00 02/02/2010 19:05
( Twilight )






Nell’immenso cielo azzurro era dipinto un grande sole giallo che insieme allo squillante cinguettio degli uccellini dava vita ad una bellissima giornata.



Una bambina giocava felice sull’altalena nel giardino di casa. Poco distante suo padre era impegnato al barbecue, mentre la madre apparecchiava il tavolino sotto l’ombrellone. Era la classica scena di una famiglia serena.



La bambina dondolava sorridente, ma ad un certo punto si accorse che qualcosa non andava e alzò lo sguardo al cielo. La grande sfera infuocata non appariva più perfetta come prima. Al contrario stava iniziando ad assumere una forma diversa, simile a quella della luna calante.



“Mamma, mamma!” urlò la piccola per attirare l’attenzione della donna. “Il sole sta scomparendo!”



La donna sorrise. “No, tesoro. Il sole non sta scomparendo veramente. Quella è un eclissi.”



Sul volto della bambina apparve un evidente espressione interrogativa ma altrettanto curiosa. “Che cos’è un eclissi?”



“Succede molto raramente, ma in quelle rare occasioni l’ombra della luna riesce ad oscurare il sole.”



“Wow, che bello!” rispose la piccola evidentemente affascinata. “E quanto dura?”



“Non lo so… dipende.” rispose la madre.



“Da cosa?”



“Tu vuoi che torni?” chiese la madre ancora sorridente.



La bambina ci pensò qualche istante; stava per rispondere quando d’un tratto tutto si oscurò. L’unico padrone del paesaggio adesso era il buio totale. Nessun rumore, nessun viso familiare. La piccola iniziò a guardarsi disorientata attorno senza vedere niente.



“Mamma, papà. Dove siete?” Nessuna risposta.



Poi uno straziante lamento in lontananza ruppe quel silenzio. Quando anche questo alla fine cessò, il silenzio fu assoluto.



Sono le ore nove in punto. Sono le ore nove in punto. Sono le ore nov…



“Ho capito sono le nove,” disse una voce femminile, leggermente rauca, proveniente da sotto il piumone viola. Solo una parte del corpo era scoperta: il braccio che aveva appena spento quell’aggeggio infernale chiamato sveglia.



La ragazza si rigirò qualche volta sotto la coperta finché, evidentemente scocciata, sbuffò e abbassò la trapunta fino a scoprire del tutto il proprio viso.



“Ancora il solito sogno…” disse a voce malapena comprensibile mentre osservava il soffitto sopra di sé.



Erano due settimane che quel sogno continuava ad assillarla. Ogni mattina il riflesso nello specchio era sempre lo stesso: due occhiaie violacee sempre più evidenti su un volto sempre più sciupato.



Era ancora sdraiata quando il cellulare squillò destandola dai suoi pensieri.



“Pronto.”



“Bella! Non mi dirai che sei ancora a letto, vero?”



“No, Alice. Sono appena scesa dal letto.” Bella accennò un sorriso.



“Eddai, Bella! Faremo tardi!” La voce di Alice era un misto tra rassegnazione e ammonimento.



“Dammi quindici minuti e sono pronta!”



Dall’altra parte della cornetta Alice emise un sospiro. “Non uno di più.” E la conversazione terminò.



Bella ripose il cellulare sul comò. Il suo sguardo finì poi sul calendario appeso al muro. La pagina di Gennaio era decorata con l'immagine di un paesaggio innevato che sovrastava la griglia bianca e nera delle caselle dei giorni. L’unica cosa che stonava era quel 31 cerchiato di rosso. Nessuna data di compleanno da ricordare, nessun onomastico o festa particolare. Quella sarebbe stata la data delle sue nozze.



“Ancora due settimane e poi tutto questo avrà fine,” promise a se stessa, quasi in cerca di un supporto morale, mentre svogliatamente iniziava a prepararsi.





Il rumore di un clacson le fece intuire che la sua futura cognata era sotto casa ad aspettarla. Scese velocemente le scale. Charlie fece capolino dalla cucina.



“Stai uscendo?”



“Sì papà. Alice mi sta aspettando in macchina.”



“Certo, oggi è il gran giorno.” biascicò lui un po’ imbarazzato.



Bella alzò le spalle indifferente. “Se così lo vogliamo chiamare.”



Suo padre la fissò e assunse un'espressione preoccupata. “Bella, sei sicura di star bene?” La scrutò attentamente. “Sei davvero sicura che è questo che vuoi? Sei giovane, hai ancora tanto tempo...” Emise una specie di grugnito imbarazzato. “Forse sarebbe meglio se aspettaste un altro po'...”



Bella rimase qualche istante in silenzio. “No papà, va tutto benissimo.” Accennò quello che ritenne un sorriso il più rassicurante possibile.



Lo sguardo di Bella finì sull'orologio appeso al muro, che le ricordò che il suo ritardo stava aumentando



“Alice sarà su tutte le furie, scappo!” Bella corse alla porta e fece appena in tempo ad esclamare un “Ci vediamo a cena.” prima di varcare la soglia e chiudersela alle spalle.



Appena mise il piede fuori nel vialetto, Bella raggelò. Il cielo era completamente coperto dalle nubi e in più quella mattina faceva veramente freddo. Si strinse nel lungo cappotto e corse incontro alla Volvo grigia che aspettava solo lei.



