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Campionato di Calcio Serie A 2019 - 2020. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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Doppietta di Immobile: nel recupero arriva la nona vittoria di fila per la Lazio

Segna Balotelli al 18’, Ciro pareggia dal dischetto al 42’, con espulsione di Cistana.
Al 91’ è ancora l’attaccante biancoceleste a tenere viva la striscia


Stefano Cieri


Ancora una volta all’ultimo respiro. Ancora una volta in pieno recupero. Ancora una volta in rimonta. Anche a Brescia, come già a Cagliari, a Reggio Emilia e a Firenze, la Lazio agguanta la vittoria quando ormai la partita sembra finita. Lo fa con una zampata di Immobile al 91’ al termine di una partita in cui la squadra di Inzaghi va sotto per il gol di Balotelli, rientra in partita prima dell’intervallo grazie a un rigore trasformato da Immobile, ma poi impiega l’intera ripresa, nonostante l’uomo in più (sul penalty viene espulso Cistana) per avere ragione di un Brescia che avrebbe meritato il pareggio per la foga con cui ha lottato su ogni palla fino al termine. Ma alla fine prevale comunque la legge del più forte. E la Lazio infila così la nona vittoria consecutiva in campionato. Inzaghi eguaglia il record di Eriksson, stabilito nella stagione 1998-99. Giornata perfetta per i biancocelesti, con il solo neo dei cori dei suoi tifosi contro Balotelli. Cori che hanno costretto l’arbitro ad interrompere la gara a metà primo tempo.

RIECCO BALO — Dieci anni dopo è ancora lui a firmare il primo gol del decennio in Serie A. Nel 2010 Balotelli, sempre in un lunch match, lo aveva realizzato al Chievo con la maglia dell’Inter. Si ripete col Brescia ai danni della Lazio per il primo gol degli anni ‘20. Che è anche la sua prima rete ai biancocelesti in Serie A (alla Lazio aveva segnato solo col Nizza in Europa League). Il vantaggio che illude la squadra di casa si materializza al minuto 18. Correa perde palla in fase di impostazione dell’azione nella sua metà campo. Bisoli la recupera e la appoggia a Sabelli che lancia in area per Balotelli. Il centravanti resiste al tentativo di contrasto di Luiz Felipe e si ritrova solo a tu per tu con Strakosha e non ha difficoltà ad infilarlo sul secondo palo. Vantaggio un po’ a sorpresa perché fin lì, pur senza strafare, era stata la Lazio a controllare la partita. La formazione di Inzaghi aveva anche segnato con Caicedo, ma il gol era stato annullato per fuorigioco, quindi ci aveva provato Lulic con un tiro a giro uscito di poco. Dopo il gol di Balotelli, la formazione romana ci mette un po’ a riorganizzarsi, ma col passare dei minuti fa valere il suo maggiore tasso tecnico. Dopo un colpo di testa di Milinkovic finito di poco alto, la Lazio pareggia al 42’ su rigore con Immobile. Il penalty è concesso per la trattenuta di Cistana ai danni di Caicedo, il difensore del Brescia viene anche espulso per fallo da ultimo uomo su chiara occasione da gol.

IL SALE SULLA CODA — Lanna (che in panchina sostituisce lo squalificato Corini) corre subito ai ripari per fronteggiare l’inferiorità numerica. Prima dell’intervallo toglie la punta Torregrossa per il difensore Mangraviti e poi a inizio ripresa sostituisce anche il trequartista Spalek inserendo il centrocampista Viviani. La squadra viene così ridisegnata con un abbottonato 5-3-1, in cui Balotelli è l’unica punta . La squadra di casa si arrocca davanti alla sua area e chiude alla Lazio quasi tutti i varchi. I bresciani si rendono pure pericolosi in contropiede con una conclusione di Bisoli sulla quale Strakosha deve compiere una parata per nulla facile. Col passare dei minuti la Lazio prova a far valere il suo maggiore tasso tecnico, ma il bunker dei padroni di casa regge. E allora Inzaghi ridisegna la sua squadra in versione ancora più offensiva. L’allenatore toglie Radu e Parolo per Jony e Cataldi e schiera i suoi con un 4-3-1-2 iper-offensivo in cui i terzini sono Lazzari e Jony e Correa fa il trequartista dietro Caicedo-Immobile. Poi nell’ultimo quarto d’ora Inzaghi butta dentro pure Andre Anderson (centrocampista offensivo) per Lulic. Ma nonostante l’artiglieria pesante la Lazio produce poco. Ci provano Lulic (bravo Joronen), poi Caicedo e Correa (conclusioni che escono di poco). Sembra fatta per il Brescia quando il quarto uomo segnala i 4 minuti di recupero. Ma la zampata di Immobile è in agguato. Arriva al primo minuto di recupero dopo combinazione con Caicedo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Pazzini e Stepinski regalano tre punti al Verona.
La Spal sempre più giù

Con le reti dei due attaccanti l'Hellas sale a quota 22.
La squadra di Semplici resta al penultimo posto e rischia il sorpasso del Genoa


Matteo Brega


Il Verona comincia l’anno nuovo vincendo 2-0 a Ferrara contro la Spal: decidono un gol per tempo di Pazzini e Stepinski. La Spal ha giocato in dieci per 55’ a causa del rosso diretto a Tomovic.

SCHIERAMENTI — Il Verona torna in campo oltre venti giorni dopo il 3-3 in rimonta contro il Torino e lo fa senza Amrabat (squalificato) per la prima volta in campionato: al suo posto Pessina. Il 3-4-2-1 di Juric vede Pazzini titolare e Stepinski in panchina con Di Carmine. Semplici ricalca la difesa a tre del collega, ma il centrocampo è a cinque e davanti sono in due, Petagna e Paloschi.

IL PAZZO E IL ROSSO — Dopo quasi 15’ di leggera ansia della Spal, ecco che il Verona passa. Cross dalla destra di Lazovic, Igor è posizionato male e Pazzini di testa porta avanti l’Hellas. Secondo gol in campionato per lui, consecutivo per altro dopo quello su rigore prima di Natale contro il Torino. La Spal prova a reagire e sfiora subito il pareggio con un sinistro a giro di Petagna che finisce fuori di poco. La gara cambia ancora al 39’ quando Guida espelle Tomovic per un intervento in ritardo su Faraoni.

SPRECHI — - La ripresa inizia con gli stessi elementi che avevano concluso la prima frazione. Ed è il Verona che si avvicina al raddoppio al 9’ con una azione iniziata a sinistra da Zaccagni e chiusa a destra da Pazzini: deciso è il piede di Berisha a deviare in corner. La Spal resta in partita grazie al suo portiere che anche al 26’ nega ancora a Pazzini il gol del raddoppio. Su un lancio perfetto di Veloso in profondità, l’attaccante arriva davanti a Berisha che con il piede devia la palla che plana sulla traversa. L’Hellas ha in mano la partita ma non la chiude, nonostante la superiorità numerica e il fatto che la Spal prenda lo specchio della porta solo dopo 73’ con Valoti. Semplici prova a cambiare l’inerzia della partita, ma si arriva agli ultimi 10’ con l’1-0 del Verona cristallizzato. Il colpo di testa di Petagna che vola su Rrahmani è dolce e largo.

