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Lazio dei Misteri

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2014 21:22
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Alla scoperta delle città megalitiche: borghi, castelli e abbazie, leggende e segreti, paesaggi fantastici e luoghi insoliti










Alla scoperta delle città megalitiche del Lazio




Il Lazio tra i suoi tanti tesori archeologici conserva diversi esempi di mura “megalitiche” o “poligonali”. 
 Rovine della città di Norba, torrione megaliticoSi tratta di gigantesche mura difensive erette in diverse città dai popoli italici,
del tutto simili a quelle ben più famose Cori, mura megalitichedi Creta, Micene e delle civiltà pre-colombiane:
grandi massi calcarei scolpiti e posizionati in maniera da creare veri e propri mosaici di megaliti, che una leggenda vuole siano opera dei giganti ciclopi.
Il nostro itinerario alla scoperta deiSegni, tratto di mura megalitichepiù rilevanti esempi di questi imponenti resti archeologici ha inizio dall’antica città di Norba, 
nei pressi di Norma (LT). Posta su un alto terrazzo di roccia sulle pendici dei Monti Lepini, si staglia imponente sulla Pianura Pontina;
vi si accede da un varco Castel San Pietro romano, mura megaliticheaffiancato da un grande torrione cilindrico, altissimo esempio del genio ingegneristico dell’antichissimo popolo dei Volsci. Si raggiunge poi la vicina Cori (LT) caratterizzata dalla presenza all’interno dell’abitato di mura poligonali che palesano, nella propria stratigrafia, almeno tre epoche costruttive. Sempre sui Monti Lepini, ma nel loro versante ciociaro, si erge Segni (RM) ove un interessante percorso lungo le suggestive mura conduce alla celebre Porta Saracena, ritratta spesso nei dipinti dei viaggiatori del Grand Tour. Da qui si attraversa la Valle del Sacco e,
risalendo le pendici dei Monti Prenestini, si visitano Palestrina (RM) e Castel San Pietro Romano (RM):
 Alatri, porta medievale e megalitica  entrambi custodiscono resti di mura megalitiche. Proseguendo alla volta della Ciociaria tre tappe sono fondamentali e si collocano come le più interessanti per scoprire questi ruderi fantastici, ossia Ferentino (FR), Alatri (FR) e Veroli (FR). Queste città conservano straordinari resti di mura megalitiche, ognuna con le sue peculiarità in special modo rispetto alla forma delle porte principali.
Civita Vecchia di Arpino,Acropoli, mura poligonaliL’itinerario si chiude ad Arpino (FR), la città natale di Cicerone. All’apice del paese si erge la Civita, perimetrata dalle mura megalitiche nelle quali si apre una splendida porta a sesto acuto, che permette l’accesso a quella che fu l’acropoli di Arpino,
Ferentino, Acropoli, particolare delle mura megalitichesuccessivamente rioccupata da un villaggio medievale. Per saperne di più, il lettore può far riferimento
alla guida Lazio, i luoghi del mistero e dell’insolito (Eremon Edizioni, 2006), dove troverà tutte le notizie relative alla storia, le leggende, i luoghi e le informazioni per raggiungerli.  


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Fonte: Il Lazio dei Misteri . . .

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Il Castello di Fumone e la tragica storia del “Marchesino”




Circondato da boschi ed uliveti, il tranquillo borgo medievale di Fumone si offre al visitatore tutto arroccato attorno al suo castello, in un pittoresco amalgama grigio tra le abitazioni ed il fortilizio. Eretta tra il IX e il X secolo e più volte rimaneggiata, la Rocca Longhi-De Paolis è famosa non soltanto per essere stata la prigione di Celestino V, nonché luogo della sua morte, ma anche per ospitare uno straordinario giardino pensile (il più alto d’Europa, con i suoi 800 metri s. l. m.) da sempre conosciuto come la “terrazza della Ciociaria”. L’Arx Fumonis fu sin dall’Alto Medioevo un’imprendibile fortezza e respinse, fra gli altri, anche gli assedi degli imperatori Federico Barbarossa ed Enrico VI e venne conteso tra le maggiori famiglie nobiliari laziali.


La porta del borgo di Fumone


Passata poi alla Chiesa, la rocca assolse a lungo la funzione di controllo del territorio meridionale dello Stato Pontificio, da cui deriverebbe indirettamente il toponimo “Fumone”. Alla vista dei nemici, infatti, dal culmine di un’alta torre – oggi scomparsa – si levava un’enorme colonna di fumo: essa avviava un sistema di segnalazioni simili a catena, che coinvolgeva i paesi limitrofi giungendo infine alle mura capitoline, avvertendo così la “città eterna” dell’imminente pericolo. Il fortilizio nasconde numerosi misteri e ricordi di vicende macabre e terrificanti: il “pozzo delle vergini”, il monaco murato vivo chissà dove nell’edificio e mai ritrovato, le tragiche memorie dei numerosi carcerati e non ultima la già citata prigionia del celebre Papa del “gran rifiuto” dantesco. La visita al castello procede di sala in sala, tra affreschi, arazzi, eleganti arredi, sino a giungere all’archivio dove, tra importanti e antichi documenti, riposa in un angolo, un po’ defilata, una credenza. Al suo interno è celato il ricordo di una vicenda tra le più spaventose del castello. Si tratta della triste storia del “Marchesino”, ossia del piccolo Francesco Longhi, vissuto all’inizio dell’800. Ultimo fratello dopo ben sette sorelle, egli, come primogenito maschio, avrebbe avuto in eredità tutti i beni di famiglia. Le perfide sorelle, allora, a quanto pare,  uccisero il fratellino mettendo quotidianamente nelle sue pappe minuscole schegge di vetro (o gocce di veleno). Presto iniziò una lenta agonia che portò alla morte Francesco alla tenera età di cinque anni. La madre impazzì dal dolore, ordinando che le spoglie del figlio fossero imbalsamate con la cera e poste in una teca di cristallo ad eterna memoria. Misterioso rimane tutt’oggi il metodo usato per la mummificazione. Secondo una leggenda il castello sarebbe infestato dai fantasmi di Emilia Caetani-Longhi e dello stesso Marchesino, mentre dai sotterranei saltuariamente proverrebbero le urla e i pianti degli spettri dei prigionieri. Per saperne di più si faccia riferimento alla guida Lazio. I luoghi del mistero e dell’insolito edita dalla Eremon Edizioni.



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Il ponte Funicchio, uno dei tre ponti di epoca etrusco-romana sul fosso Piscin di Polvere, posti a una distanza di appena duecento metri l'uno dall'altro (il ponte Funicchio appunto, il Pontaccio e il ponte delle Caselle), è descritto nel capitolo dedicato a Ferento del libro di Paolo Giannini "Centri Etruschi e Romani dell'Etruria Meridionale". "Largo mt. 2,60 e alto 16 metri circa, ha due arcate che poggiano direttamente sui fianchi delle scoscese rupi di peperino. Il pilastro centrale poggia su enormi massi, caduti sul fondo del torrente. Costruito in opera quadrata regolare con bugnato, sembra doversi attribuire alla fine del II secolo a.C. "

da Paolo Giannini "Centri Etruschi e Romani dell'Etruria Meridionale".
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