Quando salì in macchina, Alice finalmente smise di tamburellare il dito sul volante.



“Lo sapevo, faremo tardi!” furono le uniche parole che disse prima di mettere in prima e partire alla volta di Port Angeles.





Per metà viaggio, Alice non fece altro che rimproverare l’amica per i suoi soliti ritardi. Quando finalmente si fu sfogata abbastanza, lasciò che Bella sprofondasse nei suoi pensieri.



Con la mente ritornò a quel sogno ricorrente, e si chiese perché ormai facesse parte di ogni sua notte. I personaggi del sogno altri non erano che lei assieme a Charlie e Reneè quando ancora vivevano felici tutti assieme. E poi il sole, l’eclissi e quel terribile lamento… sapeva benissimo cosa stessero a significare. Il problema stava nel capire perché continuassero a tormentarla così tanto. Forse il rimorso che provava era talmente forte da farle male. Nella sua mente apparve il volto del suo miglior amico. Jake. L’ultima volta che l’aveva visto era stato in quel letto, malconcio dopo la battaglia contro i neonati; dopodiché, come a volergli infliggere il colpo di grazia, era arrivata lei. Certo, aspettare ancora non sarebbe servito a molto, anzi. Probabilmente avrebbe complicato ancor più le cose. Eppure non avrebbe mai scordato quel pomeriggio. Finalmente era riuscita a capire cosa provasse in realtà per Jake. Non era solo il suo miglior amico, no, adesso lo sapeva: lei amava Jake, lo amava dal profondo del cuore. Eppure sembrava non bastare. Le persone in genere cercano una vita intera quel che lei aveva trovato così, quasi per caso. Una persona che ti sappia capire, una persona che ti sappia star vicina, una persona che faccia tutto quel che può, pur di renderti felice, anche spezzare le catene che vi legano se necessario. Quale altra persona avrebbe rifiutato una benedizione del genere? Nessuna. Nonostante tutte queste certezze non era riuscita a fare diversamente. La sua vita in pochi mesi era stata stravolta. L’incontro con Edward aveva fatto sì che ogni suo punto fermo e ogni piccola certezza diventassero polvere. Ed Edward era anche diventato la sua droga personale. E si sa; quando ne diventi dipendente non si può pensare di rimanerne anche un solo giorno in astinenza.





“Ehi, Bella, mi senti?”



Bella era ancora immersa nei suoi pensieri quando la voce di Alice la riportò alla realtà. Vide il suo sguardo perso, riflesso nel finestrino, poi scosse la testa e si voltò verso di lei. Alice la fissava perplessa.



“Uhn?” La guardò sorpresa. “Che c'è? Hai detto qualcosa?”



“Come cosa c’è? Bella, siamo arrivate. Probabilmente non te ne sei accorta, ma ho appena parcheggiato.”



Bella diede uno sguardo al di fuori e con sorpresa si accorse che erano davvero arrivate a destinazione. Era una via poco trafficata dai mezzi di trasporto mentre al contrario i marciapiedi erano affollati da gente che andava e veniva in ogni direzione.



“Non me ne ero accorta. Scusami ero sovrappensiero.”



“Non l’avevo notato, sai?” rispose Alice sarcastica. “Bella, mi dici che hai? Sei sempre assorta fra i tuoi pensieri ultimamente.”



“Niente, Alice, davvero. Sono solo un po’ stanca, dev’essere l’agitazione per le nozze.”



“Faccio finta di crederci solo perché siamo in ritardo. Stavolta te la cavi… ma attenta, ti avverto!”



Bella accennò un sì con il capo e sorrise a quella sua dolcissima e adorabile amica rompiscatole. Alice era già scesa dalla macchina. Si tolse la cintura di sicurezza e dopo aver fatto un bel respiro si sentì pronta per scendere anche lei. Al di là della strada, fra un caffè e una libreria, vi era il motivo di quel piccolo viaggio. Bastava un occhiata per capire che tipo di negozio fosse. La vetrina allestita perfettamente diceva già tutto. La vetrata grande e illuminata esponeva tre manichini. Da quanto erano perfetti davano l’illusione di essere esseri umani. Ogni passante sembrava lanciarvi almeno un occhiata, ma erano anche in molti quelli che si concedevano qualche minuto per ammirarla meglio. L’abito che più attirava l’attenzione era sicuramente quello sulla sinistra. Un bellissimo abito da sposa che sembrava uscito dalla favola più romantica del mondo. Bella ed Alice attraversarono infine la strada e senza indugiare troppo come invece facevano gli altri, entrarono nel negozio.





“Benvenute,” esordì una commessa al di là del bancone. “Posso esservi utile?”



“Buongiorno, la signora Green è in negozio? Avevamo un appuntamento” domandò cortesemente Alice.





“Oh sì, certo. Ve la chiamo subito.” La commessa stava per dirigersi verso la stanza che dava sul retro quando da lì uscì un'elegante signora sui sessant'anni. Indossava un tailleur nero, molto sobrio ma allo stesso tempo elegante e aveva i capelli scuri raccolti in un perfetto chignon.



“Oh, signorina Cullen!” esordì appena vide le due ragazze e andò loro incontro, con un sorriso smagliante. “Ben arrivata. E buongiorno anche a lei, signorina Swan.”