IL RADDOPPIO — - L’arrembaggio conclusivo della Spal nemmeno inizia perché al 40’ l’Hellas raddoppia. Lazovic parte da sinistra, si accentra, calcia, Berisha respinge in zona Stepinski e il polacco incrocia. A una giornata dal termine il Verona si ritrova con 22 punti in classifica e una gara in meno. Aria serena, in vista della prossima gara, un altro scontro diretto con il Genoa, e un mese di gennaio pieno di spifferi di mercato. La Spal del 2020 si ritrova sgonfia invece, già svuotata dopo il successo contro il Torino che aveva riabilitato il 2019.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Genoa, vittoria tra le polemiche con Criscito e Pandev.
Ma il Sassuolo non ci sta



Nicola esordisce con tre punti pesantissimi grazie al rigore del
capitano e all’acuto del macedone, che annulla il pari di Obiang.
Proteste emiliane su entrambe le reti


Filippo Grimaldi

Una serata da Genoa, qui le chiamano così, ma anche il Sassuolo ha le sue colpe per non avere osato di più: una progressione di Favilli a cinque minuti dalla fine ha regalato a Pandev il pallone del rocambolesco successo del Genoa sul Sassuolo, che rilancia le speranze di salvezza di un Grifone che non vinceva dal 26 ottobre scorso contro il Brescia, nella gara d’esordio di Motta sulla panchina genoana. Tre punti nelle ultime sette partite, e l’ultimo posto in classifica: il Genoa viaggiava da tempo in mari tempestosi ed il successo di stasera, alla prima di Davide Nicola sulla panchina del Grifone, è figlio proprio di questa situazione: il Sassuolo torna a casa con tanta amarezza, ma la facilità con cui ha recuperato il primo svantaggio lascia intendere che forse avrebbe potuto osare qualcosa di più. Il due a uno finale è figlio di una gara un po’ stramba, che parte a ritmi bassissimi, poi s’accende all’improvviso, ma non riesce mai a salire veramente di tono. Criscito, miglior difensore rigorista europeo – quattro gol su quattro dal dischetto – porta in vantaggio i rossoblù al 29’ del primo tempo, approfittando di uno sciocco fallo di Obiang su Sanabria, in una fase della gara in cui proprio gli uomini di Zerbi stavano producendo le cose migliori. Ma l’illusione dei rossoblù è durata solo quattro minuti: il tempo necessario allo stesso Obiang di andare a segno approfittando di una deviazione della difesa rossoblù, a termine di una perfetta azione corale del Sassuolo, avviata da Caputo e proseguita da Toljan e Locatelli.

PREOCCUPATI — Il primo Genoa della gestione-Nicola ha visto i padroni di casa schierati di fatto con una difesa a cinque (con Ankersen e Pajac molto bassi) e la novità di Perin (subito decisivo su Traorè nel primo tempo) fra i pali al posto di Radu. Da oggi, dunque, le gerarchie dei portieri rossoblù sono cambiate, e così sarà sino a fine stagione. Ma gli altri esclusi illustri sono stati Schone (in panchina) e Pinamonti, quest’ultimo escluso dai 23. De Zerbi ha provato subito a sfruttare le difficoltà dei padroni di casa sulle fasce, e sulla destra Duncan e Boga ha creato molti problemi a Pajac. Ma non è bastato. Il Genoa, dopo l’uno a uno, ha avuto una doppia occasione con Sturaro (assist di Criscito), ma Consigli è stato super. Un atteggiamento che è proseguito, almeno da parte rossoblù, anche nella ripresa. Genoa avanti a fiammate, Sassuolo più concreto, e pure sfortunato quando alla mezz’ora Duricic ha battuto Perin, ma dopo un consulto con la Var, Irrati ha annullato il vantaggio ospite per un tocco di mano dello stesso giocatore. Sembrava, a quel punto, un pari già scritto, ma nessuno aveva fatto i conti con l’azione avviata da Favilli, e dalla carambola finale che permette a Pandev di battere di testa Consigli. Grandi proteste del Sassuolo per un precedente contatto Criscito-Berardi, ma la Var conferma che non c’era stato fallo del capitano rossoblù.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Belotti super doppietta, Sirigu para tutto:
il Toro sbanca l’Olimpico e rallenta la Roma

Devastante partita del Gallo, che realizza due gol e colpisce due legni, decisive anche le parata del portiere granata


Andrea Pugliese


Belotti rilancia il Torino, la Roma si arena sulla ripartenza. E alla fine la sfida tra bomber se la aggiudica Belotti, con due gol e altrettanti pali è stata un’autentica spina nel fianco della retroguardia giallorossa. Per la squadra di Fonseca una sconfitta inattesa (0-2, proprio come con l’Atalanta, l’unica altra sconfitta casalinga della sua stagione) e anche in parte sfortunata, visto che l’altro grande protagonista del successo granata si chiama Salvatore Sirigu, autore di almeno sei parate importanti. Mazzarri può invece festeggiare un successo che lo riporta temporaneamente all’ottavo posto, in una classifica più consona ai suoi valori.

FACCIA A FACCIA — Le assenze sono tanto da ambo le parti, ma Fonseca ha più alternative rispetto a Mazzarri, che invece è costretto a mandare in campo un indici quasi obbligato. A fare la partita è soprattutto la Roma, che ha bisogno di vincere per restare in scia alla Lazio e consolidare il quarto posto. Dall’altra parte, però, il Torino gioca una partita intelligente e quando c’è da far male non disdegna mai la possibilità di provarci. Così ne viene fuori un primo tempo in cui Kolarov vince a sinistra il duello con De Silvestri ed è di fatto l’attaccante aggiunto dei giallorossi, mentre Belotti si aggiudica a distanza la sfida dei centravanti con Dzeko. Non solo per il gol (bello) al 46’, con cui porta in vantaggio il Torino ma anche per quello che aveva fatto fino a quel momento, tra cui un palo clamoroso all’8’ ed una bella giocata per Lukic (32’), che spreca malamente di testa da ottima posizione (esattamente come aveva fatto De Silvestri subito dopo il palo di Belotti). Ma se il Gallo è l’uomo che mette le ali al Torino, Sirigu è invece quello che lo tiene in vita a lungo. Il portiere granata è decisivo infatti in almeno quattro circostanze, dicendo no in serie a Zaniolo, Florenzi, Kolarov su punizione e Pellegrini (calcio in corsa da appena dentro l’area). Veretout e Diawara in mezzo lavorano meglio come mediani rispetto alla coppia Lukic-Rincon, ma poi la supremazia giallorossa (55% di possesso palla e 10-7 nel conteggio dei tiri) non si concretizza. Fino al gol di Belotti, appunto, che manda il Torino negli spogliatoi con un sorriso in più.

PRESSIONE A VUOTO — Allora nella ripresa la Roma prova ad aumentare i giri al suo motore, anche se poi a sfiorare il gol in apertura è ancora Belotti, il cui tiro finisce sulla traversa (deviato ancora da Pau Lopez). Scampato il pericolo i giallorossi si riorganizzano e stringono d’assedio il Torino. Ma le idee non sono mai così lucide: mischie tanti, pericoli veri non moltissimi. Anche se Sirigu si distingue ancora almeno in un paio di circostanze: prima su Perotti (ma il tiro sarebbe finito fuori), poi su Pellegrini (con Mancini che sulla ribattuta non riesce a ribadire in rete). Per aumentare la qualità del palleggio Fonseca lancia dentro Mkhitaryan come mediano accanto a Diawara, Mazzarri risponde con Meitè per Verdi, per mettere ancora più chili (e corsa a difesa) del prezioso vantaggio. Quindi è anche il momento di Kalinic, con Mkhitaryan che calcia male col sinistro la palla del pari e Kolarov che su punizione mette paura a Sirigu. La Roma protesta per un fallo di mano di Izzo (già ammonito) con cui interrompe una potenziale azione pericolosa. Poi al 37’ Belotti attacca lo spazio e una volta dentro l’area calcia, con Smalling che respinge e poi allontana con la mano il pallone. Interviene la Var, è rigore: sul dischetto va Belotti che fa 2-0. Il resto è pura accademia: un’occasione per Kalinic, la delusione dell’Olimpico e la gioia granata. Vince il Torino, la Roma si lecca le ferita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Magia di Orsolini al 94', il Bologna acciuffa la Fiorentina

Esordio positivo per Iachini: Benassi illude nel primo tempo, la beffa nel finale


Matteo Dalla Vite


Buonanotte a chi fa gol banali. Bologna-Fiorentina finisce 1-1 in virtù di due reti che vanno viste, riviste, straviste, apprezzate, play e rewind e ancora play. Quella di Benassi nel primo tempo è una fucilata da 25 metri che spacca un primo tempo in cui la Fiorentina gioca alla Iachini, muratura in dieci e via salvo poi trovare appunto il vantaggio grazie alla tecnica isolata del suo centrocampista. Il gol del Bologna, poi, è roba da Dybala-gol all’Atletico Madrid in Champions: ricordate quello infilato da posizione impossibile e su punizione, quello che dici figurati se, immagini che sia un banalissimo cross e invece no? Ecco: trattasi di una botta di prima nel sette che ha Orsolini e il suo sinistro come protagonisti di un finale di gara dal risultato giusto. Perfetto. Perché il Bologna (anche se con svolgimento lento) ha fatto la partita mentre la Fiorentina del nuovo Iachini (ammonito un attimo prima dell’1-1 e che ha tolto un uomo dalla barriera, mossa quasi decisiva) è compattezza e ripartenza. Atteggiamento che non sempre paga fino in fondo.

