Esatto, roba giornalistica non supportata poi in modo così importante da evidenze scientifiche come spiegato sia nei vari webinar accademici, sia in questo semplicissimo post da un dottore di ricerca in Malattie Infettive, Microbiologia e Sanità Pubblica, che cita come fonti personalità come il Bucci, non il videdirettore di fanpage.
CORONAVIRUS E PM10. UNO SPETTACOLO PERICOLOSO DI CUI FAREMMO VOLENTIERI A MENO.
Abbiamo letto diverse volte sui giornali di una presunta correlazione tra il contagio da SARS-CoV-2 e le polveri sottili. Attenzione, qui parliamo di contagio dell’ipotesi che le polveri sottili possano essere delle “trasportatrici” del virus al punto da avere un’influenza a livello epidemiologico. Non delle conseguenze cliniche dell’infezione di un virus respiratorio in individui esposti per lungo tempo ad inquinanti, che risultano dunque più fragili. Di questa questione delle PM10 “trasportatrici” del virus abbiamo sentito parlare in maniera diffusa nei giorni scorsi, con titoli a caratteri cubitali sulle prime pagine dei quotidiani e ampie interviste agli autori delle due ricerche che fanno riferimento alla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA).
Il primo studio è un “position paper”, un lavoro sintetico e indirizzato principalmente a dare indicazioni e suggestioni al resto della comunità scientifica.
Il secondo è un articolo attualmente non peer-reviewed, ovvero non revisionato da altri ricercatori che dovrebbero verificarne il rigore scientifico e la solidità per poi dare il via libera alla pubblicazione. Ciò, di per sé non dovrebbe creare scandalo. In questo momento, infatti, la maggior parte dei lavori scientifici sul tema coronavirus vengono diffusi in forma provvisoria, non definitiva, al fine di favorire una rapida circolazione delle informazioni tra ricercatori.
Qual è il problema nel caso specifico? Mentre i due lavori hanno incontrato principalmente dubbi e critiche nell’ambiente scientifico, hanno invece trovato grande spazio sui media. Non è negli intenti di questo articolo menzionare nel merito tutti i limiti dei due lavori, che sono ben evidenziati da scienziati esperti di analisi dati, inquinamento atmosferico, epidemiologia e virologia nei loro contributi (vedere fonti).
Possiamo riassumere dicendo che sembra estremamente forzata, se non del tutto arbitraria, l’ipotesi di una relazione tra superamento dei livelli di PM10 e aumento dei contagi. La presenza di SINGOLI GENI del virus, in quantità INFINTESIMALI e su una PORZIONE dei campioni presi in esame in un territorio ad altissima circolazione come il bergamasco, non indica granché, se non quel che è ampiamente intuibile. Infatti, quantità minuscole di materiale genetico del virus possono essere genericamente presenti nell’atmosfera, sulle superfici e dunque anche sulle PM10.
Ma, posto che la presenza di materiale genetico non indica necessariamente la sussistenza di “virus vitale”, se anche così fosse è altamente improbabile che quantità così ridotte possano essere rilevanti per l’insorgere dell’infezione che necessita di una “carica virale” sufficiente . Inoltre, in ambedue i lavori i dati sono poco chiari e alcune informazioni del tutto mancanti. Insomma, le conclusioni cui giungono i ricercatori sono quantomeno azzardate, essendo basate su quelli che ad oggi si possono definire nel migliore dei casi “vaghi indizi”, ottenuti tra l’altro con procedure discutibili.
Infatti, gli autori mostrano una grande sicurezza non supportata dai dati. In riferimento al primo lavoro affermano di aver “dimostrato” che le PM10 possano aver esercitato un effetto di incremento dell’epidemia nelle regioni del Nord e l’esistenza di una “forte correlazione” tra il superamento di PM10 ed i contagi.
In riferimento alla seconda ricerca, gli autori affermano che «La prova che l’RNA del SARS-CoV-2 può essere presente sul particolato in aria ambiente non attesta ancora con certezza definitiva che vi sia una terza via di contagio” e che “occorre che si tenga conto nella cosiddetta Fase 2 della necessità di mantenere basse le emissioni di particolato per non rischiare di favorire la potenziale diffusione del virus». Due conclusioni che in sostanza invece di presentare la situazione come una semplice ipotesi estremamente fragile e preliminare, la fanno apparire quasi una “certezza” al punto da fornire stringenti indicazioni per la gestione della Fase 2. Nonostante quanto detto fin qui, le due ricerche hanno trovato ampissimo spazio sui media. Il secondo studio viene pubblicata in forma di pre-print il 24 Aprile. Una rapida ricerca su Google ci mostra come al 26 aprile fossero già circa 200 le notizie a riguardo in Italia.