“Signora Green come sta? Spero tutto bene.” Alice era come sempre a proprio agio dovunque. Al contrario Bella sembrava molto a disagio. Tutto intorno era estremamente chic. Niente era fuori posto. Tutto sembrava studiato nel minimo particolare, dalla scelta della tappezzeria a quella delle luci, dalle pose dei manichini alle pose composte quanto rigide delle commesse. Tutte uguali, tutte con il sorriso stampato sul volto. Sembrava avessero frequentato chissà quale corso speciale per lavorare in negozio di cosi alta classe. Fosse stato per Bella mai e poi mai si sarebbero ritrovate in un posto del genere. Non era certo il suo mondo quello. Eppure piuttosto che deludere Alice Bella avrebbe cercato di sopportare anche quella situazione cosi imbarazzante.



“Molto bene, signorina Cullen, grazie per l'interessamento. Spero altrettanto. Ma sono sicura che vedere l'abito finito vi metterà entrambe di ottimo umore!” Rivolse un sorrisetto complice a Bella, che arrossì. “Soprattutto la nostra giovane sposina.”



“Ci scusiamo per il leggero ritardo, ma abbiamo avuto un piccolo inconveniente.” Alice scoccò un'occhiata eloquente e divertita a Bella.



“Oh, non vi dovete preoccupare. Quello che stavate aspettando è appena arrivato.” rispose sorridente la signora.



“Oh, menomale, che fortuna!”



“Se volete seguirmi.” Ed indicò una porta che si trovava infondo al grande negozio. Entrare in quella stanza significava anche attraversare l’intero atelier. Bella camminava impacciata con lo sguardo fisso su Alice. Aveva l’impressione di attirare l’attenzione di tutti gli altri clienti. Loro cosi eleganti nei propri vestiti di marca mentre lei cosi scialba e naturale. Si maledisse per non aver scelto qualcosa di un po’ più femminile da indossare. Osservò Alice che la precedeva di poco. La sua camminata era cosi elegante e sinuosa, per non parlare del portamento. Nella mente di Bella si fece di nuovo posto quella solita domanda: anche lei in un prossimo futuro sarebbe stata cosi? Non era sicura che la trasformazione in una vampira potesse fare miracoli su una come lei ma sicuramente qualche miglioramento ci sarebbe stato. Forse sarebbe anche riuscita ad indossare delle scarpe con un tacco vertiginoso come quelle che indossava Alice quel giorno ovviamente senza il rischio di rompersi una gamba. Stava iniziando a vagare tra i suoi pensieri quando la sua amica si fermò. Qualcosa aveva particolarmente catturato la sua attenzione perché gli occhi iniziarono a brillarle di una luce ancora più accesa.



“Bella, guarda!” trillò entusiasta. “Quel vestitino è un amore!”



Bella guardò la causa di tanta eccitazione. Non se ne era accorta perché come al solito era distratta ma quello era il reparto bambini. Tanti piccoli abiti vestivano dei manichini in miniatura. La maggior parte dei vestiti era di colori pastello. Quello che invece aveva attirato la sua amica era rosa confetto.



“Che peccato non aver bambini da vestire,” sbuffò mentre un secondo dopo stava già rivolgendo il suo sorriso in altre direzioni riprendendo a danzare per il negozio.



Bella era rimasta imbambolata a fissarla. Alice sprizzava felicità da tutti i pori mentre per lei tutto risultava estremamente pesante e fastidioso. Sicuramente non aveva l’aria della novella sposina, no, quella poteva sembrare Alice, non certo lei. Si destò di nuovo da quei pensieri sciocchi e tornò a seguire le due donne. Finalmente la sfilata in bella mostra era terminata e giunse il momento di entrare nella fatidica sala.







Era una stanza molto grande, con un enorme specchio sul fondo. Sulla destra si trovava una cabina spogliatoio mentre al centro era stato posizionato ciò che Bella con molta titubanza aveva scelto tra tanti altri solo due settimane prima. Il suo vestito da sposa.



Era indossato dal busto del manichino in maniera impeccabile. Un corpetto ricoperto di perline dava una linea sinuosa e formosa alla parte superiore, lasciando scoperte le braccia. Poi la stoffa della parte inferiore ricadeva increspata fino al pavimento, lasciando alle proprie spalle una coda non troppo vistosa. Era indubbiamente un bellissimo abito da sposa.



Bella non mostrò nessun particolar slancio di emozione, al contrario di Alice che aveva gli occhi spalancati ed un sorriso splendente sul volto. Sembrava come se i ruoli fossero invertiti. E ancora una volta Bella si sentì fuori posto. Fissava l’abito che da lì a poco le sarebbe appartenuto come fosse stato una pericolosa minaccia che avanzava verso di lei. Si sentì in colpa per quell’emozione che non riusciva a provare ma che leggeva invece distintamente sul volto della sua cara amica.



“Signora Green, è stupendo!” disse Alice battendo lievemente le mani.



La signora sorrise soddisfatta. “E lei cosa ne dice signorina Swan?”



“Oh sì. E’ molto bello.” Pronunciò quelle parole come per farle un favore. Il suo tono di voce non sembrava essere d’accordo però.



