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Campionato di Calcio Serie A 2019 - 2020. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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Gagliolo e Kulusevski stendono l'Udinese.
E il Parma vola al sesto posto

La squadra di D'Aversa raggiunge in classifica il Cagliari e il Milan.
Ed è in piena lotta Europa League


Andrea Schianchi


La vittoria del Parma arriva direttamente dalla Svezia: sono infatti i gol di Gagliolo e Kulusevski, entrambi nazionali scandinavi, a spingere gli emiliani a 31 punti e al sesto posto in classifica in coabitazione con Milan e Cagliari. Successo meritato, ma tutt'altro che semplice, visto che l'Udinese, dopo una prima parte di gara piuttosto grigia, ha le energie per spingere sull'acceleratore fino alla fine e tiene in apprensione la squadra di D'Aversa.

GAGLIOLO, POI LA PAPERA DI MUSSO — Il primo tempo del Parma è scoppiettante e l'Udinese fatica a tenere il passo. A centrocampo Scozzarella detta legge e Mandragora non riesce mai ad accorciare su di lui impedendogli di fare gioco. Le mezzali Kucka e Hernani s'inseriscono con ottimo tempismo, mentre Kulusevski e Kurtic lavorano tra le linee e supportano con frequenza Cornelius, autentico dominatore del cielo: tutti i palloni alti sono suoi e li distribuisce con sapienza ai centrocampisti che si buttano dentro. L'Udinese viaggia a ritmi troppo bassi e inevitabilmente subisce: prima un pasticcio difensivo consegna a Gagliolo il gol dell'1-0 (minuto 19), poi una clamorosa papera di Musso regala il raddoppio a Kulusevski (minuto 34). Tra la prima e la seconda rete del Parma c'è un'occasione per Cornelius che il portiere dell'Udinese respinge. I friulani si rendono pericolosi soltanto nel finale del tempo con Lasagna: prima un tiro ribattuta da Sepe e poi una sassata di scheggia la traversa.

SEPE FA GLI STRAORDINARI — Nella ripresa è sempre il Parma a menare la danza, perlomeno fino a quando Gotti non decide di togliere un difensore (Becao), inserire un centrocampista (Jajalo) e passare a un modulo più offensivo. Il 4-3-1-2 e poi, dopo l'ingresso di Nestorovski, il 4-2-4 producono una pressione alla quale il Parma si oppone con ordine, ma non senza ansia. Sepe è costretto agli straordinari su Mandragora e su De Paul, e poi è lo stesso Mandragora a sfruttare l'unica disattenzione di Iacoponi e a trovarsi solo davanti al portiere: tiro troppo angolato e pallone fuori (minuto 27). Il Parma si rintana sempre più, passa al 5-3-2 e bada a non prendere freddo. La posizione di fuorigioco di Okaka, al 43', vanifica il golletto di Lasagna che avrebbe potuto riaprire la partita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sassuolo in 10 per un'ora, ma la Samp non sfonda: finisce 0-0

Al 25' rosso (dubbio) a Peluso per un fallo su Gabbiadini al limite dell'area, Ranieri non sfrutta la superiorità numerica


Filippo Grimaldi


Un’occasione persa. Per due, anche se a conti fatti la zona rossa della classifica per Sampdoria e Sassuolo si allontana comunque sempre di più. La squadra di De Zerbi è brava, coraggiosa ed avrebbe meritato sicuramente di più da un confronto che l’ha vista più concreta dei padroni di casa: le va riconosciuto il merito di avere resistito per settantuno minuti (recuperi compresi) in inferiorità numerica per la contestatissima espulsione di Peluso nel primo tempo e di avere prodotto sul campo le cose migliori. I blucerchiati, invece, dopo un primo tempo senza grandi occasioni, sono diventati più pericolosi nella mezz’ora finale, ma non è bastato per mettere k.o. gli ospiti, lucidi e propositivi sino all’ultimo. Ranieri si lascia alle spalle il precedente k.o. contro la Lazio, ma da questa sfida sarebbe stato lecito aspettarsi sicuramente di più. Sul risultato finale pesa l’episodio dell’espulsione di Peluso al 25’ del primo tempo, che costringe il Sassuolo a giocare tre quarti della partita con l’uomo in meno. Perché il calcio “da playstation” degli emiliani, come l’ha definito Ranieri, è molto dispendioso sul piano fisico, e l’inferiorità numerica ne amplifica le difficoltà. La Samp (con l’ex Tonelli al debutto ed Augello al posto di Murru come terzino sinistro) non brilla nel primo tempo: fa un buon possesso palla, soprattutto in parità numerica, tiene alto il baricentro negli ultimi venti metri, ma è imprecisa. Augello (5’) parte bene servendo un diagonale rasoterra per Quagliarella, ma il tiro del capitano è debole. Il Sassuolo viaggia a fiammate, ma non riesce mai a impensierire Audero.

MOLTI DUBBI — Ma la chiave della gara è il rosso diretto a Peluso al minuto 25 del primo tempo, che ha un peso importante sul resto della partita: Ekdal lancia verso l’area ospite Gabbiadini, agganciato e sbilanciato da Peluso. Il fallo c’è, ma il rosso diretto (contestatissimo) deciso da Piccinini pare eccessivo perché non si palesa in quel frangente una chiara occasione da gol, con il pallone e la corsa dell’attaccante blucerchiato che vanno verso l’esterno del campo. L’aggravante è che il varista Di Paolo non interviene per correggere il direttore di gara. Traoré viene sostituito con Rogerio, ma la Samp non riesce comunque a capitalizzare l’uomo in più. De Zerbi sposta Kyriakoupoulos centrale basso, e la squadra mostra di non soffrire troppo l’uscita di Peluso.

BRAVO SASSUOLO — Ospiti in difficoltà? Tutt’altro: la ripresa si apre con il palo di Boga (8’) ad Audero battuto, la Samp risponde al 14’ con una mezza girata al volo di Quagliarella fuori misura. L’inserimento di Caprari non dà frutti a Ranieri: anzi, sono ancora gli emiliani pericolosi con un tiro di Caputo direttamente su lancio di Consigli: decisivo Audero. E’ un canovaccio che si prolunga così sino alla fine: Samp incerta e poco lucida, che recrimina per una trattenuta su Gabbiadini in area ospite nel finale. Sassuolo, comunque, promosso: tiene sempre tre uomini sopra la linea della palla, pronti a colpire in contropiede. Uno zero a zero, insomma, che sta strettissimo a De Zerbi. Al quale, evidentemente, il Ferraris non porta troppa fortuna…

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Tris Verona.
Adesso Juric sente profumo d’Europa.
Schiantato il Lecce



L’Hellas vola con i gol di Dawidowicz, Pessina e Pazzini (su rigore).
Pugliesi mai in partita: espulso Dell’Orco, brutto infortunio per Tachtsidis, fuori in lacrime


Alex Frosio

L’Hellas volta alto e lascia nei guai il Lecce: condotta dall’onnipresente Pessina, autore della seconda rete, la squadra di Juric domina e si porta sempre più in alto, a due punti dalla zona-Europa League.

HELLAS PADRONE — Liverani sceglie lo stesso sistema conservativo efficacemente schierato contro l’Inter, con tre difensori, Mancosu mezzala (Petriccione dà forfait nel riscaldamento) e due laterali molto arretrati, ma è una scelta improvvida nei confronti di un Verona che si muove in modo diverso. Ad Amrabat e Veloso si aggiunge in regia Pessina, che si muove da destra tagliando su tutto il fronte e scombinando le coperture. In più, Juric sceglie il due contro due dietro e stacca a turno uno dei tre centrali, soprattutto Dawidowicz a sinistra. Lì il sovraccarico procurato con Pessina e Lazovic manda in crisi il Lecce. Annotato un salvataggio di Rrahmani sulla linea dopo che Lapadula aveva saltato Silvestri - ma il fuorigioco di partenza annulla la chance -, al 19’ il Verona passa: angolo di Veloso calciato perfettamente come al solito e testa di Dawidowicz che sovrasta la marcatura a uomo di Dell’Orco e quella a zona di Babacar sul primo palo. Il Lecce non trova le solite linee di uscita palla al piede, il Verona imperversa: al 22’ Rrahamani prova da fuori, respinge Gabriel, che in uscita alta aveva anticipato Pessina. Il portiere giallorosso deve uscire per infortunio al 28’, Vigorito al suo posto, dopo aver visto un colpo di testa di Kumbulla appena alto. Il lato destro leccese è scoperto e da lì piovono pericoli: al 32’ Donati fa una buona diagonale sul cross di Lazovic, ma due minuti dopo Mancosu perde l’inserimento di Pessina che completa l’appuntamento sul secondo palo su cross di Lazovic. Aveva già segnato all’andata al Via del Mare. Ed è 2-0. Potrebbe essere 3 al 37’: ennesimo cross da sinistra, stavolta Pessina e Di Carmine sono in leggero ritardo. Liverani finalmente corregge il Lecce: fuori Lucioni, dentro Majer e ritorno al 4-3-1-2 rodato. Non è un caso che nel finale di tempo i giallorossi finalmente si affaccino dalle parti di Silvestri: al 43’ Majer serve Lapadula che incrocia largo il sinistro, al 48’ lo stesso Majer colpisce la parte alta della traversa con un mancino da fuori dopo un buon sviluppo da destra a sinistra.

