò: Sono vecchie storie di quartiere, dei primi Anni Settanta. Anche in altre stagioni ho polemizzato a sinistra con chi militava nei gruppuscoli. Allora, i fatti diedero ragione a noi. Ce la daranno anche adesso. E di Paul Ginsborg ricordava di aver scritto un libro con lui nel decennale della morte di Berlinguer, e il professore lo criticava con accenti craxiani, in difesa del consumismo.

Oggi, al congresso D'Alema non parlerà così. Si rivolgerà al Correntone, che non lo ama, con parole d'amore: un partito di sinistra deve avere una sinistra interna forte, anche per non lasciare troppo spazio a Bertinotti (che ieri commentava così, sorridendo, la relazione di Fassino: Socialdemocrazia pura, Napolitano vi avrà riconosciuto il piano a medio termine che lui ha scritto 25 anni fa). Non sarà un intervento aspro quello di D'Alema, anzi: Per usare un linguaggio giornalistico, la notizia oggi non è che la sinistra discute; è che la sinistra è unita, e vince un po' dappertutto. Ci proviamo anche in Puglia, dove abbiamo mosso tutte le corazzate.

Il padre non più padrone è un uomo rilassato. Conversa di arte contemporanea, dei pulcinella di Lello Esposito di cui è collezionista, delle maschere di Mimmo Paladino che apprezzo ma non mi posso permettere. Artisti meridionali. Io sono un meridionale apolide. Mia madre è romana de Roma, mio padre Giuseppe è lucano di Miglionico, trasferito a Ravenna al seguito del nonno, ispettore scolastico di simpatie massoniche, poi a Ferrara per ordine di Amendola, a ricostruire il vertice del Cln fucilato dai fascisti. Partigiano è stato anche il padre di Fassino, Eugenio, piccolo imprenditore e socialista. Accanto al segretario, D'Alema ritma l'Internazionale battendo le mani, poi si abbottona la giacca per l'Inno di Mameli, con la telecamera che passa in rassegna la nomenklatura ds (per la prima volta senza palco) come la nazionale di calcio. Va a salutare Prodi, un rapporto ricostruito. Con l'altro ex flaccido imbroglione, Veltroni, va meglio ma ci vorrà ancora tempo. D'Alema non lo amerà mai, perché fatica ad accettare che Walter sia più amato di lui, fuori di qui. Il partito però è casa sua, e oggi per un'ora gli sembrerà di ritrovare una donna un tempo molto amata.

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07/02/2005 01:34

solo una cosa: con dalema presidente dei ds (stalinista becero e arrancatore) non voterò MAI sinistra!!! piuttosto mi astengo!!!

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mantenimento in pillole: yeah!


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07/02/2005 14:20

Bella la scenografia [SM=x44462]
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07/02/2005 15:16

Re:

Scritto da: Das Reich 07/02/2005 14.20
Bella la scenografia [SM=x44462]



E'vero!
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"Io sono un cantastorie, per molte terre e paesi ho sempre viaggiato.
Ora sono giunto a questa: lasciate che prima di partirne io canti..."


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Re:

Scritto da: Das Reich 07/02/2005 14.20
Bella la scenografia [SM=x44462]



eh! Con quello che è costata vorrei proprio vedere :fD:

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