Bella notò che Alice era tornata a fissarla intensamente. Sul suo volo non c’era più il sorriso smagliante ma un espressione seria. La stava deludendo, ne era certa. Lo aveva già fatto quando lei ed Edward avevano deciso di sposarsi senza dire niente a nessuno. Dal momento che poi la storia era venuta fuori però si era lasciata convincere a lasciare che Alise si occupasse dei preparativi. Era il suo modo per farsi perdonare per la “quasi delusione” che le aveva dato. Accettando quella condizione Bella aveva immaginato a cosa sarebbe andata incontro. Conosceva lo stile di Alice, ma se ciò rendeva felice la sua amica avrebbe fatto un sacrificio. Nonostante tutti i buoni propositi però adesso la stava deludendo di nuovo, glielo leggeva in volto.



La signora Green aveva avuto sicuramente la stessa impressione di Alice, ma cercò di non dare troppo peso alla cosa, anzi. Esortò la futura sposa a fare la prova finale.



Bella ovviamente non ebbe scelta. Appese il capotto e la borsa all’attaccapanni. Entrò in cabina con la signora Green, che le avrebbe dato una mano col vestito.



Quando dopo alcuni minuti le due ne uscirono, Bella cercò di rimediare in qualche modo nei confronti di Alice.



“Che ne dici, Alice? Sono promossa?”provò a scherzare.



“Bella, forse non ti rendi conto. Sei meravigliosa, dico davvero…”



Bella le sorrise di nuovo. “Tutto merito di chi mi ha consigliato.” Le fece l’occhiolino mentre finalmente vide tornare il sorriso sulle sue labbra.



“Sì cara,” dichiarò la signora Green. “La signorina Cullen ha proprio ragione. Questo vestito è perfetto per lei!”



Bella scrutò poi la propria immagine riflessa nello specchio. Il vestito era stupendo doveva ammetterlo, ma nonostante ciò non riusciva a sentirsi veramente felice di indossarlo. In un attimo nella sua mente si materializzarono le scene del suo matrimonio. Una piccola chiesa piena di persone. Volti sconosciuti fra la gente, anche troppi per i suoi gusti. Suo padre la teneva a braccetto emozionato, Edward la stava aspettando all’altare, a pochi metri di distanza. Riconobbe qualche viso mentre si avvicinava: i suoi amici di scuola, Seth con a fianco Sue, sua madre Reneè assieme a Phil, e per ultimo Billy Black. C’era una sola persona che mancava all’appello. L’unica persona che invece avrebbe voluto veramente lì. La distanza tra lei e Edward intanto era stata colmata. Charlie le diede un'ultima occhiata incoraggiante e poi le lasciò il braccio. Edward le tese la mano, in un gesto che valeva come la promessa di un'eternità insieme. Bella stava per prenderla ma un attimo prima che le loro dita si sfiorassero sentì il rumore assordante del vetro che viene infranto.



Bella si riscosse. Sentì la voce della signora Green ma non capì cosa stesse dicendo. Si voltò verso Alice, confusa, e la vide che la guardava fisso, con occhi imperscrutabili. Voleva chiamarla, ma era come se la gola le si fosse chiusa. Le mancarono le forze. L'ultima cosa che seppe erano le braccia forti e fredde di Alice che la sorreggevano e il frusciare del vestito che toccava il pavimento. Poi più nulla.







La bambina era immobile, accovacciata per terra. Intorno solo buio. L’unico rumore percepito era il pulsare di un cuore. La piccola sembrava tranquilla, serena, ma ad un certo punto il rumore delle pulsazioni iniziò a calare e con esso il numero dei battiti. Il suo cuore stava per fermarsi. La bambina non perse la sua aria tranquilla e iniziò a chiudere gli occhi, lentamente. Mancava molto poco e tutto sarebbe finito. Fu proprio in quell’istante che qualcosa cambiò. Gli occhi della bimba tornarono ad aprirsi lentamente ed il cuore riprese a battere regolarmente. Volse lo sguardo al cielo. Cominciò ad intravedersi uno spiraglio di luce in quell’immensa distesa nera. Tutto intorno stava di nuovo prendendo il proprio colore. Gli alberi, le case, il cielo. Le ombre scure sparirono completamente ed il sole tornò a splendere alto nel cielo. Lo scenario poi cambiò. La bambina era diventata una giovane donna e camminava lungo la battigia di una spiaggia, lasciando che ogni sua impronta venisse portata via dalle onde che si infrangevano a riva. Ad un tratto qualcuno fu al suo fianco, provocando sul suo viso un dolce sorriso.





“Bella, ti stai riprendendo. Oddio che spavento mi hai fatto prendere.”



Bella riconobbe subito quella voce ma la sua vista era ancora annebbiata.



“Alice, cosa è successo? Dove sono?” chiese con voce fievole.



“Non ti preoccupare, sei a casa nostra. Sei svenuta mentre provavi l’abito da sposa.”



“Giusto.” ricordò.



Era calato il silenzio fra le due amiche. Alice con un gesto molto dolce toccò la guancia di Bella.



“Non sai quanto mi dispiaccia. Mi sono così affezionata a te. Ti considero davvero mia sorella.” Alice pronunciò quelle parole con un tono tristissimo. Bella non riusciva a capire cosa volesse dire con quell’affermazione, ma quando stava per chiederglielo qualcuno bussò alla porta, che si aprì qualche istante dopo rivelando la figura di Edward.



