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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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Samp, festa salvezza col poker.
Fiorentina, ora l'Europa è a rischio

La squadra di Giampaolo gioca una gran partita e
va a segno con Ferrari, Quagliarella, Thorsby e Sabiri.
Sconfitta pesantissima per i viola


Filippo Grimaldi


E’ qui la festa sampdoriana, ma è qui pure la notte più cupa della Fiorentina travolta ed umiliata al Ferraris con un 4-1 mai in discussione. Adesso la rincorsa all’Europa diventa una faccenda maledettamente complicata per Italiano, che dovrà chiedere strada in casa alla Juventus. Il Ferraris, invece, è il teatro ideale per una Sampdoria che domina dall’inizio alla fine. Prima del fischio d’inizio, c’è la sfilata sul prato del Ferraris delle legends blucerchiate protagoniste della Sampd’oro tricolore nel 1991.

Durante la gara, con un primo tempo dominato dalla squadra di Giampaolo, avanti già di due gol con le reti di Ferrari e Quagliarella. E poi alla fine, con la festa salvezza che può ufficialmente cominciare. Fiorentina non pervenuta sino all’intervallo, quando sarebbe stato lecito aspettarsi di vedere la voglia matta degli ospiti a caccia del pass europeo. Invece, la salvezza arrivata domenica notte dopo il k.o. di Genoa e Cagliari, quando Quagliarella e compagni erano in ritiro, ha trasformato l’esame contro la Viola nel gioioso atto finale di una stagione complicata. La Viola di Italiano è arrivata svuotata di energie nonostante l’ultimo successo sulla Roma al Franchi, pur se con la consapevolezza che l’Europa potrebbe aprire davvero nuovi orizzonti. Niente da fare. Blucerchiati con Quagliarella titolare (non accadeva dalla sconfitta interna con la Salernitana, il 16 aprile scorso). Viola con il ritorno di Torreira in mezzo – lui che in blucerchiato era esploso -, ma senza lo squalificato Amrabat, chiamata invano a tirare fuori quel cinismo la cui mancanza più volte Italiano ha sottolineato come il vero peccato originale del suo gruppo. Dal 26 settembre scorso, giorno della vittoria esterna a Udine, la Fiorentina ha sempre subìto gol lontano dal Franchi e la partita di stasera ha confermato la regola.

IL MONDO ALLA ROVESCIA — Insomma, se qualcuno pensava a diverse motivazioni fra le due squadre è rimasto deluso: la Samp è partita fortissimo, ha trovato varchi continui sulle fasce con la spinta di Candreva e gli inserimenti da dietro di Augello sulla sinistra, creando non poche apprensioni nei viola. In difficoltà al 10’ sulla pressione blucerchiata (Duncan rischia l’autogol), ma poi pronti a distendersi sulla ripartenza con Nico Gonzalez, murato in angolo da Bereszynski. La Samp corre, spinge, affonda, gioca con la testa libera dai cattivi pensieri di una classifica ormai blindata, i toscani annaspano. Torreira e Nico Gonzalez si prendono due gialli in ottanta secondi, perché la Fiorentina ha un passo troppo lento per una Samp che va a mille. Così succede che meritatamente i padroni di casa sbloccano il risultato al 15’: la punizione di Candreva dalla destra trova Ferrari pronto al tocco morbido in rete (che disattenzione, Biraghi), Terracciano è battuto. Fiorentina non pervenuta sino a questo punto, ma il gol subìto risveglia momentaneamente i viola. Ikone cerca la porta di Audero su lancio di Duncan (21’), la Viola alza il baricentro e prova a tenere più bassi gli esterni sampdoriani, privando così Quagliarella delle sue fonti di gioco. E allora è il capitano della Samp che s’inventa assistman, regalando dalla sinistra a Candreva sulla fascia opposta un pallone d’oro, ma Terracciano è super. La Fiorentina rimane però troppo imprecisa e la Samp la punisce ancora con un morbido cucchiaio del suo capitano che scavalca Terracciano su assist di Sabiri dalla sinistra. Quagliarella in paradiso, con un gol che lo risarcisce di una stagione zeppa di difficoltà. Due a zero strameritato, Fiorentina inesistente. Che, quando ha il pallone giusto (Bonaventura, 35’, un rigore in movimento su cross di Cabral) spreca malamente e manca la porta. Ci prova ancora Nico Gonzalez al minuto 47, ma il suo diagonale taglia l’area e si spegne sul fondo.

RISVEGLIO — Il 4-3-3 viola non funziona: punte poco servite, squadra lunga e sfilacciata. La Samp, no: il 4-5-1 di base, con Vieira vice-Ekdal, è duttile e lascia ampia libertà di manovra sulle corsie esterne, con Sabiri imprevedibile nelle sue giocate e imprendibile per la mediana ospite. Italiano toglie nella ripresa Duncan e dà spazio a Maleh, ma la sostanza non cambia. Viola troppo scolastici e prevedibili, anche se la Samp abbassa il numero dei giri del suo motore e va a tratti in gestione. Gioco frammentato, uno scontro durissimo fra Igor e Vieira porta a uno stop di oltre tre minuti, poi va k.o. anche Ferrari. Ma non cambia il canovaccio di una gara senso unico. E al minuto 26’ una triangolazione Sabiri-Candreva si chiude con un assist perfetto per Thorsby: gran botta sotto la traversa e tre a zero Samp. I cambi di Italiano (Piatek per Cabral, Callejon per Ikone) non scuotono la squadra. C’è ancora tempo per il quarto gol strameritato di Sabiri: un gioco di prestigio che sorprende Milenkovic e beffa Terracciano dal limite. Saponara ci prova al 41’, ma trova attento Ravaglia, appena subentrato ad Audero. Ma nella mischia c’era stato un fallo di mano di Trimboli: rigore, dal dischetto Nico Gonzalez fa centro. Finisce 4-1, anche se c’è tempo al 48’ per un rosso diretto a Colley. Resta la punizione pesantissima per i viola. Domenica Samp a San Siro: per l’Inter non si annuncia una passeggiata…

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milinkovic al 96' rovina la festa di Chiellini e Dybala:
la Lazio fa 2-2 e va in Europa League

Juve avanti con Vlahovic e Morata nella serata dell'addio ai due giocatori,
poi le reti di Patric e del serbo regalano la qualificazione aritmetica alla squadra di Sarri


Livia Taglioli


L’Allianz Stadium apre la serata festeggiando il quinto scudetto di fila della squadra femminile, la Juve saluta Chiellini e Dybala, all’ultimo ballo in bianconero all’Allianz Stadium sotto lo sguardo (anche) di Leao e Buffon ma non riesce a condire l'omaggio con i tre punti. La Lazio rimonta infatti due reti, siglando il 2-2 al 96'. Tornano al gol Vlahovic e Morata, il primo in astinenza da tre gare di campionato, l’altro dal 12 marzo, doppietta con la Samp. Poi la Lazio batte un colpo, anzi due: prima accorcia le distanze Patric al 51’, poi realizza il pari l'osservato speciale Milinkovic-Savic a tempo scaduto. E per la squadra di Sarri il pari è prezioso: vale l'accesso all'Europa League.

