La Santa Inquisizione Spagnola, ovvero quando la Chiesa faceva "GIUSTIZIA" in nome di Dio... estese il suo lungo braccio fino a Palermo, a tal ubicazione racconterò uno dei tantissimi abusi. Tempi che anche il "quietismo" poteva essere giudicato una gravissima colpa. L'Inquisizione (detta SANTA...) nacque a Roma nel 1252 con una Bolla promulgata da quel sant'uomo che rispondeva al nome di Innocenzo (SIC) IV, per la quale, di fatto, si dava mano libera a "speciali" tribunali ecclesiastici di eseguire interrogatori con torture e condanne a morte. Ogni tribunale poteva operare sull'insieme della cristianità romana con l'appoggio dei governanti del luogo inquisito. A Palermo venne insignito solo nel 1487 lungo una specie di "filo diretto" col Sant'Uffizio, ma operava in realtà con il TERRIBILE "distaccamento" spagnolo, ovvero quello istituito da quel sant'uomo di papa Sisto IV nel 1478 su gentile richiesta della regina Isabella la Cattolica (RI sic...) la quale diede CARTA BIANCA al famigerato domenicano Torquemada. Che animucce CANDIDE...Ah! Come pagherei volentieri un rublo, un sesterzio, una palanca, una peseta, una dracma, solo per il piacere di frantumarmi le scarpe nel prenderli a calci nel fondo schiena...
Il "ritardo" in Sicilia venne compensato da un immediato ed intenso lavoro... I giorni seguenti alla istaurazione del tribunale ecclesiastico con a capo il domenicano Antonio La Pegna, condusse al rogo immantinente una bella siciliana, tal Eulalia Tamarith, per la sola colpa d'essere di religione ebraica. Qui, già d'allora NON si parlò di eccesso di zelo, ma di una vendetta "AMOROSA" del prete ... spurcaciùn. Insomma non glie la voleva dare. La Santa Inquisizione, nella "felix" Panormus "lavorò" per circa tre secoli fino al 1782 e cioè fin dopo la cessazione della dominazione aragonese e spagnola nell'isola. Un lasso di tempo comunque sufficiente a far raggiungere alla città un record poco invidiabile di raffinate torture e di spettacolari esecuzioni. Due esecuzioni SUPER spettacolari si ricavano dagli archivi degli storici La Mantia e Garufi, con documentazioni relative al 1724 con due spettacolari condanne a morte, avente come protagonista principale l'agostiniano Ignazio Barbori detto frà Ramualdo. Il processo a suo carico si articola in contemporanea contro Filippa Cordovana, alias suor Geltrude, una benedettina imputata per le stesse "COLPE" del monaco.
Nei loro confronti l'accusa paradossale era del "QUIETISMO", i giudici ecclesiastici condussero i due imputati nelle carceri allucinanti dei sotterranei di Palazzo Steri, dove PER ANNI subirono raffinate torture. Il Quietismo era una dottrina teologica sorta verso il sedicesimo sec. ad opera del teologo e sacerdote Miguel De Molinas, che predicava la meditazione mistica. Di fatto non vi era nulla di "ERETICO", semmai punibili con qualche ramanzina ecclesiastica, ma a Palermo la S. Inquisizione superò se stessa (o forse no ?...), fatto sta che tra una tortura e l'altra "invitò" gli imputati a dichiararsi "colpevoli". Dopo i loro continui rifiuti di dichiararsi colpevoli di alcunchè di grave contro la Chiesa, essi vennero condannati a morte, all'assurda sentenza i due sbottarono (giustamente) : "I tribunali dell'Inquisizione sono opera del demonio". La loro esecuzione fu uno spettacolo "BELLISSIMO" annotava il segaiolo monsignor Mongitore consulente del Santo Uffizio: "prima si era fatta solenne processione con più di 200 nobili, con funzionari del Regno e del Senato palermitano e con gli ordini religiosi al completo e con gran concorso di autorità, di preti e di folla... Dinnanzi alla Cattedrale erano stati eretti enormi palchi pullulanti di nobili e dame, ma il vicerè e i'arcivescovo si godettero lo spettacolo dalle finestre dell'arcivescovado..."
Il clou dello spettacolo era costituito da pubbliche nerbate a 30 penitenti "pentiti" e quindi "salvatisi", mentre frà Romualdo e suor Geltrude, spalmati di pece, dovettero ascoltare la sentenza. Frattanto dietro ai palchi, ai nobili venivano serviti pranzi con diverse portate ed ogni sorta di rinfreschi. Al tramontar del sole vennero pure eseguiti "premiati" giochi pirotecnici. A sera avanzata i due infelici su un carro trainato da buoi, e tra ali di folla deliranti, vennero condotti verso il luogo del supplizio, nel Piano di Sant'Erasmo, vicino al mare. I patiboli con fori bloccanti testa e braccia, erano stati disposti sopra fornaci ricolme di fascine da accendere. Tra canti "sacri", toccò prima a suor geltrude: "prima le bruciarono i capelli per farle provar un picciol saggio degli ardori del fuoco (è sempre lo zelante e POETICO Monsignor Mongitore che parla), indi si diede fuoco alla sopravesta di PECE e alla legna di sotto..."
Stessa sorte toccherà poi a fra Romualdo, dopo essere stato costretto ad assistere al supplizio della suora. Sintetizzo (altrimenti l'amico Zambu mi arroventerà i medi estesi...
) con le parole dello storico di Matteo: "lo videro agitarsi disperatamente e mentre avvampava lo udirono urlare di dolore sin quando, faccia in giù, inceneritosi i sostegni, piombò nelle cataste ardenti..."
Quel sant'uomo del Mongitore, pignolo memorialista oltre che consultore del S. Uffizio, ebbe a narrare e commentare che, alla fine, le ossa degli "indegni cadaveri" vennero disperse in mare e così - terminando questa rappresentazione per l'ammirabil trionfo della Santa Fede - Mentre molti lodavano il Santo Tribunale, la pompa della processione, il fasto dei cavalieri, degli Inquisitori, il loro rigore e rettitudine." Era il 6 aprile 1724. un'altra assurda giornata da mea culpa...