“Edward,” pronunciò Bella con un sorriso sulle labbra. Ormai la vista era tornata perfettamente.



Il ragazzo si avvicinò in silenzio ricambiando il sorriso. Si mise seduto sulla sedia affianco al letto dove Bella aveva dormito per tre lunghe ore. Alice fissò i due ragazzi con la stessa aria triste di quando aveva pronunciato quelle strane parole e poi poggiò una mano sulla spalla del fratello. “Edward, scendo di sotto. Ci vediamo dopo, vero?” chiese evidentemente preoccupata. Lui fece solo un cenno con il capo. Alice tolse la mano dalla sua spalla e tornò a fissare Bella.



“Ti voglio bene, sii felice.” Pronunciò poi quelle ultime parole con un lieve sorriso sulle labbra, dopodiché si voltò ed uscì dalla stanza.



Bella era sempre più perplessa e una sensazione di preoccupazione iniziò a impossessarsi di lei.



“Come stai?” chiese Edward apprensivo.



“Adesso bene.” Sorrise lievemente mentre con la mano cercava quella di lui. Era fredda come al solito, ma lei aveva bisogno di quel contatto.



“Mi dispiace avervi fatto preoccupare. Evidentemente sono perfino più debole di quanto pensassi.” Cercò di scherzare sull’accaduto.



“L’importante è che tu adesso stia bene.” Edward era sinceramente sollevato ma il suo tono tradiva qualcosa di strano. Sia lui che Alice avevano qualcosa di diverso. E Bella lo notò.



“Edward che hai? Non sei… non siete i soliti. Io sto davvero bene.” E per convincerlo si tirò su, sedendosi con la schiena appoggiata contro i cuscini.



“Lo so” rispose lui con sorriso. Bella divenne seria, e le fu chiaro che qualcosa era successo.



“Dimmi la verità… prima Alice ha blaterato delle parole strane e adesso anche tu sembri così triste… cosa è successo mentre dormivo? Edward lo voglio sapere.” Il tono della sua voce era preoccupato ma deciso al tempo stesso.



Edward non rispose subito, iniziò a giocare con la mano di Bella che stringeva tra le sue.



“Ti prego…” implorò Bella con tono più dolce.



Edward la guardò dritto negli occhi. “Dovresti saperlo” Apparve un sorriso forzato sul suo volto così pallido.



“No che non lo so. Spiegati meglio.”



“Alice ha visto il tuo sogno…”



Bella rimase alquanto sorpresa. Pensò poi che si riferisse al sogno ricorrente e provò a concentrarsi per ricordare, ma le immagini che affollarono la sua testa furono ben diverse da quel che si aspettava. Il sogno che aveva fatto poco prima non era il solito di sempre, anzi. Era cambiato decisamente e a quel ricordo Bella ebbe un sussulto.



“Alice non riesce più a vedere il tuo futuro.” Parole pronunciate a voce bassa, che in quell’istante risuonarono come delle grida.



“E perché mai… dovrebbe…” Era confusa, non riusciva bene a collegare tutte le cose.” Sto forse per morire?”chiese infine con gli occhi sbarrati.



Edward continuava a fissarla. “No.” Silenzio. “Quello sarebbe accaduto se fosse stata in grado di vederlo ancora… il tuo futuro.”



“Ma perché? Tra poco io diventerò come te, come voi, la morte non sarà più un problema di cui preoccuparsi…” disse, cercando di rassicurarlo.



“Bella, tu non diventerai come noi, come me…” Quando concluse la frase strinse forte la mano di Bella.



Bella era rimasta scioccata. Non riuscì a dire niente. La sua mente era affollata da mille domande, ma non riuscì a farne nemmeno una.



Edward abbassò lo sguardo che fino a un istante prima teneva incollato in quello di Bella.



“Il sole torna sempre, prima o poi…” Tanta, tantissima tristezza in così poche parole.



Bella sentì che Edward stava lasciando la presa delle loro mani. Sentì un brivido di freddo percorrerle la schiena, dopodiché riuscì a parlare di nuovo.



“Non voglio che tu mi lasci, non voglio.” La sua voce era udibile appena.



“Bella…” Questa volta Edward cercò di sorriderle dolcemente. “Non posso privarti del tuo sole, non posso privarti della tua aria. Non adesso. Non ora, che finalmente hai scelto con il cuore.”



“Ma non posso stare senza di te… non potrei sopravvivere, non potrei…” Non riuscì a finire la frase, le lacrime avevano cominciato a scendere.



“Sì che puoi farlo. Ricorda: l’hai già fatto una volta… e se le cose fossero andate come avrebbero dovuto, adesso saresti felice… con lui.”



“Edward…” La vista era di nuovo appannata ma adesso erano le sue lacrime la causa.



Edward si alzò in piedi e dolcemente le poggiò le labbra sulla fronte.



“Io apparterrò per sempre a te.”



Bella chiuse gli occhi e li riaprì solo quando sentì che il tocco delle labbra di Edward era cessato.





La stanza era vuota. Edward era scomparso. In silenzio, in un battito di ciglia, lui se ne era andato.