IERI, OGGI, DOMANI — Fra amarcord e futuro, Juve-Lazio è soprattutto saluto per Chiellini e Dybala, fra cori e striscioni che accompagnano il loro ingresso in campo, da titolari, anzi da capitano e vice capitano per un’ultima volta. Con loro anche il capitano annunciato per la prossima stagione, Bonucci, nonché per la terza volta dal 1’ il giovane Miretti, pronto a mettere in vetrina tutto ciò di cui è capace pensando alla Juve del futuro. In extremis Rabiot si arrende a un’infiammazione inguinale e va in panca, con Locatelli che ritrova una maglia da titolare. Nella Lazio manca Immobile, al suo posto il capoverdiano Cabral. E’ una Juve leggera e frizzante, che non ha più nulla da chiedere al campionato se non di archiviare le due sconfitte di fila da cui è reduce (col Genoa in campionato e con l’Inter nella finale di coppa Italia), mentre la Lazio cerca il punto della sicurezza per l’Europa League.

PRONTI ATTENTI VLAHOVIC — E già dopo 5’ la squadra di Sarri sfiora il vantaggio andando a colpire la traversa con Cataldi. Vlahovic scalda i motori, e due minuti dopo Strakosha gli esce fra i piedi sventando l’enorme minaccia. Ma nulla può al 10’, quando il serbo si lancia in tuffo su un cross di Morata e di testa sigla l’1-0, esultando con la Dybala mask. Per il serbo è il gol numero 24, ma Immobile ne ha ancora tre in più. L’abbraccio vigoroso con Chiellini e il salto sulle spalle della Joya sono l’aperitivo di quel che succederà dopo 7 minuti. Come previsto, Allegri richiama Re Giorgio, alla sua presenza in bianconero numero 560, e manda in campo De Ligt. Compagni e pubblico si uniscono in un comune, commosso applauso al capitano, che esce dopo mille abbracci: l’ultimo è quello dell’olandese, sulla linea laterale, in un simbolico passaggio di consegne. La partita va avanti, Chiellini continua il suo pellegrinaggio laico intorno al campo, a raccogliere il saluto infinito dell’Allianz. Intanto Perin esce coraggiosamente sui piedi di Cabral, dopo una bella penetrazione di Milinkovic-Savic.

DOPPIO VANTAGGIO, POI LA RIMONTA — Al 36’ arriva il raddoppio Juve: Dybala affonda la falcata, poi si ferma, aspetta Cuadrado e lo serve di tacco, lanciandolo in profondità. Il colombiano cede a Morata, che si avvita su se stesso e fa partire un destro in girata che finisce alle spalle di Strakosha. Gran gol, il nono in campionato per lo spagnolo. La Lazio non si arrende e spinge, con Milinkovic Savic abile a verticalizzare o a proporsi in avanti in prima persona. Ma la Juve non abbassa la guardia dietro ed è pronta a ribaltarsi in avanti. In apertura di ripresa è la Lazio a trovare il gol: calcio d’angolo di Cataldi e testa di Patric, con tocco finale di Alex Sandro. Il 2-1 arriva al 51’. Rispetto al primo tempo la Lazio cresce in convinzione e fiducia, la Juve dopo una prima frazione molto intensa rimpicciolisce, rischiando anche la rimonta. Allegri gioca la tripla inserendo al 62’ Aké, Kean e Pellegrini (per Locatelli, Vlahovic e Morata), in risposta a Sarri che aveva richiamato Cabral per Pedro. E proprio Kean sfiora il raddoppio avvitandosi in acrobazia ma senza trovare lo specchio. Tutti in piedi al minuto 77’: esce Dybala, sommerso dall’abbraccio dei compagni e dall’ovazione dei tifosi. Al suo posto Palumbo. E anche per la Joya scatta il giro di campo, con autografi, strette di mano e selfie, 192 gare dopo. Ma non è finita: al 96' infatti Milinkovic-Savic da posizione impossibile batte Perin e fissa il risultato sul 2-2.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 37ª Giornata (18ª di Ritorno)

14/05/2022
Empoli - Salernitana 1-1
Udinese - Spezia 2-3
Verona - Torino 0-1
Roma - Venezia 1-1
15/05/2022
Bologna - Sassuolo 1-3
Napoli - Genoa 3-0
Milan - Atalanta 2-0
Cagliari - Inter 3-1
16/05/2022
Sampdoria - Fiorentina 4-1
Juventus - Lazio 2-2

Classifica
1) Milan punti 83;
2) Inter punti 81;
3) Napoli punti 76;
4) Juventus punti 70;
5) Lazio punti 63;
6) Roma punti 60;
7) Fiorentina e Atalanta punti 59;
9) Verona punti 52;
10) Torino e Sassuolo punti 50;
12) Udinese punti 44;
13) Bologna punti 43;
14) Empoli punti 38;
15) Sampdoria e Spezia punti 36;
17) Salernitana punti 31;
18) Cagliari punti 29;
19) Genoa punti 28;
20) Venezia punti 26.

(gazzetta.it)

Le squadre del Venezia e del Genoa matematicamente retrocesse in Serie B con una giornata di anticipo.
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Abraham e Pellegrini spingono
la Roma in Europa League.
Toro, troppi regali



Due errori dei granata mettono in discesa la partita dei giallorossi,
con l'inglese letale su azione e su rigore.
Nel finale Pellegrini chiude il match ancora dal dischetto.
Mou sicuro di giocare le coppe a prescindere dalla finale di Conference League.
Premiato Bremer


Mario Pagliara

Un tris squillante in casa del Torino vale la qualificazione aritmetica della Roma all’Europa League della prossima stagione. Non poteva esserci viatico migliore per la squadra di Mourinho che archivia il campionato a 63 punti e fa soprattutto un bel pieno di entusiasmo in vista della finale di Conference. Nell’ultimo atto di una stagione comunque ricca di elementi positivi, il Toro di Juric invece si mostra con la testa già alle vacanze e viene sconfitto tre a zero da una doppietta di Abraham (il secondo su rigore) e dal tiro dal dischetto di Pellegrini nel secondo tempo. Nonostante il ko, il pubblico di casa canta fin oltre la fine della partita e applaude la squadra nel giro di campo come ringraziamento a una bella stagione.

BREMER IL MINISTRO — Prima che la partita cominci, l’Olimpico è tutto ai piedi di Gleison Bremer. Il difensore brasiliano è infortunato, per questo non è in distinta, ma si presenta a bordo campo indossando la sua maglia numero 3 durante il riscaldamento per ricevere dalle mani del direttore tecnico del Toro, Davide Vagnati, il premio di miglior difensore del campionato assegnatogli dalla Lega di Serie A. E’ lui il ministro della difesa della Serie A: applausi a scena aperta per diversi minuti dal pubblico. Saluta tutti i settori dello stadio e l’impressione è che si sia trattato dell’addio dopo quattro stagioni in granata perché, come ha spiegato Vagnati, "ci sono arrivate tante telefonate, come è giusto che sia". Tanti cori e incitamenti anche per Belotti: all’inizio della prossima settimana risponderà alla nuova proposta di rinnovo presentagli dal Toro, il pubblico lo spinge verso la firma. Si vedrà.

