CRISTIANI

BREVE STORIA DEL POPOLO EBRAICO

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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:56
    BREVE STORIA DEL POPOLO EBRAICO
    da Abramo alla fine della monarchia

    INDICEEpoca patriarcale (Abramo, Isacco, Giacobbe)
    La nascita del popolo ebraico
    La monarchia:
    Saul
    Davide
    Salomone
    Fine dell'unione fra Giuda ed Israele
    Caduta dei due regni e successivi sviluppi
    I due regni divisi
    Caduta di Samaria e fine del egno del Nord
    Giuda vassallo assiro

    Epoca patriarcale (Abramo, Isacco, Giacobbe)

    Non possiamo iniziare una storia, anche breve, del popolo ebraico, senza accennare alla figura di Abramo che rappresenta il padre naturale e spirituale dal quale ebbe origine questo popolo. Nella Bibbia abbiamo di Abramo una abbondante documentazione che va del libro di Genesi fino alla lettera di Giacomo. Nel Nuovo Testamento si parla di lui soprattutto dal punto di vista della fede per cui egli è idealmente il padre anche di tutti coloro che per fede hanno accolto l'opera redentrice di Gesù Cristo.

    Oltre alla fonte biblica, abbiamo anche a nostra disposizione la testimonianza dello storico ebraico Flavio Giuseppe che nella sua opera "Antichità Giudaiche" ci dà di Abramo un interessante descrizione che, penso, valga la pena di citare, se non altro per fare un confronto con i numerosi testi biblici a nostra disposizione. Questa descrizione la troviamo nel libro I, VII, 154,1 (pp. 74-75):

    « In mancanza di prole legittima, Abramo adottò Lot figlio di Aran e fratello di sua moglie Sarra; abbandonò la Caldea all'età di settantacinque anni, avendogli Dio ordinato di portarsi nella Cananea nella quale si stabilì, e lasciò ai suoi posteri. Essendo uomo di pronta intelligenza in ogni cosa, persuasivo con chi lo ascoltava, e non fallace nelle argomentazioni, più degli altri uomini incominciò a sentire il valore della virtù e si decise a riformare e cambiare le idee correnti sulla Divinità. Fu il primo ad avere il coraggio di affermare che Dio, creatore dell'universo, è uno solo, e che se vi è qualcosa che contribuisce ad una vita felice, tutto avviene per suo ordine, non per nostra abilità. Queste cose egli argomentava dai cambiamenti ai quali sono soggetti la terra e il mare, dai fenomeni che osservava sul sole e sulla luna, e da tutti gli altri fenomeni celesti; argomentava che se tutto fosse disposto da una forza presente in essi, forza che provvede alla loro regolarità, (essa dovrebbe apparire), ma siccome dimostrano di essere privi di tale forza, e quando operano per il nostro bene, non lo fanno per virtù propria, ma per la forza di chi a loro presiede, è dunque a Lui che si deve rendere omaggio e riconoscenza.
    Per questo sorsero contro di lui i Caldei e altri popoli della Mesopotamia, ed egli pensò che fosse giusto emigrare secondo il volere e l'aiuto di Dio, e si stabilì nella terra di Canaan. Qui giunto, innalzò un altare e offrì sacrifici a Dio »

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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:57
    Nella Bibbia si incomincia a parlare di Abramo in Ge al cap. 11 dal versetto 10, dove con una genealogia viene dimostrata la sua origine semitica. Il padre di Abramo era Terah, il quale oltre ad Abramo aveva altri due figli Nahor ed Haran. Haran muore nel paese nativo in Ur dei Caldei (v. 28) lasciando i figli Lot, Milkah e Iskah (vv. 27.29b). Abramo e Nahor prendono moglie: Abramo sposa Sarai e Nahor la nipote Milkah, figlia del fratello morto, Haran (v. 29a).