Bella era immobile e fissava un punto fermo davanti a lei. Sul suo volto un espressione assente. Edward l’aveva lasciata un’altra volta. Sentì il mondo che si era creata sgretolarsi mentre una sensazione di ansia e di soffocamento si impadroniva di lei. Tutto era finito. Si convinse che il vero incubo fosse quello che stava vivendo adesso. Lei dipendeva da Edward eppure la scelta che inconsapevolmente aveva fatto tagliava di netto i loro fili invisibili. Fu il brivido freddo che le percorse la schiena a riportarla alla cruda realtà mentre realizzava la situazione. Non era il momento di starsene immobile vinta dalla consapevolezza di ciò che era accaduto. Si asciugò velocemente le lacrime che ancora le rigavano il viso e alzandosi dal letto corse fuori dalla stanza.







Iniziò a pronunciare tutti i nomi della famiglia Cullen ad alta voce, mentre scendeva le scale e mentre controllava nervosamente ogni stanza della casa. Ma nessuna risposta ai suoi richiami. Quella grandissima casa era ormai desolata. Quando ebbe la certezza che era troppo tardi si lasciò cadere a terra mentre disperata piangeva le sue ultime lacrime.



Avrebbero mai avuto fine le sue sofferenze? Sarebbero mai finite le sofferenze che lei causava a gli altri? Sembrava proprio di no.





Erano passati tre giorni da quando Edward se ne era andato. Bella, sfogata tutta la sua disperazione, era tornata a casa. Non disse niente a Charlie, non disse che il matrimonio era stato annullato, che lei ed Edward si erano lasciati, definitivamente stavolta.



Quella notte era riuscita finalmente a dormire serenamente. Nessun incubo o sogno ricorrente le aveva fatto visita.





Quando l’indomani si fu alzata Charlie era già uscito per andare a lavoro. Per l’intera mattinata non fece altro che trascinarsi da una stanza all’altra della casa intenta a svolgere le faccende casalinghe. Era anche quello un modo per tenere la mente impegnata. Tornò nella sua stanza e faticosamente si lasciò cadere sul letto appena rifatto. Chiuse gli occhi e si portò il dorso della mano sulla fronte. Stava per farsi vincere dal vortice dei suoi pensieri quando aprendo gli occhi vide quel piccolo lupo in legno ciondolare dal suo braccialetto. Lo fissava come se il suo oscillare dovesse paralizzarla poi con l’altra mano iniziò a giocarci nervosamente. Qualcosa stava lentamente cambiando in lei perché sulle labbra accennò un lieve sorriso. Scattò poi in piedi e si avvicinò all’armadio mentre la tuta che indossava finiva velocemente sulla sedia della scrivania. Aveva finalmente deciso cosa fare.





Quel pomeriggio sarebbe tornata nel bosco per un’ultima volta. Stava per uscire dalla propria stanza quando tornò indietro. Prese un bianchetto dalla scrivania e si avvicinò al calendario appeso al muro. Un attimo di esitazione e poi la sua mano disegnò un cerchio bianco su quello rosso sull’ultima casella. Il 31 gennaio non avrebbe più avuto un significato particolare. Ripose il bianchetto al suo posto e stavolta uscì veloce dalla stanza.





Aveva lasciato il pick up sul sentiero, prima di avventurarsi per l’ennesima volta in quella foresta che ormai le era tanto familiare.



Ci mise un po’, ma finalmente giunse a destinazione. L’imponente casa dei Cullen era sempre lì. Per un attimo si era convinta che al suo ritorno, come avevano fatto i suoi occupanti, anch’essa si sarebbe dissolta. Ma non era così, evidentemente. Osservò la casa e tanti ricordi affollarono la sua mente. Era come se avesse vissuto una bellissima favola anche se piena di pericoli. Ricordò ogni piccolo, breve, istante trascorso con Edward e con i Cullen. Avrebbe portato per sempre tutto dentro di sé, non avrebbe mai e poi mai potuto dimenticare niente di quei mesi vissuti… niente. Ma prima o poi tutti dobbiamo svegliarci e tornare alla realtà. Era giunto il momento di vivere veramente. Sorrise mentre dava un ultimo sguardo all’immensa casa, prima di voltarsi e andarsene.



Corse più veloce che poteva lungo tutto il sentiero che dalla foresta portava di nuovo sulla strada, dove aveva lasciato il pick up. Riprese a guidare ma non verso casa, la sua nuova direzione sarebbe stata La Push.



Era arrivata quasi al confine. Pochi minuti e sarebbe stata nella riserva; pochi minuti e finalmente avrebbe rivisto Jacob. Il suo Jacob. Forse, se lui ancora l’avesse voluta, avrebbero potuto iniziare a vivere quello che tanto volevano. Era immersa nei suo pensieri quando il pick up iniziò a fare uno strano rumore. Dopo qualche metro il motore si spense e non ripartì più.

“Diamine, dovevi abbandonarmi proprio adesso?” imprecò contro quel grande mostro rosso che per tanto tempo le aveva fatto da mezzo di trasporto. Camminò in avanti e indietro davanti al pick up per qualche minuto, poi si decise.

“Si vede che oggi deve andare cosi” pronunciò a voce alta un attimo prima di riprendere a correre sulla strada che l’avrebbe portata alla riserva.