DOPPIO ABRAHAM — La Roma si presenta con la coppia di attacco Abraham- Shomurodov con alle spalle Pellegrini. La carica del Toro passa attraverso Praet-Brekalo e Belotti. Da possibile sorpresa a realtà è il posizionamento di Lukic come centrale difensivo di destra: la mossa di Juric squilibra il Toro e lo priva di un punto di riferimento certo in mezzo al campo. E si vede. Perché dopo una fase iniziale di sostanziale equilibrio, la Roma spinta dalla coppia Veretout-Oliveira prende il predominio a centrocampo. Il resto lo fanno la superiorità di Zalewski rispetto ad Ansaldi (va al doppio della velocità) e di Abraham su Zima. Dopo diciannove minuti serve un grande riflesso di Berisha sul colpo di testa di Kumbulla per evitare il peggio. E’ il campanello di allarme, perché poco dopo – va detto – il Toro ci mette molto del suo con due pasticci difensivi imperdonabili. Il primo arriva al 33’ ed è di Brekalo che si lancia in un passaggio orizzontale davanti alla propria area intercettato da Pellegrini. Lukic non gli prende il tempo e il fantasista giallorosso riesce a servire Abraham in area, Zima scivola nella marcatura e l’inglese si ritrova solo davanti a Berisha per un comodo 0-1. Otto minuti dopo c’è un altro errore da matita rossa, stavolta di Rodriguez: il retropassaggio dello svizzero per Berisha è troppo lento e favorisce l’intervento di Abraham: Berisha lo stende in tackle e dal dischetto il centravanti di Mourinho porta tutti all’intervallo sullo 0-2. Dopo cinque minuti della ripresa, Pobega prova la reazione con una cavalcata che sbatte sui guantoni di Rui Patricio. Ma è ancora la Roma ad andare più vicina al terzo gol con un rasoterra di Veretout intercettato da Berisha (16’). La serie degli errori granata non è ancora finita e così al 33’ della ripresa Buongiorno strattona Zaniolo in area, per Irrati è rigore che Pellegrini non sbaglia. Finisce 3-0 con la Roma aritmeticamente qualificata in Europa League.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Vince il Baby Bologna ma il Genoa si gode l'abbraccio di Marassi

Splendida coreografia, striscioni di incoraggiamento e
90' di cori per salutare il Grifone già retrocesso in B.
Poche emozioni sino alla rete di Barrow al 66'.
Miha schiera Amey e Raimondo nell'undici iniziale e
nella ripresa inserisce altri tre Primavera


Filippo Grimaldi


Si può? Sconfitti, retrocessi, eppure sorridenti. Succede al Genoa di Blessin, che chiude il campionato collezionando - ahilui - il suo diciottesimo k.o. in campionato, battuto al Ferraris dal Bologna grazie a un gol di Barrow nella ripresa. Che permette ai ragazzi di Mihajlovic di terminare nel migliore dei modi una stagione fra luci e qualche ombra. Negli occhi, però, resta questo strano mondo genoano, che non s’abbatte, né impreca dopo una stagione da dimenticare, ma propone una coreografia che prima del fischio d’inizio tutto fa venire in mente fuorché una piazza che ha vissuto oggi pomeriggio la sua ultima gara in A prima della discesa fra i cadetti dopo quindici anni di fila nel massimo campionato.

EFFETTO — Invece succede proprio questo e l’effetto serve a nobilitare una gara che non ha peso sulla classifica e, nel complesso, vivace solo a tratti e decisamente poco avvincente. Blessin sceglie Semper fra i pali (un premio alla stagione per uno dei migliori comprimari della rosa), con Vasquez di nuovo titolare al centro della difesa al posto di Bani e la coppia Hernani-Galdames al posto degli assenti Balde-Sturaro. Più robusti gli avvicendamenti di Mihajlovic nel Bologna: da Bardi fra i pali ad Amey titolare per la prima volta in difesa, al pari di Raimondo in attacco a far coppia con Barrow nel consueto 3-5-2.

AVVIO SPRINT — Il Genoa gioca leggero nella testa e gli effetti nella manovra si vedono: squadra corta, frequenti scambi di prima e improvvise accelerazioni che a tratti sorprendono gli ospiti, pur senza produrre effetto. Il Bologna, di fatto, non va mai in sofferenza e rischia solo una volta all’8’ su una giocata in acrobazia di Portanova (lanciato da Criscito) sulla quale Bardi ha il riflesso giusto e manda in angolo. La squadra di Mihajlovic resta in gestione sulla pressione di un avversario che palesa in modo evidente quello che è stato per tutta la stagione il suo peccato originale e la causa principale di questa retrocessione: la sterilità dell’attacco. Un esempio: Yeboah arriva quattro volte al limite dell’area ospite nei primi diciotto minuti di gioco, ma perde sempre l’attimo per calciare. La squadra di Blessin difende con ordine, ma anche il rinnovato reparto arretrato del Bologna tiene bene il campo. Sino a metà del primo tempo è, insomma, una partita bloccata e piuttosto noiosa: il Genoa sviluppa bene il gioco sulla sinistra - Aebischer si prende l’ammonizione per fermare un affondo di Amiri partito proprio da quella parte - e proprio sulla punizione successiva (27’) Hernani calcia forte, ma centrale. Bardi, attento, blocca. Alla mezzora, risveglio ospite: De Silvestri ci prova due volte, il riflesso di Semper è decisivo. Gli ospiti insistono: Dominguez calcia, Vasquez devia in angolo.

SI CAMBIA — Dopo l’intervallo, Blessin e Mihajlovic provano a dare più vigore a un gioco sino a quel momento poco produttivo: il vivace Melegoni e Frendrup sostituiscono Portanova e Galdames, ma il modulo non cambia. Nel Bologna, spazio ad altri due giovani, Urbanski e Stivanello (quest’ultimo al debutto: lotta alla pari con Yeboah), fuori Schouten e Dijks. Ma non c’è il cambio di ritmo tanto atteso. Blessin perde Amiri infortunato, e rilancia Cambiaso, ma è Barrow che riesce a portare in vantaggio il Bologna al 66’. Un mix fra freddezza, intuito e buona sorte, perché il pallone del gambiano dalla sinistra carambola su Hernani (tagliando fuori dal recupero Ostigard e Vasquez) e si trasforma in un assist perfetto per sè stesso: diagonale preciso e gol. La squadra di Blessin ha un sussulto: Yeboah impegna Bardi, Frendrup (40’) prende il palo dalla distanza, poi Mihajlovic lancia fra i pali il deb Bagnolini (classe 2004) nei minuti finali. Finisce 1-0 per gli ospiti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Empoli gela l'Atalanta:
dopo cinque anni Gasp resta senza Europa



I nerazzurri hanno sfiorato il gol più volte e colpito un palo con Boga.
Nel finale la rete-beffa di Stulac, ma la Dea è uscita dal campo tra gli applausi.
L'omaggio dei tifosi a Ilicic


Marco Guidi

Dopo cinque anni, l’Atalanta resta fuori dall’Europa. A certificarlo è la sconfitta, l’ennesima al Gewiss, per 1-0 contro l’Empoli. Vincere non sarebbe comunque servito a nulla, visto che la Fiorentina in contemporanea ha sconfitta la Juventus. Ma ecco, chiudere in bellezza una stagione sotto le aspettative sarebbe stata una piccola consolazione. Non è andata così. "Un’altra stagione è passata, la maglia è stata sempre sudata: grazie ragazzi". Il messaggio della curva Nord assolve in toto la squadra di Gasperini. Ma da domani in casa Atalanta si comincerà a pensare al futuro, senza coppe davanti, ma con un progetto da migliorare.

