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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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Milan, cosa succede?
Col Sassuolo altro tonfo in campionato:
ora l’Inter è a -1

Un gol di Romagnoli illude i rossoneri,
che poi crollano sotto i colpi di Scamacca,
l’autorete di Kjaer e il tris di Berardi.
Nella ripresa espulso il capitano milanista


Stefano Cantalupi


Cade il Milan, fragorosamente. Perde 3-1 in casa col Sassuolo, che già era stato l’incubo di San Siro lo scorso aprile. Forse peggio, perde l’occasione di fare il salto di qualità che Stefano Pioli aveva chiesto alla vigilia: “Le grandi squadre si esaltano dopo una vittoria come quella sull’Atletico, le squadre medie si deconcentrano”. Parole tristemente profetiche. Che non precipitano il Milan nella mediocrità, perché il percorso compiuto fin qui non si cancella, ma inducono a guardare la classifica con occhio meno sereno: Inter a -1, Napoli con la possibilità di restare in testa da solo, Atalanta che si avvicina.

SCATTO MILAN — Prima di cominciare s’erano festeggiati alcuni graditi ritorni, al Meazza. Quello di Maignan tra i pali, certo, ma anche quello di Gazidis: San Siro tributa ovazioni a entrambi, l’a.d. rossonero si commuove ancor prima di leggere lo striscione che la Sud gli dedica. Poi si gioca, e i primi 20 minuti del Diavolo sembrano perfetti per il rodaggio di Bakayoko, lui pure ai margini da mesi: occasioni potenziali, un destro al volo di Ibrahimovic (spesso in fuorigioco, come gli capita negli avvii di gara per prendere le misure), chance sprecate in contropiede. E la difesa emiliana balla, traballa. Quando Romagnoli insacca l’1-0 di testa (21’) sul cross di Hernandez, la festa sembra completa: la domenica del capitano, un altro passo verso quel rinnovo contrattuale che da qualche settimana è meno improbabile.

REAZIONE SASSUOLO — Invece, senza una ragione apparente, una manciata di minuti più tardi il mondo s’è completamente capovolto. Nasce tutto da un passaggio sbagliato da Bakayoko in una posizione di campo dove l’errore diventa letale: Raspadori legge e appoggia per Scamacca, che cancella una partenza piena di imprecisioni col destro fantastico dell’1-1. Capolavoro. Il numero 91 del Sassuolo si esalta e da lì all’intervallo giganteggia, trascinando con sé anche Henrique e soprattutto Berardi, che fino a quel momento avevano sonnecchiato. Gasati dal pareggio, gli emiliani spingono e al 33’ si ritrovano avanti: corner, Scamacca chiama alla parata Maignan e il pallone carambola su Kjaer. Autogol, 1-2. Se “Magic Mike” non si esibisse in un gran tuffo per dire di no a Raspadori, poco dopo, il pomeriggio per il Milan prenderebbe una piega difficilmente raddrizzabile. Invece i rossoneri vanno a riordinare le idee in spogliatoio col minimo scarto e con tutta una ripresa a disposizione per rimontare.

TRIS BERARDI — Pioli fa subito la sua mossa: fuori Bakayoko e uno spento Diaz, dentro Kessie e Messias. L’eroe di Madrid va a destra, Leao al centro e Saelemaekers è dirottato a sinistra. Succede poco per un quarto d’ora. Dentro allora anche Tonali al posto di Bennacer, per aumentare la pressione. E proprio quando pare che la spinta rossonera possa comprimere il Sassuolo nella trequarti neroverde, arriva la doccia gelata del 3-1. Stavolta è Kessie a perdere un pallone tremendo, Berardi se lo ritrova in area e lo trasforma in una magia, battendo sia Romagnoli che Maignan col destro, il piede meno prediletto.

ROSSO A ROMAGNOLI — La mossa della disperazione è Pellegri, in campo nell’ultimo quarto di gara, col Milan in doppio ritardo nel punteggio. Ma c’è poco da fare, perché lo svantaggio diventa anche numerico, con Romagnoli che s’immola per fermare Defrel e prende il cartellino rosso. I 52mila del Meazza capiscono che non è domenica. Alessio Dionisi, invece, realizza che sarà un’altra giornata di gloria: dopo aver sbancato lo Stadium, è la volta di San Siro. Mica male, per la “next generation” degli allenatori italiani.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Arnautovic fa volare il Bologna: 1-0 a La Spezia.
Miha prende la Juve



La squadra di Mihajlovic colpisce i legni 3 volte, ma a 7' dalla fine
passa grazie ad un rigore trasformato dall'austriaco (6° centro in campionato)


Matteo Dalla Vite

Vince il Bologna grazie ad Arnautovic ed è il premio meritato di un secondo tempo vissuto con l’acceleratore sempre in azione: il campione austriaco segna su rigore provocato da un braccio alto di Nzola e subito va ad abbracciare Mihajlovic in panchina. Il simbolo di un Bologna che torna a vincere dopo il k.o. in casa contro il Venezia è lui, autentico trascinatore davanti a uno Spezia che non ha mai mollato l’osso, che è sempre stato in partita ma senza trovare (anche grazie a Skorupski) la via del gol. Per i liguri, una sola vittoria nelle ultime sei gare; per il Bologna tre pali (di Arna stesso più due di Barrow) e la zampata dagli undici metri del centravanti austriaco, l’uomo acquistato per vincere partite così, sporche e difficili.

DOPPIO PALO — Thiago Motta e Arnautovic erano compagni nell’anno del Triplete: chi lo vide in prima fila e chi no, ma resta il fatto che i due si sono ritrovati dopo tanti anni per dare vita a una svolta. Il tecnico dello Spezia deve fare a meno di Gyasi e Verde (all’ultimo momento) ma non rinuncia al 4-3-3 nel quale Nzola ha ritrovato i gol nel turno precedente. Mihajlovic mette praticamente la stessa formazione che ha perso (pur giocando) in casa contro il Venezia: ancora fiducia a Orsolini; Soriano e Barrow dietro proprio ad Arnautovic che inizia questa gara a quota 5 reti. In tribuna è invitata Rahel Saya, scappata dall’Afghanistan, accolta a La Spezia e giornalista per un giorno; e mentre sulla maglia dei padroni di casa c’è la scritta esemplare “We for she” per combattere la violenza sulle donne (le meglio dei giocatori verranno battute all’asta per beneficenza), ecco che la gara comincia con proprio lo Spezia che arriva da un successo nelle ultime 5 gare ma che cerca di “santificare” il Picco, teatro delle vittorie contro Salernitana e Torino. Si comincia un po’ in ritardo per far sfogare una grandinata fitta e il Bologna, reduce da due vittorie nelle ultime tre gare, si impone col baricentro molto alto rischiando inevitabilmente dei contropiede fulminei che portano lo Spezia a impegnare Skorupski per tre volte. Ma è Arnautovic, dall’altra parte, a prendere il palo al 10’ così come Barrow al 44’, col pallone che rimbalza nelle mani di Provedel. Lo Spezia fa uomo contro uomo e i lanci lunghi trovano un Bologna sbilanciato a tal punto che Skorupski è costretto a rinviare di testa ad altezza trenta metri; i rossoblù cercano il vantaggio ma Erlic (45’) è bravissimo a neutralizzare un colpo di Arnautovic.

FRASE AD... EFFETTO — Ma Arna non esce mai dalla partita. Thiago Motta fa subito tre cambi che tentano di dare un volto più ficcante allo Spezia, intanto Barrow prende il terzo palo della gara (17’ s.t.), Skorupski neutralizza Salcedo e poi ecco Arnautovic prendersi e trasformare il rigore: botta di destro su punizione per fallo su Dominguez, Nzola non salta e si copre col braccio destro in piena area. Rigore che lo stesso austriaco si incarica di battere: 1-0 e corsa con abbraccio a Sinisa Mihajlovic che lo ha eletto, giustamente, a leader. Il Bologna aggancia la Fiorentina e la Juventus e si rimette in carreggiata dopo il k.o. col Venezia e dopo la frase scolpita da Mihajlovic ("Dovete essere più ambiziosi") che evidentemente ha fatto effetto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Abraham ritrova il gol da tre punti:
Mourinho batte un buon Torino

L’inglese decide al 32’ su assist di Mkhitaryan, ma i granata,
che perdono Belotti per infortunio, restano in partita fino alla fine


Mario Pagliara


Una Roma cinica e spietata piega un buon Toro con il minimo scarto, vittoria che le permette di restare agganciata in classifica all’Atalanta (a -3) nella corsa al quarto posto. Gara di attesa e ripartenza per la squadra di Mourinho, alla quale basta un colpo di Abraham e un’invenzione di Mkhitaryan. I granata di Juric tornano a casa nuovamente tra gli applausi e a testa alta, ma per la quarta trasferta consecutiva sono sconfitti uno a zero. Il Torino perde anche Djidji e Belotti, doppio infortunio muscolare da valutare nei prossimi giorni.

PERSONALITA’ — La prima mezzora è una prova di discreta personalità da parte del Toro. I granata producono un ampio possesso, avanzando con regolarità il baricentro nella metà campo di una Roma che imposta la sua partita in avvio tutto sull’attesa. Senza il suo centrocampo titolare (Cristante fuori, Veretout squalificato), i giallorossi scelgono probabilmente l’unica strada possibile avendo ricostruito in avvio una mediana con due trequartisti (Pellegrini e Mkhitaryan) nelle posizioni di mezzala. Come se non bastassero i cerotti, al quarto d’ora Mourinho perde anche Pellegrini, al posto del quale entra Perez. Juric invece può schierare il Toro titolare, con dieci undicesimi confermati in blocco dopo la vittoria con l’Udinese: l’unica novità è il rientro di Singo sulla destra. Nei primi trenta minuti si apprezza un Toro che tiene stabilmente il possesso (all’intervallo sarà del 65%) e si affaccia con una certa costanza dalle parti di Rui Patricio. Si parte al 10’: tiro di Praet, il portiere portoghese è attento. Dieci minuti dopo Singo scodella un cross al bacio per la testa ancora di Praet, ma la palla finisce tra le braccia di Rui Patricio. L’occasione di maggiore spessore capita sui piedi di Pobega al 24’, in conclusione di una bella azione innescata da Belotti e rifinita da Brekalo: la conclusione potente del centrocampista vola però in curva. Quattro minuti dopo Abraham salva su Buongiorno sotto porta. Insomma, fino a questo momento il Toro aveva rubato la scena all’Olimpico.

