Adriano Sofri è libero. L’ex leader di Lotta Continua, condannato a 22 anni per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, ha scontato la sua pena. L’ufficio di sorveglianza di Firenze ha firmato il provvedimento. Sofri scontava la pena ai domiciliari per motivi di salute e aveva permessi per uscire. La liberazione doveva avvenire a febbraio ma è stata anticipata dopo la richiesta di Sofri di avvalersi dell’ultima riduzione di pena: ogni sei mesi i detenuti maturano uno “sconto” di 45 giorni per buona condotta. Al provvedimento dell’ufficio di sorveglianza dovrebbe già aver fatto seguito l’ordine di scarcerazione, per “fine pena anticipata”, firmato dalla procura generale di Milano.
Dopo un lungo e controverso iter giudiziario Sofri è stato condannato in via definitiva nel 1997 come mandante dell’omicidio del commissario insieme a Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi, sulla base della confessione e testimonianza di Leonardo Marino, ex-militante di Lotta Continua. Sofri si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda e non ha mai presentato richiesta di grazia. Nel giugno del 2005 ha ottenuto la semilibertà per collaborare con la scuola normale superiore di Pisa alla sistemazione degli archivi di Eugenio Garin e Sebastiano Timpanaro. Nel novembre 2005 è stato colpito da una malattia piuttosto rara, la sindrome di Boerhaave: per questo venne ricoverato all’ospedale Santa Chiara di Pisa e gli venne concessa la sospensione della pena. L’ex leader di Lotta Continua venne dimesso nel gennaio del 2006, tornando in libertà per il periodo di convalescenza rimanente. Ha trascorso gli ultimi 5 anni agli arresti domiciliari. Da oggi ufficialmente è un libero cittadino che ha finito di scontare la condanna a 22 anni reclusione.
Con il ‘fine pena’ di Sofri si chiude una delle più complesse vicende giudiziarie degli ultimi decenni, un processo durato 12 anni, passato attraverso ben 14 sentenze: al centro di numerosi dibattiti politici di questi anni. Il primo arresto di Sofri avviene nel 1988, a ben 16 anni dai fatti contestati (Calabresi viene assassinato il 17 maggio del 1972), a seguito delle confessioni del “pentito” Marino. Marino chiama in causa Sofri, Bompressi e Pietrostefani, sostiene di essere stato lui a guidare la macchina servita per l’attentato, mentre, a suo dire, a uccidere il commissario fu Bompressi. La responsabilità di Pietrostefani e Sofri, invece, secondo la ricostruzione di Marino, sarebbe di “ordine morale”, ossia quella di “mandatari”. Versione sempre negata dagli imputati, condannati in via definitiva a 22 anni di reclusione, senza mai ottenere la revisione del procedimento. Sofri ha scontato la sua pena, Bompressi ha ottenuto la grazia nel 2006, mentre Pietrostefani è latitante in Francia nel 2002.
Anni 22 di carcere e nuora (Daria Bignardi)direttrice al TG 3
Questo ergastolo???
Battisti sostiene di non aver mai ucciso nessuno e di non aver «mai voluto uccidere nessuno». Coloro che sostengono l'innocenza di Battisti (e Battisti stesso) affermano che il processo sia stato condotto senza garanzie giuridiche, con l'uso di confessioni estorte con la violenza e di "pentiti" da essi non ritenuti attendibili (poiché in cambio della testimonianza contro l'assente Battisti furono scarcerati dopo pochi anni, nonostante fossero accusati di numerosi omicidi e di attività terroristica) e contraddittori, come Pietro Mutti; nei casi Sabbadin, Santoro e Campagna, Battisti fu condannato principalmente sulla base della sua testimonianza.
Le presunte contraddizioni del pentito
L'accusa contro Battisti si basò principalmente sulle dichiarazioni di Pietro Mutti. Testimoni secondari furono Arrigo Cavallina e l'ex compagna giovanile di Battisti, Maria Cecilia Barbetta. Secondo lo scrittore Valerio Evangelisti, le contraddizioni sarebbero molte; Mutti avrebbe anche cambiato spesso versione in cui il ruolo di Battisti è diverso e confondendo gli omicidi Santoro e Campagna nelle interviste. Secondo Evangelisti, Battisti non avrebbe avuto altro modo per difendersi che praticare quello che definisce il "diritto all'evasione" e fuggire.[36]
La stessa Cassazione affermò che «Questo pentito è uno specialista nei giochi di prestigio tra i suoi diversi complici, come quando introduce Battisti nella rapina di viale Fulvio Testi per salvare Falcone (…) o ancora Lavazza o Bergamin in luogo di Marco Masala in due rapine veronesi. Del resto, Pietro Mutti utilizza l'arma della menzogna anche a proprio favore, come quando nega di avere partecipato, con l'impiego di armi da fuoco, al ferimento di Rossanigo o all'omicidio Santoro; per il quale era d'altra parte stato denunciato dalla DIGOS di Milano e dai CC di Udine. Ecco perché le sue confessioni non possono essere considerate spontanee».
Riassumendo le contraddizioni nella testimonianza del pentito, che non affrontò comunque un contro-interrogatorio in aula; in particolare si troverebbero scarsi elementi per l'accusa in tre omicidi (Campagna, Torregiani, Sabbadin) ed elementi con molte incongruenze nell'omicidio Santoro
La legge è uguale per tutti??
Ai tempi faceva comodo farlo scappare da tutte le parti, mò per pubblicità politica fa comodo riportarlo a casa(bisogna solo trattare sul prezzo)
Che questo ha ammazzato che poi con ? OK
Ma che tu stato hai rimesso in libertà gente che ha fatto la stessa cosa e adesso per i tuoi cazzi ti accanisci contro questo
Mi suona come presa per il culo
[Modificato da pliskiss 09/10/2017 00:07]