MURO E BENASSI — Con interventisti e contropiedisti, Iachini fa il gioco che vuole. E il Bologna, nel primo tempo, finisce nella rete troppe volte davanti a una Fiorentina (e al suo numero uno Commisso) che sta compatta dietro la linea della palla e che solo in due occasioni (gol di Palacio in fuorigioco) traballa nel proprio sistema di coperture e murature. Così, la prima frazione è un colpo da fuori di Benassi, tiro fantastico da 25 metri sul quale Skorupski tarda ad arrivare anche perché talmente perfetto che prenderlo sarebbe stato un colpo ancor più splendido del tiro in sé. La Fiorentina si ritrova in vantaggio dopo una gestione della gara che non lascia dubbi: 3-5-2 che in fase difensiva diventa 5-4-1 nell’arco di dieci metri, e se il Bologna si muove lento non c’è niente che possa scalfire il dispositivo di Iachini. Il nuovo tecnico viola sceglie Pulgar in mezzo al campo affiancato da Castrovolli (che mette in difficoltà Poli) e Benassi mentre Sinisa Mihajlovic (regolarmente in panchina) appronta il suo 4-2-3-1 in cui Soriano deve rientrare sempre per creare l’effetto dell’inserimento. Il gioco di Sinisa funziona, il possesso-palla pure ma lo svolgimento lento dà il tempo alla Fiorentina di chiudere ogni varco: e il colpo di Benassi da fuori srotola la pagina del vantaggio del primo tempo.

EUROGOL — La ripresa mostra lo stesso spartito: Dragowski para su Sansone, poi su Palacio, su Bani e insomma è il Bologna a cercare qualcosa mentre la Fiorentina ha un sussulto vero quando (su palla persa di Bani) Chiesa vola via a modo proprio e solo una bella parata di Skorupski riesce ad evitare il raddoppio viola. Nel frattempo, Mihajlovic era passato al 3-4-1-2 mettendo Skov Olsen dietro a Palacio e Santander che si prende la punizione (fallo di Pezzella) al minuto 94, quello dell’apoteosi-Bologna, fin lì dentro alla partita ma con passo troppo lento per perforare le barricate di Iachini (che nel frattempo aveva infilato Ceccherini). Insomma: punizione dal versante destro, botta fantasmagorica di sinistro di Orsolini che Dragowski non si attende proprio. Un po’ come fece Dybala all’Atletico Madrid, e la Fiorentina vede svanire la vittoria che non arriva dal 30 ottobre (a casa-Sassuolo).

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Atalanta, altra manita con show di Gomez e Ilicic: Parma distrutto

Dopo il 5-0 sul Milan, la Dea concede il bis.
Il Papu la sblocca dopo 11’, poi Freuler (34’) e Gosens (43’).
Nella ripresa capolavoro di Ilicic per il poker e 5° gol dello stesso sloveno


Andrea Elefante


A un punto dalla Champions League con la legge della ”manita”. L’Atalanta apre il 2020 così come aveva chiuso il 2019: cinque gol anche al Parma come al Milan e un’altra esibizione di calcio bello e incontenibile, orchestrata dalla fantastica qualità dalla premiata coppia Gomez-Ilicic.

LE SCELTE — Seconda presenza stagionale per Sportiello, preferito da Gasperini a Gollini, reduce da un’influenza. In mezzo torna la diga De Roon-Freuler, con Pasalic in panchina dopo dieci gare consecutive da titolare in campionato (12 considerando anche la Champions), e davanti c’è Muriel assieme agli “intoccabili” Gomez e Ilicic, con Hateboer preferito sulla fascia destra a Castagne. D’Aversa, senza Gervinho e Karamoh, non ha altrettanta possibilità di scegliere, ma non abbandona il 4-3-3: a sinistra in difesa c’è Pezzella per lo squalificato Gagliolo, in regia Hernani e non Scozzarella, appena rientrato, mentre davanti - con Inglese e Cornelius recuperati solo per la panchina- c’è Kucka a fare il “finto centravanti”, con l’ex Kulusevski e Sprocati sulle fasce.

PRIMO TEMPO — L’Atalanta non è la macchina perfetta che aveva salutato l’anno con una manita al Milan, ma non serve: D’Aversa prova ad alternare i tre uomini offensivi, inizia con Kulusevski centrale (e Gasperini gli appiccica subito Palomino, che era partito a sinistra), poi lo alterna con Kucka e gli cambia fascia con Sprocati, ma con pochi risultati. I nerazzurri impiegano poco tempo a prendere le misure ai tentativi di ripartenza del Parma e più che con i meccanismi di gioco - a volte non impeccabili come sempre, soprattutto nel bypassare il pressing avversario - risolvono la questione nei primi 45’ soprattutto grazie alla qualità dei suoi. Di Gomez, anzitutto: che “apre” la partita già dopo 11’, con un sinistro meraviglioso, e poi dà la risposta giusta a Freuler, che gli chiede uno-due, con l’assist per il 2-0 al 34’. In mezzo, dominio più o meno totale e due parate (la seconda bellissima) di Sepe su Ilicic. Dopo, il 3-0 sfiorato da Muriel e trovato da Gosens: contropiede di Ilicic, con tiro rimpallato proprio nella zona del tedesco, che dopo aver fatto impazzire Darmian lo brucia per il gol che piega definitivamente le gambe alla squadra di D’Aversa.

SECONDO TEMPO — I secondi 45’ sono solo un palcoscenico per l’esibizione di Josip Ilicic e del suo sinistro magico: il 4-0 e il 5-0 sono due meraviglie, il primo con un tiro incrociato con coordinazione perfetta su cross di Gosens, il secondo un radente dopo dribbling con doppio pass nel cuore dell’area del Parma. Il resto è accademia, anche se fra i due gol dello sloveno D’Aversa prova, inutilmente, a opporre una resistenza migliore con una difesa a cinque. E Gasperini può completare il rodaggio di Zapata, che gioca un quarto d’ora abbondante a tre anni esatti dalla sua ultima gara con la Dea, concedere la standing ovation a Gomez e Ilicic e rimandare in campo nei minuti finali il gioiellino Traore.

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Ronaldo sempre da applausi:
segna una tripletta e la Juve travolge 4-0 il Cagliari



Il portoghese sblocca il risultato al 4' della ripresa, poi raddoppia dal dischetto.
La squadra di Maran, che aveva tenuto bene nella prima parte dell'incontro,
si scopre ed ecco il gol di Higuain e il terzo di CR7.
La vetta della classifica è al sicuro

Luca Bianchin

Il primo dell’anno hanno spostato le lancette indietro di cinque anni. La Juve batte 4-0 il Cagliari con la prima tripletta in Serie A di Cristiano Ronaldo: più che il 2020, sembra il 2015, quando CR7 in Liga spingeva palloni in porta con la ruspa. I conti per le classifiche sono presto fatti. In campionato, +3 sull’Inter: Sarri allunga a 45 in attesa di mettersi davanti alla tv per Napoli-Inter. Per i marcatori, +6: Ronaldo sale a 13, secondo dietro i 19 di Immobile. In silenzio, sorride anche il Dygualdo, paradossalmente in un pomeriggio in cui non si è visto nemmeno per un minuto. Dybala è stato a lungo il migliore e Higuain, entrato al suo posto, ha segnato il 3-0 (assist di Ronaldo…). Se non bastasse, nel finale ha fatto bene anche Douglas Costa: è entrato per Ramsey, giusto in tempo per regalare a CR7 il pallone del quarto gol.

I GOL — Riportiamo indietro il video della partita e rivediamo la tripletta. L’1-0 è una lezione di presenza di spirito. Klavan palleggia sereno verso Walukiewicz, centrale del 2000 alla prima presenza in A, che aspetta il pallone con spirito sereno da pic nic. Nessuno dei due si accorge che nell’erba si nasconde un serpente bianconero col 7: Ronaldo sbuca dietro Walukiewicz, lo anticipa, salta Olsen e mette in porta. Il 2-0 è un rigore procurato da Dybala con uno slalom mancino dei suoi: dribbling in area e fallo di Rog, più ingenuo che cattivo. Il 4-0 è un tocco su Olsen da assist di Douglas Costa. Pillola statistica: Cristiano per la prima volta ha segnato in cinque partite di A consecutive e ha aggiunto una figurina alla collezione. Il Cagliari era l’unica squadra dell’attuale campionato contro cui aveva giocato e non segnato.