SPROFONDO LECCE — Il problema che non si risolve, però, è che il Verona arriva sempre prima su tutti i palloni. L’Hellas ricomincia presto con Borini al posto di Verre e con un’altra occasionissima per il tris: al 5’ Di Carmine offre la sponda al solito inserimento a tempo di Pessina, serve un grande Vigorito per opporsi. Due minuti dopo il Lecce spreca l’unica vera chance della ripresa: Babacar chiude un triangolo largo con Rispoli che in area non riesce a controllare il rimbalzo e di destro alza troppo la mira al volo. L’espulsione di Dell’Orco al 22’ chiude di fatto la partita: entrata in ritardo sull’elettrico Pessina e secondo giallo. I minuti che restano scivolano via con l’Hellas in costante possesso ma senza affondare, fino al 41’ quando Amrabat viene steso in area da Vigorito: Pazzini, entrato poco prima per Di Carmine, timbra dal dischetto. E nel finale altra tegola per Liverani: Tachtsidis si accascia a metà campo ed esce in barella con le mani sul volto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sbaglia Strakosha, papera Pau Lopez.
Dominio Roma, ma la Lazio strappa l'1-1



Giallorossi, avanti con merito grazie a Dzeko.
Poi il pari di Acerbi che salva la squadra di Inzaghi


Andrea Pugliese

Un punto per uno, anche se poi Roma e Lazio hanno provato a vincerla fino alla fine. L'1-1 finale però va stretto ai giallorossi, che hanno fatto la partita a lungo (con un palo di Pellegrini) e che di fatto hanno regalato il pareggio ai biancocelesti con una papera clamorosa di Pau Lopez. Per Inzaghi un pareggio importante, che permette alla Lazio di restare nella scia dell'Inter (e di essere potenzialmente secondo, vincendo il recupero con il Verona). Bene Acerbi e Luis Alberto, in ombra Immobile e Correa. Tra i giallorossi molto buone le prestazioni di Under, Santon e Spinazzola, male Pau Lopez.

ERRORI E GOL — Fonseca lascia a sorpresa fuori Kolarov e a sinistra lancia Spinazzola, preoccupato su quella fascia delle scorribande di Lazzari. Inzaghi invece recupera sia Correa sia Luis Alberto e punta ad avvicinarsi alla vetta. E allora si parte così, per un derby d'alta quota. Cristante va a giocare spesso basso tra Smalling e Mancini, Under è più in palla di Kluivert e Pellegrini prova a trovare spazio tra le linee biancocelesti. Dall'altra parte Milinkovic cerca di sfruttare bene i suoi centimetri sulle palle alte per fare sponda per le due punte, mentre Luis Alberto appena può cerca la profondità su Immobile e Correa. A fare la partita però è sostanzialmente la Roma, con la Lazio pronta a distendersi negli spazi. Gli interventi difensivi di Luiz Felipe e Acerbi su Cristante e Dzeko sono provvidenziali, Smalling invece si esalta in un tackle a campo aperto su Immobile. Al 26' però la Roma passa, con Cristante che pesca in verticale Dzeko, bravo a partire tra Acerbi e Radu e a beffare di nuca Stakosha (uscita maldestra la sua). È un vantaggio meritato, con la Roma che un minuto dopo rischia anche di raddoppiare, ma prima Under calcia su un avversario, poi è Radu a salvare quasi sulla linea il tiro di Dzeko. E allora passato lo spavento la Lazio prova ad alzare il baricentro, con Leiva che sale di una decina di metri come posizione di base. Il pari però è un regalo della Roma, con un errore comico di Pau Lopez: il portiere spagnolo prima rimette in campo di pugno un pallone destinato a uscire, poi non riesce a smanacciarlo e infine lo regala ad Acerbi, che insacca l'1-1. Tra i giallorossi c'è sconcerto, i biancocelesti riprendono fiato e coraggio. Fino alla grande paura del 44', quando è il palo a negare a Pellegrini il gol con un destro a girare da venti metri.

VAR E POLEMICHE — La ripresa è subito scintillante: Veretout sfiora subito il gol, Under inventa e Kluivert trova un rigore per un contatto in corsa con Patric (entrato per Luiz Felipe). Calvarese prima lo concede, poi con l'ausilio del Var lo toglie perché è Kluivert da dietro a impattare nella corsa le gambe di Patric. A fare la partita, insomma, è ancora la Roma, anche se poi nei ribaltamenti Immobile prova a fare (invano) male. Lazzari però non riesce ad accendersi davvero mai, mentre Luis Alberto trova un po' più di idee in mezzo al campo rispetto ai primi 45 minuti, tanto che quando Inzaghi lo cambia esce visibilmente contrariato (con tanto di paroline rivolte al tecnico biancoceleste). Così è Strakosha al 24' a dire di no a Dzeko da posizione ravvicinata, mentre Under continua a creare scompiglio un po' ovunque nelle maglie biancocelesti. Le ultime mosse sono Caicedo davanti per Inzaghi, la coppia Kolarov-Perotti a sinistra per Fonseca. Dzeko ha ancora un'occasione colossale di testa, poi è Milinkovic a sfiorare il 2-1 da fuori area. Torna anche Pastore, ma non c'è più tempo. Finisce così, con la Lazio ancora nella scia dell'Inter e la Roma che resta un punto sopra l'Atalanta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Juve e CR7 si spengono a Napoli:
Zielinski firma il colpo per Gattuso

La capolista non approfitta dei pari di Inter e Lazio: non basta il gol di Ronaldo nel finale


Mimmo Malfitano


Diavolo di un Napoli. Riesce a regalare al campionato una notte magica, che tiene aperto il discorso scudetto più di ogni altra cosa. Inter e Lazio guadagnano addirittura un punto sulla capolista, nonostante i rispettivi pareggi del pomeriggio. Può esultare, Rino Gattuso. E lo fa per la prima volta da allenatore al San Paolo. Mai in precedenza, infatti, gli era riuscito di conquistare i tre punti. Stavolta, gli è venuta bene, perché Zielinski e Insigne non hanno perdonato l’inconcludenza della Juventus che, soltanto nel finale ha provato a rimettere in piedi il risultato dopo che Cristiano Ronaldo ha ridotto le distanze. Non è stato un buon ritorno quello di Maurizio Sarri, al San Paolo, la sua Juventus è stata bruttina sul piano della manovra e per niente concreta sotto porta se si esclude il gol di Ronaldo. Il Napoli, dunque, torna a vincere in campionato dopo poco più di tre mesi, l’ultima volta era stato contro il Verona, il 19 ottobre.

DENTRO HIGUAIN — Non si può nemmeno considerare una sorpresa l’impiego di Gonzalo Higuain. La possibilità che potesse giocare l’attaccante argentino, in luogo di Aaron Ramsey, era stata anche quotata alla vigilia. Nel suo San Paolo, Maurizio Sarri schiera la grande bellezza, quel tridente che gli invidia mezzo mondo e che vanno a completare Cristiano Ronaldo e Paulo Dybala. Sugli esterni bassi, le scelte del tecnico bianconero sono obbligate: Cuadrado a destra e Alex Sandro a sinistra. Deve fare di necessità virtù, invece, Rino Gattuso. Gli manca ancora mezza difesa e deve spostare Di Lorenzo centrale al fianco di Manolas, mentre Hysaj viene confermato sulla detsra. A centrocampo, l’assenza di Allan apre alla soluzione Demme, con Zielinski e Fabian Ruiz ai suo lati.

QUANTI FISCHI — Nulla di nuovo o di inaspettato. I primi fischi del San Paolo sono per Gonzalo Higuain: la gente lo prende di mira durante la fase di riscaldamento. Ogni qualvolta che tocca il pallone, la contestazione sale. Poi, alla lettura della formazione juventina, i decibel salgono quando lo speaker legge il nome dell’allenatore bianconero: i fischi sono assordanti, mentre i fotografi si sistemano dinanzi alla panchina di Sarri: sono in tanti e soltanto in pochi dinanzi alla postazione di Rino Gattuso. Poi, col fischio d’inizio di Mariani, l’attenzione del San Paolo è solo per la partita.

