00 26/03/2010 09:52
Memorie di una cagna è un libro che emerge, fra i tanti di questa prolifica primavera. E non solo perché, come vuole la moda del momento, a scriverlo é stata una giovanissima esordiente. Al suo primo romanzo, Francesca Petrizzo sceglie un tema, (la storia di Elena di Troia che lei stessa ripercorre mentre viene ricondotta in patria dal marito Menelao, dopo la distruzione della città ) che si rivela il motore vitale di fantasie ed emozioni senza tempo. Mentre il racconto prende forma e si arricchisce con una scrittura, ricca, sontuosa, stupefacente per una ragazza di soli 19 anni, che cattura, coinvolge e irretisce il lettore fino all'ultima pagina. Qualità lampanti che l'hanno messa in luce al recente festival di Francoforte e hanno convinto già cinque Paesi stranieri ad acquistare i diritti di Memorie di una cagna.

La "cagna" è Elena, la donna del mito a causa della quale i Greci assediano Troia per anni, fino a quando non la conquistano. La donna che abbandona Sparta, la sua città, per seguire Paride di cui si è innamorata e dal quale presto sarà delusa. A Troia il suo cuore ancora una volta morirà per la noia e le umiliazioni, ma ancora una volta lei sarà capace di risorgere, grazie alla passione per Ettore, fratello di Paride e principe ereditario, che non si spegne neanche quando, fra le macerie, lui dovrà sposare la giovane ittita, Andromaca, per rafforzare le difese della sua amata patria.

Figura femminile modernissima, Elena è una donna tosta (determinata e anomala per i suoi tempi, già da bambina diceva di sé, "sono fatta di pietra"), ma anche una persona dolce, che apprezza il piacere senza mancare di tenere al primo posto i sentimenti.

Quando Elena torna a casa, i suoi ricordi scivolano tra le onde e, sullo sfondo del mito e dei poeti omerici, prende forma una storia che si discosta da quella leggendaria. Quella di una fanciulla costretta troppo presto dal re, suo padre, a sposare il maturo Menelao, uomo senza qualità e privo di ogni fascino. Un destino segnato al quale lei, però, sarà capace di ribellarsi. Per riprendersi quel diritto all'amore sempre negato. Per imporre la sua sete di autonomia. Una rivolta che le costa il marchio di "cagna". Sottolinea lei con orgoglio: "Dicevano di me che ero la donna più bella del mondo. Del poco che ho avuto , del molto che ho perso, già gli aedi fanno racconti. Racconti bugiardi. Loro non c'erano. Io sì"".

Francesca Petrizzo è iscritta alla facoltà di Storia di Firenze e, dal prossimo ottobre, si trasferirà all'Università di Oxford.

Lei ha solo 19 anni, studia storia. Crede che storia e fiction possano convivere in un libro?
Assolutamente sì. Il romanzo storico deve partire dalla ricerca, ma nessuno può dirci davvero cosa un personaggio possa aver sentito, quali siano le motivazioni che lo hanno spinto. Quella della psicologia umana è una zona d'ombra dove lo storico si addentra coi piedi di piombo e prudentissime teorie, ma dove il romanziere può e deve regnare sia pur nel rispetto della verosimiglianza. Quanto a me, il mio romanzo più che nella storia affonda le radici nella leggenda, perciò il mio lavoro è stato ancora più libero. In ogni caso ho intenzione di continuare a scrivere nel passato, e se la cornice sarà il più accurata possibile, sicuramente la mia immaginazione avrà la parte del leone. Del resto un romanzo senza libertà non è un romanzo...

Elena di Troia, perché proprio lei?
Perché è un personaggio strumentale, svuotato di individualità nell'antico; alcuni tragediografi arrivano a ipotizzare che di lei a Troia giunga solo un'immagine illusoria, fatta di fumo. A Elena è negata anche la gloria insanguinata di eroine 'nere' come Medea e Clitemnestra, a cui sono stati dedicate cupe e indimenticabili tragedie; Elena, 'la donna più bella del mondo', 'la cagna' come la chiama Omero, è un personaggio sfuggente, condannato a priori e una delle cui poche difese, da parte del sofista Gorgia, gioca comunque più sull'abilità di Paride a convincerla che sulle sue ragioni. Avevo cominciato con lo scrivere un racconto breve, ma alla fine mi ha preso la mano, c'era troppo da dire. Quello che ho voluto fare è stato ricostruire la donna dietro lo strumento, con le sue scelte, giuste o sbagliate che siano, e soprattutto il diritto di farle.

Il suo romanzo d'esordio ha avuto già un ottimo riscontro e sarà tradotto in cinque paesi... Il successo cambierà i suoi programmi per il futuro?
No, certo. La scrittura è parte di me; so di essere stata molto fortunata a riuscire a pubblicare, ma anche se non ce l'avessi fatta avrei continuato a scrivere lo stesso. Non penso alla scrittura come un mestiere, anche se cerco sempre di migliorarmi e lavorare seriamente, ma a qualcosa che faccio per me, e di cui sono fiera nel caso in cui riesca anche a raggiungere gli altri e a dare loro qualcosa. Quindi andrò all'università, studierò e mi cercherò un lavoro. Per la scrittura ho sempre trovato il tempo; anche perché la mia Musa ha un carattere di fuoco, se non la sto a sentire non mi lascia in pace finché non cedo e scrivo...