LA PARTITA — Juve-Cagliari, al di là della sfida tra prima e sesta, è stata una partita tra due pugili di diverse categorie. Il Cagliari ha aspettato, chiuso gli spazi centrali con il suo rombo e lasciato il pallone alla Juventus. Sarri lo ha preso volentieri, il problema è che la Juve a lungo non è andata oltre il palleggio. Poche imbucate – lì in mezzo c’era traffico – e non grandi soluzioni anche al largo, dove ci sarebbe stato più spazio: Cuadrado si è acceso a tratti – il primo pericolo è nato da una sua combinazione nello stretto con Ramsey e Dybala – mentre Alex Sandro a sinistra si è visto poco. Al di là di un paio di tiri da fuori e di un sinistro di Dybala clamorosamente alto, la Juve fino al gol è andata vicina al vantaggio solo con un colpo di testa di Demiral da angolo: traversa piena al 35’.

CAGLIARI DELUDENTE — I primi due gol però hanno cambiato lo scenario e, non per caso, Olsen poco dopo l’1-0 ha dovuto salvarsi due volte in pochi secondi: la sua respinta su tiro di Dybala è carambolata su Klavan, così il pallone gli è tornato addosso obbligandolo a una seconda deviazione. La Juve con il vantaggio si è sciolta, ha trovato spazi e mostrato la sua luce migliore, quella dei campioni. Il Cagliari invece nel complesso ha deluso: ha tenuto bene nel primo tempo ma non è quasi mai stato pericoloso. Ha cambiato atteggiamento solo nella seconda parte del secondo tempo, quasi obbligato dal doppio svantaggio, ma in quei minuti si è inevitabilmente scoperto. Unici tiri in porta: Nainggolan (parata) e Joao Pedro (palo) nel recupero. Poco per cancellare una preoccupazione e un dato: Maran non vince dal 2 dicembre...

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Non basta Ibra per rialzare il Milan.
Samp, pareggio meritato



Esordio dello svedese, ma i rossoneri sono lenti e prevedibili.
Fischi per Suso. L’eroe è Donnarumma che salva due volte i suoi


Alessandra Gozzini

A San Siro finisce ancora senza gol: stavolta è la Samp che strappa un pari importante in chiave salvezza. Senza gol contro il Sassuolo a rovinare la festa dei 120 anno rossoneri, prima della sosta. E senza gol oggi, a rovinare il ritorno di Ibra. In realtà il Milan aveva due obiettivi: mostrare il nuovo acquisto e cancellare la disfatta di Bergamo. Lo ricorda anche la Curva Sud, che accoglie Zlatan con applausi e uno striscione, e prima ancora mostra un lenzuolo bianco con la scritta Atalanta-Milan 5-0. Il Milan non deve dimenticare ma iniziare a curare la ferita, come spiegato alla vigilia da Pioli. Che dall’inizio manda in campo PIatek per Ibra, già carico ma a corto di ritmo. Per quanto si vede in campo in realtà Zlatan può starci benissimo: squadre chiuse e scarsa intensità. Per le prime occasioni si va infatti al 23’, con Colley che mura Bonaventura arrivato al tiro sugli sviluppi di un angolo. Suso prima si fa bloccare in due tempi da Audero e in un secondo momento è chiuso da Colley. È qui che Ibra inquadrato in panchina si mette le mani nei capelli, un attimo prima di iniziare il riscaldamento e riascoltare il boato dei sessantamila di San Siro. Come la prima volta che aveva messo piede in campo e come era successo alla lettura delle formazioni. La Samp non conclude mai, perché gioca in difesa e perché non è fortunata: prima perde la qualità di Ramirez, poi è costretta a rinunciare a De Paoli, che lo aveva sostituito. Dentro Jankto.

BOLGIA — San Siro aspettava il secondo tempo che avrebbe segnato l’ingresso di Ibra e il grande ritorno non tarda: dopo dieci minuti Zlatan ricomincia la sua avventura rossonera. Con Ibra entra anche Leao, con una coppia d’attacco completamente rivista: fuori Piatek e Bonaventura. L’ingresso di Ibra porta subito emozioni, ma le occasioni sono della Samp: Donnarumma si oppone a Gabbiadini (copione che Gigio si trova costretto a ripetere pochi minuti dopo dalla prima chance ospite, sempre con Gabbiadini). Ma quando il Milan mette la testa fuori, la testa è di Ibrahimovic: su cross di Suso il colpo è debole e Colley allontana. Poi è Leao a tentare due volte la conclusione, sempre senza successo. La quantità di errori tecnici fa infuriare San Siro, che si ribella a un altro pomeriggio senza gol. Ibra si danna: corre, cerca la profondità, pressa, accompagna sempre l’azione, ma nessun compagno riesce a consegnargli un pallone preciso. E il pubblico dall’euforia passa in fretta ai fischi. Solo una grande confusione (Suso malissimo) accompagna le squadre fino al 90’. Quello che segue sono solo altri fischi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Meraviglia di De Paul nel finale: l’Udinese sbanca Lecce

Un gran gol dell’argentino rompe l’equilibrio in una gara condizionata dal vento.
Molto bravi i portieri Musso e Gabriel



Una gara equilibrata e non bella, spesso la decide il più bravo tra i 22 in campo. Tra Lecce e Udinese va proprio in questo modo: la classica partita da 0-0, in cui le poche emozioni vengono strozzate dalla bravura dei due portieri (Musso e Gabriel), si sblocca per merito di Rodrigo De Paul, che all’88’ si inventa il gol-partita. L’argentino è aiutato dal rimpallo su Lucioni nella conclusione, ma la giocata in area di rigore è da campione. L’Udinese vince la seconda partita consecutiva, mentre il Lecce vede svanire un punto che avrebbe fatto comodo.

LA PARTITA — I friulani hanno giocato meglio, ma devono anche ringraziare super-Musso per quella eccellente doppia parata nel primo tempo, su Babacar (con l’aiuto della traversa) e Mancosu. Il Lecce, che ha avuto le occasioni migliori nel primo tempo, aveva comunque già rischiato di perderla: i due i gol annullati a Okaka per fuorigioco (il primo, millimetrico, grazie alla Var) e l’occasione divorata da Lasagna (molto bene anche Gabriel però) hanno fatto venire i brividi a Liverani.

TANTO VENTO — La partita è stata pesantemente influenzata dalla tramontana, che nel primo tempo soffiava alle spalle delle Lecce, nella ripresa aiutava i friulani. I pugliesi sembrano comunque un po’ spenti rispetto alla squadra ammirata a tratti prima della sosta.

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Inter, c'è la LuLa nella calza:
vittoria a Napoli dopo oltre 22 anni e Juve ripresa in testa



Doppietta di Lukaku e gol di Lautaro, in mezzo l'inutile rete di Milik:
Conte supera Gattuso e torna in vetta.
Unico neo, le ammonizioni di Barella e Skriniar, che salteranno l'Atalanta


Marco Guidi

La Befana porta in dote all'Inter la prima vittoria a Napoli dall'ottobre 1997. Un bel regalo nella calza, accompagnato dal dolce ritorno in vetta con la Juve. Una prova di forza importante, favorita anche da errori marchiani dei padroni di casa, va detto. Tre gol su tre arrivano da topiche azzurre, ma il successo della banda Conte è netto e incontestabile. Gattuso sceglie Hysaj in difesa, accentrando Di Lorenzo al fianco di Manolas. Una soluzione sperimentata con successo nel secondo tempo col Sassuolo. Non c'è Mertens, Lozano va in panchina e si torna all'antico con il tridente Callejon-Milik-Insigne. Conte risponde con un paio di scelte a sorpresa: Bastoni e non Godin nei tre dietro, Vecino e Gagliardini ai lati di Brozovic in mediana, con i recuperati Sensi e Barella in panchina.