ABRAHAM LA SPACCA IN DUE — In questo primo tempo c’è un primo e un dopo. La linea del confine è il trentaduesimo minuto, quando Abraham piazza il colpo dell’uno a zero. Il Toro si fa trovare scoperto in fase di ripiegamento, il ritardo di Bremer a rientrare apre una voragine centrale che Buongiorno non riesce a tamponare e nella quale Mkhitaryan è furbo nel lanciare Abraham. Il gigante inglese si ritrova con la porta spalancata davanti ed è un gioco da ragazzi punire Milinkovic. Il Toro sbanda, la Roma cerca il colpo del k.o. Al 36’ Chiffi concede un rigore ai giallorossi per lo sgambetto (netto) di Buongiorno su Abraham ma è Banti al Var ad annullare tutto dopo cinque minuti di attesa: l’azione comincia con un fuorigioco di rientro dello stesso Abraham. Il finale del primo tempo pende dalla parte della squadra di Mourinho: al 45’ ancora Abraham ha il potenziale matchball, ma sul suo colpo di testa ravvicinato si ritrova davanti un ottimo Milinkovic.

BELOTTI K.O. — In avvio di ripresa, Juric sostituisce subito Djidji (fermato da un fastidio muscolare) con Zima. Il Toro ricomincia con il piglio giusto, da squadra per nulla intimorita dallo svantaggio e dai 46.728 spettatori dell’Olimpico. Esercita con Lukic e Pobega un pressing offensivo costante, non sfrutta poco dopo il pronti-via un doppio rimpallo nell’area giallorossa e, al decimo, Rui Patricio deve stendersi sulla destra per intercettare un tiro potente e angolato di Brekalo. La Roma continua su un binario attendista, lasciando ai granata la responsabilità di fare la partita, attenta a chiudere i varchi con un blindato 5-3-2, provando a colpire con le ripartenze. Come al 22’ con El Shaarawy che non inquadra la porta. A venti minuti dalla fine, Juric si gioca tre carte fresche: dentro Pjaca (per Praet), Zaza (per Vojvoda) e Baselli (per Buongiorno). Due minuti dopo, però, anche la sfortuna ci mette lo zampino: Belotti accusa il più classico degli infortuni muscolari in allungo, ed è costretto a cedere il posto all’ex Sanabria. I granata ci provano fino alla fine, la Roma si copre e gestisce e alla fine l’Olimpico può fare festa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Napoli travolgente: 4-0 alla Lazio e primo posto solitario

Gara decisa nel primo tempo: apre Zielinski, poi una doppietta da incorniciare
del belga stendono la squadra di Sarri che fa davvero poco in tutta la serata.
Nel finale, poker con un gran gol da fuori area di Fabian Ruiz


Nicola Berardino


Non dà scampo il Napoli alla Lazio. Tre gol nei primi ventinove minuti ipotecano, anzi impacchettano una vittoria che rilancia il primato in classifica della squadra di Spalletti, complice il k.o. del Milan. Nella giornata dedicata alle celebrazioni per Maradona, il grande protagonista del campo è Dries Mertens, chiamato a sostituire l’infortunato Osimhen. Con una doppietta il re del gol della storia azzurra (ora a quota 139) traccia la strada per i tre punti, avviata dalla rete di Zielinski. Nel finale cè spazio pure per il poker firmato da Fabian Ruiz. Dopo le sconfitte contro Inter e Spartak Mosca la formazione di Spalletti si ritrova nel migliore dei modi con una prestazione di altissima qualità. Va a picco invece la Lazio che bissa la sconfitta della settimana scorsa contro la Juventus e non riesce a dare continuità alla vittoria e ai progressi di Mosca contro lo Spartak. Notte fonda per i biancocelesti a Napoli: un flop che ora apre troppi interrogativi. Prima della gara, con una cerimonia alla presenza dei numeri uno della Fifa, Infantino, e della Figc, Gravina, e del presidente De Laurentiis, è stata svelata a bordo campo una statua in onore di Diego Maradona. È stata realizzata nelle fonderie Del Giudice di Nola e donata dal manager del campione argentino Stefano Ceci.

SUPER MERTENS — Rispetto alla partita di Mosca con lo Spartak di Europa League, Spalletti ripresenta Ospina tra i pali e Rrahmani in difesa. Mentre a centrocampo conferma Lobotka al posto dell’infortunato Anguissa e ritrova Fabian Ruiz. Zielinski avanzato nella trequarti, al fianco di Lozano e del rientrante Insigne, con Mertens terminale offensivo per rilevare Osimhen operato in settimana causa le plurifratture al volto riportate contro l’Inter. Dopo la gara di Coppa contro la Lokomotiv Mosca, Sarri, fischiato dai suoi ex tifosi, si riaffida a tutti i titolari, riportando dal via Reina in porta, Milinkvoic e Cataldi a centrocampo e Pedro in prima linea. Avvio determinato del Napoli che mostra subito una marcia in più rispetto alla Lazio. E già al 7’ la squadra di Spalletti si porta in vantaggio. Rilancio di Koulibaly, sulla destra si fa largo Lozano, la difesa laziale non riesce a disinnescare il pallone centrato dal messicano, si avventa Zielinski che fulmina Reina. Il gol carica ancor di più il Napoli. Al 10’, travolgente incursione di Insigne sulla sinistra, al centro irrompe Mertens che sigla il raddoppio degli azzurri. In grande difficoltà la Lazio che non regge il passo del Napoli. Tenta la conclusione a rete Luis Alberto senza inquadra la porta. Ritmo martellante del Napoli: Insigne e Lozano cercano la porta. Scatto in progressione di Immobile, lanciato da Pedro: Ospina devia in angolo. Sarri si sbraccia a bordocampo: la Lazio non riesce a reagire. Al 25’, prodezza di Ospina che ribatte in angolo una bordata di Luis Alberto. Sugli sviluppi del corner, capocciata di Acerbi che timbra la traversa. Partita vivissima a tutto campo. E 29’ il Napoli triplica: con colpo di magia di Mertens che, innescato da Lozano, calibra di destro una parabola che si infila sotto l’incrocio dei pali. Lazio al tappeto. Prova a ricompattarsi la formazione di Sarri, ma il Napoli, pur abbassando il ritmo, governa con sicurezza la partita. Un primo tempo d’applausi per la squadra di Spalletti.

IL POKER FINALE — Dopo l’intervallo Sarri inserisce Lazzari al posto di Patric. Lazio più intraprendente, Napoli in fase di controllo. Al 10’, cambio sulle fasce biancocelesti: Zaccagni rileva Felipe Anderson, mentre Pedro si sposta sulla destra. Il Napoli riparte all’attacco: Reina salva su un’incursione di Mario Rui. Sarri toglie Milinkovic per inserire Basic. Al 19’ standing ovation del Maradona per Mertens che lascia il posto al Elmas. Contemporanea l’altra sostituzione di Lozano con Petagna. Lazzari prova a dare velocità sulla corsia destra. Petagna tenta l’affondo. Alla mezz’ora esce Pedro per infortunio e viene rilevato da Moro, mentre Leiva dà il cambio a Cataldi. Insigne insegue il gol. Gli applausi del Maradona sottolineano la manovra fluida del Napoli. Al 40’ il sinistro d’autore di Fabian Ruiz sigla il quarto gol del Napoli. Ultime sostituzioni: Malcuit e Ghoulam per Fabian Ruiz e Mario Rui. Il fischio finale di Orsato fa esplodere la gioia del Maradona tra il ricordo struggente di Diego e il sogno scudetto da cavalcare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 14ª Giornata (14ª di Andata)

26/11/2021
Cagliari - Salernitana 1-1
27/11/2021
Empoli - Fiorentina 2-1
Sampdoria - Verona 3-1
Juventus - Atalanta 0-1
Venezia - Inter 0-2
28/11/2021
Udinese - Genoa 0-0
Milan - Sassuolo 1-3
Spezia - Bologna 0-1
Roma - Torino 1-0
Napoli - Lazio 4-0

Classifica
1) Napoli punti 35;
2) Milan punti 32;
3) Inter punti 31;
4) Atalanta punti 28;
5) Roma punti 25;
6) Fiorentina, Juventus, Lazio e Bologna punti 21;
10) Verona e Empoli punti 19;
12) Sassuolo punti 18;
13) Torino punti 17;
14) Udinese, Sampdoria e Venezia punti 15;
17) Spezia punti 11;
18) Genoa punti 10;
19) Cagliari e Salernitana punti 8.

(gazzetta.it)
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Pasalic da urlo, l'Atalanta vola:
poker al Venezia e Inter agganciata al 3° posto

Il croato segna una tripletta. Di Koopmeiners l'altro gol dei bergamaschi.
Dea momentaneamente con gli stessi punti in classifica dei nerazzurri di Inzaghi


Andrea Elefante


Quarta vittoria di fila per l’Atalanta, sei nelle ultime otto (più due pareggi), una notte al terzo posto aspettando l’Inter. La marcia della squadra di Gasperini continua alla faccia del turnover: troppo tenero e inconsistente dal punto di vista offensivo il Venezia per preoccupare anche la versione bis della Dea. E adesso, con la seconda sconfitta di fila, la squadra di Zanetti guarda con un po’ di preoccupazione al derby con il Verona di domenica.