TANTA NOIA — Partita che ha avuto poco da raccontare nei primi 45 minuti. Un primo tempo noioso, durante il quale nessuna delle due squadre ha mai inquadrato lo specchio della porta. La Juve tiene il possesso palla, ma di spettacolare si vede poco o niente. Higuain e Ronaldo vivacchiano nella metà campo napoletano, così come Dybala. Cuadrado a destra e Matuidi e Alex Sandro, a sinistra, spingono, ma fino alla trequarti. Dall’altra parte, Demme è un tuttofare dinanzi alla difesa, il Napoli è prudente, attacca quando può sempre con un pizzico di timore reverenziale, intimidito dalla possibilità, forse, di esporsi alle ripartenze dei bianconeri. Il primo tempo di Cristiano Ronaldo sta in un tiro calciato alle stelle (15’) ed un colpo di testa alto sul finire della frazione di gioco. Il collettivo napoletano si accosta dalle parti di Szczesny, ma non è mai pericoloso. Così, Mariani fischia la fine del primo tempo tra la noia generale.

PIU’ NAPOLI — Gattuso chiede ai suoi di osare, perché la Juve si sta dimostrando poco reattiva. Dopo appena 56 minuti dall’inizio del secondo tempo, Sarri è costretto a sostituire Pjanic, toccato duro da Demme nel primo tempo. Al suo posto entra Rabiot e Bentancur si sposta nella posizione centrale. Zielinski ci prova, al 9’, con un tiro a giro da fuori area, ma la conclusione è alta. I bianconeri provano a venire fuori dal torpore che li ha presi dall’inizio della gara. Ronaldo lancia Higuain: il diagonale dell’argentino viene bloccato da Meret. E’ il primo tiro in porta della Juve che arriva dopo 17’ minuti della ripresa. Ed allora Lorenzo Insigne decide di tastare i riflessi di Szczsney calciando dalla distanza. Il portiere polacco respinge, ma il pallone finisce sui piedi di Zielinski che ribadisce in rete (18’). L’urlo di gioia del San Paolo è assordante.

SARRI CAMBIA — L’allenatore bianconero, allora, prova a correre ai ripari, tira fuori Matuidi per Douglas Costa e Dybala per Bernardeschi. La reazione bianconera ha poco di convincente, mentre anche Gattuso inserisce forze fresche. Fuori Demme e dentro Lobotka, poi, fuori Zielinski e dentro Elmas. I minuti trascorrono inesorabili per la capolista, ma il Napoli non ha voglia di lasciare nulla all’avversario. Così Callejon dalla destra effettua un cross al bacio per il destro a volo di Lorenzo Insigne che raddoppia. La grande bellezza, stavolta, ha il colore azzurro, nonostante Cristiano Ronaldo abbia accorciato le distanze nel momento in cui iniziavano i 4 minuti di recupero.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2019/2020 21ª Giornata (2ª di Ritorno)

24/01/2020
Brascia - Milan 0-1
25/01/2020
Spal - Bologna 1-3
Fiorentina - Genoa 0-0
Torino - Atalanta 0-7
26/01/2020
Inter - Cagliari 1-1
Parma - Udinese 2-0
Sampdoria - Sassuolo 0-0
Verona - Lecce 3-0
Roma - Lazio 1-1
Napoli - Juventus 2-1

Classifica
1) Juventus punti 51;
2) Inter punti 48
3) Lazio(*) punti 46;
4) Roma punti 39;
5) Atalanta punti 38;
6) Cagliari, Parma e Milan punti 28;
9) Verona(*) punti 29;
10) Napoli, Bologna e Torino punti 27;
13) Fiorentina punti 25;
14) Udinese punti 24;
15) Sassuolo punti 23;
16) Sampdoria punti 20;
17 Lecce punti 16;
18) Spal, Genoa e Brescia punti 15.

(*) Lazio e Verona una partita in meno.
Lazio - Verona spostata al 05/02/2020 per esigenze di calendario (finale di Supercoppa a Riad).

(gazzetta.it)
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Questo che ci vede a 27 punti il 27 gennaio non è un buon campionato per il Napoli, però battere la Juventus è sempre una gran bella soddisfazione!

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È il solito Bologna d’assalto:
Orsolini e Bani all'89' ribaltano il Brescia



La squadra di Corini si porta in vantaggio con un rigore di Torregrossa,
ma ancora una volta nel finale di gara perde punti preziosi


Matteo Brega

Il Bologna batte 2-1 il Brescia in rimonta grazie ai gol di Orsolini e Bani dopo il rigore realizzato da Torregrossa. Sinisa Mihajlovic c’è, entra in campo e il Dall’Ara esplode in un applauso profondo, quasi necessario per l’anima bolognese. Viste le assenze di Krejci, Medel e Tomiyasu il suo 4-2-3-1 ha Palacio come vertice alto e il tridente Orsolini-Soriano-Sansone alle spalle. Eugenio Corini (che insieme con il vice Lanna salutano Mihajlovic prima dell’avvio) riparte dopo il mercato invernale con meno uomini (5 cessioni) e senza Skrabb fermato da un problema gastrointestinale. Il 4-3-1-2 vive con gli stessi undici dell’ultima sfida, quella al Milan: quindi al fianco di Torregrossa (Balotelli ancora squalificato) c’è Ayé e non Donnarumma.

GUIDA IL BOLOGNA — Il primo segnale della partita lo lancia Schouten al 3’ con un anticipo secco sul tentativo di ripartenza bresciano: destro e leggera deviazione di un avversario. Al 10’ il Bologna perde Sansone per un problema muscolare alla coscia sinistra. Al suo posto entra Barrow che al 23’ lascia partire un destro improvviso dal limite che spaventa Joronen. Ancora Barrow al 26’ chiude un’intelligente ripartenza bolognese con un destro però debole e centrale per la prima parata della partita di Joronen. Il Bologna guida le operazioni, ma non stringe ancora. Al 29’ l’occasione clamorosa: errore di Chancellor in uscita, Poli recupera e lancia nello spazio Palacio che però non supera Joronen, bravissimo a fermare l’argentino. La squadra di Mihajlovic spinge e al 30’ Orsolini sfiora la traversa rientrando sul sinistro. Al 33’, alla prima leggerezza difensiva bolognese, il Brescia ottiene un rigore. Torregrossa per Dessena, Mbaye casca sulla finta di corpo del centrocampista e lo abbatte. Penalty che batte Torregrossa al 36’: il capitano spiazza Skorupski e realizza il quarto gol stagionale. La squadra di Corini si ritrova in vantaggio dopo aver levigato le spigolature di una mezzora complicata dalle giocate bolognesi. Al 43’ però il Bologna trova il modo di rientrare in partita con Orsolini. Lancio di Soriano per Mbaye da sinistra a destra, cross basso per il numero 7 che si gira su una moneta da dieci centesimi e ruba l’attimo a Chancellor infilando l’angolo lontano. Al 47’ il Bologna ha un’occasione ancora più grande. Orsolini da destra serve Poli che entra in area, calcia male ma diventa un assist per Palacio che con la porta spalancata partorisce un piatto molle e impreciso che termina sul fondo. Il primo tempo finisce 1-1 e i rimpianti stanno tutti dentro la casa bolognese.

BRESCIA SOFFRE — Il secondo tempo si sveglia con comodo intorno al 15’. Lo scuote Barrow con un sinistro rasoterra che Joronen respinge di piede. Poco dopo Corini toglie Dessena e inserisce Martella vestendo la sua creatura dell’altro vestito buono, il 3-5-2. Il Bologna ha meno intensità rispetto alla prima frazione, ma è in controllo: al 25’ Poli scopre un corridoio aereo per Soriano che di testa obbliga Joronen alla presa bassa. Al 34’ Skov Olsen da posizione defilata colpisce la traversa scheggiandola. La squadra di Mihajlovic gioca bene e tiene il Brescia nei suoi ultimi trenta metri e quando entra anche Santander per Mbaye si preannuncia un finale di sofferenza. Al 41’ Santander sfiora il gol con un diagonale dopo un eccentrico aggancio (sbaglia e manda fuori giri il difensore). Al 44’ il Bologna completa la rimonta. Cross dalla sinistra di Barrow, il Brescia difende raggrumato sul primo palo, un rinvio ciccato di un difensore fa sbandare Mateju e Bani in spaccata segna il gol del sorpasso. Il recupero è solo festa rossoblù e per Corini la settima gara consecutiva senza vittoria (manca dal 14 dicembre), il quarto k.o. nelle ultime cinque. E adesso il mercato è chiuso. Il Bologna infila il secondo successo di fila tenendo quindi un ritmo da colonna sinistra della classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Cagliari, è una beffa pazzesca:
il Parma fa 2-2 al 94' con Cornelius!