LA PARTITA — Orfano di Muriel infortunato e Malinovskyi squalificato, Gasperini in attacco rilancia dal 1’ contemporaneamente Zapata e Boga, con Pasalic alle loro spalle. Andreazzoli non ha bomber Pinamonti e concede una vetrina alla coppia La Mantia-Cutrone, con Henderson e non Bajrami nel ruolo di trequartista. Ti aspetti un’Atalanta arrembante e invece è il palleggio dell’Empoli a farsi apprezzare in avvio. I toscani arrivano così a calciare ben tre volte verso la porta di Musso nei primi 8’ (Musso blocca su Henderson e Cacace, Cutrone col destro mira largo). Quando però la Dea riesce finalmente a occupare la metà campo altrui, Vicario deve iniziare a lavorare di gomito. Il portiere nel giro di un minuto prima vola sul colpo di testa di Zapata, quindi si distende bene sul tentativo dalla distanza dello stesso colombiano. Le occasioni fioccano, i nerazzurri non sono nemmeno fortunati: al 20’ Zappacosta a botta sicura, su pregevole assistenza di Zapata, colpisce in pieno Boga a pochi metri dalla porta. L’ivoriano prova a riscattarsi poco dopo, ma Vicario alza in corner la sua conclusione a giro. Il portiere si ripete intorno alla mezzora su Koopmeiners. Insomma, il primo tempo si trasforma in un tiro al bersaglio. E a chiuderlo è un altro diagonale di destro di Zapata allungato in angolo dal solito Vicario.

SORPRESA — Non che la seconda frazione parta in modo differente. Andreazzoli inserisce Bajrami per La Mantia, ma la musica resta quella e a suonare è sempre l’Atalanta. Al 6’ Koopmeiners a giro col sinistro: Vicario smanaccia in tuffo. Al 10’ è il turno di Boga, dopo una fitta e interminabile rete di passaggi al limite dell’area: bel tiro dai 16 metri, palla sulla traversa. Non vuole entrare e Gasperini prova allora a rimescolare le carte. Dentro Pessina per Hateboer, Zappacosta va a destra, Boga a tutta fascia a sinistra, Pasalic da seconda punta e il nuovo entrato da trequartista. I cambi azzeccati sono però quelli dall’altra parte. In particolare quello di Stulac, che al 34’ con un’esecuzione perfetta dai 20 metri lascia di sasso Musso. Erano già 5-10’ che l’Empoli metteva il muso fuori dalla sua metà campo, in realtà, dopo quasi un’ora di assedio Dea. Che continua a provarci, con meno lucidità, anche sotto di un gol: Vicario di piede dice no a Zapata.

CHI SI RIVEDE — Al 38’, riecco Josip Ilicic. Quattro mesi e mezzo dopo, lo sloveno rimette piede sul campo del Gewiss. E già vederlo sorridere è una bella notizia. Forse sarà l’ultima volta a Bergamo ("Grazie di tutto Ilicic", recita lo striscione esposto dalla Nord a fine gara, con Josip a dispensare saluti a destra e manca), ma sapere che il peggio potrebbe finalmente essere alle spalle fa felici tutti. A cominciare dai tanti tifosi con la maglietta numero 72, che hanno iniziato a chiamarlo dagli spalti nel torello pre-partita con le riserve. La favola a lieto fine vorrebbe che Ilicic segni e l’Atalanta vada in Europa, ma questa stagione nerazzurra è da almeno cinque mesi amara. Anche perché Vicario para veramente tutto sino alla fine e la Fiorentina nel frattempo batte la Juve. Così, per la prima volta nell’era Gasp, la Dea arriva ottava e resta fuori dall’Europa. Anche se tutto lo stadio invoca il suo allenatore, invitandolo a restare con cori ad personam. Parola alla società.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Duncan-Gonzalez: il 2-0 alla Juve
manda la Fiorentina in Europa.
Allegri, ottavo ko



Battendo i bianconeri i viola chiudono al settimo posto in
classifica che vale la qualificazione alla Conference League.
La Signora saluta l’ultima partita di Chiellini, Dybala e Bernardeschi


Luca Bianchin

I tifosi della Fiorentina dalle 22.30 hanno un desiderio per una vacanza a giugno 2023: tre giorni a Praga per la finale di Conference League. L’ultima di campionato doveva dare un verdetto in zona Europa ed eccolo, è il più atteso: la Fiorentina batte 2-0 la Juventus con gol di Duncan e rigore di Nico Gonzalez, chiude davanti all’Atalanta e si qualifica per la coppa più piccola, che in questi giorni di euforia romanista piace a tutti. La partita è stata emozionante per i tifosi viola ma no, non bella: Fiorentina buona, Juve spenta e francamente bizzarra, con De Ligt terzino destro per mancanza di alternative – avrebbe forse potuto giocare Aké? -, Chiellini agli ultimi 45 minuti di calcio italiano e Miretti nella peggiore serata della sua carriera tra gli adulti.

I DUE GOL — I gol alla fine dei due tempi, giusto in tempo. Minuto 45: Bonaventura, in area tra Miretti e Bonucci, fa uno degli assist più originali della sua vita – da terra, quasi sdraiato – e Duncan, che non ha i piedi di Dybala, calcia all’incrocio col sinistro. Minuto 90: fallo di Bonucci su Torreira, entrato da poco, e rigore di Gonzalez. Per la Juve, è desolante il conto dei tiri in porta: zero in porta, zero fuori. Sembra il video che va di moda sui social, con Morata che fa zero tiri in porta ai videogiochi e scherza: “Il mister sarebbe fiero di noi”.