Bussò alla porta di casa Black ancora ansimante. Aveva quasi consumato tutta l’energia del suo corpo. Non era abituata a correre così tanto e velocemente, ma il suo bisogno di vedere Jacob era troppo forte. Voleva mettere fine al più presto a quell’esigenza. Quando la porta si aprì, Bella trovò un perplesso Billy a riceverla. L’immagine che Bella mostrava di se in quel momento non era certo tra le migliori. Alcune ciocche di capelli sfuggite all’elastico coprivano una parte del suo viso, le guance leggermente rosse mostravano il suo affaticamento e le scarpe e l’orlo dei jeans erano tutti bagnati e sporchi di fango. Durante la corsa aveva centrato più di una volta le pozze che trovava sul suo cammino eppure non sembrava essersene nemmeno accorta.



“Che c’è Bella? E’ successo qualcosa a Charlie?” Billy era evidentemente preoccupato. Doveva avere proprio un aria distrutta per spaventare cosi l’uomo.



“Oh, no, Billy. E’ tutto a posto, Charlie sta benissimo.” ansimò, mentre cercava di riprendere fiato. “Sono venuta per Jake… è in casa?”



Billy la osservò qualche istante. “È nel capannone.” rispose infine.



“Grazie.” Bella accennò un sorriso e poi tornò a correre in direzione del rifugio di Jake. Billy la osservò seduto sulla sedia a rotelle qualche secondo, poi anche lui accennò un sorriso e richiuse la porta alla sue spalle.



L’entrata del capannone era aperta. Bella sentì provenire dall’interno una canzone conosciuta. Fece capolino lentamente ma non vide nessuno. Solo la radio sintonizzata su chissà quale stazione rendeva vivo quell’ambiente. Jacob non c’era. Sul suo volto si dipinse un aria delusa. Voleva parlargli al più presto ma evidentemente avrebbe dovuto aspettare ancora. Fu proprio in quel momento che una voce alle sue spalle la fece sussultare.



“Bella?”

La ragazza si voltò di scatto. Quella voce. Quanti giorni erano passati senza che potesse udirne il suono.



“Jake…”



I due ragazzi si guardarono qualche istante senza dire niente poi fu Jacob a rompere il silenzio.



“Che ci fai qua? E il tuo pick up? Dove lo hai lasciato?” chiese in maniera più distaccata possibile.



“Ecco… il pick up si è fermato sulla strada mentre venivo qua e sono venuta di corsa.”



“Oh… Non dirmi che hai bisogno del tuo meccanico personale” pronunciò sarcastico.



Bella capì cosa voleva dire. “No, non ho bisogno di nessun meccanico.”



“Bene, meglio cosi, perché adesso ho altro da fare.” Aveva ripreso a camminare con ostentata indifferenza, oltrepassando Bella ed entrando nel capannone.



Bella rimase sorpresa da quell’atteggiamento. Ma cosa doveva aspettarsi dopo il loro ultimo incontro? Ovviamente stava andando anche troppo bene.



“E cosa stavi facendo?” chiese titubante.



“Te ne importa forse qualcosa? Credo tu abbia cose migliori a cui pensare.” Il tono di voce di Jacob era tagliente ed incisivo. Stava parlando del suo matrimonio, al quale ormai avrebbero dovuto mancare a malapena tre giorni. Di certo non poteva sapere che tutto era saltato. Bella assunse un espressione triste. Forse Jake non sarebbe riuscita a perdonarla cosi facilmente. Jacob accortosi della sua reazione sospirò.



“Sto preparando le ultime cose. Domani parto.”



Bella era scioccata. Stava partendo? Come stava partendo! No, no, no.



“E… dove vai?” riuscì a sussurrare.



“Non lo so. Voglio viaggiare, cambiare aria per un po’. Ho terminato finalmente la mia Golf, e quale compagnia migliore? A dire il vero avevo pensato ad un'altra via di fuga, ma il pensiero che gli altri fossero in grado di potermi tenere sempre d’occhio non mi piaceva granché…”



Certo, l’altra via di fuga sarebbe stato la trasformazione in lupo, ma sarebbe rimasto in contatto con il branco per chissà quanti chilometri. Era chiaro che voleva restare solo invece.



“Jake, non devi…”



Il ragazzo assunse un espressione nervosa.



“Non devo che cosa, Bella?”



“Non devi partire.” rispose debolmente con gli occhi che lo fissavano imploranti.



“Bella… mi sembra che tu adesso stia esagerando, veramente. Credo di aver fatto abbastanza. Pretendi davvero che accetti la situazione così facilmente? Così a buon mercato? Ti sbagli di grosso...” Silenzio. “Certo ti ho fatto una promessa, ma per adesso non sono ancora in grado di mantenerla. Spero che un giorno…”. Si era interrotto, incapace di terminare quella frase.



“Non partire di prego… non adesso.” lo implorò Bella.



Jacob la guardò allibito, poi scoppiò in una risata nervosa.



“Spero tu non voglia chiedermi di aspettare il tuo matrimonio… non avrai certo pensato che potessi parteciparvi.” Il suo tono di voce era duro.



“Jacob, non ci sarà nessun matrimonio,” dichiarò infine Bella lasciando Jacob nella perplessità più assoluta.



“Cosa vorresti dire? Come, non ci sarà nessun matrimonio?”



“Hai capito bene… è stato tutto annullato.”