Sardi due volte in vantaggio con Joao Pedro (che sbaglia un rigore) e Simeone,
ma vengono raggiunti da Kucka e nel recupero dal danese


Francesco Velluzzi

La sfida con vista Europa tra Cagliari e Parma è un pareggio che esalta lo spirito e il temperamento di un Parma che ha passato una settimana tremenda col caso Gervinho (un giallo ancora irrisolto), l’infortunio di Sepe, il mercato da fare, e abbassa il morale di un Cagliari che ottiene il terzo risultato utile di fila, ma sempre un pareggio. La squadra di Maran vede sfumare al 94’ la vittoria che manca dal 2 dicembre (con la Samp 4-3) per un errore di Klavan (la difesa dei rossoblù, fatta eccezione per Pisacane, continua a concedere troppo) che consente a Cornelius di colpire bene di testa e di fare centro dopo aver sbagliato nel primo tempo. Joao e Simeone, sempre loro, avevano illuso la squadra di casa, dopo una girandola di emozioni, un rigore fallito (Joao), uno assegnato e poi non dato da Irrati al Parma. Una partita giocata alla pari che finisce con un risultato giusto. Ma che, probabilmente, frena le ambizioni di Europa perché Milan e Napoli che hanno ripreso a correre possono facilmente tornare in corsa.

PRIMO TEMPO — Maran poteva avere un unico dubbio: quello del terzino destro, lo risolve a favore di Faragò. Cacciatore è recuperato, ma forse non ancora al meglio. D’Aversa usa Siligardi a destra nel tridente diventato orfano di Gervinho oltreché del lungodegente Inglese. In porta va Colombi (ex Cagliari, peraltro) e non il nuovo acquisto Radu. Bruno Alves (altro ex Cagliari) comanda la difesa che un po’ pasticcia e tentenna davanti al pressing e al lavoro di Simeone davanti e del duo Nainggolan (alcuni tocchi sono da vero campione)-Joao Pedro. Il Cagliari può colpire al 14’ ma Cigarini liberato bene da Joao spara alto. Cinque minuti dopo è proprio il numero 10 rossoblù a segnare il suo 14° gol in campionato: cross di Simeone e Joao taglia bene e anticipa alla perfezione Iacoponi. Vantaggio Cagliari che potrebbe raddoppiare più volte. Simeone sbatte due volte su Colombi, prima che Cragno si superi sul suo palo sul velocissimo Kucka. Il Parma prende campo, Brugman è un trottolino che dirige benissimo, la squadra è tignosa in mezzo, ma è ancora il Cagliari che sfiora il raddoppio con Simeone che approfitta di un erroraccio di Iacoponi e tira ma Bruno Alves riesce a deviare sulla traversa. Tre minuti dopo (39’) Cigarini su punizione mette in mezzo e solo il palo nega il gol a Faragò. Non raddoppi e prendi il pari. E’ quel che succede alla squadra di Maran troppo fragile sulle corsie quando si tratta di coprire, Brugman va via sulla destra e mette in mezzo, Cornelius buca, Kucka ci arriva e fa 1-1. Sempre Kucka in finale di tempo invita Cornelius di testa, ma il danese spedisce alto.

SECONDO TEMPO — Si riparte forte con Colombi sempre protagonista che dice di no a Pellegrini che sfonda forte a sinistra e a Cigarini dalla stessa parte. Il Cagliari insiste vuole la vittoria e spinge. Dopo 7’ ottiene il rigore per un contatto in area tra Gagliolo e Joao. Il brasiliano potrebbe arrivare a 15, ma stavolta dal dischetto fallisce calciando sul cartellone pubblicitario. Passa un minuto e l’agognato raddoppio arriva: maestro Ciga per Pellegrini che mette in mezzo da sinistra, Simeone ci arriva e segna come già aveva fatto nella gara d’andata in Emilia firmando il suo primo gol in rossoblù. E’ il minuto numero nove, ma il Parma non molla mai sostenuto da quell’iradiddio di Kucka e dalla buona regia di Brugman. D’Aversa getta subito nella mischia il nuovo acquisto Caprari per Siligardi che ha fatto pochino passando al 4-2-3-1 e al 13’ Irrati assegna un rigore per un (presunto) mani di Klavan (comunque troppe le disattenzioni dell’estone). Consulto col Var e il rigore diventa una punizione fuori area che Bruno Alves calcia sulla barriera. Maran cambia Cigarini (giallo, era diffidato, salta il Genoa a Marassi) e inserisce Oliva, ma l’unico inserimento lo fa Nandez (giallo pure per lui) che costringe ancora Colombi a superarsi. Il Cagliari regge, tiene con Nainggolan alle corde. Maran risponde a D’Aversa che ci prova con Siligardi, dando respiro a Simeone, esausto e dando i primi minuti in rossoblù a Paloschi. Ma è il Parma che preme e spinge a tutta. Cragno si oppone a una gran botta di Hernani, ma nel recupero, dopo l’ennesima risposta di Colombi su Nandez, il Parma trova il meritato pareggio: cross di Kurtic, Klavan, inspiegabilmente, si abbassa e Cornelius di testa firma il 2-2 e l’ottavo gol personale. Il Cagliari deve capire che le partite durano fino alla fine e che forse al mercato bisognava fare qualcosa nel reparto arretrato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Sassuolo è uno spettacolo:
poker alla Roma, brusca frenata per Fonseca

Show della squadra di De Zerbi, che chiude un primo tempo da urlo sul 3-0 (doppio Caputo e Djuricic).
Poi la Roma segna due gol con Dzeko e Veretout, ma Boga chiude i conti. Espulso Pellegrini


Andrea Pugliese


Il Sassuolo abbatte il tabù e sconfigge (4-2) per la prima volta la Roma nella sua storia. Già, perché nei 13 precedenti la squadra neroverde era riuscita a pareggiare 5 volte, uscendo sconfitta nelle restanti 8. Stavolta, invece, De Zerbi si è preso tutta la vetrina, annientando i giallorossi già in partenza e sfruttando la vena iniziale di Caputo (con questa doppietta sale a quota 10 in campionato). Per la Roma, invece, prestazione da dimenticare del tutto nel primo tempo, con una reazione d’orgoglio nella ripresa spazzata via da un eurogol di Boga. Il centesimo gol in giallorosso di Dzeko non basta: per i giallorossi l’inizio del 2020 è terrificante, con 4 sconfitte in 7 gare, con due vittorie (Genoa e Parma) e il pari con la Lazio.

DOMINIO NEROVERDE — Fonseca conferma la coppia di terzini formata da Santon e Spinazzola, De Zerbi invece come esterni bassi si affida ancora a Toljan e Kyriakopoulos. Sulla stessa fascia si fronteggiano due piccoletti come Boga e Under, entrambe le squadre pressano molto alte. Di fatto, però, l’equilibrio dura sette minuti, poi la Roma affonda e il Sassuolo gioca un calcio bello ed efficace. A spezzare l’equilibrio è Caputo, che sul filtrante di Djuricic prima mette a sedere Mancini, poi beffa Pau Lopez sul secondo palo. Al 16’ stesso spartito, con la Roma a fare possesso palla e il Sassuolo che colpisce con una ripartenza perfetta: stavolta il gol è costruito dalla parte opposta, a destra, con assist perfetto di Toljan per la doppietta personale di Caputo. E al 25’ arriva anche il 3-0 di Djuricic, che beffa Pau Lopez sotto le gambe. Per la Roma lo shock è totale, anche perché nel primo tempo il Sassuolo costruisce almeno quattro altre palle gol (clamorosa quella di Ferrari, bene Pau su Boga) e se alla fine la Roma va nell’intervallo con solo tre gol sul groppone è quasi un miracolo (con Pairetto che al 37’ grazia Santon: prima va per ammonirlo per la seconda volta, poi ci ripensa). La squadra di Fonseca tiene spesso palla (58,7% di possesso palla nei primi 45’ di gioco), ma non riesce mai a trovare gli sbocchi per andare al tiro. Cristante in costruzione sbaglia un po’ tutto, dietro Mancini vive una giornata terrificante e davanti Kluivert e Dzeko sono impalpabili. L’unico che prova a costruire qualcosa (invano) è Under. Dall’altra parte, invece, le catene sulle fasce funzionano come un orologio svizzero: Toljan-Berardi a destra, Kyriakopoulos-Boga a sinistra. Ed in mezzo Locatelli e Djuricic regalano il solito fosforo, ma stavolta sono anche intensi al punto giusto.