    Poi Terah parte da Ur dei Caldei portandosi dietro il nipote Lot (figlio di Haran) ed il figlio Abramo con la moglie Sarai. La destinazione sembrava essere, secondo il v. 31b il paese di Canaan, ma giunti a Haran, decidono di stabilirsi in quella località.
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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:57

    Lista secondo il Testo Masoretico


    nome del patriarca primogenito resto totale
    1 SEM 100 500 600
    2 ARPACSAD 35 403 438
    3 SELAH 30 403 433
    4 EBER 34 430 464
    5 PELEG 30 209 239
    6 REU 32 207 239
    7 SERUG 30 200 230
    8 NAHOR 29 119 148
    9 TERAH 70 135 205
    10 ABRAMO 100 75 175
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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:57
    È a questo punto che Abramo viene chiamato da Dio ad uscire dal suo paese, dal suo parentado e dalla casa di suo padre per recarsi in un paese che non conosceva. La fede dimostrata da Abramo in questa occasione viene premiata da Dio con una serie di benedizioni e con la promessa che la terra nella quale si stava recando sarebbe divenuta la patria dei suoi discendenti. La chiamata di Abramo da parte di Dio sta alla base degli ulteriori sviluppi della storia del popolo ebraico, ma costituisce anche, nello stesso tempo, la premessa sulla quale si snoderà tutta la storia della salvezza fino a Cristo. Una storia che coinvolgerà in prima persona il popolo eletto, ma che con Cristo si aprirà a tutto il genere umano: « In te saranno benedette tutte le famiglie della terra » (Gn 12, 3). Questa promessa viene ancora ripetuta ad Abramo in Gn 18, 18 e poi confermata anche ai suoi discendenti Isacco (Gn 26, 4) e Giacobbe (28, 14) e lo stesso Giuseppe morendo ha lo sguardo rivolto verso la sua realizzazione (Gn 50,24).

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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:58
    La nascita del popolo ebraico
    In Dt 26, 5-9 troviamo una classica professione di fede che l'ebreo doveva pronunciare nel tempio in presenza del sacerdote di turno. Si tratta come si può constatare di una sintesi delle vicende che hanno condotto alla realizzazione delle antiche promesse fatte da Dio ad Abramo, ad Isacco e a Giacobbe. La promessa e la sua realizzazione rappresentano quindi il motivo conduttore della storia del popolo ebraico che si muove tutta attorno ad alcune idee fondamentali: elezione, promessa della terra, schiavitù, liberazione, alleanza, peregrinazione nel deserto, conquista di Canaan.

    La figura chiave che interviene in questa secondo periodo della storia è quella di Mosè, il condottiero ed il legislatore per eccellenza. È per mezzo di lui che i discendenti dei patriarchi prendono coscienza di essere un popolo e di essere il popolo eletto da Dio.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:58
    I figli di Giacobbe a causa di una carestia si vedono costretti ad emigrare in Egitto dove trovano che Giuseppe, il loro fratello venduto schiavo a dei mercanti di passaggio, con il favore di Dio era diventato addirittura viceré di quel paese. Questo fatto si rivela provvidenziale per queste persone che possono così inserirsi bene nella società egiziana. Il libro di Esodo ci dice che all'inizio esse erano soltanto settanta persone in tutto, ma ben presto queste persone si moltiplicano fino al punto da diventare più numerose e più forti degli stessi egiziani.