LE SCELTE — Fra la gara di Torino con la Juve e quella di Napoli, con un occhio anche alla Champions e dunque al Villarreal, Gasperini fa molto turnover: dietro fa riposare Toloi e cambia totalmente la linea di centrocampo, riproponendo Hateboer titolare dopo sei mesi e sull’altra fascia Pezzella; in mezzo l’inedita coppia Pessina-Koopmeiners. Rivoluzionato, rispetto a sabato, anche l’attacco: davanti a Pasalic ci sono Ilicic e Muriel: in totale sono sette titolari diversi rispetto alla gara dello Stadium. Zanetti preferisce Haps a Molinaro e davanti deve fare a meno di Okereke (gioca Kiyine), ma non rinuncia a Henry, che era in ballottaggio con Forte. Confermata la coppia centrale di difesa, con l’ex Caldara e Ceccaroni, e la linea a tre di centrocampo, con Ampadu, Tessmann e Busio.

SPRINT NERAZZURRO — I molti cambi tolgono qualcosa agli automatismi dell’Atalanta, poco aiutati anche da troppi errori tecnici, ma questo si noterà di più a partita già discretamente in discesa. E succede nel giro di 12’, perché dopo un brivido per Musso quando erano passati appena venti secondi (tiro dalla distanza di Busio, respinto in tuffo dall’argentino), la squadra di Gasperini scatta due volte con due gol quasi in fotocopia. Sempre di Pasalic, che approfittando della posizione di Ilicic e Muriel, entrambi molto larghi, ha spazi e opportunità per travestirsi da “centravanti”. Ma soprattutto può sfruttare le intuizioni prima dello sloveno e poi del colombiano per attaccare la porta e segnare due volte, con la collaborazione della difesa neroverde, che gli lascia troppo spazio e arriva sempre in ritardo sulle sue incursioni. Sul 2-0 così in fretta, l’Atalanta forse inconsciamente si rilassa un po’, sicuramente non affonda il colpo: Gasperini in panchina è furibondo per l’atteggiamento troppe volte poco aggressivo, ma il Venezia non sbaglia meno dei nerazzurri e la sua reazione si limita ad una conclusione di Henry - su lancio di Ampadu che scavalca Palomino - su cui ancora una volta, al 21’, Musso protegge bene la porta. Si arriva all’intervallo senza altre grandi occasioni: la migliore forse per Muriel, sulla cui conclusione però Romero non si fa sorprendere.

TUTTO FACILE — Al Venezia servirebbe una miccia subito per provare a riaccendere la partita, ma è ancora Musso a spegnere le voglie neroverdi, nell’occasione del neo entrato Crnigoj. Lo stesso fa Romero su Pasalic, ispirato da Ilicic, ma la parola “fine” la scrive sul copione Koopmeiners con un sinistro chirurgico ad onorare il suggerimento di Pezzella. Il Venezia non ci crede più, l’Atalanta diventa padrona incontrastata del campo, ancora Pasalic è l’uomo del poker: la tripletta personale, con giravolta, arriva dopo serpentina ubriacante di Muriel, che poco prima si era divorato il 4-0, cercando il gol sul primo palo e trovando invece solo il palo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Segna sempre Vlahovic:
tris in rimonta della Fiorentina alla Samp



Fermati i blucerchiati, reduci da due vittorie consecutive.
Gabbiadini la sblocca, ma i viola giocano meglio e
rimontano con le reti di Callejon, del serbo e di Sottil


Filippo Grimaldi

Sarà pure senza mezze misure – tutto o nulla, lo dicono i suoi risultati – ma questa Fiorentina pare davvero un bel gioiello, e Italiano può esserne assolutamente soddisfatto. Tre a uno a una Sampdoria improvvisamente (e inspiegabilmente) dimessa, incapace di capitalizzare l’iniziale vantaggio di Gabbiadini, e poi ribaltata dai tre acuti viola di Callejon, Vlahovic (dodicesimo centro in campionato: solo Lewandowski nel 2021 ha segnato più di lui) e Sottil. Pratica già chiusa prima dell’intervallo. D’Aversa e la Samp andavano in cerca della terza vittoria di fila, dopo i successi contro Salernitana e Verona, ma ha dovuto fare i conti con la forza, la qualità e la voglia di riscatto della Fiorentina dopo l’inatteso stop di Empoli.

SFIDA ACCESA — Nei viola c’è Martinez Quarta titolare in difesa, con Vlahovic al centro del tridente offensivo, che vede Callejon e Sottil sugli esterni. I blucerchiati, con Ferrari e Colley coppia centrale difensiva, puntano su Gabbiadini e Caputo in attacco. L’avvio è dei padroni di casa con una punizione di Biraghi (4’) fuori misura di poco e una conclusione forte ma centrale di Vlahovic: Audero blocca a terra. Gli ospiti, però, non stanno a guardare. Al 10’ la Sampdoria colpisce e va in vantaggio: sul cross dalla destra di Candreva (di sinistro…), Gabbiadini (15’) di testa anticipa Igor e Martinez Quarta, firmando il suo primo gol stagionale di un campionato sin qui poco fortunato. Il gol dello zero a uno dà la scossa ai viola, che otto minuti dopo, dopo avere aumentato l’intensità della manovra, pareggiano: cross dalla sinistra di Sottil e Callejon sul secondo palo brucia Murru e va a segno. Uno a uno e partita riaperta. Ritmi alti, la squadra di Italiano è sempre più padrona del gioco. Al 32’, la dodicesima perla in campionato di Vlahovic porta in vantaggio la Fiorentina: cross dalla destra di Bonaventura, con Colley scavalcato dal pallone e il tocco perfetto di controbalzo dell’attaccante serbo beffa Audero. Bereszynski (39’) arriva sulla destra e scarica una conclusione fuori misura. Tutto inutile: la Samp va a fiammate, ma la squadra di Italiano schiaccia e spinge forte. Così, al 45’, arriva il tre a uno che di fatto manda k.o.i blucerchiati. Una combinazione Biraghi-Bonaventura trova Sottil pronto al tiro ravvicinato.

REAZIONE BLANDA — Blucerchiati al tappeto, e l’inizio della ripresa non regala cambi di passo alla squadra di D’Aversa. Perché la Fiorentina è all’apparenza più guardinga, ma in realtà è sempre pronta a sfruttare la profondità verticalizzando il gioco sugli esterni. I blucerchiati cercano una svolta e allora provano la doppia carta offensiva Quagliarella-Ciervo (fuori Caputo e Verre), con Augello al posto di uno spento Murru. La squadra di Italiano però resta attenta, gioca una gara intelligente, non si abbassa e, soprattutto, dà pochi riferimenti a un avversario che dalla mediana in su fatica maledettamente e ritrova quei limiti che l’avevano frenato prima della vittoria scaccia crisi di Salerno. Niente da fare. Italiano mantiene il controllo assoluto della partita, anche se Gabbiadini, servito da Candreva, impegna Terracciano. Ma è un fuoco fatuo, perché sulla ripartenza (15’) Sottil (servito da un superbo Torreira) scappa ad Augello,si presenta davanti ad Audero e calcia a lato di pochissimo. Quarto gol mancato di un soffio, ma azione che dà la misura dell’attenzione dei viola a mantenere il doppio vantaggio. Italiano a metà ripresa perde proprio Sottil per infortunio, dopo un contrasto di gioco con Thorsby e dà spazio a Saponara. La Samp soffre, si chiude, arretra, va in inferiorità sulla mediana dove Duncan e Torreira danno sostanza al centrocampo. E’ sempre la Viola a comandare: a sei minuti dalla fine confeziona una combinazione Biraghi-Maleh-Vlahovic, ma il colpo di testa dell’attaccante è debole. Callejon esce fra gli applausi e si prende una meritata standing ovation, Italiano fa esordire il giovane Di Stefano. L’ultima fiammata (47’) è sampdoriana. Thorsby lancia Candreva, ma Terracciano gli chiude lo specchio. Fiorentina di nuovo in alta quota, Samp costretta a ripartire. Italiano se la gode: quest’anno avrà da divertirsi. D’Aversa torna nel limbo: ci sarà ancora da soffrire.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve, una boccata d'ossigeno:
vince 2-0 a Salerno con Dybala e Morata

Un gol per tempo e i bianconeri tornano a vincere.
Nel recupero l'argentino sbaglia in modo clamoroso un rigore


Livia Taglioli


L’Atalanta ne aveva da poco segnati 4, la Fiorentina 3, giusto per chiarire. Ma la Juve stavolta non ci sta, e dopo le due sconfitte di fila con Chelsea e Atalanta all’Arechi arriva la vittoria per 2-0 contro la Salernitana. Dybala realizza il suo quarto gol, battezzando il match dopo 21 minuti, raddoppia Morata, in campo da quattro minuti, che al 70’ fissa il risultato e torna al gol dopo oltre due mesi, confermandosi implacabile contro le neopromosse (questa è la sua nona rete in 18 sfide). E ancora la Joya sbaglia maldestramente il 3-0, scivolando al momento del tiro dal dischetto e impennando la conclusione sopra la traversa. La Salernitana, ultima in classifica, si conferma allergica all’Arechi: in questa stagione ha perso sei degli otto match casalinghi. I bianconeri restano così agganciati alla Fiorentina, e sempre a – 7 dalla zona Champions.

