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Il demonio (Brunello Rondi 1963)

Ultimo Aggiornamento: 30/12/2022 08:58
30/12/2022 08:58
 
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Durante il boom economico degli anni ’60, nel Sud Italia esistevano realtà rurali ancora ferme praticamente al medioevo, in cui l’arretratezza culturale andava di pari passo con la più ignorante superstizione religiosa.
E’ in questo contesto, in un paesino della Lucania con 4 case e una chiesa, abitato da agricoltori e pastori, che si svolge la triste storia di Purificata detta Purif, una ragazza bellissima e sensuale, un po’ sciroccata, guardata da tutti, familiari compresi, con diffidenza e ostilità.
La giovane è innamorata (o meglio ossessionata) del compaesano Antonio, il quale, pur essendone attratto a bestia come qualsiasi maschio della piccola comunità, la respinge e preferisce accasarsi con una donna “normale”, grassoccia e baffuta ma sottomessa e onorabile, come dev’essere una brava moglie che sa stare al suo posto senza mettere in imbarazzo il marito.
A questo punto Purif perde completamente il senno e ricorre ad una delle tante pratiche di magia rituale diffuse nel sud, che vengono riportate nel film con dovizia di particolari e a quanto pare con estrema aderenza alla realtà, basandosi sugli studi dell’antropologo Ernesto De Martino, come dichiarato in apertura.
Da qui a convincersi di avere un dialogo diretto col demonio e a convincere gli altri di essere posseduta, e quindi causa di ogni sventura che si abbatte sul paese, è un attimo.
Il primo passo non potrà essere quindi che un esorcismo, chiamato a gran voce da una folla che la domenica confessa i peggiori peccati, assolti da un'ave maria, ma poi vorrebbe lapidare Purif che forse avrebbe bisogno solo di uno psicanalista.
Scordatevi comunque gli effetti speciali, in questo film che sembra più appartenere al cinema neoralista che al genere horror. Ricordatevi invece di tutte le facciacce di Jennifer Carpenter nei panni di Emily Rose, all’epoca acclamato universalmente per le contorsioni senza utilizzo di CGI e compagnia bella, e ditemi se non è più convincente l’interpretazione dell’attrice/ballerina Daliah Lavi, che si cimenta persino in una bizzarra e inquietante spider-walk, diversi anni prima di quella ben più celebre di Linda Blair.
Se è altamente improbabile che Friedkin potesse aver visto il film di Rondi, altrettanto non si può dire di Fulci, che mi mangio un gatto (quello nel suo cervello) se per la sua maciara di Non si sevizia un paperino non ha preso ispirazione dal personaggio di Purif (a cui la Bolkan somiglia pure fisicamente).

Altra pellicola che va ad aggiungersi alla lista degli “ingiustamente dimenticati”, Il demonio è un film assolutamente da recuperare non solo perché precursore del filone demoniaco (e a ben vedere anche del folk horror), ma perché bellissimo a prescindere dal genere, girato in uno splendido bianco e nero con sequenze veramente notevoli (per citarne una fra le altre, il matrimonio di Antonio, con Purif in preda alla disperazione che segue il corteo dall’alto del paesino arroccato), e testimonianza scioccante di una certa mentalità che probabilmente in certi luoghi ancora sopravvive.




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