REAZIONE E BOGA — La prima mossa di Fonseca nella ripresa è Bruno Peres per Santon, ma è il Sassuolo a rendersi ancora pericoloso in un paio di circostanze. La costruzione della Roma invece è faticosa e prevedibile, ma di rabbia i pericoli riesce a crearli uguale: Dzeko ci prova con una girata da dentro l’area, Mancini colpisce il palo (con deviazione di Consigli) e al 10’ è proprio Dzeko di testa a riaprirla, segnando su cross di Pellegrini il suo gol numero cento in giallorosso. Il 3-1 rianima ovviamente la squadra di Fonseca, con il Sassuolo costretto spesso sulla difesi a. Tanto che al 14’ la Roma va vicinissima al 3-2, con una superparata di Consigli su Cristante e Locatelli che anticipa Dzeko sulla linea di porta con un salvataggio decisivo. Quindi c’è spazio per l’esordio in Italia di Carles Perez, e in dieci minuti succede di tutto: Caputo si divora il 4-1 a ridosso dell’area piccola, Pellegrini viene espulso per doppio giallo, Veretout riapre la partita su rigore e Boga la richiude con un gol pazzesco sotto l’incrocio. Poi Pau Lopez salva su Defrel (appena subentrato a Caputo), Fonseca manda dentro anche Villar ma in inferiorità numerica c’è poco altro da fare. Finisce 4-2, con il Sassuolo a festeggiare una vittoria meritata e la Roma ad interrogarsi sui perché di un momento così.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Ronaldo, la nona sinfonia è di rigore.
E la Juve mette k.o. la Fiorentina



Due penalty del portoghese e il gol nel finale di De Ligt
domano la squadra di Iachini, protagonista comunque di una buona gara.
CR7 va a segno per la nona partita consecutiva e sono 50 le reti in bianconero


Filippo Conticello

Il cinquantenario bianconero di Cristiano Ronaldo toglie via le paure rimaste sotto pelle dalla notte del San Paolo: una Juve in versione minimal batte una dignitosa Fiorentina e riprende il cammino interrotto a Napoli. Le è bastato poco, in fondo: due rigori del portoghese più il guizzo finale di De Ligt. Adesso, però, c’è da aggiornare il conteggio alieno perché siamo arrivati a 50 reti totali in un anno e mezzo bianconero: si sono visti inizi peggiori da queste parti. Al netto del 3-0, però, i bianconeri sono ancora piuttosto lontani dall’entusiasmare, mentre la squadra di Iachini ha confermato di avere buone basi su cui costruire la seconda parte di stagione.

PRIMO TEMPO — Dopo un avvio senza fuochi, al 23’ Chiesa, osservato speciale di Madama, cerca il modo più originale per fare colpo: un tacco in allungo, quasi uno scorpione, che Szczesny deve neutralizzare con un mezzo miracolo. Da lì nel giro di un minuto la Fiorentina spaventa la Juve in un altro paio di occasioni: tiro pericoloso di Lirola, ragazzino cresciuto a bottega a Torino, e poi cross radente di Ghezzal. Così in pochi istanti la Viola dimostra di essere venuta allo Stadium a giocarsela a dispetto delle assenze dei centrali difensivi e del gioiellino Castrovilli. La Juve sarrista, però, le dà una mano perché l’ispirazione di Douglas Costa non viene raccolta dai compagni. La scelta di cambiare modulo e tornare al più classico 4-3-3 senza trequartista passa, infatti, dal rilancio del brasiliano con Higuain di punta, ma forse Sarri si aspettava ben altra audacia dai suoi. E, invece, per accendere la truppa serve una mano sospetta di Pezzella su destro di Pjanic: viene rivista dal Var e porta al rigore di Ronaldo, quasi un regalo anticipato per il compleanno numero 35 da festeggiare mercoledì. Il gol dell’1-0, l’ennesimo, non cancella però le difficoltà della Juve singhiozzante del primo tempo.

SECONDO TEMPO — Non che nella ripresa i bianconeri crescano poi troppo, ma aumentano un po’ di ritmo e, al contrario, la Fiorentina pare un po’ meno sbarazzina. Così dalla panchina si cerca uno scossone al match: Vlahovic aumenta il potenziale offensivo viola, in un attacco baby dal grande avvenire. In casa Juve, invece, Sarri prosegue con un classico della stagione: la staffetta in HD. Stavolta Dybala, quello che di solito viene sostituito, lascia il posto ad Higuain, spesso nella parte del subentrato. I ruoli sono invertiti e Paulo, anche in campo, prende le consegne del Pipita: fa la prima punta con CR7 e Douglas ai lati, fornendo un’alternativa tattica interessante per il resto della stagione. Ma nel complesso dalla Juve ci si aspetterebbe altro e, invece, per il pranzo domenicale i tifosi devono accontentarsi dell’ennesima rete su rigore di Cristiano. La seconda dopo un fallo di Ceccherini su Bentancur e anche in questo casa Pasqua ha bisogno del Var per la conferma. Matthijs de Ligt, quasi perfetto contro i quasi coetanei dell’attacco viola, ha la sua gioia meritata con la zuccata del 3-0: non solo di Ronaldo, ma anche del biondone olandese vive questa Juve. Una squadra vincente, ma ancora alla ricerca di sé.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Assedio Atalanta, ma il Genoa resiste: a Bergamo finisce 2-2

Gol di Toloi, Ilicic, Criscito e Sanabria. Espulso Behrami nel finale.
Nerazzurri quarti con la Roma, Nicola a quota 16


Andrea Elefante


L’Atalanta inciampa ancora in casa, il suo teorico fortino: dopo la sconfitta con la Soal, un 2-2 con un’altra ultima in classifica, il Genoa, che vanifica il possibile sorpasso alla Roma (solo agganciata) in chiave Champions League. Ma la squadra di Nicola ha meritato questo punto, fondamentale per la classifica, ma soprattutto per l’aspetto psicologico, in chiave salvezza: partita molto paziente, ordinata, sorattutto coraggiosa fino alla fine, anche quando la squadra è rimasta in dieci (37’) per espulsione (doppio giallo) di Behrami. Una prva che ha dato ragione alle scelte del suo tecnico ed è stata "protetta" fino all’ultimo dalle parate di Perin, il migliore dei suoi assieme ai due attaccanti.

LE SCELTE — Gasperini replica difesa e attacco della goleada di Torino, cambiando solo un uomo in mezzo: Pasalic per Freuler. Più inedite le scelte di Nicola: subito titolare l’ex Masiello, come centrale sinistro della difesa a tre, con Criscito "alto" davanti a lui (fuori Barreca); in attacco linea verde, con Pinamonti, e non Pandev, assieme a Sanabria.

PRIMO TEMPO — Quattro gol in 35’, errori difensivi (soprattutto dell’Atalanta), continui ribaltamenti di fronte: il primo tempo è champagne e ricorda molto, alla squadra di Gasperini, lo scivolone in casa con la Spal. Come quel giorno, Atalanta in vantaggio quasi subito, al 12’: dopo due chance per Pasalic (diagonale appena largo) e Zapata (palo protetto da Perin), il gol - una rarità, quest’anno, arriva su calcio piaxxato, con corer battuto da Gomez, spizzata di Zapata e Toloi libero e bello di segnare. Ma il Genoa non molla un centimetro: la sua compattezza e i raddoppi continui contrastano bene il moto perpetuo di Gomex, la coppia offensiva smaschera la cattiva giornata dei centrali nerazzurri. Due gol in meno di un quarto d’ora e il Genoa capovolge la partita: Pinamonti scappa a Palomino, sul suo radente Hateboer prima recupera e poi cade in ingenuità, atterrando Sturaro, con Criscito che fa pace con il dischetto. Al 33’ ancora un crss di Sturaro, che apprfitta di un errore di De Roon, e Sanabria brucia secco Toloi di testa. Ma stavolta l’Atalanta rimedia quasi subito, in 2’: ancora un assist di Zapata, stavolta per Ilicic che evita il recupero di Criscito. Ma il ping pong frenetico non finisce qui, perché Gollini deve murare Pinamonti, servito ancora da Sanabria, e Perin rigrazia Ilicic, che solo davanti a lui divora il 3-2.

SECONDO TEMPO — La ripresa è quasi un monologo dell’Atalanta, che però non dà mai l’impressione di poter schiacciare il Genoa con la stessa efficacia che ha travolto altre avversarie. Gasperini le prova tutte, cambiando anche due terzi dell’attacco, ma l’impatto di Malinovsyi e Muriel è insufficiente e al resto pensa Perin, che nega il gol con una prodezza a Gosens e due scatti d’istimto su tacco di Djimsiti e girata di Toloi, prima di respingere con i pugni l’utimo tentativo su punizione di Malinovskyi. Ma non era la vera Atalanta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La super Lazio è tornata!
Immobile-Caicedo show, Spal al tappeto

Doppiette per i due attaccanti e gol di Adekanye al primo centro in Serie A.
Biancocelesti momentaneamente secondi, la squadra di Semplici scivola all'ultimo posto


Nicola Berardino


Con la settima vittoria interna di fila la Lazio salta al secondo posto in attesa del risultato dell’Inter di questa sera a Udine. La macchina da gol dei biancocelesti smorza subito ogni eventuale soffio di delusione per il mancato arrivo di Giroud. Le doppiette di Immobile e Caicedo impacchettano già nel primo tempo i tre punti contro la Spal. La squadra di Semplici (ora all'ultimo posto in classifica) patisce il gap tecnico con gli avversari, arrivati al 16esimo risultato utile consecutivo: pesanti i disagi in fase difensiva. Nella ripresa, la Lazio arrotonda la vittoria col primo gol in Serie A di Adekanye. La rete di Missiroli rende merito alla generosità della formazione emiliana.