DYBALA, LA TERZA VOLTA È QUELLA BUONA — Nella sua 19esima formazione in 19 gare, Allegri schiera Chiellini al fianco di De Ligt, con Pellegrini a sinistra per far rifiatare Alex Sandro. Fuori Chiesa e McKennie, oltre a Danilo e De Sciglio, a centrocampo le fasce sono affidate a Kulusevski e Bernardeschi, con Bentancur al fianco di Locatelli. In avanti ci sono Dybala e Kean, preferito a Morata. La Salernitana risponde con un una formazione abbottonata, con Bonazzoli pronto però ad approfittare di qualche errore juventino in disimpegno. Sono i bianconeri a fare la partita, dettando tempi e modalità del match. I primi minuti sono scoppiettanti, con due conclusioni di Dybala e una di Kulusevski a far credere che la gara possa essere in discesa. Poi i campani trovano le distanze e la Juve abbassa i giri, tornando ad essere squadra prevedibile e macchinosa. La manovra bianconera per lunghi minuti si fa stagnante e punteggiata di retropassaggi, Simy testa l’attenzione di Szczesny, girando a fil di palo, ma fuori, un cross di Kechrida. Poi ci pensa Dybala a dar la scossa alla gara: al 21’ intercetta un passaggio di Locatelli e triangola con Kulusevski al limite. Il suo sinistro stavolta non perdona: è l’1-0 a favore della Juve. Sette minuti più tardi la squadra di Allegri trova il raddoppio, con Chiellini in tap-in dopo che il palo respinge una punizione di Cuadrado. Ma dopo un controllo l’arbitro Fourneau annulla per un fuorigioco di Kean al momento della battuta del calcio piazzato. I campani irrobustiscono la difesa, la Juve fatica a trovare spazi ma non ha alternative alla ricerca del raddoppio. Il giro palla si fa un po’ più veloce ma non sempre preciso, e il primo tempo si chiude sul risultato di minimo vantaggio.

RIECCO MORATA, DUE MESI E MEZZO DOPO — La Juve riparte da dove era rimasta, cioè alla ricerca del raddoppio della serenità. Ma prendere d’infilata i campani è praticamente impossibile, e dunque i bianconeri costruiscono con pazienza e costanza una manovra offensiva che possa coralmente portarla ai limiti dell’area avversaria. La mossa riesce, anche se poi l’ingresso negli ultimi 16 metri è sbarrato, ed anche il tiro dalla distanza tutt’altro che scontato. Ci provano Dybala e Cuadrado, con mira è sbagliata. E invece, al 58’, è la Salernitana che sfiora il gol, con un destro incrociato di Ranieri che si stampa sul palo con Szczesny battuto. L’Arechi si infiamma, la Juve vive attimi di terrore. La gara si fa scivolosa: la Juve sa di non potersi concedere distrazioni, eppure qualche errore in fase di alleggerimento scappa, la Salernitana è abile a chiudere gli spazi, ma non rinuncia all’affondo improvviso. Il cambio Djuric-Simy ne è la riprova. Allegri risponde con l’avvicendamento fra Morata e Kean e quello fra Alex Sandro e Pellegrini. Detto fatto, la mossa si rivela vincente: al 70’ lo spagnolo, in campo da 4 minuti, firma il 2-0 su assist di Bernardeschi. L’ultima sua rete risaliva al gol segnato contro il Milan lo scorso 19 settembre. Dybala cerca la botta a sorpresa, poi Belec respinge una sua conclusione a botta sicura, e per finire l'argentino spara alto dal dischetto, al 94', dopo un fallo di Gyomber su Morata. Il tempo dell'esordio ufficiale di Soulé e Fourneau fischia la fine.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Radunovic para tutto, Simeone si è inceppato:
il Cagliari strappa lo 0-0 a Verona

Il vice-Cragno decisivo in almeno due occasioni,
il Cholito si mangia un gol e Mazzarri porta via un punto prezioso



Finisce 0-0 al Bentegodi tra Verona e Cagliari ed è un punto guadagnato per i sardi. La squadra di Tudor ha creato di più soprattutto nella ripresa, ma Giovanni Simeone, che ha vissuto un mese in stato di grazia, attraversa un momento no e si mangia l'occasione più nitida davanti a Radunovic, promosso come vice Cragno ed eroe della serata.

LA PARTITA — Dopo il primo brivido firmato Caprari, il Cagliari, ben arroccato dietro, riesce a gestire gli attacchi dell'Hellas, pericoloso la punizione di un sempre convincente Veloso. La ripresa si accende dopo un fallaccio di Simeone su Nandez: un rosso non sarebbe stato scandaloso, il Cholito se la cava col giallo. Lo stesso Simeone, liberato da Faraoni, spreca davanti a Radunovic l'occasione più nitida. Il Cagliari riparte solo in un'occasione (grande recupero di Veloso su Nandez) e poi soffre fino alla fine. Ma è ancora Radunovic, migliore in campo a dire di no a Barak e Lasagna, dopo che il palo gli aveva dato una mano sul colpo di testa di Dawidowicz.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Questa è una cosa che non c'entra niente con il calcio e con i tifosi, gli stronzi stanno dappertutto!!!! [SM=g8890]




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Il Bologna vola altissimo: Svanberg castiga la Roma.
E Mou perde Abraham per l'Inter



Decisiva la rete dello svedese. Skorupski para tutto.
L'attaccante inglese e Karsdorp salteranno la sfida con l'Inter.
La squadra di Miha aggancia la Juve in classifica


Massimo Cecchini

Mettiamola così: se al momento per la corsa alla Champions le prime quattro hanno fatto il vuoto, la lotta per l’Europa League è apertissima e vi si iscrive anche il Bologna, che batte la Roma grazie a un 1-0 santificato dalla rete di Svanberg segnata nel primo tempo. I giallorossi adesso hanno solo un punto di vantaggio su Fiorentina, Juventus e lo stesso Bologna, aspettando il risultato della Lazio. Morale: dalla squadra di Mourinho a inizio stagione forse ci si aspettava di più. E sabato ci sarà l’Inter all’Olimpico, con la Roma che dovrà fare a meno degli squalificati Abraham e Karsdorp - ammoniti entrambi - e probabilmente dell’infortunato El Shaarawy.

GRAFFIO SVANBERG — Forse memore della tattica coraggiosa ma pericolosa messa in mostra domenica col Torino - che in pratica all’Olimpico aveva fatto la partita (64% di possesso palla) - Mihajlovic sceglie di aspettare la Roma con un 3-4-2-1 molto elastico e pronto ad abbassarsi sulle fasce. Non basta. I rossobù al 15’ perdono per infortunio il loro asso, Arnautovic, piazzando Barrow come prima punta e Sansone alle sue spalle con Soriano. Eppure i padroni di casa non si scompongono, provando a pungere in ripartenza con lo stesso Barrow al 9’ e Skov Olsen al 21’. Niente che impensierisca troppo Rui Patricio, ma lo stesso si potrebbe dire per Skorupski, che fino al 35’ si spaventa solo per un colpo di testa fuori di Abraham su cross di Karsdorp. Al 35’ la svolta, quando un tiro da circa venti metri di Svanberg non trova né il muro giallorosso in chiusura né troppa reattività da parte del portiere portoghese. È il vantaggio del Bologna, che abbassa il baricentro, cominciando a soffrire un po’ le accelerate di Zaniolo soprattutto sulla destra, ben appoggiato da Veretout e Karsdorp A sinistra, invece, El Shaarawy e Mkhitaryan paiono fare più fatica. Al 42’ però, in una mischia in area, il portiere rossoblù è bravo a salvare su un tiro di ginocchio di Abraham, che stava finendo in porta. Il finale del tempo è tutto sulla questione ammonizione. Il Bologna protesta per quello a Soriano per una manata a Mkhitaryan, così come per quello mancato di Abraham per azione analoga su Theate. Invece il “giallo” per l’inglese arriva nel finale del tempo sempre per una manata stavolta ai danni di Svanberg, che fa protestare a lungo il giallorosso, perché salterà la gara con l’Inter.

ASSALTO INUTILE — Nella ripresa Mourinho toglie l’incolore ex Diawara e inserisce Carles Perez, collocando Veretout davanti alla difesa. La nuova disposizione, però, dura poco, perché El Shaarawy deve uscire per infortunio e quindi il portoghese rilancia Shomurodov, disegnando un 4-2-3-1 con Ibanez terzino sinistro, Mkhitaryan in mediana e Zaniolo trequartista. La Roma aumenta la pressione, anche se solo al 23’ si fa rivedere dalle parti di Skorupski con un tiro di Mkhitaryan bloccato dal portiere. Al 25’, però, i giallorossi vanno vicini al pari quando una ripartenza di Abraham manda al tiro lo stesso armeno, la cui conclusione è respinta dal portiere rossoblù, che si salva sul pallonetto successivo sempre di Mkhitaryan che finisce alto di poco. Per l’assalto finale Mourinho lancia Vina e tira fuori il diffidato Mancini. Al 30’ una punizione di Abraham non va lontana dal palo destro di Skorupski. Al 38’, poi, Pairetto fischia un rigore per fallo di Dominguez su Mkhitaryan, ma l’armeno era partito in fuorigioco. I giallorossi accelerano e al 41’ una bella girata di Abraham costringe alla deviazione in tuffo del portiere rossoblù. Al 48’, poi, una ripartenza giallorossa trova il Bologna sbilanciato e Zaniolo deve salvare coi piedi su Zaniolo. E’ l’ultima occasione prima dei titoli di coda, che vedono i padroni di casa alle stelle e la Roma, ancora una volta, impigliata nel suo “vorrei ma non posso”.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter non si ferma più:
2-0 allo Spezia e terza vittoria di fila



Gagliardini e Lautaro (che discute con Calhanoglu per il rigore) piegano i liguri in versione dimessa.
Almeno per un paio d'ore secondo posto e vetta a un passo


Luca Taidelli

Un altro 2-0 in controllo, la terza vittoria di fila in campionato - prima volta con Inzaghi - e la sensazione di essere ormai matura al punto da sopperire ad assenze pesanti. Nel freezer del Meazza, l'Inter batte 2-0 uno Spezia che - va detto - l'ex Thiago Motta schiera in versione sperimentale (forse pensando al Sassuolo, domenica) e resta al terzo posto, a un punto dal Milan e a due dal Napoli. Come a Venezia sabato, decidono un gol di una mezzala (stavolta Gagliardini) e un rigore (il quinto nelle ultime 4 gare) di Lautaro, che scaccia dal dischetto Calhanoglu. Aspettando di recuperare qualche pezzo in difesa, Inzaghi vede i suoi pronti alla doppia trasferta Roma-Madrid che dovrà certificare il salto di qualità.