SPETTACOLO — Pronti e via, si capisce subito che sarà una serata scoppiettante. Prima Milik di testa alza troppo la mira da posizione invitante (2'), poi Lukaku (in fuorigioco) salta anche Meret, prima di vedersi respinto il sinistro da Di Lorenzo sulla linea (3'). La partita è divertente, perché l'Inter alza il pressing e presiede meglio il campo, ma il Napoli quando supera la prima trincea trova spazi per far male. All'8' solo un controllo fallace di Insigne solo davanti ad Handanovic rovina una ripartenza da manuale condotta da Zielinski. A rompere l'equilibrio è un episodio: Di Lorenzo scivola in un banale disimpegno nel giro palla, dando il via libera a Lukaku. Il belga porta palla, Hysaj rincula troppo e gli lascia la fuga sul sinistro, chirurgico dai 16 metri a baciare il palo e finire in fondo al sacco. È appena il 14', ma il Napoli accusa il colpo, perché ora i nerazzurri possono abbassare il baricentro, complicando il palleggio azzurro e lasciando Lukaku e Lautaro in avanti a orchestrare il contropiede. Meret nega il raddoppio proprio a Vecino e all'argentino, prima di capitolare di nuovo al 33'. A dirla tutta, il giovane portiere azzurro ci mette molto del suo: Lukaku entra in area dalla sinistra e tira forte, ma centrale, Meret cerca la respinta e di fatto si fa trapassare dal pallone. Partita finita? No, perché l'Inter abbassa un poco la tensione e la squadra di Gattuso ne approfitta subito. Handanovic salva su Insigne, ma al 39' non può nulla sul facile tocco ravvicinato di Milik, ben servito da Callejon dopo il lancio di Zielinski. E prima dell'intervallo, il polacco ha anche la palla del 2-2, su pennellata di Mario Rui, ma cicca il colpo di testa.

RIPRESA — Intuito il pericolo, l'Inter riparte con un po' più di attenzione, anche se una palla persa sanguinosa di Brozovic consente a Insigne di arrivare al tiro col sinistro (largo). Gli uomini di Conte si abbassano ulteriormente e il tecnico non la prende benissimo. Per cambiare l'inerzia, ecco Barella per Gagliardini. L'ex Cagliari si fa subito ammonire, era diffidato e salterà l'Atalanta. Al 17', il Napoli si fa ancora male da solo: cross di Vecino, Manolas in scivolata accomoda il pallone a Lautaro che ringrazia infilando Meret d'esterno. Tre gol subiti, tre errori grossolani. Troppi per poter tener testa alla cinica Inter di questa stagione. E il 3-1 segna irrimediabilmente la partita, perché i padroni di casa non hanno più la forza per risalire e il San Paolo si spegne letteralmente. A riaccenderlo, solo sporadiche proteste, scaramucce in campo (Conte ammonito) e la traversa su punizione di Insigne a un quarto d'ora dal termine. Nel finale Handanovic è bravo sul tiro dalla lunga distanza di Zielinski, mentre Llorente alza la mira di testa sul cross di Lozano. Il canto del cigno per il Napoli di Gattuso, l'Inter può festeggiare tre punti e ritorno in vetta a braccetto con la Juve.

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SERIE A 2019/2020 18ª Giornata (18ª di Andata)

05/01/2020
Brescia - Lazio 1-2
Spal - Verona 0-2
Genoa - Sassuolo 2-1
Roma - Torino 0-2
06/01/2020
Bologna - Fiorentina 1-1
Atalanta - Parma 5-0
Juventus - Cagliari 4-0
Milan - Sampdoria 0-0
Lecce - Udinese 0-1
Napoli - Inter 1-3

Classifica
1) Inter e Juventus punti 45;
3) Lazio(*) punti 39;
4) Roma punti 35;
5) Atalanta punti 34;
6) Cagliari punti 29;
7) Parma punti 25;
8) Napoli e Torino punti 24;
10) Bologna punti 23;
11) Verona(*) e Milan punti 22;
13) Udinese punti 21;
14) Sassuolo punti 19;
15) Fiorentina punti 18;
16) Sampdoria punti 16;
17 Lecce punti 15;
18) Brescia e Genoa punti 14;
20) Spal punti 12;

(*) Lazio e verona una partita in meno.
Lazio - Verona spostata al 05/02/2020 per esigenze di calendario (finale di Supercoppa a Riad).

(gazzetta.it)
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07/01/2020 06:42
 
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Purtroppo quest'anno il Napoli è fuori dai giochi, a meno che non ci siano clamorose sorprese la volata per lo scudetto e per le coppe sarà una battaglia tra Juve, Inter, Lazio, Roma e Atalanta.





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Re:
ilpoeta59, 07/01/2020 06.42:

Purtroppo quest'anno il Napoli è fuori dai giochi, a meno che non ci siano clamorose sorprese la volata per lo scudetto e per le coppe sarà una battaglia tra Juve, Inter, Lazio, Roma e Atalanta.




Con Ibra non escluderei il Milan, quanto meno per l'Europa League.
Per il Napoli la vedo dura, manca anche un po' di buona sorte...
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Leao-Ibra: il Milan riparte con la nuova coppia gol!
Cagliari al 4° k.o. di fila



Vantaggio del portoghese, Zlatan regala una perla di sinistro.
Ancora sconfitti i rossoblù di Maran


Francesco Velluzzi

Re Ibra è tornato. Ed è tornato il Milan. Segna il gol numero 57 in maglia rossonera l'eroe dei due mondi, come ama definirsi lo svedese, ma prima segna il suo prediletto Rafael Leao, che timbra il secondo gol dopo quello alla Fiorentina. Il Cagliari, con la nuova maglia bianca realizzata per il centenario, le prende (0-2) per la quarta volta di fila (Lazio, Udinese, Juve e Milan), mentre il Milan torna alla vittoria dopo tre partite senza gol, la scoppola con l'Atalanta e due soli pareggi con Sassuolo e Samp. Il Milan riprende a segnare e a marciare verso l'obiettivo del posto in Europa. Che per il Cagliari comincia a diventare complicato. Per la seconda volta consecutiva la squadra di Maran resta a secco, per la terza in questo campionato. Ma stupisce una squadra che in 17 partite aveva segnato 33 gol che non riesce praticamente a fare un tiro in porta e che dopo un tempo crolla. La squadra di Pioli, invece, gioca da squadra, controlla il primo tempo in cui il centrocampo rossobù e Pellegrini vanno a tutta, ma gli unici pericoli li creano i rossoneri che sfruttano a destra la verve di Castillejo, la struttura di Theo sulla corsia di sinistra e il peso di re Zlatan che si sente eccome.


PRIMO TEMPO — La giornata di Cagliari era cominciata presto, alle 7 del mattino, con la statua di Carlo Felice, davanti allo store rossoblù del centro, che indossa la maglietta del centenario. La Sardegna Arena è pienissima. Sold out. Maran sceglie lo schieramento classico,stavolta senza alcuno scossone. Pioli conferma pure lui quel che si immaginava: 4-4-2 con Ibra a far da balia a Leao. Il Cagliari parte carico, pressa, raddoppia, corre, con un monumentale Rog che va dappertutto. Per 16' si vede poco o nulla, al 17' Olsen è chiamato al lavoro da Theo Hernandez, al 20' pasticciano Romagnoli e Donnarumma su cross di Pellegrini (stavolta decisamente concentrato). Klavan "cura" Ibra come si faceva una volta... Tu prendi il 9, tu prendi l'11... Pisacane sta più sulle tracce di Leao. Ibra sembra in letargo, ma al 30' si sveglia e su cross del suo prediletto Leao, svetta di testa un po' defilato e Olsen ci mette la mano con la palla che scheggia il palo e va in angolo. Il Milan guadagna campo e calci d'angolo, Ibra mostra sprazzi di classe e di calcio, Castillejo imperversa. Il Cagliari riparte alla sua maniera solo una volta con Faragò, Nainggolan e Simeone che conclude, ma Abisso gli nega il corner. Poi è Nandez (bravo a sovrapporsi, crossare e creare superiorità, ma che incorre nel giallo per un'entrataccia su Theo) che vede Donnarumma uscire in maniera avventata. L'uruguagio tenta il giusto pallonetto, ma Gigione recupera e smanaccia.