SUBITO IMMOBILE — Inzaghi sostituisce gli infortunati Luiz Felipe e Correa con Bastos e Caicedo. Semplici inserisce quattro novità in formazione tra squalifiche (Petagna e Valoti) e arrivi dal mercato. In difesa, entrano Tomovic e Bonifazi: a metà campo, Castro (debutto per l’ex Cagliari); in avanti, c’è Floccari. La Lazio sblocca subito il risultato: al 3’, su corner di Luis Alberto dalla destra, Lulic di testa indirizza il pallone per lo scatto di Immobile, che sfugge a Bonifazi e insacca in rete. La Spal si lancia in avanti: al 5’, il colpo di testa dell’ex Floccari finisce in rete, ma l’arbitro Giua ha individuato un fallo dell’attaccante emiliano su Immobile. La Lazio preme e al 16’ Luis Alberto smista sula destra per Lazzari: diagonale che si infrange sul palo, Caicedo è lesto a ribattere in rete per il 2-0. Non rallentano i biancocelesti di Inzaghi: al 19’ Berisha respinge un bolide di Lazzari. La formazione di Semplici non si perde d’animo e appena può si sgancia: al 27’ la parabola di Castro sfiora l’incrocio. Tanta corsa da parte degli emiliani. Ma Lazio crea pericoli in serie. Al 29’, rapidissima ripartenza con Lazzari che innesca Immobile: il bomber supera Bonifazi, attira Berisha fuori dalla porta e da posizione angolata, sulla destra, inventa un pallonetto spettacolare che schizza sul palo prima di finire nel sacco. Olimpico in delirio per la doppietta di Immobile. Spal subito reattiva. Al 31’ Castro scova il varco per proiettare Di Francesco al tiro: palo. Lazio è un rullo compressore: al 38’, un altro duetto tra Immobile e Caicedo, che va a segnare il 4-0 con la sua doppietta.

ECCO BOBBY-GOL — Osannato da tutto l’Olimpico l’ecuadoriano quando al 4’ della ripresa viene avvicendato da Adekanye. Appena entrato, l’attaccante olandese cerca subito il gol: Berisha si salva in angolo. Spunto della Spal al 10’ Strakosha para su Di Francesco. E al 13’ Bobby Adekanye trova il suo primo gol con la maglia della Lazio: sgommata di Lazzari sulla destra e assist per il tocco vincente dell’ex Liverpool tra gli applausi dei tifosi. Che lo hanno già eletto proprio idolo, chiamandolo Bobby-gol. Al 16’ Lulic, giunto alla 350esima gara in biancoceleste, viene rilevato da Jony. Al 20’, incursione di Missiroli che penetra in area e di sinistro fulmina Strakosha, segnando il gol della Spal. Semplici opera due sostituzioni: al 22’ Zukanovic (altro acquisto all’esordio) per Felipe e al 25’ Murgia, ex accolto dagli applausi dell’Olimpico (suo il gol che diede la Supercoppa nel 2017), per Dabo. Nuovo ingresso pure nella Lazio: al 27’ Vavro dà il cambio a Radu. Ritmi ribassati, ma gara sempre a tutto campo. Murgia e Bastos si propongono al tiro. Nella Spal, al 30’, Valdifiori sostituisce Castro. Immobile, salito a quota 25 gol sul trono della classifica dei cannonieri, insegue la tripletta: Berisha respinge. Al fischio finale, festa biancoceleste per i quasi 40 mila dell’Olimpico. E mercoledì c’è il recupero casalingo col Verona per prolungare la scalata in classifica della squadra di Inzaghi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Senza Ibra, il Milan si ferma e rischia col Verona.
Calha risponde a Faraoni



Nella ripresa due pali degli ospiti e quello di Castillejo.
Espulso Amrabat, esordio in A per Daniel Maldini


Marco Fallisi

No Ibra, no party. Dopo tre vittorie consecutive in A, cinque considerando anche la Coppa Italia, il Milan frena e perde l’occasione di avvicinarsi all’Atalanta fermata dal Genoa: con il Verona a San Siro finisce 1-1, a Faraoni risponde Calhanoglu, alla seconda partita di fila in gol dopo la doppietta al Torino in Coppa, ma senza Ibrahimovic lì davanti la scintilla non si accende. Rebic ha perso l’istinto killer delle ultime uscite e Leao non va oltre un sinistro insidioso nel finale di partita: Pioli, in superiorità numerica per oltre venti minuti, butta nella mischia il neoacquisto Saelemaekers e Daniel Maldini, alla “prima” assoluta in A, ma non va oltre il pareggio. Risultato ampiamente meritato dalla banda Juric, che sfiora il colpaccio con due pali.

A DUE FACCE — Il Milan, in piena emergenza con le assenze di Ibrahimovic, Kjaer, Krunic e Bennacer (squalificato), ci mette mezz’ora a entrare in partita: la sveglia la dà il vantaggio dell’Hellas con Faraoni, bravissimo al 13’ a sbucare alle spalle di Hernandez e bruciare Donnarumma su cross dalla sinistra di Verre. È il manifesto del Verona di Juric, in campo con un 3-4-2-1 senza prime punte di ruolo: pressing alto e inserimenti dalla mediana a sfruttare gli errori avversari. Lo schema funziona piuttosto bene fino a quando una trattenuta di Faraoni su Bonaventura regala al Milan una punizione dal limite al 29’: Calhanoglu, aiutato da una deviazione in barriera di Verre, castiga Silvestri e rianima i suoi.
La banda Pioli alza il baricentro e costruisce due palle gol: al 31’ Rebic, servito da Castillejo in ripartenza, scarta Silvestri ma si allarga troppo e perde clamorosamente il tempo per inquadrare la porta; al 37’ Romagnoli sfiora il palo con un colpo di testa sul corner del solito Castillejo.

ROSSO E PALI — Chi si aspetta un Milan rigenerato dal buon finale di primo tempo, però, resta interdetto, perché è il Verona a comandare buona parte della ripresa e ad andare a un passo dal gol: in 10 minuti i gialloblù colpiscono due pali, uno con un colpo di testa di Pessina al 52’ e uno con un sinistro di Zaccagni al 62’. Pioli prova a cambiare, inserendo Paquetà per Bonaventura, ma è Amrabat a regalare metri e ossigeno ai rossoneri, facendosi espellere al 68’ per un intervento durissimo su Castillejo (Chiffi decide al monitor).
Il Milan spinge affidandosi soprattutto all’improvvisazione: Calabria spreca dopo una bella discesa, Leao impegna Silvestri con un rasoterra dalla distanza, il nuovo acquisto Saelemaekers (entrato per Calabria al 77’) ci prova con un sinistro dalla distanza nel finale, Castillejo centra il palo nel recupero dopo una bella parata di Silvestri su Hernandez. Poco dopo tocca a Daniel Maldini, che fa il suo esordio in Serie A: il Milan frena, la dinastia dei Maldini continua.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lecce, è un poker storico. Torino, continua il momentaccio

I pugliesi segnano subito con Deiola e Barak, nella ripresa il capolavoro di Falco e Lapadula su rigore.
Granata mai pericolosi


Giuseppe Calvi


E’ sprofondo Toro. Infilzata quattro volte da un Lecce a tratti spettacolare, la squadra di Mazzarri infila il quarto k.o. consecutivo, restando nel buio tunnel di una crisi che va ben oltre i risultati e la mancanza di gioco. Ancora senza successi in casa in questo campionato – in 10 partite, solo 5 pareggi -, la formazione di Liverani non vinceva dal 30 novembre (0-1 a Firenze). Proprio nel momento più difficile per le numerose assenze, ha saputo reagire, dominando la sfida. I granata subiscono un’altra mortificazione, negli ultimi quattro incontri hanno incassato 17 gol (solo in questa settimana 15 in 3 gare), senza mai riuscire a reagire, magari anche per tirar fuori l’orgoglio. Il Lecce allunga in classifica, portandosi a tre punti di vantaggio dal Genoa, terzultimo.