PRIMO TEMPO — Come gli indiani di Agatha Christie, Inzaghi perde un altro centrale (Bastoni, colpito da gastroenterite nella notte) ed è obbligato a schierare una difesa inedita con Skriniar centrale, D’Ambrosio e Dimarco ai suoi lati. In mezzo riposa Barella, al suo posto Gagliardini con Brozovic e Calhanoglu. A destra c’è Dumfries, nessun riposo per Perisic sull’altra fascia. Anche Thiago Motta rivoluziona lo Spezia, con sei facce nuove rispetto al k.o. interno di domenica col Bologna. In attacco ci sono Salcedo e Manaj, entrambi ex nerazzurri, mentre Gyasi si abbassa sulla mediana in un 5-3-2 molto abbottonato, con Maggiore in panchina e l’esordiente Kiwior tra i tre centrali difensivi. L'Inter si accampa subito nella metà campo avversaria, con i due braccetti altissimi. Per aprire il bunker ligure però servirebbe un'invenzione nello stretto di Correa - che invece sbaglia subito due letture - o un maggiore coinvolgimento degli esterni, chiusi dai raddoppi avversari, con Salcedo che in fase di non possesso si abbassa in quello che diventa un 5-4-1. Con Hristov ed Erlic che tengono nel gioco aereo, resta la conclusione da fuori, ma Calha si fa murare, Lautaro la mette fuori di un metro e Provedel è attento su Dumfries. Si gioca in trenta metri, e l'Inter è brava -come da versione 2.0 post Lazio - a non concedere ripartenze che sarebbero sanguinose. E al 36' va a segno per la 34esima partita consecutiva in campionato con il primo vero inserimento delle mezzali. D'Ambrosio imbuca per Lautaro, bravo a pescare con un tocchetto di esterno Gagliardini, che di destro non sbaglia. Il match si stappa come un crodino e Provedel deve superarsi di piede sulla stoccata di Correa. Tanto geniale nell'assist, il Toro però rischia tantissimo nel finale di tempo, facendosi giustizia da solo con una spallata ad Erlic a palla lontana che gli costa solo il giallo. E nel recupero Handanovic è miracoloso sul colpo di testa di Amian.

SECONDO TEMPO — Segnali che l'Inter farà bene a tenere la spina accesa anche nella ripresa, che inizia con Motta che cambia gli esterni: dentro Ferrer e Bastoni per Amian e Reca. Skriniar e soci non mollano l'osso, Lautaro scalda Provedel, Correa la traversa con una sassata di destro, Brozovic dal limite viene frenato, Calhanoglu tira troppo bene e abbatte il portiere. Dai e dai, il raddoppio arriva. Kiwior colpisce il pallone col braccio sulla girata di Lautaro, irremovibile, malgrado l'intervento di Brozovic e D'Ambrosio, nel togliere il rigore a Calhanoglu (scena poco edificante) e nel trasformarlo al 58'. Ma che quello di Inzaghi sia un gruppo vero lo dimostrano prima l'esultanza di gruppo e poi l'assist del Toro a Calha, che però da ottima posizione si fa ipnotizzare da Provedel. Thiago cerca forze fresche con Maggiore, Bourabia e Verde per Sala, Kovalenko e Salcedo, Inzaghi risponde con Sensi per Calha. Cambia anche l'attacco, con Dzeko e Sanchez per i due argentini. Ma ormai il match è in ghiaccio (in tutti i sensi...) malgrado il commovente Manaj e Gyasi da una parte impegnino Handanovic e dall'altra Sanchez e Vidal vadano vicino al 3-0.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Magia di Ibra e fantastica doppietta
di Messias: il Milan fa piangere Sheva

Pioli ritrova gioco, gol e spirito.
Ma c’è apprensione per Kjaer, uscito per infortunio dopo pochi secondi


Marco Pasotto


Considerazione romantica: no, non poteva essere Shevchenko a aprire ufficialmente lo stato di crisi rossonero. Considerazione pratica: il Milan annulla il Genoa del suo grande amore Andriy e cancella tutte le fatiche – fisiche, mentali e di classifica - delle ultime settimane. Il novembre orribile, lungo il quale il Diavolo in campionato non aveva mai vinto, è finalmente alle spalle. A Marassi finisce tre a zero con Pioli che ritrova in un colpo solo tutto ciò che era mancato negli ultimi tempi: gol, atteggiamento, porta inviolata. Troppa grazia? No, fattori indispensabili dal momento che lassù la corsa è frenetica. A proposito: i rossoneri sono scesi in campo con l’Inter due punti più in alto, poteva esserci qualche ripercussione mentale e invece l’approccio è stato perfetto. E da Reggio Emilia nel finale è arrivato pure un regalo di Natale anticipato, con il Sassuolo che ha inchiodato il Napoli sul pari: ora i campani distano soltanto un punto. Sheva invece deve rimandare la prima vittoria sulla panchina rossoblù (e anche il primo gol), e la situazione inizia a farsi piuttosto complicata.

LE SCELTE — Genoa-Milan somiglia anche a una triste sfida su chi ha più assenti. Shevchenko, che deve rinunciare a Criscito, Maksimovic, Fares, Kallon, Caicedo e Destro, rispetto a Udine cambia a destra dando spazio a Vanheusden e Ghiglione, e conferma Bianchi ed Ekuban davanti. Pioli ai soliti lungodegenti (Calabria, Castillejo, Rebic) deve aggiungere Giroud e il malato dell’ultima ora Bennacer (labirintite). Oltre allo squalificato Romagnoli. Col Sassuolo i rossoneri erano apparsi particolarmente stanchi e quindi si cambia in mediana – al rientro Tonali e Kessie – e soprattutto sulla trequarti, dalla composizione inedita: Messias a destra, Diaz al centro e Krunic a sinistra, con Ibra davanti. In difesa si rivede Tomori. La lista dei k.o. rossoneri peraltro si arricchisce subito di un altro nome, ed è un nome pesantissimo: sono passati circa trenta secondi di partita quando Kjaer, nel tentativo di arginare Cambiaso, finisce a terra dolorante. Barella, borsa del ghiaccio sul ginocchio sinistro e arrivederci a presto, si spera. La prima diagnosi parla di trauma contusivo-distorsivo, domani a Milanello tutti gli esami del caso ma l’apprensione è alta. Fuori Simon e dentro Gabbia a freddo che più freddo non si può. Insomma, un avvio di gara funesto per il Diavolo, che però non si scompone e, anzi, torna a dare l’immagine migliore di sé. Quella che si era offuscata nelle ultime uscite. Una squadra dominante, aggressiva, alta e feroce nella metà campo avversaria, togliendo ossigeno e quindi idee al Genoa fin dalla culla, davanti a Sirigu. Una cattiveria agonistica prodotta da un attento esame di coscienza collettivo e magari anche dalle critiche. Un atteggiamento a cui il Grifone non è riuscito a opporre resistenza, schiacciato e compresso negli ultimi trenta metri. Cambiaso ha tentato qualche blitz ma non ha trovato la collaborazione degli attaccanti, mentre Sturato e Rovella erano azzannati alla gola ogni volta che maneggiavano palla.

TANTE SOLUZIONI — Un altro Milan e anche un altro Ibra. Praticamente ubiquo. Nei primi venti minuti l’abbiamo visto ovunque e gliene sono bastati dieci per lasciare il segno. Punizione più raffinata che potente da distanza non comodissima, che si è spenta nell’angolino basso. Un minuto dopo ha ciabattato malamente da ottima posizione e di lì a poco è stato Masiello a salvare la propria porta sullo svedese. Non solo Ibra, comunque. Riversandosi in massa nella metà campo rossoblù il Diavolo aveva sempre almeno tre soluzioni offensive quando si affacciava nei pressi dell’area genoana. Intorno alla mezzora gli uomini di Sheva hanno alleggerito un po’ la pressione, ma è durata poco e la scena se l’è presa Diaz, bravo a infilarsi due volte nel cuore del Grifone. Al secondo minuto di recupero il Milan ha raddoppiato con un colpo di testa di Messias, scaltro a dosare la parabola del pallone. Per il brasiliano, dopo la rete di Madrid, gol al debutto da titolare in rossonero. La ripresa (Pioli ha tolto Gabbia, ammonito, inserendo Florenzi con Kalulu centrale; Sheva ha tolto Sturato per Hernani) si è aperta con un’altra occasione per Ibra, ma anche con una parata spettacolare di Maignan su Hernani. Cenni di vita rossoblù? Macché. Al minuto numero 16, ovvero subito dopo il cambio di Ibra con Pellegri, Diaz ha servito Messias che ha superato di nuovo Sirigu, stavolta con un sinistro chirurgico. A quel punto la partita si è virtualmente conclusa. L’unica emozione è stata una genialata da metà campo di Portanova, che ha tentato il gol della vita ma ha trovato un altro prodigio di Maignan. Uno che di clean sheet se ne intende.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Napoli, un finale pazzesco:
il Sassuolo rimonta da 2-0 a 2-2.
E il Var nel recupero...