SECONDO TEMPO — Il Milan ci mette 34 secondi a sbloccarsi. Non segnava da tre partite e un tempo (gol di Bonaventura a Bologna). Merito di Castillejo che pesca Leao in area che, complice il piede di Pisacane (sfortunato) segna il suo secondo gol in campionato. Olsen, goffamente, non recupera. Non brillantissimo. Il Cagliari subisce il colpo. Sembra incapace di reagire. La sua partita sembra sia durata solo 45'. Si innervosisce, giallo anche per Pellegrini, serve una scossa, squadra giù. Alla quale Ibra dà il colpo di grazia. Con un colpo di biliardo, da maestro. Al incuto 19. Theo mette al centro, Zlatan anticipa Cigarini e batte lo svedese Olsen. Che difficilmente avrà il piacere di averlo come compagno all'Europeo. E' la resurrezione rossonera? Pioli inserisce Bonaventura per Calhanoglu. Maran fa tardi i cambi, scontati: Cerri per Simeone, poi Ionita e Castro per Nandez e Rog, il migliore del Cagliari. Che chiude il girone d'andata sesto. Ma con tanti problemi da risolvere.

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Papera Napoli, Immobile lo stende.
E la Lazio infila la decima: è record!

Un gol dell'attaccante all'82' dopo un doppio clamoroso errore di Rui e Ospina regala la vittoria ai biancocelesti.
Secondo k.o. di fila per gli azzurri


Stefano Cieri


Ancora Lazio, ancora una vittoria per Inzaghi. La decima consecutiva in campionato, nuovo record assoluto per la squadra biancoceleste. Che vince anche senza meritarlo (un pari sarebbe stato più giusto), grazie al guizzo del suo cannoniere implacabile Immobile, bravissimo a sfruttare un errore di Ospina a pochi minuti dalla fine. Inzaghi non aveva mai battuto il Napoli da allenatore, ci riesce al termine di una partita in cui la sua squadra è meno brillante del solito, ma conferma ancora una volta di avere un carattere d'acciaio e di non farsi più prendere dai cali di tensione che ne caratterizzavano le prestazioni fino all'anno scorso. Il Napoli è l'altra faccia della medaglia. Se la Lazio, in serie positiva ed in totale fiducia, riesce a vincere anche quando non lo merita, il Napoli sciagurato di questa stagione perde anche quando non lo merita. La formazione di Gattuso dopo un primo tempo ordinato, era riuscita a prendere il comando delle operazioni nella ripresa. Ma non è stata capace di inquadrare la porta. Cosa che invece alla Lazio è riuscita alla prima occasione.

SQUADRE BLOCCATE — Il primo tempo scivola via senza grandi emozioni, se si eccettuano le palle gol prodotte poco prima dell'intervallo dalla Lazio. Le squadre si bloccano a vicenda, controllandosi a vista a centrocampo. La Lazio non riesce ad organizzare il consueto fraseggio in mezzo al campo perché gli uomini di Gattuso braccano i portatori di palla biancocelesti. Ma lo stesso avviene anche a parti invertite, con la formazione di Inzaghi che resta bassa per evitare di lasciare campo ai napoletani. Il risultato è che fino al 40' non succede praticamente nulla. Da registrare solo un'occasione per Immobile all'inizio (bravo Mario Rui ad impedire all'attaccante di calciare verso la porta) e poi di Insigne che su punizione costringe Strakosha ad un intervento non semplice. Ma sul finire della prima frazione di gioco ecco accendersi all'improvviso la Lazio. I padroni di casa vanno due volte vicini al gol, in entrambe le occasioni con Milinkovic. Nella prima circostanza è bravo Ospina a neutralizzare la conclusione del serbo, nella seconda il portiere napoletano viene superato dal tiro sporco del centrocampista, ma è Di Lorenzo a salvare quasi sulla linea di porta.

DECIDE CIRO — Secondo tempo decisamente più vivace con le due squadre che col passare dei minuti perdono le distanze, si allungano e lasciano così gli spazi che erano mancati nel primo tempo. Fino a metà ripresa regna comunque l'equilibrio. Ci provano Luis Alberto da una parte e Insigne dall'altra. La Lazio reclama un rigore per un contato Fabian Ruiz-Immobile (Orsato lascia correre). Poi, complice anche il primo cambio di Inzaghi che toglie una punta, Caicedo, per inserire un centrocampista, Cataldi, il Napoli prende il comando delle operazioni. I partenopei vanno vicino al gol prima con Zielinski che colpisce il palo, quindi con Insigne (molto bravo Strakosha a respingere). Ma, proprio quando il Napoli sembra in grado di mettere le mani sulla partita, ecco il colpo letale della Lazio. Mario Rui appoggia male a Ospina, il portiere cincischia e Immobile si avventa, gli toglie la palla e, pur in posizione decentrata, riesce a mettere la palla in rete (Di Lorenzo prova a salvare sulla linea, ma non ci riesce). Il Napoli accusa il colpo e la Lazio sfiora il raddoppio almeno in un paio di occasioni, prima con Immobile, quindi con Luis Alberto. Gattuso butta dentro Elmas e poi anche Lozano, ma non basta. L'unica occasione per pareggiare è sui piedi di Insigne, ma Strakosha c'è.

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L’Inter scappa con Lautaro, una grande Dea la riprende.
E Conte ringrazia super-Handa

Nerazzurri avanti dopo 4’ col Toro, alla distanza viene fuori l’Atalanta e trova il meritato 1-1.
Poi il portiere para il rigore di Muriel


Carlo Angioni

L’Inter rallenta, l’Atalanta gioca da grande. Sulla ruota del Meazza esce un pareggio con le bollicine e Conte, ora a 46 punti, rischia di essere sorpassato in testa dalla Juve di Sarri (a quota 45), che domani sera gioca all’Olimpico contro la Roma e può conquistare il titolo di campione d’inverno. A San Siro finisce 1-1 ed è un crescendo di emozioni: perché i nerazzurri di Antonio giocano come furie il primo tempo e perché i nerazzurri di Gasperini hanno un motore inesauribile e non abbassano mai la testa; perché Lautaro è subito super e firma l’1-0 e perché Rocchi e il Var non danno un rigore ai bergamaschi con tanto di espulsione del Toro; perché Gasp fa paura con il gol di Gosens e perché Handanovic è strepitoso a parare il penalty di Muriel a 2 minuti dal 90’ che poteva valere il blitz della Dea.

SUBITO SCINTILLE — Che sia una serata da vivere a mille all’ora si capisce subito: dopo appena 23 secondi Lukaku si libera e colpisce il palo, anche se il fuorigioco cancella tutto. Al 4’, però, è tutto vero: Sensi d’esterno serve Lautaro, sponda con l’amico Lukaku e bomba del Toro, che beffa Toloi e buca Gollini (gol numero 10 in Serie A). La Lu-La fa la voce grossa e costruisce il vantaggio interista: gli attaccanti di Conte sono due carrarmati e Toloi e Palomino sono costretti agli straordinari e a usare spesso le cattive maniere. L’Atalanta non subisce il colpo e inizia a macinare gioco: al 9’ Pasalic sfrutta il corridoio in mezzo e prova l’esterno appena fuori dall’area ma tira a lato; al 15’ e al 18’ due zuccate di Zapata (di nuovo titolare dopo 3 mesi), entrambe deboli, finiscono tra le braccia di Handanovic. Il portiere sloveno è attento al 20’: Gomez la mette in mezzo pericolosamente dalla destra, Handa blocca a terra e scaccia il pericolo.

OCCASIONI — I bergamaschi la giocano di più, l’Inter è pronta a ripartire con forza. Sensi, play d’autore mancato tantissimo in questi mesi, sgrava Brozovic e la dà sempre di prima, la Lu-La duetta spesso e mette una pressione pazzesca. Gasp risponde con Gomez e Ilicic, che si scambiano la zona di campo e pennellano gioco. L’Inter fa meno possesso (a fine primo tempo sarà 63,3% a 36,7% per l’Atalanta) ma tira di più (al 45’ sarà 12-6). Al 22’ l’occasione è nei piedi di Lautaro: il numero 10 supera Gollini, Palomino toglie il pallone dalla porta di testa. Due minuti dopo ancora scambio Lukaku-Lautaro, ma il tiro di Romelu è debole e Gollini non ha problemi. Al 40’ ecco l’erroraccio della serata: Toloi va di testa, Handa respinge con la palla che resta là e il brasiliano non riesce a fare il tap in a un metro dalla porta. Gli atalantini chiedono il rigore, Rocchi consulta il Var e fischia il calcio d’angolo. Sbagliando però: perché Lautaro, cadendo in area, tira con la mano la caviglia di Toloi, che va giù. Il placcaggio valeva il rigore e anche il rosso al Toro.