    La storia la conosciamo molto bene: gli egiziani sentendosi minacciati dall'invadenza degli ebrei, riducono in schiavitù questo popolo opprimendolo, con duri lavori forzati, ma neppure questo provvedimento serviva ad arrestare la sua crescita. Così un nuovo Faraone, che non aveva conosciuto Giuseppe e che gli storici hanno pensato di identificare con Ramses II (1290-1224), ordina che vengano uccisi tutti i maschi alla loro nascita, ma le levatrici con un espediente si sottraggono a questo ordine. Il Faraone ordina allora di annegare nel Nilo tutti i maschi appena nati.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:58
    Mosè viene salvato dalla figlia del Faraone che lo alleva alla corte del re come proprio figlio. Consapevole della sua origine, Mosè, da adulto, si rattrista per i duri lavori ai quali erano sottoposti i propri fratelli e si ribella uccidendo un egiziano che stava percuotendo un ebreo. Per timore della vendetta del Faraone fugge nel paese di Madian, dove si sposa e dove ha un incontro con Dio nel famoso pruneto ardente. In questo incontro Dio gli ordina di tornare in Egitto, di mettersi a capo del suo popolo e di indurre il Faraone a lasciare liberi gli ebrei per condurli verso la terra promessa ai padri.

    Il compito che Dio affida a Mosè si rivela subito difficile. Il Faraone non sembra disposto a cedere alle richieste che gli vengono inoltrate. Sono necessarie infatti dieci piaghe che colpiscono gli egiziani per indurre il sovrano egiziano a più miti consigli. Dopo l'ultima piaga in cui l'angelo vendicatore colpisce tutti i primogeniti egiziani, compreso il figlio del Faraone, viene concessa finalmente la libertà e l'autorizzazione a partire.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:58
    Il libro di Esodo ci informa che gli uomini a piedi che uscirono dall'Egitto erano seicentomila, senza contare i bambini e molto probabilmente le donne. Agli ebrei inoltre si aggiunsero un gran miscuglio di gente di cui non viene precisata l'origine, ma che molto probabilmente viveva ai margini della società egiziana ed era stato attratto dallo stile di vita ebraico e dai miracoli compiuti da Dio per mezzo di Mosè. Si può quindi immaginare quale grande massa di popolo si mise in marcia in quell'occasione sotto la direzione di Mosè. Oltre alle loro masserizie e al bestiame in gran numero, gli ebrei si fecero consegnare dagli egiziani anche parecchi oggetti d'oro e d'argento.

    Tutta questa carovana si mette in marcia e si avvia verso il deserto per cercare una zona che fosse il più possibile lontana dalla sfera di influenza del Faraone e delle sue truppe. Non si sa con esattezza quale fu esattamente il percorso di questa grande carovana di uomini e di bestiame, ma si sa per certo che essi riuscirono a sfuggire miracolosamente alle truppe egiziane che li stavano inseguendo, attraversando indenni il Mar Rosso
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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:59
    L'esodo dall'Egitto fu un avvenimento talmente importante per il popolo ebraico da rimanere impresso in maniera indelebile nella sua memoria e da costituire il fondamento e la base sulla quale venne costruita in seguito tutta la sua vita politica, sociale e religiosa, soprattutto quando si stabilì definitivamente nella terra promessa della Palestina. Il calendario ebraico stesso tiene conto di questo avvenimento. Il mese in cui gli ebrei uscirono dall'Egitto è il mese di Nisan ed è il primo mese dell'anno. Il 14° giorno del mese di Nisan viene celebrata la pasqua ebraica, come ricordo della liberazione dalla schiavitù in Egitto e nella successiva settimana la festa degli Azzimi.

    Una volta attraversato il Mar Rosso, la carovana prosegue nel suo viaggio nel deserto verso la terra promessa fra alterne vicende, disagi e mormorazioni del popolo che nelle situazioni critiche rimpiange la vita in Egitto e rinfaccia a Mosè di averli condotti nel deserto a morire di fame e di sete. Dio provvede alla sussistenza del suo popolo nel deserto nonostante la sua incredulità, procurandogli l'acqua ed il cibo necessario. Finalmente questa carovana giunge nel deserto del Sinai ed è proprio in questa località che viene stipulato fra Dio ed il suo popolo un'alleanza. Lo stesso patto che Dio aveva stabilito individualmente con Abramo (Gn 15), ora lo stabilisce collettivamente con i suoi discendenti usciti dall'Egitto.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:59
    È interessante leggere le parole con le quali Dio si rivolge al suo popolo in Es 19, 4-6: «Voi avete visto ciò che ho fatto agli Egiziani, e come vi ho portato su ali d'aquila e vi ho condotto da me. Or dunque, se darete attentamente ascolto alla mia voce e osserverete il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare, poiché tutta la terra è mia. E sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa»
    Quest'ultima frase: « un regno di sacerdoti e una nazione santa» sono le stesse parole che da Pietro vengono applicate anche ai cristiani in 1 Pt 2. 9-10 per significare che tutti coloro che ripongono la propria fiducia in Cristo ereditano la condizione di popolo eletto e divengono l'Israele spirituale.