Epilogo rocambolesco, Spalletti espulso al 93':
dopo i gol di Fabian Ruiz e Mertens arrivano le reti di Scamacca e Ferrari.
Nel recupero il ribaltone neroverde di Defrel svanisce al video check


Maurizio Nicita


Un campo che non porta bene al Napoli, quello di Reggio Emilia. In gennaio qui fu persa la Supercoppa con la Juve (rigore sbagliato di Insigne), poi un 3-3 rimontato dagli emiliani all’ultimo secondo dagli emiliani. E anche in questa serata incredibile, con la partita in pugno meritatamente dopo un’ora di gioco, 2-0 spettacolo e bei gol, un finale da incubo porta al clamoroso 2-2 con applausi al Sassuolo, e Napoli in difficoltà per gli infortuni di Fabian Ruiz e Koulibaly. La capolista va in ansia e un po’ in confusione e viene persa l’occasione per mantenere tre punti di vantaggio sul Milan. Invece i rossoneri sono a un punto e l’Inter a due.

FLIPPER NAPOLI — Dionisi nel suo 4-3-3 varia soprattutto la difesa rispetto alla vittoria di domenica contro il Milan. Davanti a Consigli il solo Ferrari viene riconfermato, al suo fianco Chiriches con Toljan e Rogerio esterni. Confermato il tridente col bomber Scamacca centravanti, mentre in mediana Henrique non è al meglio e parte dalla panchina, a sostituirlo Traore. Spalletti invece non cambia nulla del suo Napoli-flipper che ha asfaltato la Lazio. E in effetti il Napoli riprende il filo del gioco spettacolare visto domenica scorsa al Maradona. Manovra avvolgente e Sassuolo costretto ad arretrare dalle furie rosse (questo il colore delle maglie dei ragazzi di Spalletti). Zielinski croce e delizia in avvio. Nel senso che segna con un gran sinistro, ma a gioco appena fermo. Poi il polacco è bravo a servire un assist indietro a Fabian ma il tiro dello spagnolo, probabilmente destinato in porta, viene respinto dallo stesso Piotr che poco dopo “mangia” il vantaggio con una girata alta su perfetto assist di testa di Di Lorenzo. Il Napoli macina gioco, ma il Sassuolo non sta a guardare e prova dare rapida verticalità alla propria azione. Ritmi alti e partita bella. Bravo Troré a lanciare Frattesi, che si inserisce con grande tempismo ma riesce solo a sfiorare il pallone davanti Ospina, attento prima su un tiro dalla lunga distanza di Berardi e soprattutto nel finale quando Ferrari, da angolo, si ritrova sul sinistro un pallone invitante e tira quasi a botta sicura, ma il colombiano è reattivo e blocca. Qualche minuto prima uguale bravura per Consigli su splendido contropiede del Napoli (Zielinski ruba palla e Mario Rui verticalizza subito), con Insigne che tira di punta per anticipare e il portiere del Sassuolo che si salva con la mano sinistra.

ANCORA FABIAN! — Lorenzo Insigne esce alla fine del tempo zoppicando (per l’indurimento di un polpaccio) e Spalletti lo sostituisce tempestivamente con Elmas, alla sua centesima con il Napoli. E la capolista trova rapidamente il gol del vantaggio. Aggressione altissima di Lobotka su Traoré, palla indietro per Ferrari ma Mertens anticipa e ruba palla, di prima per Zielinski, che a un tocco smarca in mezzo Fabian Ruiz, ancora micidiale centralmente col suo sinistro, imprendibile per Consigli. Per lo spagnolo quinto gol da fuori area (anche se stavolta di poco): nessuno meglio di lui in Europa. Poi qualche cambio e un Sassuolo che non molla cambiano il finale. Perché con Kiryakopoulos il Sassuolo spinge da sinistra e il greco mette in mezzo un bel pallone che Scamacca controlla da campione e segna con un gran destro. Il Napoli perde certezze e anche Koulibaly e Fabian Ruiz che si fanno male, la squadra si abbassa troppo e rischia. Una punizione calciata bene da Berardi sulla testa di Ferrari (troppo solo) ed è un clamoroso 2-2. Che nel finale rischia il ribaltamento ancora più sensazionale con un gol di Defrel, giustamente annullato per intervento al Var per un fallo di Berardi su Rrahmani. Davvero una partita incredibile.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Toro show per mezz'ora, poi rosso a Singo e l'Empoli rimonta



Non bastano a Juric le reti di Pobega e Pjaca nel primo quarto d'ora:
in 10 i granata subiscono gli attacchi dei toscani,
che strappano il pareggio con Romagnoli e La Mantia


Mario Pagliara

E’ il punto dei rimpianti, sia per il Toro sia per l’Empoli. Per i granata perché avanti al quarto d’ora due a zero con Pobega e Pjaca non è riuscito a vincere nella serata in cui il Torino festeggia i suoi 115 anni. Rimpianti anche per l’Empoli, con l’uomo in più per settanta minuti: riesce a risalire la corrente con Romagnoli e La Mantia ma non trova il colpo del k.o. Partita condizionata dalla decisione dell’arbitro Colombo e del Var Mazzoleni di espellere alla mezzora Singo, il cui fallo non sembra da rosso diretto.

UNO-DUE — La firma sui 115 anni del Toro la pone in calce Tommaso Pobega. Perché dopo appena dieci minuti il centrocampista granata pressa altissimo Zurkowski con una forza devastante: ne nasce un rimpallo che favorisce ancora Pobega, abile nel firmare il vantaggio granata. La serata del compleanno granata sembra mettersi subito in discesa per la squadra di Juric, schierata con il suo tradizionale 3-4-2-1: nel tridente offensivo Juric rilancia Marko Pjaca, mancava dal primo minuto dal 12 settembre contro la Salernitana. A comporre il reparto d’attacco ci sono Praet e Sanabria, quest’ultimo al posto dell’infortunato capitan Belotti. Tutto come previsto anche nell’Empoli, in campo con un 4-3-2-1 con Di Francesco, Henderson alle spalle di Pinamonti. L’avvio del Toro è travolgente: se al decimo minuto mette già la testa avanti, bisogna annotare anche al quarto minuto la discesa prorompente di un Singo che fa 70 metri palla al piede prima di concludere (a lato). Pjaca è in serata e lo si intuisce già dopo otto minuti quando da un suo tiro sporcato dalla schiena di Ricci ne esce un assist per Sanabria: il paraguaiano colpisce comodo di testa ma non inquadra la porta. Una volta passato in vantaggio con Pobega (a proposito, è al suo terzo gol in campionato), arriva il tempo di godersi il Pjaca-show: al quarto d’ora, il croato mette a sedere due difensori toscani, prima di esplodere un destro a giro perfetto all’angolino. Dopo quindici minuti di gioco Toro 2 Empoli 0. Terzo gol in Serie A anche per Pjaca.

ROSSO A SINGO — Se vogliamo trovare un difetto in questo primo tempo dei granata è di aver pensato, probabilmente, di aver già portato a casa la partita troppo presto. E invece alla mezzora arriva l’episodio che riapre tutto: Singo atterra Di Francesco lanciato in porta. L’arbitro Colombo (un fischietto classe ’90, alla prima conduzione in Serie A) assegna giustamente la punizione e un cartellino giallo. Al Var c’è il più esperto Mazzoleni che lo richiama al monitor, invocando un approfondimento per verificare se potessero esserci gli estremi per un rosso diretto (che scatta nel caso di una chiara occasione da rete). Colombo va al video e cambia il cartellino: dal giallo al rosso diretto. La seconda decisione è sbagliata. Alla mezzora Toro dunque in dieci uomini, e quattro minuti dopo sugli sviluppi di un angolo Romagnoli pesca il colpo di testa che riapre i giochi. Preso il gol, Juric corre ai ripari: tira fuori un ottimo Pjaca in panchina, inserendo Vojvoda sulla destra. Nel finale di tempo, il Toro balla ancora ma Milinkovic è attento su Pinamonti (40’).

2-2 LA MANTIA — Quando la ripresa comincia, corre subito un brivido sulla schiena del Toro: dopo appena cinquanta secondi un cross di Di Francesco sbatte sulla schiena di Bremer con la palla che carambola sulla traversa di Milinkovic. La partita sale di tono, si incattivisce: sono diverse le entrate dei difensori empolesi ai limiti del regolamento, con il giovane arbitro Colombo che non dà la sensazione di saper controllare gli animi in campo. Ne fanno le spese Aina, Juric e Marchizza: ammoniti. Nonostante l’uomo in meno i granata provano a reggere l’urto, ma piano piano la benzina finisce e dalla panchina non arrivano rifornimenti. Eppure al 21’ il Toro si divora il colpo del k.o.: Bremer si oppone davanti alla propria area a Luperto, scappa via sfruttando il campo aperto e spara un diagonale che per poco non termine all’angolino. La legge del contrappasso è implacabile: sei minuti dopo, da un cross perfetto di Luperto arriva la testa di La Mantia a piazzare il 2-2. In ritardo, Juric fa i cambi: Rincon per Praet, Zaza al posto di Sanabria. Nel finale il Toro soffre ma riesce a portare a casa un punto prezioso seppure carico di rimpianti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Pareggio show all'Olimpico:
super rimonta della Lazio,
ma poi l'Udinese la beffa al 99'

Succede di tutto nell'ultimo match della 15ª giornata.
Beto e Molina portano i friulani sul 3-1.
Nella ripresa la reazione biancoceleste con Pedro, Milinkovic e Acerbi.
Sembra fatta, poi arriva Arslan


Nicola Berardino


Finisce 4-4 tra Lazio-Udinese. Una partita infinita con l’ultimo gol che arriva al nono minuto del recupero finale. Friulani all’intervallo sul 3-1 con un super Beto che con una doppietta dà la scossa alla partita. La Lazio rimonta con tre reti nella ripresa che la portano in vantaggio. Pedro, Milinkovic e Acerbi illudono Sarri sul ritorno alla vittoria dopo due sconfitte di fila. Ma all’ultimo soffio di gara Arslan inventa il colpo giusto per infilare Reina. Un punto per ciascuno in una gara avvincente sia pure tra tanti errori su entrambi i fronti.