LA RIPRESA — L’Inter resta davanti e il secondo tempo comincia con la stessa spinta, anche se l’Atalanta sembra averne molto di più. Al 10’ ecco la Dea: percussione di Gomez sulla sinistra, Malinovskyi - appena entrato al posto di uno stanco Zapata – colpisce il palo esterno. Gasperini prova anche la carta Muriel, Conte cambia lo stremato Sensi (applauditissimo dal Meazza) con Borja Valero per ritrovare lucidità in mezzo. Il duello Lukaku-Palomino è per super-uomini ma Romelu non sfonda e l’Inter non riesce mai a tirare in porta. Mentre l’Atalanta spinge e crede nella rimonta. E al 30’ impatta: merito di Gosens, che d’astuzia sfrutta la disattenzione di Candreva in area su cross di Ilicic, che arriva al tedesco dopo un rimpallo Malinovskyi-Godin. La Dea non si ferma qui, i 3mila tifosi nel terzo anello si fanno sentire. Ilicic la rimette in mezzo dopo qualche minuto ma la testata di Muriel è troppo molle. Al 38’ ancora Muriel: su punizione, specialità della casa, la barriera devia in angolo. Finalmente si rivede l’Inter: Brozovic inventa appena fuori dall’area ma il suo tiro è centrale. Al 42’ ecco l’episodio che poteva decidere la partita: Malinovskyi va giù in area nel contatto con Bastoni, Rocchi dà il rigore. Calcia Muriel e Handanovic è super e respinge il tiro. Il Meazza si carica di nuovo e nel recupero c’è ancora spazio per un’occasione di Borja Valero, ma Gollini para. Finisce così, con un punto a testa.

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Udinese, facile tris al Sassuolo: a segno Okaka, Sema e De Paul



I bianconeri di Gotti vincono 3-0 e ottengono il loro terzo successo consecutivo agganciando il Napoli in classifica.
Traore, il più pericoloso tra i neroverdi, prende un palo sullo 0-0


Alex Frosio

Terza vittoria di fila, terza partita in rete di De Paul, Napoli agganciato a quota 24. L’Udinese prosegue il suo momento magico, fatto tutto di sostanza, fisico e ordine tattico. Contro il Sassuolo, fa emergere la differenza di “peso”: friulani in versione carrarmato, neroblù leggeri, troppo leggeri, al terzo k.o. di fila. Tante le assenze per De Zerbi, ma anche la peggior versione della sua squadra.

AVVIO TUTTO BIANCONERO — L’approccio blando del Sassuolo si nota già al 6’: Ferrari ritarda il passaggio e si fa scippare da Lasagna che vola verso la porta avversaria, fermato in deviazione bassa da Consigli. Ma l’Udinese è più determinata. Tre angoli in un quarto d’ora lo dimostrano e soprattutto non funziona la marcatura di Obiang su Okaka: il 7 bianconero alza di testa all’8’ ma non sbaglia al 14’. Cross di Mandragora e Okaka sbatte sotto la traversa nonostante la mano di Consigli. Proteste del Sassuolo per un blocco di Becao su Ferrari, sul lato più lontano dell’area. Poco prima, un “palino” di Traoré, di punta su sponda di Caputo. Ma poco, per il Sassuolo, che soffre gli strappi fisici degli avversari. Fofana e De Paul al 21’ demoliscono la parte centrale, ma il tocco soffice dell’argentino è largo di poco. Djuricic sull’altro lato prova a fare lo stesso sull’altra metà campo: con un break tra le linee serve Traoré, il cui destro è deviato da un difensore a lato. Ma è ancora Consigli il protagonista, come in avvio, al 27’, quando si oppone con il corpo all’inserimento di Mandragora, in una Udinese che solo nel finale di tempo molla un po’, indugiando troppo nella costruzione bassa. Un recupero alto del Sassuolo permette a Caputo di appoggiare il rimorchio di Magnanelli, che cicca il destro. Ma lo stesso capitano del Sassuolo, poco dopo, è decisivo in chiusura su Fofana che era scappato.

LA REAZIONE MANCATA — La mossa di De Zerbi è mischiare il trio di trequarti: Djuricic si accentra, Boga va a sinistra, Traoré a destra. L’atteggiamento ne guadagna. E già al 3’ il Sassuolo costruisce il possibile pareggio: Boga per Caputo che allarga a Traoré, serve un grande Musso per chiudere sul palo più vicino. Altra combinazione di lusso al 16’, con uno-due in area tra Traoré e Boga che va col destro a giro ma ancora Musso in tuffo impedisce l’1-1. Il Sassuolo prende 4 angoli in 13 minuti, ma non ha la stessa forza d’urto dell’Udinese nei 16 metri, dunque ricava poco. E i friulani si mettono al sicuro al 23’: nessuno esce su Fofana che allarga a Sema, sinistro secco che bacia il palo e determina il 2-0. De Zerbi ha poco in panchina per cambiare la partita, mette Raspadori per il pallido Djuricice poi Muldur per Toljan, occupa la metà campo avversaria – Traoré al 39’ calcia invece di appoggiare a Caputo, che se la prende, ancora Musso vola su Kyriakopoulos al 44’ - e si espone al contropiede. Così De Paul al 46’ mette il sigillo a una partita di sostanza. La curva friulana canta “Un giorno all’improvviso”, inno dei tifosi del Napoli, agganciato dai ragazzoni di Gotti.

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Fiorentina, rieccoti! Pezzella manda al tappeto la Spal



I viola ritrovano la vittoria in campionato che mancava dal 30 ottobre con una rete del capitano, ma quanta fatica.
Debutto di Cutrone nella ripresa


Giovanni Sardelli

Il 30 ottobre non è più la data dell'ultima vittoria viola. La Fiorentina infatti, al termine di una gara equilibrata e durissima, supera la Spal grazie ad un colpo di testa del proprio capitano, Pezzella, nel finale. E così Rocco Commisso, presente in tribuna, ha potuto assistere alla prima vittoria in campionato dal vivo al Franchi. Ma quanta paura.

FISCHI — La Spal infatti non gioca da ultima della classe, anzi. Parte bene, palleggia, mette personalità. Al contrario della Fiorentina attanagliata dalla paura ed in grande difficoltà sulle uscite e nelle giocate di qualità. Meglio la Spal che fa più gioco anche se non riesce a calciare verso Dragowski. La Fiorentina prova a scuotersi al 31', ma Berisha è bravissimo a respingere su Castrovilli. La Spal risponde e poco dopo Petagna non arriva di un niente sul traversone basso di Igor mentre al 41esimo è Felipe di testa a non inquadrare la porta da ottima posizione. Prima dell'intervallo un cross sbagliato di Strefezza colpisce il palo a Dragowski battuto. Felipe a porta vuota sulla ribattuta non riesce a depositare in gol. Semplici si dispera, il Franchi fischia.

TESTA DI CAPITANO — La ripresa parte con un cambio. Fuori Boateng, deludente, dentro Vlahovic. E serbo subito in partita con l'assist per Chiesa che da pochi passi non riesce a girare in porta. La Fiorentina ha un altro piglio, pressa più alta e calcia in porta. Lo fa due volte con Benassi e poi con Milenkovic, senza fortuna. Il pubblico gradisce e spinge la squadra, la Spal arretra, Semplici cambia: Floccari per Di Francesco e la Spal si risistema immediatamente riconquistando campo. Iachini si gioca la carta Cutrone sostituendo a sorpresa Chiesa. Spento si, ma pur sempre un pericolo potenziale per la Spal. La Fiorentina torna a sbandare paurosamente e Dragowski salva sul pallonetto di Valoti tutto solo davanti al portiere polacco. Serve un episodio che arriva sotto forma di palla inattiva. Sugli sviluppi di un corner Pezzella vola sopra Cionek e trafigge Berisha. Il Franchi esplode e prova a scacciare le paure. La squadra di Semplici non ha la forza di reagire ed esce senza punti da Firenze restando ultima in classifica ed attendendo rinforzi dal mercato di gennaio. Vittoria e puro ossigeno per la Fiorentina che gira a 21 punti pur restando ammalata sul piano del gioco e della fase offensiva.

