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AETERNAE TENEBRAE di Andrea Gentili

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2016 10:49
01/07/2015 00:40
 
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Devo dire che guardando questo corto mi sono molto divertito. Al suo interno, infatti, ho potuto vedere quella passione e quella voglia di fare che accomuna tutti quelli che hanno la passione per l’horror e per i cortometraggi, e che mi piace sempre ritrovare negli autori esordienti.
Si sa: i soldi non ci sono, il tempo manca, i mezzi sono praticamente assenti, ci si riunisce tra amici e si cerca di tirare fuori il massimo dal minimo; e già questo basta per considerare riuscito un prodotto simile. Va considerato anche il tempo speso per mettere insieme una storia decente, e quello necessario a procurarsi tutti gli elementi necessari e girare… per cui – come dico spesso – un prodotto del genere è già vincente in partenza, perché se si è Kubrik ma si sta tutto il tempo sul divano a dormire si vale molto meno di chi si mette in gioco per passione e divertimento.

Due cose, dunque, credo e spero: che i realizzatori del corto si siano divertiti nel farlo, e che si rendano conto che in effetti giusto di divertimento possiamo parlare, perché per il resto Aeternae Tenebrae non ha nulla di professionale al suo interno. Gli attori non sono tali, le riprese sono fatte alla bell’e meglio (c’è anche una terribile “doppia pennellata” iniziale che andrebbe bruciata), e la storia pecca di ingenuità varie e illogicità sparse.

Non vorrei fare troppi spoiler, ma la setta “marinara” che si riunisce in pineta in pieno giorno sfugge a ogni regola di logica e di buon senso, soprattutto se è dedita a sacrifici umani. Avrei capito se il corto si fosse ambientato in un bosco inaccessibile, e non in un bel sentierino che pare quello di Follonica, ma sfido qualsiasi setta religiosa o satanica ad andare a prendere il fresco in un posto simile, verosimilmente molto frequentato. Ma ammettiamo per un attimo che la pineta sia stata DAVVERO un bosco oscuro – e tralasciamo il pittoresco coltello molto simile a quelli venduti nelle botteghine del mare, o il calice di cristallo che pare uscito da quei vecchi set che le nonne conservano nelle vetrinette. Cosa resta? La storia; e anche la storia fa acqua da tutte le parti.

Punto primo: se io scopro che un mio amico se la fa coi satanisti e mi vuole uccidere non vado a infilarmi tra le braccia del nemico (sebbene io sia spinto a farlo con l’inganno), ma chiamo SUBITO la polizia.
Punto secondo: se io sono un membro della setta e devo ammazzare l’amico X, non mi invento una storia complicatissima in modo da far venire nel bosco l’amico Y solo come scusa per far morire l’amico X – che tra l’altro è mio alleato e quindi all’oscuro di ogni cosa… e quindi pronto a cadere in qualsiasi trappola io posso inventarmi senza dover per forza coinvolgere altra gente.
Punto terzo: se io sono una setta satanica e ammazzo la gente, il testimone non lo coinvolgo affatto, e se lo coinvolgo non lo lascio poi andare con un semplice ammonimento a star zitto. Anche perché non ho dato a tale testimone prove necessarie a fargli credere che sono davvero così potente come dichiaro di essere.
Punto quarto: non consiglio a quello stesso testimone di lasciare il paese così, senza dir nulla a nessuno, proprio perché un comportamento del genere farebbe sorgere parecchie domande (senza contare il fatto che il trasferimento avverrebbe oltretutto dopo la morte di un caro amico, a meno che questo non possa essere considerato come finto alibi), e anche perché è più facile sorvegliare un tizio che ti abita vicino piuttosto che uno che va non si sa dove.
Punto quinto: se io setta satanica ho scelto di lasciar vivere un testimone, non passo poi il mio tempo a sorvegliarlo, addirittura facendolo innamorare di una ragazza- spia che lo sorvegli (quanto tempo ci sarà voluto?) per assicurarmi che stia davvero zitto? Se il fatto che egli parli mi fa paura o mi fa perdere così tante energie da spingermi a sorvegliarlo, perché allora non l’ho fatto fuori subito?

Insomma, mi piange il cuore dirlo, ma se la regia è debole, la storia è davvero amatoriale, messa in piedi così come si mette in piedi un castello di carte. E senza storia – soprattutto se non si ha niente altro che possa vagamente sostituirla (come ad esempio enormi robot trasformabili che combattono in piena Manhattan per il destino dell’umanità intera) – ogni corto cade inesorabilmente.

Ho parlato dell’importanza di una storia fin dalle mie prime recensioni qui al Reign, 3 o 4 anni fa: avere una storia valida è importante, importantissimo; soprattutto per i registi amatoriali, che spesso non hanno i mezzi, ergo hanno bisogno più di tutti gli altri di un elemento valido per far presa sui propri spettatori.
E’ inutile mettere in scena una enorme e spaventosa e potentissima setta satanica se quello che ci ritroviamo in mano sono un calice di cristallo, un coltello da nerd e 4 tonache; e non lo dico perché sia sbagliato farlo, ma perché in questo modo ci si boicotta da soli! Prima di mettere in piedi un corto bisognerebbe mettersi a tavolino e fare l’elenco di tutte le cose “utilizzabili” che uno ha a disposizione. La casa di un amico? Un posto particolare? Un luogo macabro? Una collezione di figurine dei calciatori? Ottimo: si inventa una storia riguardo un collezionista di figurine di calciatori che un bel giorno, mentre è a casa, apre un album e scopre che…etc etc etc. Oppure lo stesso collezionista scopre che c’è un tizio che ha l’unica figurina che gli manca, ed è disposto a tutto per averla, ma l’altro tizio non gliela vuole vendere perché etc etc. E allora il tizio…

Insomma: ecco fatto un corto con una casa e un album di figurine. A che serve dunque tirar fuori sette sataniche che non si è in grado di gestire?

Gli autori di Tenebrae siano rassicurati: faccio questo discorso più che altro in senso generale, e non certo per deriderli o parlar male di loro. Come ho detto all’inizio, non ho rimpianto il tempo usato per vedere il loro corto, e apprezzo moltissimo le persone come loro, che si mettono in gioco creando un prodotto completo. Posso anche dire che il corto, sebbene superi i 20 minuti, si lascia guardare con disinvoltura, senza risultare pesante, e a loro quindi va tutto il mio affetto e il mio incoraggiamento a continuare.

Dato che però in un concorso non si va avanti con affetto ma con tecnica, sono stato costretto a mettere in luce anche i difetti di un’opera che nasce amatoriale e rimane tale. Buona per divertirsi, ma carente praticamente in tutto il resto.
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