BETO, GRAN DOPPIETTA — Rispetto alla formazione naufragata a Napoli Sarri modifica la difesa causa la squalifica di Luiz Felipe: al centro si sposta Patric e Lazzari entra sulla destra. Gotti sin affida al 4-4-2 e ritocca ogni reparto sull’undici che ha pareggiato col Genoa. Out Pereyra, operato alla clavicola, tre mesi di stop. Perez, rilanciato dal ’1 dopo due gare, è la novità nella retroguardia dove Becao parte da centrale. A metà campo, si rivede Jajalo, alla seconda in campionato dal via. In avanti, dopo tre giornate, Success riparte da titolare. All’8’ Beto manda in affanno Patric che rimedia all’ultimo. La replica col tentativo a rete di Milinkovic controllato da Silvestri. Gara subito a tutto campo. La Lazio si affida al palleggio per incunearsi sulle fasce. Ma al 17’ è un’azione manovrata dell’Udinese, rifinita da Jajalo per Beto, a sbloccare la gara. Libero il portoghese di svettare di testa e beffare Reina. La Lazio si rimbocca le maniche per reagire. Fuori una bordata di Luis Alberto, come un colpo di testa di Acerbi. Udinese rapida nelle ripartenze: Molina ci prova dalla distanza. Colpo a volo di Luis Alberto, poco alto sulla traversa. Al 32’, ancora micidiale la squadra di Gotti a campo aperto: rilancio di Success, scatta Beto, Lazzari e Acerbi non riescono ad arginarlo, l’attaccante elude Reina in uscita e insacca il secondo gol dell’Udinese, il suo sesto in campionato. Lazio non si smonta. Due minuti dopo Immobile riapre la partita. Sgroppata e traversone di Anderson dalla destra, rimpallo su Samir, il bomber di Sarri sigla il so undicesimo gol in campionato. La Lazio si catapulta in avanti. Al 44’, i friulani scovano un altro varco giusto. Success sgancia per Deulofeu sulla destra, al centro irrompe Molina che da infila Reina con il terzo gol dell’Udinese.

4-4 ALL’ULTIMO TIRO — Dopo l’intervallo la Lazio riarma la manovra offensiva e al 6’ Pedro, dopo un assalto di Immobile bloccato dalla difesa friulana, si infila e con un destro a giro segna la seconda rete della Lazio. Ci crede la squadra di Sarri. E all’11 Milinkovic, dopo aver recuperato il pallone, esplode un sinistro liftato che tocca il palo prima di ksacarsi. Un minuto dopo la Lazio resta in dieci. Espulso Patric: seconda ammonizione dopo una trattenuta su Succes. Sarri innesta Radu per coprire la difesa e rinuncia a Felipe Anderson. Il romeno va a sinistra e Hysaj scala al centro. Al 18’ Gotti fa uscire Success e Jajalo per Pussetto e Arslan. Al 24’ anche l’Udinese rimane in dieci: cartellino rosso per Molina alla seconda ammonizione dopo un’entrataccia su Radu. Altri due cambi tra i friulani: Nuytinck e Soppy per Becao e Deulofeu. Nella Lazio Zaccagni rileva Cataldi. Al 34’ Acerbi segna di testa lanciato da una punizione di Basic: Piccinini annulla ma fa dietrofront con il Var. E la Lazio ribalta il risultato portandosi in vantaggio: 4-3. L’Udinese tenta la riscossa. Immobile segna ma è in fuorigioco. Sette minuti di recupero che poi diventano dieci. E all’ultimo tiro Arslan, servito da Forestieri su punizione, fa il 4-4. Battibecco davanti alla panchina della Lazio mentre i giocatori dell’Udinese esultano. Espulso Walace. E Lazio-Udinese si conclude tra tensioni e rimpianti con 8 gol in cornice.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 15ª Giornata (15ª di Andata)

30/11/2021
Atalanta - Venezia 4-0
Fiorentina - Sampdoria 3-1
Salernitana - Juventus 0-2
Verona - Cagliari 0-0
01/12/2021
Bologna - Roma 1-0
Inter - Spezia 2-0
Genoa - Milan 0-3
Sassuolo - Napoli 2-2
02/12/2021
Torino - Empoli 2-2
Lazio - Udinese 4-4

Classifica
1) Napoli punti 36;
2) Milan punti 35;
3) Inter punti 34;
4) Atalanta punti 31;
5) Roma punti 25;
6) Fiorentina, Juventus e Bologna punti 24;
9) Lazio punti 22;
10) Verona e Empoli punti 20;
12) Sassuolo punti 19;
13) Torino punti 18;
14) Udinese punti 16;
15) Sampdoria e Venezia punti 15;
17) Spezia punti 11;
18) Genoa punti 10;
19) Cagliari punti 9;
20) Salernitana punti 8.

(gazzetta.it)
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Il Milan fa festa a San Siro:
Salernitana annullata e primato solitario

Campani schiacciati dall’inizio alla fine, prova di forza dei rossoneri
che conquistano i tre punti con i gol di Kessie e Saelemaekers e se ne divorano molti altri.
Martedì il dentro-fuori col Liverpool in Champions


Marco Pasotto


Dedicata a Kjaer. La vittoria che colloca il Milan davanti a tutti, mette sotto pressione la concorrenza e accompagna soavemente il Diavolo al D-Day di martedì in Champions contro il Liverpool, arriva nel segno profondo ed emozionante di Simon. C’è il nome del danese sulle maglie con cui i rossoneri si riscaldano, nell’intervento dello speaker che chiama San Siro a urlarne il cognome tre volte, e c’è anche fra le mani di Saelemaekers che dopo il gol si fa consegnare la maglietta numero 24 da mostrare allo stadio. E’ come se Kjaer fosse lì e non abbiamo dubbi che dalla sua stanza in ospedale abbia apprezzato una vittoria schietta, robusta, convincente e, va detto, decisamente facile contro una Salernitana al limite dell’inesistente e gravata dalle turbolenze societarie. Ci sono stati momenti del match in cui si aveva l’impressione di assistere quasi a un allenamento. Di certo in vista del Liverpool non poteva esserci partita più agevole dal punto di vista del dispendio energetico. Questa per il Diavolo è la seconda vittoria di fila dopo le tre gare senza successi: la via maestra è stata ripresa.

LE SCELTE — Pioli ha dovuto comporre il mosaico dei titolari in parte obbligato dall’infermeria e in parte – anche se non lo ammetterà mai – con lo sguardo già al Liverpool. Davanti arriva il momento di Pellegri, alla prima da titolare, mentre sulla trequarti Saelemaekers fa riaccomodare Messias in panchina e a sinistra si rivede Leao. In mediana con Kessie c’è Bakayoko, in difesa la coppia Tomori-Romagnoli – la vedremo a lungo – con Florenzi a destra. Colantuono ne cambia quattro rispetto alla sconfitta con la Juve: dentro Bogdan in difesa, Di Tacchio e Schiavone in mediana, e Ribery in appoggio a Simy in attacco. Il francese (che qui al Meazza aveva ricevuto una standing ovation due anni fa al termine di un Milan-Fiorentina 1-3) mancava dalla gara con la Samp del 21 novembre e nei primi minuti prova a infilarsi un paio di volte facendo valere la sua tecnica. Sono però lampi nel buio in cui sprofondano subito i campani, schiacciati dal Milan e incapaci anche solo di abbozzare una ripartenza o una costruzione dignitosa della manovra. Il Diavolo sfonda e la Salernitana affonda soprattutto su una fascia, quella dove martellano senza pietà Leao e Hernandez, con Zortea e Veseli in confusione e infilati a ripetizione. E’ da quei territori infatti che il Milan trova il vantaggio e sono passati solo cinque minuti: Leao produce la prima sgommata della gara, sfugge prima a Zortea, poi a Veseli e mette in mezzo per Kessie che arriva a rimorchio e infila Belec.