LE SCELTE — Liverani e Mazzarri devono fare scelte praticamente obbligate. Assenti Dell’Orco per squalifica e Gabriel, Meccariello, Tachtsidis, Farias e Babacar per infortunio, nel Lecce cominciano dalla panchina Petriccione, non ancora al meglio dopo la contusione a una caviglia, e Mancosu, per un attacco influenzale nella notte precedente la gara. Anche Deiola è reduce da uno stato febbrile, però va in campo e prende il posto da play, tra Majer e l’esordiente Barak. Confermati gli esterni difensivi Rispoli e Donati, tocca a Saponara, pure lui al debutto, cercare di ispirare Falco e Lapadula. Anche il Torino è in piena emergenza e deve fare i conti con la crisi di risultati, dopo le tre sconfitte consecutive (in campionato contro Sassuolo e Atalanta, in coppa Italia contro il Milan). Mazzarri conferma la formazione schierata a Milano, sostituendo Izzo e Lukic, squalificati in campionato, con Djidji e Meite.

LECCE SPRINT — Nonostante siano alla prima presenza, proprio gli ultimi arrivati, Barak e Saponara, si esaltano sin dall’avvio della gara. Il Lecce, un punto nelle ultime sei gara, comincia con un ritmo alto e dopo 19 minuti è già sul 2-0, grazie a due gol davvero spettacolari. All’11’, da calcio d’angolo (procurato da un rinvio di Djidji rimpallato dal compagno Bremer) Falco per Saponara, che serve fuori area Deiola, bravissimo a infilare Sirigu con un destro potentissimo. Al 19’ i giallorossi raddoppiano: su cross di Majer, Djidji respinge corto di testa e Barak in corsa fa centro con un sinistro imprendibile per Sirigu. Il Via del Mare applaude la squadra di Liverani, nella quale Deiola è il fulcro a centrocampo, tosto in interdizione e preciso nella costruzione. Il Torino è annichilito, in panchina Mazzarri si agita, prova a scuotere i suoi giocatori. Invano, perché Belotti resta isolato, sempre privo di rifornimenti. Perso Verdi per infortunio e con Millico al suo posto, i granata, però, si rendono pericolosi solo con conclusioni di Berenguer e sono salvati da Sirigu, lesto a ribattere una girata sotto porta di Lapadula. Nel finale di tempo, l’arbitro Rocchi, supportato dall’assistente Mastrodonato e poi anche dal Var, annulla un gol al Torino: su punizione di Belotti, deviata dalla barriera, c’è il tocco decisivo di De Silvestri, in posizione di fuorigioco.

FALCO, CHE PERLA — Nella ripresa il Torino cerca di organizzare una reazione, però le idee restano confuse e Belotti e compagni (con Edera subentrato a Djidji) producono solo uno sterile giro palla. Invece, il Lecce, con Petriccione per Deiola, continua ad attaccare. Va al tiro Lapadula, due volte, poi mette il marchio Falco, con una splendida perla: al 19’, servito da Saponara, si porta palla sul destro e dal limite infila Sirigu con una bellissima conclusione. Mazzarri inserisce anche Lyanco (al posto di Rincon) ma, cambiati gli interpreti, il risultato non cambia. Il Torino è impalpabile, sempre più rassegnato a registrare un’altra umiliazione. Il punteggio diventa ancora più pesante al 32’, quando Lapadula fa 4-0 su rigore, per fallo commesso da Bremer su Shakhov, entrato da poco al posto di Saponara.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lukaku abbatte l'Udinese e l'Inter resta a -3 dalla Juve



La doppietta del belga nel secondo tempo consegna i tre punti alla squadra di Conte.
Eriksen non brilla all'esordio in Serie A


Vincenzo D'Angelo

E alla fine arriva Lukaku a rimettere l'Inter in pista e lasciarla ancora in scia alla Juve. A Udine finisce 2-0 per i nerazzurri, ma quante difficoltà per Conte, con i bianconeri friulani capaci per più di un’ora di imbrigliare la manovra nerazzurra e stravincere ogni duello fisico. La gara gira intorno all'ora di gioco, quando Conte richiama Eriksen ed Esposito per Brozovic e Sanchez. Lì l'Inter aumenta i giri del motore e con Romelu abbatte il muro bianconero: doppietta del belga, la quinta in A, e 2-0 che lascia i nerazzurri a -3 dalla vetta.

NOVITÀ — È la partita delle prime volte in nerazzurro in Serie A: con Eriksen in campo, la prima maglia da titolare per Moses e soprattutto la sorpresa tra i pali, dove Padelli prende il posto di capitan Handanovic, reduce da un colpo alla mano sinistra nella rifinitura. Samir va in panchina con un vistoso tutore. Il primo guizzo nel nostro campionato di Eriksen arriva al 7': sinistro potente da fuori ma troppo centrale. L'Inter prova a prendere le misure ma intanto l'Udinese comincia a mettere fuori il muso dalla metà campo difensiva e spaventa Padelli: prima De Paul da fuori (10') poi Fofana (28') chiamano il portiere alla deviazione provvidenziale in angolo. E al 38' è ancora Padelli ad anticipare Okaka, poi è bravo Young a murare Larsen con la porta quasi vuota.

ERIKSEN RIMANDATO — Nella ripresa l'Inter prova subito a cambiare le marce. Tiro-cross di Young, Musso respinge, Sema scivola ma Esposito cicca la palla e grazia l'Udinese. Bastoni prende un'ammonizione per fermare una ripartenza: giallo pesante, salterà il derby per squalifica. L'Inter fatica a costruire azioni da gol, l'Udinese soffoca ogni linea di passaggio e fa paura in ripartenza. La partita di Eriksen non dura nemmeno un'ora: al 59' Conte richiama lui ed Esposito per inserire Brozovic e Sanchez. E svolta.

ORO LUKAKU — Perché sale in cattedra Lukaku, l'unico che fisicamente sembra poter tenere l'Inter in partita. Prima trova Sanchez (17') che cincischia nella conclusione e poi viene murato. Poi ecco l'acuto vincente (19'), ben servito da Barella: piattone sul secondo palo e addio fantasmi da "pareggite". Tre minuti dopo Romelu ha la chance di chiudere la gara, ma da pochi passi trova un riflesso miracoloso di Musso. Il vantaggio ha ormai trasformato l'Inter, Sanchez s'invola verso la porta (25'), Musso lo stende: rigore che Lukaku trasforma spiazzando il portiere. Lasagna (37') ha l'occasione per riaccendere il finale, ma chiude troppo il sinistro in diagonale e la palla finisce sul fondo. L'Inter fatica ma resta agganciata al treno scudetto. Conte può esultare per il risultato, ma avrà tante cose da rivedere: per sognare lo scudetto serve ritrovare in fretta la squadra della prima parte di stagione.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Demme, ciak d’autore per Gattuso: il Napoli batte una bella Samp

Azzurri sul 2-0 con Milik ed Elmas, rimonta blucerchiata
con la perla di Quagliarella e il rigore di Gabbiadini,
ma poi decide il nuovo acquisto prima del gol-sicurezza di Mertens


Mimmo Malfitano


A fatica, ma il Napoli riesce nell’impresa di portare a casa tre punti pesantissimi, che l’avvicinano ancor di più alla zona Europa League che, adesso, dista appena due punti. Le reti di Mililik, Elmas, Demme e di Mertens nel finale, sono servite per regolare una Sampdoria mai doma, che ha avuto nel duo Gabbiadini-Quagliarella le espressioni migliori della serata doriana. In campo c’è stata battaglia, con diversi ammoniti e due gol annullati.

POCHI RISCHI — Gattuso recupera tutti gli infortunati, ma li tiene in panchina. Al suo fianco siede anche Nikola Maksimovic che tra gli acciaccati è quello che ha recuperato al 100 per cento. Ma, l’allenatore non se la sente di rischiare e manda in campo la formazione delle ultime settimane, con la sola eccezione del giovane Elmas al posto dell’influenzato Demme. In difesa, Di Lorenzo è ancora al fianco di Manolas, al centro del reparto arretrato, mentre Hysaj è sulla fascia destra. Ranieri, invece, si affida alla coppia d’attacco formata da due ex, ovvero, Quagliarella e Gabbiadini, mentre l’esterno destro basso è Thorsby. A centrocampo, la coppia centrale è formata da Ekdal e Linetty.