FIRENZE SI ESALTA — Che partita è stata? Un po’ da vecchio calcio d’agosto: ritmo basso, tanti errori, giocate di qualità pochine, sicuramente più per la Fiorentina. Nel deserto di emozioni, qua e là, sono spuntate occasioni da gol. Bonaventura ne ha messe insieme due tra il 20’ e il 27’ e il risultato è stato una fotocopia. Prima ha deviato in angolo De Ligt, poi Chiellini ha fatto lo stesso. Nel secondo tempo, appena meglio: un tiro alto di Nico Gonzalez e un cross ancora suo, dell’argentino col 22, su cui Rugani ha salvato la Juve. La Fiorentina però ha tenuto la partita in mano sempre, ha lottato come doveva, è piaciuta. Il pubblico, esaltato dal gol di Stulac a Bergamo, infatti si è divertito, ha cantato e fischiato Vlahovic quanto basta. Per Chiellini, purtroppo, un coro volgare su mamma e papà. Applausi per l’ultima in Serie A, nessuno.

MORATA SALUTA — La partita per la Juve contava il giusto – diciamo pure nulla – ma la chiusura è stata triste come l’annata. Squadra spenta, in grande difficoltà a palleggiare, che riparte da lontano e mai arriva vicino all’area avversaria. Una piccola sintesi della stagione. Le scusanti di Allegri si chiamano motivazioni e assenze: niente Danilo, Vlahovic fuori per 75 minuti per evitare l’ammonizione da diffidato, Cuadrado e Morata con problemi fisici. I primi cambi sono stati Pinsoglio – classico omaggio allegriano al terzo portiere – e Rugani, il terzo Aké. Chiaro, no? Più malinconico di questo, solo il saluto di Morata, che alla fine è andato da solo ad applaudire la curva ospiti. Un segnale molto chiaro su dove dovrebbe portarlo l’estate.

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Sei gol e spettacolo all'Olimpico:
Lazio e Verona chiudono con un pari

Veneti in fuga con Simeone e Lasagna, poi Jovane Cabral,
Felipe Anderson e Pedro ribaltano la partita,
prima del definitivo pari di Hongla


Nicola Berardino


Sotto la spinta dei 55mila dell’Olimpico la Lazio incassa contro il Verona quel punto che serviva per blindare il quinto posto solitario, anticipando la Roma in classifica, dopo che il pareggio contro la Juventus aveva dato la qualificazione in Europa League. Ma contro la squadra di Tudor è stata una gara in salita. Veneti sul doppio vantaggio già dopo 14 minuti. Ai gol di Simeone e Lasagna hanno replicato subito Cabral e Felipe Anderson, gran trascinatore dei biancocelesti. Nella ripresa, lo squillo di Pedro ha illuso la Lazio, ma poi Hongla ha fissato il 3-3 definitivo. Prova di carattere del Verona di Tudor, che è riuscito a far suo il record in reti in A (65 in totale) strappato alla squadra di Mandorlini del 2013-14, che conserva però quello dei punti.

QUATTRO GOL IN 29' — Infortunati Immobile e Luis Alberto, squalificato Patric, Sarri riporta Luiz Felipe al centro della retroguardia da centrale, con Basic da interno e conferma Cabral da centravanti. Causa la squalifica di Gunter, Tudor inserisce Coppola da centrale, completando il reparto arretrato con Sutalo al posto di Casale (parte dalla panchina il difensore inseguito dalla Lazio). Rivoluzionata la mediana rispetto alla gara col Torino, entrano Faraoni, Hongla e Veloso. Tra i pali prima da titolare in A per Berardi, ex Primavera della Lazio. La partita entra subito nel vivo: al 6’ il Verona sblocca il risultato. Incursione di Faraoni sulla destra, cambio di fronte e Lazovic crossa per il colpo di testa perentorio di Simeone, che firma la sua ottava rete alla Lazio. I biancocelesti cercano di reagire subito. Di poco a lato un tocco a rete di Cabral. Pericoloso anche Luiz Felipe (fuori). Efficace il pressing dei veneti a metà campo. Lazio frenata in fase di costruzione. E 14’ arriva il raddoppio dell’Hellas. Incursione di Lasagna e sinistro fulminante dalla distanza che carambola sui due pali prima di finire nel sacco. La Lazio non si abbatte. E due minuti dopo accorcia le distanze con Cabral, sulla traiettoria deviazione di Sutalo: primo gol di un capoverdiano in A. La formazione di Sarri insiste. E al 29’ raggiunge il pareggio. Si fa largo in area Felipe Anderson. Un rimpallo tra i difensori avversari lo favorisce e il brasiliano infila Berardi. Gara intensissima. Tudor avvicenda Sutalo con Casale per riequilibrare la difesa. La partita procede a gran ritmo. Caprari e Hongla da una parte, Basic dall’altra tentano la via della rete. All’intervallo sul 2-2.

DA PEDRO A HONGLA — Nella ripresa, il Verona si presenta con Tameze al posto di Ceccherini. Nella Lazio debutto stagionale per Kamenovic che rileva Luiz Felipe. Ed al 2’ Sarri deve far entrare Pedro per Zaccagni che accusa fastidi muscolari. Milinkvoic insidioso: tris di occasioni di fila per segnare. Al 17’ il gol del sorpasso della Lazio. Da Pedro per Felipe Anderson che calcia a rete. Sulla respinta di Berardi si avventa Pedro che firma il 3-2. Al 25’ Bessa avvicenda Simeone. Al 27’ nella Lazio escono Cataldi e Cabral per Leiva e Romero. Strakosha è bravo a sventare i tentativi di Caprari e Lasagna. Al 31’, difesa laziale in controtempo su un’incursione di Hongla che poi chiude a rete sul passaggio di Lazovic dal fondo e riporta il risultato in parità. Basic cede il poto ad Akpa Akpro. Ritmi sempre elevati. Nuova chance per Milinkovic. Al 37’ palo di Acerbi. Ultimi cambi nel Verona: Caprari e Hongla sostituiti da Dawidowicz e Depaoli. Chiusura con entrambe le squadre a caccia del gol. Cinque minuti di recupero. Finisce 3-3 tra gli applausi dell’Olimpico.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Napoli chiude con un tris scintillante,
Spezia al tappeto ma felice

La squadra di Spalletti segna tre gol nel primo tempo,
liguri comunque soddisfatti per la salvezza.
Sfida interrotta al 12' per disordini tra tifosi sugli spalti.
Ultima partita per Insigne con i partenopei


Maurizio Nicita


Il calcio che non ti aspetti, in una domenica che poteva e doveva essere di festa. Ma vecchie ruggini fra ultrà delle opposte tifoserie hanno fatto degenerare la situazione con partita sospesa per oltre 10 minuti al 12’ del primo tempo. Si è capito che tirava una brutta aria all’ingresso nella Curva Piscina degli ultrà del Napoli. Cori beceri, violenti e provocatori subito ricambiati. Il tutto era cominciato già almeno mezz’ora prima della gara sul viale Garibaldi, nei pressi dello stadio stadio, c’erano stati degli scontri fra tifosi del Napoli su due pulmini e gruppetti locali. La Polizia in qualche modo sedava gli scontri che diventavano la miccia poi per quanto accade dentro. Perché nella curva Piscina si passa dai cori alle vie di fatto. Nel settore diviso fra napoletani e spezzini comincia un pericoloso lancio di fumogeni. Poi qualche ultrà del Napoli scavalca la balaustra per cercare lo scontro fisico a colpi di bastoni. L’arbitro Marchetti sospende la gara mentre l’intervento delle forze dell’ordine è tardivo. Inoltre dalla Curva Ferrovia, quella degli ultrà spezzini, qualcuno invade il campo per cercare lo scontro fisico nel lato opposto. Si fatica a ritrovare la calma. I giocatori del Napoli intervengono per calmare i propri tifosi. Ma la partita rimane sospesa per una decina di minuti. Poi il responsabile dell’ordine pubblico, il funzionario della Digos, Cariola, dice all’arbitro che si può ricominciare. Mentre dalle curve continuano insulti e provocazioni, intolleranza è razzismo la fanno da padrona. Ora si spera che il deflusso dallo stadio non porti ad altri scontri.