“Ma Charlie ha detto a Billy che…” Bella non gli lasciò il tempo di finire la frase.



“Charlie non sa ancora niente.”



Jacob continuava a fissare Bella stupefatto.



“Bella, non capisco cosa tu voglia dire.”



“Jake…” Bella gli si avvicinò lentamente, finché a separarli non rimasero che pochi centimetri. “Io ho fatto la mia scelta…definitiva.”



Bella notò che l’espressione di Jake era diventata tesa e gli occhi erano velati di tristezza. Ovviamente aveva frainteso.



“Bella, non c’è bisogno che tu mi rinfreschi le idee. Sappiamo benissimo entrambi come sono andate le cose…”



“No Jake… tu, tu non sai niente.”



Jacob la fissava cauto. “Cos’è che al contrario dovrei sapere?” chiese in cenno quasi di sfida.



“Che ho bisogno del mio sole. Non posso rinunciare a l’aria. Non posso.” Bella pronunciò quelle parole con un infinita dolcezza. Jake, dal canto suo sembrò diventare di pietra.



“L’eclissi non dura per sempre.” concluse infine Bella.



Al suono di quelle parole Jacob finalmente comprese. Ricordò la loro ultima discussione. Ricordò le parole che lui stesso aveva pronunciato quando era stato convinto di aver perso definitivamente contro il suo rivale.



“Con le nuvole posso anche farcela. Ma non posso cavarmela con un eclissi.”





Jacob era scioccato e Bella intuendolo gli sorrise. L’ultimo passo che li teneva lontani venne poi colmato. Lo sguardo che si scambiarono sembrò non finire mai. Era come se anche quel momento fosse un sogno. Eppure nel momento che le loro labbra si toccarono, ebbero la certezza che quello che stavano vivendo altro non era che la pura realtà. Fu un bacio dolce, morbido, ancora incerto. Poi le loro fronti si toccarono, interrompendolo. Entrambi con gli occhi chiusi, assaporarono quella vicinanza così tanto cercata e finalmente conquistata.



“Cosa dovrei fare, adesso?” domandò esitante Jacob.



“Potresti portarmi con te,” rispose Bella accennando di nuovo un sorriso mentre Jake spalancava gli occhi.



“Tu lo faresti? Tu abbandoneresti tutto?”



“No. Io avrei finalmente tutto.”



L’aveva capito. L’unica persona al mondo di cui aveva veramente bisogno era solo una. E adesso era di fronte a lei. Si scambiarono di nuovo un profondo sguardo, poi scoppiarono a ridere insieme prima di sigillare quella promessa con un bacio. Una promessa che sarebbe durata per sempre.



La radio che era sempre rimasta accesa iniziò a suonare una nuova canzone.





I'm not quite sure how to breathe without you here

I'm not quite sure if I'm ready to say goodbye to all we were

Be with me

Stay with me

Just for now

Let the time decide

When I won't need you



My hand searches for your hand

In a dark room

I can't find you

Help me

Are you looking for me?



Can I feel anyore?

Lie to me, I'm fading

I can't drop you

Tell me, I don't need you



My hand searches for your hand

In a dark room

I can't find you

Help me

Are you looking for me?



Etch this into my brain for me

Tell me, how it's supposed to be

Where everything will go

And how I'll be without you by my side



My hand searches for your hand

In a dark room

I can't find you

Help me

Are you looking for me?



My hand searches for your hand

In a dark room

I can't find you

Help me

Are you looking for me?





Charlie rincasò molto tardi quella sera. Era stata una lunga giornata alla centrale. Non vedeva l’ora di gustarsi la partita di baseball comodo sul divano.



“Sono tornato. Bella, ci sei?” Nessuna risposta. La casa sembrava deserta. Si trascinò faticosamente in cucina ed accese la luce. Come il resto della casa anche quest’ultima era vuota. La sua vista però cadde sul foglio bianco piegato, appoggiato sul tavolo. Si avvicinò e lo aprì, leggendone il contenuto.





Papà, ti avevo promesso che non lo avrei mai più fatto, ma mentre ti scrivo questa breve lettera la decisione di infrangere la promessa è già stata presa. Finalmente ho capito cosa voglio davvero, di cosa non posso fare a meno nella mia vita. Forse ci stiamo comportando davvero come due immaturi, ma vado con la speranza e la consapevolezza che saprai perdonarmi. Non allarmare la mamma. Ti prometto che appena possibile ti chiamerò. Questa promessa sono sicura di poterla mantenere.



Ti voglio bene, Bella.



P.S Stai tranquillo non abbiamo intenzione di disertare la scuola per sempre… torneremo, presto. Ah… se ti può aiutare chiama Billy, deve essere nelle tue stesse condizioni.





Inizialmente gli venne quasi un colpo. Ma quando mise a fuoco soprattutto le ultime parole scoppiò in una risata.



“Lo sapevo!” esordì trionfante mentre si dirigeva verso il telefono.



“Billy, sono Charlie”



Dall’altra parte del telefono nessuna risposta. “Una ventina di birre possono bastare?” chiese Charlie divertito.



“Credo proprio di si,” rispose altrettanto divertito l’amico.



Charlie riagganciò il telefono e uscì di nuovo di casa.
[Modificato da Saori_ 02/02/2010 19:08]