200 notizie pubblicate nel giro di 48 ore probabilmente con una ben scarsa verifica dell’affidabilità dei dati, spesso con il solo scopo di ottenere più “click” possibili mediante titoli allarmistici i. E anche gli autori dei due lavori risultano particolarmente attivi proprio in ambito mediatico. Il 24 aprile stesso, neanche il tempo di rendere pubblica la ricerca e sono già intervistati in una trasmissione RAI e dall’ agenzia di stampa AGI.
Una vicenda abbastanza sgradevole sotto vari aspetti. Siamo già in una fase in cui c’è una sovrapproduzione di dati parziali, preliminari e contraddittori. Questo non è di per sè un problema se i ricercatori riescono a mantenere quei principi di lucidità, analisi critica e cautela che dovrebbero caratterizzare lavoro scientifico. La spettacolarizzazione della scienza fa spesso venir meno questi fondamentali principi. E quando il dibattito si sposta subito sui media sulla base di evidenze scientifiche quantomeno fragili, ne esce inevitabilmente viziato. L’eccessiva visibilità data a studi che sembrano avere un impatto molto più grande in termini di influenza sulla psicologia di massa che di reale contributo alla comprensione scientifica di un fenomeno, rischia di “avvelenare i pozzi”.
Stiamo infatti vivendo un momento molto particolare, fatto di grandi paure. Gli allarmi lanciati dai mass-media sul “virus che circola tra le polveri sottili” peggiorano questa situazione e rischiano di produrre un’ingiustificata paura di stare all’aria aperta, dopo due mesi in cui le persone sono state costrette in casa da misure molto stringenti, senza poter neanche fare passeggiate da soli. Se veramente le PM10 avessero un ruolo da un punto di vista dell’infezione, dovremmo in effetti concludere che l’unica speranza sia rinchiudersi in casa con le finestre sbarrate, almeno nelle grandi città molto inquinate. Ma fortunatamente ad oggi non c’è neanche l’ombra di una prova di questo ruolo delle PM10.
Inoltre la lotta contro l’inquinamento e più in generale contro la crisi ambientale, è già importante e credibile di per sè, senza bisogno di ricorrere a virus annidati nello smog. Un dato su tutti, se riduciamo una questione così ampia al tema “salute umana”, la rivista “The Lancet” ha stimato più di 45mila morti nell’anno 2016 in Italia dovuti all’inquinamento atmosferico. Ed è inoltre dimostrato che coloro che sono per lungo tempo esposti all’inquinamento hanno sintomi molto più gravi quando malati di CoVID-19. Insomma, non c’è veramente bisogno di impugnare ricerche scientifiche quanto meno discutibili per sostenere una lotta che è centrale per il presente e il futuro da qualsiasi punto di vista: scientifico, politico, sociale, morale.
L’augurio al solito è che tutti gli attori in campo, dai ricercatori ai giornalisti alle istituzioni, trovino metodi di comunicazione più adeguati, toni più didascalici e meno assertivi e che si favorisca la corretta informazione scientifica rispetto alla spasmodica ricerca di visibilità, lettori e click.
Il quale cita diverse fonti autorevoli che spiegano come non ci siano ad oggi evidenze forti a riguardo nonostante si stia ovviamente anche studiando quello e che il casino giornalistico, dato in pasto a lettori inesperti, rischi di fare più danno che altro.
cattiviscienziati.com/2020/05/01/no-virus-no-partycle/?fbclid=IwAR3UG9GI_n2hAtc0JXre0kBn8onNS7xecw1WQshawCr49cpCyYO...
www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-inquinamento-atmosferico?fbclid=IwAR2o0S1oLSJml1_GyGxWQ5sImLRpJdzhqKSNqyQt9xs8oiTTlMM...
www.scienzainrete.it/articolo/inquinamento-atmosferico-e-covid-19/rete-italiana-ambiente-e-salute/2020-04-13?fbclid=IwAR0DpnAxMNyNMkjUL14dn3TeXZqkoYFbymcRTKLzw5THYa-DwAo...