UN’ALTRA TEGOLA — E’ un Milan che tiene saldo il pallone fra i piedi ma che si accende solo a fiammate, quasi in versione risparmio energetico. Anche perché il controllo del match è totale. Intorno al quarto d’ora Diaz conclude fuori di un soffio ma poi sulla testa di Pioli cade un’altra tegola: un allungo risulta fatale a Pellegri, che si tocca nella zona dell’inguine e chiede il cambio. La sfortuna si abbatte purtroppo ancora una volta su questo ragazzo che proprio non riesce a respirare almeno un po’. Come rimediare, adesso? Ibra non si può toccare, è troppo presto e il Liverpool è troppo importante. Così Pioli, pur mantenendo il 4-2-3-1, inserisce Krunic e lo piazza falso nove (nel suo pellegrinaggio tattico gli mancava solo questo e la porta), ruolo che il bosniaco alterna proficuamente con Diaz. Pochi minuti dopo la scena se la prende tutta Saelemaekers, che sulla destra salta Ranieri, si accentra e libera un sinistro a giro di grande fattura. Due a zero e partita in cassaforte, anche perché la Salernitana si limita ad assistere alla dittatura rossonera. Piovono occasioni che il Diavolo non sfrutta. Prima Leao ha un’ottima palla ma cincischia, poi se ne porta a spasso quattro senza trovare la luce per tirare, quindi è Belec a opporsi alla grande su Krunic. Il tempo finisce con un destro al volo di Kessie che sibila accanto al palo. Un unico appunto: in diverse circostanze la gestione della palla e delle occasioni da parte dei rossoneri è stata troppo superficiale. Quasi presuntuosa. Senza cattiveria agonistica. Crescere e ambire ai traguardi più importanti significa migliorare anche questi atteggiamenti. Del secondo tempo non c’è molto da dire perché l’orchestra ha suonato la stessa musica. Dopo l’intervallo Colantuono ha cambiato Di Tacchio con Castanos, Pioli invece Bakayoko con Bennacer e Leao con Messias. Il monologo rossonero prosegue con Messias su cui Belec compie il secondo miracolo del pomeriggio e poi con Diaz, che si divora il gol a tu per tu col portiere dei campani. L’unica vera occasione per la Salernitana arriva allo scadere quando Maignan esce maluccio e sguarnisce la porta, ma Jaroszynski non ha la reattività sufficiente per inquadrarla.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Calha dirige l'orchestra Inter:
Roma schiantata 3-0, nerazzurri incollati al Milan



Gara dominata dalla squadra di Inzaghi, che manda in gol anche
Dzeko e Dumfries e chiude i conti già nel primo tempo


Davide Stoppini

Definirla a senso unico è persino riduttivo. L’Inter passeggia sulla Roma, lo 0-3 fotografa alla perfezione l’andamento di una partita che non c’è mai stata, con la tre reti nerazzurre arrivate tutte nel primo tempo. Calhanoglu, Dzeko e Dumfries firmano la risposta dell’Inter alla vittoria del Milan del pomeriggio. Ma sono un segnale, l’ennesimo, a tutto il campionato: per lo scudetto i conti vanno fatti con Simone Inzaghi.

PRIMO TEMPO — La Roma del primo tempo è quasi tutta in un fuoco d’artificio, sparato dopo neppure un minuto, quando Zaniolo va sul fondo e mette un buon cross per la testa di Shomurodov, che però non impatta bene. Pensi: sarà partita aperta. Macché. La Roma si mette dietro e rinuncia al pressing, lasciando totalmente il pallone all’Inter che non è mai pressata, in nessuna zona del campo. Ibanez a destra è impallinato da Perisic, Correa quando si abbassa crea la superiorità numerica. Si gioca dentro una metà campo, quella giallorossa. Si aspetta il gol da un momento all’altro e arriva grazie a un episodio, un angolo che Calhanoglu spedisce direttamente in porta con la complicità di Zaniolo prima e di Rui Patricio, che si fa sfilare il pallone tra le gambe. Inter avanti, Roma seduta, Mourinho osserva un copione che non cambia. La fotografia del primo tempo è al minuto 24’, quando arriva il raddoppio, dopo una serie di passaggi stretti: la giocata che apre la difesa è di Bastoni, che quasi da attaccante innesca Calhanoglu che a sua volta arma il sinistro di Dzeko, il quale segna e non esulta davanti ai suoi ex tifosi. Sempre il bosniaco va vicino al tris al 29’: ci vuole un grande intervento di Rui Patricio, qui sì, per bloccare in due tempi il sinistro dell’ex romanista. E’ un monologo, che la Roma prova a spezzare in maniera episodica: è il minuto 37, Zaniolo innesca Mancini sulla destra, cross in mezzo deviato, Vina sulla sinistra va col sinistro a botta sicura ma trova Dumfries a salvare il possibile 1-2. Il duello si ripete nell’altra area due minuti più tardi: Bastoni taglia l’area con un cross andando a cercare il secondo palo dove Dumfries anticipa Vina e di testa schiaccia per lo 0-3. Il dominio è totale, forse per i migliori 45 minuti della stagione nerazzurra, chiusi con il 69% di possesso palla.

SECONDO TEMPO — E non è che la musica cambi poi molto a inizio ripresa. La Roma rinuncia ad alzare il baricentro, l’Inter lavora di possesso palla e ogni tanto prova a pungere. Vorrebbe il gol Correa, che al 13’ però invece di tirare dai 20 metri cerca un inutile dribbling in più e finisce per farsi male al flessore della coscia sinistra. E allora doppio cambio Inter: fuori Correa per Sanchez, fuori anche Barella (ammonito) per Vidal. Di là Mourinho butta in campo Bove per Kumbulla, arretrando il raggio d’azione di Cristante. Si gioca a ritmi bassissimi, l’Inter non ha il minimo interesse ad accelerare e ragione anche in ottica Madrid, la Roma è impotente e non cambia mai ritmo. E così è Vidal ad essere anticipato per il tap-in del 4-0, dopo una bella giocata di Dzeko sull’out sinistro. Al 27’ Mkhitaryan non riesce a coordinarsi dopo una sponda area di Shomurodov. Poi Inzaghi cambia ancora: dentro Dimarco e Vecino per Bastoni e Dzeko, in un mix tra applausi e fischi dai suoi ex tifosi al momento del cambio. Al 35’ c’è una chance per Sanchez, anche lui murato al momento del tap-in in area. E’ poco più che un allenamento, in ballo non c’è ormai il risultato. A otto minuti dal termine Zaniolo dà l’illusione del gol scaricando sull’esterno della rete un sinistro violentissimo. Siamo al rush finale, Sensi entra per dar fiato a Calhanoglu e non solo, perché dopo una giocata corale dell’Inter spara alto il destro del possibile 0-4. Finisce con l’esordio in Serie A del giovanissimo Volpato e il bellissimo omaggio dei tifosi della Roma, che trascorrono gli ultimi minuti a tifare come se il risultato fosse in equilibrio. E sì che il campo ha invece sorriso solo a Inzaghi: per Mourinho cori dai suoi ex tifosi, ma pure tanti punti interrogativi e la settima sconfitta in campionato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Atalanta, gran colpo a Napoli:
c'è anche la Dea alla corsa scudetto



I bergamaschi vanno in vantaggio, poi subiscono la rimonta ma trovano la forza di ribaltare gli azzurri.
Classifica rivoluzionata, con quattro squadre in quattro punti


Nicola Berardino

Primo stop casalingo per il Napoli che perde la vetta della classifica a favore del Milan e viene scavalcato pure dall’Inter. Colpaccio dell’Atalanta che è un avviso per la lotta scudetto. La squadra di Gasperini vince 3-2 con la personalità da big di vertice. I tre punti del Maradona non solo fortificano il quarto posto, ma puntano oltre le ambizioni dei nerazzurri, al nono risultato utile di fila e alla quinta vittoria esterna che eguaglia un record.

BOTTA E RISPOSTA — Nel Napoli, alle assenze di Osimhen e Anguissa, si aggiungono quelle di Koulibaly, Fabian Ruiz e Insigne, che si sono infortunati contro il Sassuolo. Squalificato Spalletti, in panchina va Domenichini. La novità di partenza è nel modulo: spazio al 3-4-3. In difesa entra Juan Jesus, a centrocampo trova spazio Malcuit, alla prima da titolare in questo campionato. Tridente con Lozano, Mertens ed Elmas, che comincia dal 1’ dopo cinque giornate. Nell’Atalanta, rispetto alla formazione opposta al Venezia, si rivede Toloi nel pacchetto arretrato, a metà campo vengono inseriti Freuler, De Roon, Zappacosta e Maehle. Pessina avanza nella trequarti. In prima linea, al fianco di Malinovskyi torna l’ex Zapata. Avvio aggressivo del Napoli ma è l’Atalanta a colpire al primo vero affondo. Al 7’ Zapata innesca Malinovskyi che di sinistro mira sotto l’incrocio e non dà scampo a Ospina.

Il vantaggio carica la squadra di Gasperini. In Napoli potrebbe però subito rimediare ma Lozano non arriva nel modo giusto sul pallone centrato da Mario Rui. L’Atalanta fa valere la sua manovra rodata. Ospina è in guardia su Pessina e poi su un’incursione di Malinovskyi. Gli azzurri non riescono a dare profondità al gioco. Atalanta pericolosa con Zappacosta: Ospina fa scudo. Al 40’ il Napoli raggiunge il pareggio. Incursione di Malcuit sula destra, pallone rifinito da una sponda di Mertens per Zielinski che sulla ribattuta di Palomino e fissa l’1-1.

DOPPIO RIBALTONE — Dopo l’intervallo un cambio nell’Atalanta: Zappacosta sostituito da Hateboer. Al 2’ il Napoli scatta in vantaggio. Gran lancio di Malcuit sulla destra, si invola Mertens che infila Musso. Quinto gol in quattro gare per il belga. Napoli rigenerato dalla rimonta. Atalanta vicina al pari: palo di Zapata. Lobotka si ferma e viene sostituito da Demme. Nell’Atalanta Ilicic rileva Pessina. Al 15’ Mariani indica il rigore per un presunto mani di Mario Rui, poi sconfessato dal Var. Al 20’ Ospina è pronto a deviare una capocciata di Demiral. Che però un minuto dopo supera il portiere del Napoli con un diagonale secco dalla destra e sigla il 2-2. Tra gli azzurri, fuori Lozano e Mertens per Ounas e Petagna. L’Atalanta insiste e al 26’ firma il terzo gol con Freuler, innescato da Ilicic. Risultato nuovamente ribaltato.

Pasalic subentra a Malinovskyi. La squadra di Gasperini governa il gioco. Altri cambi tra i nerazzurri: Muriel e Djimsiti per Zapata e Maehle. Nel Napoli Politano rileva Malcuit. Mario Rui impegna Musso. Azzurri alla rincorsa pari. Petagna non sfrutta l’ultima chance. Sorride l’Atalanta che si scopre sempre più forte.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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