SUBITO MILIK — L’avvio del Napoli è fin troppo convincente, tant’è che dopo appena tre minuti passa in vantaggio. Il cross di Zielinski dalla sinistra è perfetto per lo stacco di testa di Milik, lasciato troppo solo dalla coppia Colley-Tonelli. E il Napoli già vola. La Sampdoria resta confusa dalla mazzata ricevuta, pronti via, e lascia troppi spazi a disposizione dell’avversario. A centrocampo, Linetty e Jankto fanno fatica a contenere Zielinski e Elmas che operano in tutta libertà, mentre Lobotka si sistema poco più avanti della difesa. Ancora Milik (12’) da fuori area, stavolta, ma Audero blocca. Gabbiadini va via a Mario Rui e crossa per Quagliarella: la conclusione dell’attaccante napoletano e debole per impensierire Meret (13’)

RADDOPPIO ELMAS — E’ il Napoli, tuttavia, a comandare il gioco in questa prima parte della gara. E, così, arriva il raddoppio su azione di calcio d’angolo. La battuta di Mario Rui viene prolungata sul secondo palo da Di Lorenzo per la deviazione di Elmas che vince il contrasto con Linetty. L’euforia napoletana non contagia Gattuso che, dalla panchina, invita alla calma, a non perdere la concentrazione. Anche perché la Sampdoria trova il suo momento d’orgoglio e comincia a farsi sentire dalle parti di Meret. La determinazione doriana viene premiata al 26’, da un eurogol di Fabio Quagliarella. Il capitano gira a volo di destro il suggerimento di Ekadal, approfittando anche dello scivolone di Hysaj. Marassi è tutto in piedi ad applaudire la prodezza del capitano blucerchiato. Il Napoli perde un po’ di elasticità, la squadra si allunga e la Sampdoria trova gli spazi giusti per far ripartire Gabbiadini e Linetty. Al 40’ i doriani arrivano vicinissimi al pareggio: Ramirez, tutto solo, prova lo scavetto da pochi metri e colpisce il palo tra la disperazione dei compagni. Il primo tempo di chiude con l’ennesimo stacco di testa di Milik: Audero respinge.

PAREGGIO — La Sampdoria sembra più vivace ad inizio ripresa. Quagliarella mette sul fondo un suggerimento di Linetty (4’), mentre al 10’ i doriani trovano il gol con un’acrobazia di Ramirez ma La Penna, dopo aver consultato la Var, annulla la rete per un precedente fallo di mano di Gabbiadini. Dopo 5 minuti anche al Napoli viene annullato un gol. Il tiro di Insigne viene respinto dal palo e sulla ribattuta Zielinski è oltre i difensori doriani. Il pareggio della Sampdoria arriva su calcio di rigore. Corre il minuto 24, quando Manolas aggancia Quagliarella all’interno dell’area. La Penna, ancora una volta, fa segno di proseguire, ma Mazzoleni dalla Var lo invita a rivedere l’azione. Il calcione di Manolas è evidente, ma anche stavolta l’incerto arbitro ha avuto bisogno del sostegno esterno per decidere l’assegnazione del rigore. Visto che Quagliarella si infortuna nell’azione, alla battuta ci va Gabbiadini per il 2-2 (28’).

DEMME GOL — Gattuso in precedenza aveva sostituito Lobotka con Demme, mentre prima del pareggio doriano aveva mandato in campo Mertens al posto di Callejon. Al 34’ è il momento di Politano che subentra a Elmas e così fa il suo esordio con la maglia del Napoli. Quattro minuti più tardi, arriva il gol che regala al Napoli 3 punti pesantissimi. Insigne da fuori area conclude di sinistro, il pallone viene respinto da Colley, ma finisce sul sinistro di Demme che di prima calcia in porta firmando il suo primo gol italiano. Nei minuti di recupero, poi, arriva la quarta rete di Mertens al 53’ che chiude la gara.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2019/2020 22ª Giornata (3ª di Ritorno)

01/02/2020
Bologna - Brescia 2-1
Cagliari - Parma 2-2
Sassuolo - Roma 4-2
02/02/2020
Juventus - Fiorentina 3-0
Atalanta - Genoa 2-2
Lazio - Spal 5-1
Milan - Verona 1-1
Lecce - Torino 4-0
Udinese - Inter 0-2
03/02/2020
Sampdoria - Napoli 2-4

Classifica
1) Juventus punti 54;
2) Inter punti 51
3) Lazio(*) punti 49;
4) Atalanta e Roma punti 39;
6) Cagliari, Parma e Milan punti 32;
9) Verona(*), Napoli e Bologna punti 30;
12) Torino punti 27;
13) Sassuolo punti 26;
14) Fiorentina punti 24;
15) Udinese punti 24;
16) Sampdoria punti 20;
17 Lecce punti 19;
18) Genoa punti 16;
19) Brescia e Spal punti 15.

(*) Lazio e Verona una partita in meno.
Lazio - Verona spostata al 05/02/2020 per esigenze di calendario (finale di Supercoppa a Riad).

(gazzetta.it)
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La Lazio sbatte contro i pali e un super Verona.
Niente sorpasso all’Inter



Luis Alberto prende due legni, ma la squadra di Juric non demerita e va più volte vicina al colpaccio.
Biancocelesti a -4 dalla vetta


Nicola Berardino

La Lazio fallisce l’occasione per saltare al secondo posto. Nel recupero della gara della diciassettesima giornata, rinviata per la concomitanza con la Supercoppa, la squadra di Inzaghi viene fermata dal Verona, che si ripete dopo il pareggio col Milan. Uno 0-0 intenso e combattuto sino all’ultimo. Grandi meriti alla formazione di Juric che coglie il settimo risultato utile di fila, sfiorando anche il colpaccio. La Lazio si rammarica soprattutto per i due pali colpiti da Luis Alberto, ma col pareggio sale a punto dall’Inter e infila il 17 risultato positivo consecutivo, eguagliando la serie del campionato 1998-99.

LUIS ALBERTO AL PALO — Inzaghi inserisce Patric sulla destra della difesa e conferma Caicedo in avanti al posto di Correa, ancora out. Juric arretra Pessina a centrocampo al posto dello squalificato Amrabat causa anche lo stop di Badu. In avanti, spazio a Borini, Caicedo tenta subito di lanciare Immobile ma Rrhamani è di guardia. Al 15’, brividi per la Lazio: su traversone di Lazovic, Strakosha smanaccia e poi allontana Lulic, ma l’azione continua e il portiere della Lazio si supera sulla conclusione di Pessina. Al 20’, Immobile spunta davanti a Silvestri che è pronto a chiudergli lo specchio della porta. Partita a tutto campo, ritmi frenetici, squadre molto concentrate. Verona reattivo nelle ripartenze, Lazio attenta in copertura. La squadra di Inzaghi prova a dare continuità al gioco sulle corsie esterne. Al 34’, rasoterra di Caicedo di poco a lato. Aumenta la pressione biancoceleste in fase offensiva. Botta di Leiva deviata in angolo dal muro gialloblù. Al 37’, numero d’alta classe di Luis Alberto: Silvestri vola per deviare in angolo. Strakosha attento sul tiro-cross di Lazovic. La Lazio si affida a un maggiore possesso di palla: il Verona serra gli spazi. Al 44’, fiondata di Immobile sul fondo. Al 44’, Luis Alberto con un colpo da biliardo timbra il palo. Squadre all’intervallo sullo 0-0.

LEGNO BIS DI LUIS ALBERTO — Nella ripresa, il Verona si allunga in proiezione offensiva. La Lazio allarga la manovra e punta molto sul gioco di sponda in attacco. Confronto molto intenso pure in chiave tattica. Al 15’ Strakosha para in due tempi su una conclusione arcuata di Lazovic. Due minuti dopo Silvestri controlla un colpo di testa di Immobile. Al 20’, altro palo colpito dalla Lazio, ancora con Luis Alberto che si fa largo in area. Risponde il Verona con Verre: dalla distanza, a lato. E al 25’ il falso nove gialloblù si rende ancor più pericoloso: parabola sul fondo. Subito dopo Verre viene sostituito da Eysseric. Contestualmente Inzaghi cambia gli esterni: Marusic e Jony rilevano Lazzari e Lulic. Silvestri salva su un retropassaggio di Rrahmani. Al 32’, provvidenziale l’opposizione di Jony per ribattere un tiro di Borini. Verona intraprendente a caccia del varco giusto per attaccare. La Lazio si catapulta in avanti. Al 39’ Inzaghi avvicenda Caicedo con Parolo spostando Luis Alberto in attacco. Ripartenza insidiosissima della squadra di Juric. Prodezza di Strakosha su diagonale di Borini. Al 44’, nuovo cambio nel Verona: ecco Dawidowicz per Borini. Milinkovic su allunga troppo un pallone in area. Cinque minuti d recupero. Al 49’ gran parata di Silvestri su botta di Luis Alberto. E lo 0-0 sigilla la partita tra gli applausi dei 40 mila dell’Olimpico.

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SERIE A 2019/2020 Recupero 17ª Giornata (17ª di Andata)

04/02/2020
Lazio - Verona 0-0

Classifica
1) Juventus punti 54;
2) Inter punti 51
3) Lazio punti 50;
4) Atalanta e Roma punti 39;
6) Cagliari, Parma e Milan punti 32;
9) Verona punti 31;
10) Napoli e Bologna punti 30;
12) Torino punti 27;
13) Sassuolo punti 26;
14) Fiorentina punti 24;
15) Udinese punti 24;
16) Sampdoria punti 20;
17 Lecce punti 19;
18) Genoa punti 16;
19) Brescia e Spal punti 15.

(gazzetta.it)
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