LA PARTITA — Ha poca storia. Nel senso che lo Spezia è troppo rilassato dopo aver festeggiato la salvezza, mentre il Napoli che Spalletti ridisegna per l’occasione, ha diversi giocatori che in campo ci tengono a far bella figura. E così dopo 4’ azione a percussione di Politano che fa trenta metri palla al piede e conclude di sinistro senza nessuno che lo contrasti efficacemente. Dopo la sospensione, subito raddoppio con Petagna a far da pivot per smarcare al tiro Zielinski, in rete di sinistro. Poco dopo è Demme a togliersi lo sfizio del gol, ma il palleggio in piena area fra il tedesco e Petagna diventa imbarazzante per la difesa dello Spezia. Manaj realizza di testa, ma è in fuorigioco. Nella ripresa ci prova di più lo Spezia ma Koulibaly e compagni ci tengono a chiudere il torneo con la difesa meno battuta della Serie A. E il Napoli ci riesce grazie alle imprecisioni di Manaj (che colpisce anche una traversa) e a un’ottima parata dell’esordiente Marfella su Salcedo. Bene anche l’altro portiere anche lui alla prima A, perché il bosniaco Zovko esce bene di piede fuori area su Osimhen, entrato nel finale. Si chiude 0-3 ma il calcio sarebbe un’altra cosa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter ne fa tre alla Samp.
Lo scudetto è andato, ma San Siro canta e ringrazia



I gol tutti nella ripresa, dopo aver metabolizzato il risultato del Milan con il Sassuolo.
Decidono Perisic, poi uscito per infortunio, e una doppietta di Correa


Luca Taidelli

Una vittoria di puro orgoglio, ma beffarda assai. L’Inter piega una Samp che gioca 50’ come se fosse una finale di Champions però i sogni scudetto erano scappati prima dell’intervallo - come alcuni tifosi - con il Milan a passeggiare sul Sassuolo. L’immancabile Perisic (che lascerà il campo per una distrazione al polpaccio destro che potrebbe anche cambiare lo scenario rinnovo) e una doppietta di Correa alla distanza vengono a capo del bunker di Giampaolo, ma la festa è altrove. Alla squadra di Inzaghi restano due trofei e il solito scudetto del tifo. Con i 71.109 di oggi, gli spettatori stagionali arrivano a un milione 128.377. E San Siro che al termine della partita canta, applaude e ringrazia i giocatori - molti dei quali in lacrime - è un grande esempio di amore e passione.

PRIMO TEMPO — Il tecnico nerazzurro punta sui soliti noti e preferisce Correa a Dzeko per affiancare Lautaro in attacco. Giampaolo risponde con un 4-5-1 in cui Caputo è l’unica punta e Candreva e Sabini gli assaltatori esterni. Centrale di difesa con Ferrari, al posto dello squalificato Colley, c’è Yoshida. Proprio il giapponese viene ammonito dopo 5’ di torello nerazzurro. Testa bassa, i nerazzurri chiudono la Samp negli ultimi 30 metri, con annesso rischio di ripartenze avversarie nelle praterie. La prima la piazzano Sabiri e Candreva al 10’, ma Skriniar sbroglia a due passi da Handanovic. Poi riprende il monologo, con 7-8 interisti a passarmi palla al limite dell’area, cercando l’imbucata giusta. Con la doppia cerniera Bereszynski-Candreva e Augello-Sabiri, Giampaolo punta a neutralizzare Perisic e Dumfries, costringendo l’avversario in un imbuto centrale. Al 17’ segna Giroud e ci si chiede se Brozovic e compagni accuseranno il colpo. Proprio no, con Perisic e Lautaro che al 23’ vanno vicinissimi al vantaggio. Al 27’ Bastoni mette Correa davanti ad Audero, ma il Tucu perde l’attimo. Candreva spaventa gli ex tifosi con un diagonale largo di poco, Barella lotta con Rincon, si prende un giallo per proteste e fatica a placarsi. Vieira diga davanti alla difesa funziona, mentre Thorsby fatica a frenare Calha. Al 33’ Giroud raddoppia nel burro del Sassuolo proprio mentre Barella, Lautaro e Skriniar in pochi secondi sbattono contro il muro doriano. Così come dopo il 3-0 milanista di Kessie, Audero si supera sul colpo di testa di Correa. Qui il contraccolpo è più del pubblico, e gli stessi giocatori sembrano meno indemoniati. Anche quando al 41’ un break di Barella porta a un tre contro due, Audero con una grande riflesso dice no al destro di Lautaro. E quando le torri doriane si distraggono, Dumfries di testa si mangia un gol fatto su corner di Calhanoglu.

SECONDO TEMPO — Nessuna sostituzione dopo l’intervallo. La differenza semmai si vede sugli spalti, visto che una parte dei tifosi ha preferito tornarsene a casa in anticipo. Per i tanti rimasti diventa orgoglio interista, ma l’ennesimo miracolo di Audero (stavolta su Barella) conferma che a questa squadra non viene mai regalato nulla. Emblematico anche che a stappare la partita, al 4’, sia il solito esondante Perisic, su assist di Barella. Gli argini sono rotti, il raddoppio al 10’ è un capolavoro di tocchi di prima chiuso dal piatto di Calha per il babà di Correa, che si ripete dopo due minuti al termine di un’azione insistita. Nei festeggiamenti a molti sfugge che dall’altra parte del campo Perisic è a terra dolorante dopo avere intercettato un tiro di Candreva. Per il trascinatore croato, uscito in barella con la standing ovation del Meazza, la prima diagnosi parla di distrazione al gemello mediale della gamba destra. In attesa di ulteriori esami, rischia tre mesi di stop. Inzaghi oltre a Gosens manda in campo gli ossigenati Dimarco e Vidal per Bastoni e Barella. Al 27’ gli applausi sono per De Vrij e Correa, che lasciano il posto a Ranocchia (ultima in nerazzurro?) e Caicedo. All’ultima è sicuramente Vidal, che si prende una bordata di fischi quando sbanana malamente un contropiede. Dentro anche Damsgaard, Trimboli, Askildsen, Magnani e poi Yepes. I minuti finali sono accademia a ritmi da Subbuteo, nel tentativo interista di far segnare a Lautaro il gol numero 22 in campionato. Gli va male due volte (super Yoshida e Audero), così come a Caputo e Augello, ipnotizzati da un Handanovic abbandonato per qualche minuto dai compagni con la testa già in vacanza.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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GRANDE MILAN, SEI CAMPIONE D’ITALIA!