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Manita della Samp: Brescia ribaltato.
Quagliarella da applausi ne fa due

Linetty, Jankto, il capitano e Caprari ribaltano l'iniziale gol di Chancellor


Filippo Grimaldi


E’ festa Sampdoria e Quagliarella-show: più cinque sulla terzultima, Brescia ribaltato (5-1 al Ferraris, dopo lo 0-1 iniziale degli ospiti) e sempre più in cattive acque, anche se Ranieri aspetta a considerare i suoi definitivamente fuori dalla zona rossa della classifica. Però la crescita dei blucerchiati è stata e rimane costante, le ultime due gare del 2019 contro Juventus e Milan lo avevano già certificato.

BOTTA E RISPOSTA — E dire che i blucerchiati hanno schierato una difesa a dir poco inedita, con i due centrali Chabot-Regini, mentre il Brescia (privo dello squalificato Tonali) dà fiducia a Viviani, debuttante in regia dal primo minuto, con Spalek alle spalle delle punte. Vittoria legittimata nella ripresa dalla Samp, anche se la sfida era partita con due fiammate iniziali senza fortuna di Quagliarella e Jankto, prima del gol che di fatto ha cambiato la partita. Quando al 12’ un guizzo di Chancellor, lasciato libero da Thorsby nell’area piccola, ha battuto a rete sugli sviluppi di un angolo di Romulo e della successiva sponda di Torregrossa. Sampdoria che sino a quel momento ha viaggiato a fiammate, pagando però un’eccessiva irruenza. Tanta energia, ma manovra troppo frenetica. Prova ne sono le tre occasioni in tre minuti (Jankto, Quagliarella, poi Gabbiadini alle stelle) che intorno al 20’ certificano la crescita dei blucerchiati. Il paradosso è che il vantaggio pare togliere sicurezza alla squadra di Corini, che abbassa il baricentro (e non è la prima volta che accade in questo campionato), senza riuscire più a ripartire. Viceversa, la squadra di Ranieri riesce a conquistare la mediana. E, da lì, ripartire: al 29’ una bella punizione di Gabbiadini impegna Joronen. Canovaccio evidente, con la Samp che conquista spazi e gli ospiti sempre più bassi. Tanta pressione blucerchiata alla fine frutta il pari al 34’ di Linetty che raccoglie in area una corta respinta di Mateju, prima della perla che in pieno recupero (48’) regala il gol del vantaggio a Jankto, il cui sinistro ravvicinato su cross di Linetty dalla destra fulmina Joronen.

CAMBIA TUTTO — Il vantaggio Samp cambia totalmente l’andamento della sfida nella ripresa, anche se in tre minuti Balotelli ha altrettante occasioni, ma le spreca. Samp in controllo, ma stavolta più solida e speculativa: per il Brescia è sempre più dura uscire dall’impasse. Balo segna, ma è in fuorigioco (13’) poi la Samp trova spazi sulle corsie esterne per colpire, con il Brescia che tende troppo ad accentrarsi. Gabbiadini sbaglia l’impossibile, Viviani calcia alto (14’) su assist di Balotelli, che poi impegna (17’) Audero con un tiro cross in angolo.

LA SVOLTA — Fino all’episodio che ha di fatto chiuso la partita: il fallo di mano in area di Mangraviti regala alla Samp il rigore realizzato da Quagliarella. Il capitano si sblocca, prima che i blucerchiati dilaghino nel finale. Caprari, in campo al posto di un impreciso Gabbiadini, firma il quarto gol, e ancora Quagliarella in pieno recupero scatena l’ovazione con un pallonetto da campione. Cinque a uno: e dai ventunomila del Ferraris scatta la standing ovation.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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12/01/2020 20:17
 
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Al Toro basta un lampo di Berenguer.
Il Bologna spreca troppo



Granata svuotati dai supplementari di giovedì in Coppa Italia,
ma capaci di salire al settimo posto grazie allo spagnolo.
Emiliani poco concreti


Mario Pagliara

Stremato, ma felice. Il Toro torna in paradiso, accompagnato da un colpo di biliardo di Alejandro Berenguer, e si riprende un posto nel pieno della zona Europa. Da questa domenica il Toro è settimo, a due lunghezze dal Cagliari sesto. Mazzarri conclude la maratona di questa settimana con la terza vittoria su tre in sette giorni e archivia il girone di andata con gli stessi punti dello scorso campionato (27). Mihajlovic invece ha da recriminare per aver concesso un intero primo tempo al Toro. Al Bologna non è bastata una ripresa all’arrembaggio per sfondare il muro granata.

FEBBRE ALTA — Prima o poi arriverà il momento di passare all’incasso, perché nell’ultimo periodo il Toro ha cumulato un credito con la fortuna. A un’infermeria già bella piena, questa mattina si è aggiunto anche Tomàs Rincon, svegliatosi con la febbre alta. Poco prima della riunione tecnica del mattino, Mazzarri ha perso il suo settimo uomo (erano sei gli indisponibili fino a ieri sera), un problema non da poco per un Toro alla terza partita in sette giorni (con i centoventi minuti più rigori di giovedì in Coppa). Così se la coperta era già corta, le scelte diventano obbligate: Meité ritrova spazio a centrocampo, Djidji confermato in difesa (come era nell’aria già ieri), davanti il tridente Berenguer, Verdi, Belotti. Mihajlovic (alla nona panchina in questa stagione) è accolto dai cori e dagli applausi del suo ex pubblico. Non ci sono sorprese nell’undici bolognese, con i quattro uomini davanti: Sansone, l’ex Soriano, Orsolini e Palacio.

IL MORSO DI BERENGUER — A vedere il primo tempo dell’Olimpico, sembra che sia stato il Bologna alla terza gara in una settimana. Il Toro è tonico, ordinato, spesso propositivo, capace di ridurre il Bologna a una difesa costante della propria metà campo. La conclusione di Schouten dopo otto minuti (Sirigu attento) è solo un fuoco di paglia, perché presto la squadra di Mazzarri prende in mano il pallino del gioco. Il Toro accelera e pressa, e mette subito una ruota avanti: è la storia dell’undicesimo, Berenguer raccoglie un assist di Belotti e sblocca l’equilibrio. Per lo spagnolo è il quinto gol di questo campionato, il primo nel giardino di casa in questa stagione (la scorsa stagione ne aveva già fatti due all’Olimpico).

IL LAMPO DI VERDI — Nel primo tempo il Toro soffre quasi o nulla, e fa la partita. Le uniche sbandate le concede la coppia Djidji-Aina, favorendo le ripartenze di Orsolini (al 15’ Sirigu chiude lo specchio, tre minuti dopo un sontuoso Nkoulou ci mette una pezza dopo un pasticcio di Djidji). Ma Berenguer è in palla e Verdi gioca sul filo dell’adrenalina: Belotti sfiora il raddoppio (16’: Danilo salva in angolo), soprattutto Simone Verdi va a un centimetro dal raddoppio quando, al 40’, indovina un sinistro che si stampa sul palo.

ONDA ROSSOBLU’

Mihajlovic avrà alzato la voce nello spogliatoio con i suoi, e in avvio di ripresa si vede subito. Il Bologna inizia a giocare con le marce alte, e l’onda rossoblù si abbatte subito sulla difesa granata: quattro occasioni per gli ospiti nel primo quarto d’ora. Inizia Poli (3’), arriva il palo di Palacio (9’), poi ancora l'argentino a tu per tu grazia Sirigu (12’) e chiude Sansone con un tiro velenoso (15’). Mazzarri capisce che nel serbatoio del suo Toro sta finendo la benzina e inserisce Laxalt (per Verdi) passando al 5-3-2 con l’uruguaiano nella posizione di mezzala.

IL MIRACOLO DI SIRIGU — Mihajlovic è costretto a togliere un Bani acciaccato, al suo posto l’esterno offensivo Olsen, e poco dopo si gioca la carta Santander (fuori Orsolini). Nell’ultimo quarto d’ora c’è spazio per Edera (fuori Berenguer) e Dominguez (per Poli) che portano vivacità in un finale confuso e combattuto con i denti. Non poteva mancare il miracolo di Sirigu: ed eccolo, a due minuti dalla fine su Palacio in uscita. Alla fine, il Toro fa festa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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