I rossoneri si impongono anche col Sassuolo e conquistano
il tricolore rendendo ininfluente il successo dell’Inter sulla Samp.
A segno Giroud (doppietta) e Kessie


Stefano Cantalupi


È il giorno del Milan, è la sera del Milan, sarà la notte del Milan campione d’Italia per la 19esima volta nella sua storia. Il Diavolo non trema a Reggio Emilia: l’ultimo gradino lo sale di slancio, in grande stile, triturando il Sassuolo e scacciando ogni ansia da prestazione in meno di mezz’ora. A quel punto, non serve più nemmeno chiedere notizie sull’andamento di Inter-Samp, è già estasi rossonera, undici anni dopo l’ultimo scudetto. Un 3-0 che non rende neanche l’idea di ciò che s’è visto in campo, quello del Mapei. Pioli, al fischio finale di Doveri, corre e salta come un ragazzino per il suo primo trofeo – e che trofeo – a 56 anni suonati. E tutti intorno a lui si abbracciano, piangono, ridono. È delirio collettivo in uno stadio quasi solo rossonero, anche nel settore teoricamente riservato ai fedelissimi del Sassuolo, che almeno sfruttano l’occasione per salutare gli ormai ex neroverdi Peluso e Magnanelli. In tribuna vip c’è anche la famiglia Singer (Gordon e il padre Paul, fondatore di Elliott), alle tivù sono appiccicati milioni di occhi da oltre 100 Paesi. È il tocco internazionale di un caldissimo pomeriggio emiliano, in una felice fusione tra il Dna esterofilo del Milan e la regione in cui è cresciuto il suo allenatore.

SENZA OSTACOLI — La partita, in realtà, è una non-partita. Troppa differenza di fame in campo perché vi siano possibilità di rivivere la sorpresa dell’andata, quando il Sassuolo sbancò il Meazza. Il cronometro non è arrivato nemmeno al decimo minuto e già i rossoneri hanno sfiorato il vantaggio quattro volte: su Giroud e Saelemaekers deve superarsi Consigli, mentre Ferrari e Lopez salvano alla disperata sui tentativi di Leao e Tomori. Il vantaggio di Giroud, al 17’, è come il tuono che dà il via a un temporale: da lì in poi piovono ancora gol, grandinano occasioni, pericoli per la porta di Consigli. All’intervallo si andrà sul 3-0, col tricolore in tasca, anche per le leggerezze difensive della squadra di Dionisi. E la ripresa, a parte un paio di tentativi di Berardi e un palo di Traoré nel finale, ha poco senso di essere raccontata. L’unica parata di Maignan – bella – resterà quella su Frattesi poco prima dell’intervallo.

I GOL — Ma andiamo con ordine. C’è da raccontare il gol spacca-partita. Il pasticcio lo combina Ayhan sulla corsia destra, con Leao che gli strappa il pallone e punta dritto verso l’area neroverde: Ferrari rimedia una volta, Consigli stavolta non riesce a opporsi al tiro sporco di Giroud. Il 2-0 (32’) è di nuovo frutto dell’asse franco-portoghese, con Ferrari improvvido nel portare troppo palla in zona ad alto rischio. Leao gliela ruba, va sul fondo, appoggia all’indietro per il numero 9, sinistro di prima e raddoppio. Le lancette girano altre quattro volte e il Milan fa tris. Stavolta è Lopez che dorme, Leao lo depreda un’altra volta e centra per Kessie, che insacca (36’). Bel modo di dirsi addio.

LA FESTA DI ZLATAN — E Ibrahimovic? Guarda quasi tutto il tempo in piedi, poi entra nella ripresa, acclamato dal suo popolo. Troverebbe pure il gol di testa per l’apoteosi, ma c’è fuorigioco di partenza di Leao prima del cross perfetto. Cambia poco, per il Milan è già tempo di far festa. Pioli stringe a sé lungamente i giocatori che richiama in panchina prima della fine, Tomori in special modo. E poi si lascia andare, fa festa col suo pubblico. “I campioni dell’Italia siamo noi”, cantano i tifosi rossoneri, prima di invadere il campo, incuranti degli annunci dello speaker. Campioni, come undici anni fa, all’Olimpico. E Ibra c’era anche lì. Chissà se ci sarà anche la prossima volta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Salernitana, la salvezza più incredibile:
viene travolta dall'Udinese, ma resta in A



I campani avevano il destino nelle proprie mani, ma non sono mai stati
in partita contro i friulani che non avevano più niente da chiedere.
Niente retrocessione, però, perché il Cagliari non sfonda a Venezia


Giuseppe Nigro

Un’ultima giornata da stropicciarsi gli occhi regala la notte più incredibile alla storia da annali che incornicia la salvezza in Serie A della Salernitana. Conquistata con una rimonta show la possibilità di avere il destino nelle proprie mani, col match point sul proprio piede i granata deragliano affondando con un deprecabile 0-4 casalingo al sapore di infamia contro un’Udinese che non aveva più niente da chiedere. E però finiscono comunque per festeggiare la conferma nel massimo campionato perché il Cagliari, che si presentava all’ultimo turno a -2 dai campani quartultimi, è a sua volta naufragato in Laguna, fermato da un pareggio inutile che lascia i sardi un punto indietro in classifica, terzultimi e dunque retrocessi. Salvando Nicola.

STORICO — Alla terza esperienza in Serie A, per la prima volta a differenza di quanto successo nel 1947-48 e poi nel 1998-99 la Salernitana chiude con la salvezza e mantiene la categoria concretizzando quella che, ultima notte a parte, era stata una rimonta show: 15 punti nelle ultime 7 partite giocate dopo averne fatti 16 nelle prime 30, con un ultimo mese e mezzo di slancio dal quartultimo posto a -9 dal Cagliari (seppur con due partite in meno) fino al sorpasso su sardi, Genoa e Venezia e la permanenza in Serie A con la complicità della concorrenza. Ma la fortuna aiuta gli audaci, e Nicola lo è stato per come ha risuscitato una storia che fino a inizio aprile sembrava avere un esito già ampiamente scritto.

IN SALITA — Che per la Salernitana rischiasse di essere una serata meno trionfale di quanto sperato si è capito da subito: dopo una prova un paio di minuti di poco oltre l’incrocio, già al 6’ un destro da fuori area di Deulofeu - scatenato e imprendibile con le sue scorribande sul centro-sinistra - è andato a infilare Belec nell’angolino basso. Se poteva sembrare solo l’inizio storto di una serata in cui a bloccare la Salernitana poteva essere la paura di vincere - che Verdi (19’) e Bonazzoli (23’) hanno provato a sfatare da fuori area trovando sempre grandi risposte di Padelli (al 30’ su punizione di Verdi, al 40’ doppio salvataggio ancora su lui e Bonazzoli) - in realtà è stato l’avvio di un piano inclinato che ha mandato la serata granata all’inferno.

GARA CHIUSA— Così il raddoppio negato a Deulofeu prima della mezzora da un (giusto) fuorigioco su filtrante di Walace ha dovuto attendere solo altri cinque minuti per arrivare davvero dalla testa di Nestorovic, lasciato tutto solo in area da Radovanovic e pescato col mirino dal cross dalla trequarti di Molina. Che diventa 0-3 al 42’ con uno show di Udogie, capace di recuperare palla sulla trequarti, accentrarsi, puntare Gyomber e far partire un gran tiro a giro a gelare l’Arechi già sotto shock.

ALLO SMARTPHONE — Un paio di segnali di inversione di tendenza sembravano arrivati già sul finale di primo tempo: un palo frutto del salvataggio ancora del Padelli volante su un colpo di testa su corner di Fazio, e poi il rigore parato a Pereyra da Belec che aveva atterrato nettamente ancora Deulofeu. Illusori. Il gol di Pereyra arriverà poi in contropiede a inizio ripresa, scatenando in campo e fuori la furia dell’Arechi, con sospensione della partita per cinque minuti, quasi rissa sul prato, lancio di oggetti e principio di incendio in curva fortunatamente senza gravi conseguenze. Finita di fatto qui la partita, al di là di un palo da una parte e una traversa dall’altra ormai ininfluenti, l’attenzione si è spostata sugli smartphone aggrappati alla speranza di una mancata vittoria del Cagliari. Esaudita, grazie alla resistenza del Venezia già retrocesso a cui la Salernitana deve un pezzo di salvezza. Oltre che al profeta Davide Nicola.

PROPRIETA’ E ALLENATORI — Con in mezzo il caos del passaggio di proprietà da Claudio Lotito al trust che doveva servire a gestire la transazione fino all’acquisto formalizzato last minute il 31 dicembre da Danilo Iervolino, senza cui il club sarebbe stato escluso dal campionato, sul campo c’è stato bisogno di passare da tre allenatori diversi per trovare la guida giusta: con Fabrizio Castori, l’uomo della promozione dalla B, 6 sconfitte, un pari e un successo nelle prime 8 partite; poi con Stefano Colantuono 10 sconfitte, 3 pari e 2 vittorie in 15 gare; infine la rinascita con Davide Nicola e i suoi 4 successi, 6 pari e 5 sconfitte in 15 gare.

LA RINASCITA — Così questa salvezza è diventata la storia di una scalata dagli inferi di un’annata che ha conosciuto il primo successo alla settima giornata, e fin lì le sconfitte erano state cinque in sei partite. E ancora quasi al giro di boa i punti erano ancora la miseria di 8 dopo 18 partite di cui 14 perse, comunque a -5 da una quota salvezza rimasta sempre abbastanza bassa, aiutando a tenere viva la fiammella della speranza mentre lentamente si risaliva dall’ultimo, al penultimo fino al terzultimo posto. Segni di vita erano arrivati già coi quattro pari di fila di febbraio, in mezzo a cui c’era stato l’avvicendamento tra Colantuono e Nicola. L’aggancio al Cagliari quartultimo è arrivato un mese fa battendo la Fiorentina, e la settimana dopo il sorpasso col pareggio in casa dell’Atalanta approfittando del crollo verticale dei sardi: 4 punti in 10 giornate già prima di quest’ultimo turno. Che ha chiuso il cerchio con un finale da film.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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25/05/2022 10:28
 
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Ringrazio binariomorto per il suo racconto puntuale e preciso del campionato di calcio e per la sua preziosa collaborazione in questo forum.
Il topic "Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti." ha totalizzato circa 10.000 visite che di questi tempi non sono poche.

Complimenti al Milan che ha vinto lo scudetto e a tutte le squadre che hanno partecipato al torneo offrendoci lo spettacolo più bello del mondo!!! [SM=x1583472]





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Venezia-Cagliari 0-0, sardi retrocessi in Serie B



La squadra di Agostini non riesce a sfondare e fa compagnia a veneti e Genoa nella B 2022-23


Il Cagliari retrocede in Serie B. A Venezia la squadra di Agostini non va oltre lo 0-0, non approfittando della clamorosa vittoria dell’Udinese a Salerno che avrebbe consentito ai sardi di salvarsi imponendosi al Penzo. Invece, complici le grandi parate del portiere finlandese Maenpaa, il risultato non si è mai sbloccato. Il Cagliari fa così compagnia a Genoa e Venezia nella Serie B 2022-23

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 38ª Giornata (19ª di Ritorno)

20/05/2022
Torino - Roma 0-3
22/05/2022
Genoa - Bologna 0-1
Atalanta - Empoli 0-1
Fiorentina - Juventus 2-0
Lazio - Verona 3-3
22/05/2022
Spezia - Napoli 0-3
Inter - Sampdoria 3-0
Sassuolo - Milan 0-3
Salernitana - Udinese 0-4
Venezia - Cagliari 0-0

Classifica
1) Milan punti 86;
2) Inter punti 84;
3) Napoli punti 79;
4) Juventus punti 70;
5) Lazio punti 64;
6) Roma punti 63;
7) Fiorentina punti 62;
8) Atalanta punti 59;
9) Verona punti 53;
10) Torino e Sassuolo punti 50;
12) Udinese punti 47;
13) Bologna punti 46;
14) Empoli punti 41;
15) Sampdoria e Spezia punti 36;
17) Salernitana punti 31;
18) Cagliari punti 30;
19) Genoa punti 28;
20) Venezia punti 27.

(gazzetta.it)


Milan Campione d'Italia (a 11 anni dall'ultimo campionato) ed è lo scudetto numero 19.
Milan, Inter, Napoli e Juventus qualificate in Champions League.
Lazio e Roma qualificate in Europa League.
Fiorentina qualificata in Conference League.
Il Cagliari è retrocesso in Serie B insieme al Venezia e al Genoa (quete due matematicamente in Serie B con una giornata di anticipo).
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Adesso è veramente tutto (anche se l'ultimo servizio su Venezia-Cagliari è rimasto incompleto).

Auguri al Milan Campione d'Italia (eheheh... una volta ogni 11 anni glielo si può concedere...) e grazie per l'occasione ricevuta con l'invito di ilpoeta59 a poter collaborare e contribuire ai buoni risultati del forum.


Alla prossima....
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Re:
binariomorto, 25/05/2022 13:35:

Adesso è veramente tutto (anche se l'ultimo servizio su Venezia-Cagliari è rimasto incompleto).

Auguri al Milan Campione d'Italia (eheheh... una volta ogni 11 anni glielo si può concedere...) e grazie per l'occasione ricevuta con l'invito di ilpoeta59 a poter collaborare e contribuire ai buoni risultati del forum.


Alla prossima....



Grazie a te, sei un grande, alla prossima! [SM=x611821]







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