    Il patto fra Dio ed il suo popolo viene stipulato ufficialmente il terzo giorno sul monte Sinai con varie manifestazioni di potenza (lampi, tuoni, fuoco, fumo) che indicavano la presenza di Dio. Questo patto fra Dio ed il suo popolo viene ratificato con il sangue di torelli che vengono immolati come sacrifici di ringraziamento all'Eterno. Mosè raccoglie il sangue di questi sacrifici in due parti: una parte viene sparsa sull'altare, con l'altra metà Mosè asperge il popolo dicendo: « Ecco il sangue del patto che l'Eterno ha fatto con voi secondo tutte queste parole » (Es 24, 8).

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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:59
    È interessante notare che durante la cena pasquale, poco prima di essere arrestato nel Getsemane, Gesù pronuncia quasi le stesse parole, riferendole però questa volta al nuovo patto che stava per essere inaugurato con il suo sacrificio. Possiamo constatare questo nei sinottici e in Paolo:
    Matteo 26, 27-28 Marco 14, 23-24 Luca 22, 20 Paolo (1 Co 11, 25)
    Poi prese il calice e rese grazie, e lo diede loro dicendo: « Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del nuovo patto che è sparso per molti per il perdono dei peccati » Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro, e tutti ne bevvero. Quindi disse loro: «Questo è il mio sangue, il sangue del nuovo patto, che è sparso per molti » Così pure, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: « Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è sparso per voi» Parimenti, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: « Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo ogni volta che ne bevete in memoria di me »
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    E-sia
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    00 12/05/2011 17:59
    L'uso della stessa formula è la dimostrazione del collegamento esistente fra l'Antico ed il Nuovo Testamento, fra il popolo ebraico ed il popolo cristiano, fra l'Israele naturale e l'Israele spirituale. Se volessimo approfondire questo argomento dovremmo citare il capitolo 9 e parte del capitolo 10 della lettera agli Ebrei, ma per brevità lasciamo questo compito al lettore e ritorniamo al popolo ebraico.

    Lo abbiamo lasciato nel deserto del Sinai in procinto di stipulare un patto con Dio. Questo patto viene stipulato e ratificato col sangue. Poi Mosè sale sul Monte Sinai e vi rimane 40 giorni e 40 notti durante i quali Dio gli consegna le tavole della legge, i cosiddetti 10 comandamenti scritti direttamente da Dio, e in quella occasione gli comunica anche tutta una serie di prescrizioni e di leggi che riguardavano il culto e la vita civile e sociale. Il popolo ebraico verrà governato da quel momento in poi secondo un sistema teocratico. Cioè con leggi non formulate direttamente dal popolo o dai suoi governanti, ma direttamente da Dio.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 18:00
    Sorvoliamo sull'episodio del vitello d'oro e sulla reazione di Mosè in quella occasione. Dio si adira contro il popolo ribelle e Mosè intercede per lui. in Nm 10, 11-12 viene infine descritta la partenza del popolo dal deserto del Sinai. Riprende così la marcia verso la terra promessa che sembra irraggiungibile. Questa peregrinazione nel deserto dura circa 40 anni fra continue mormorazioni e ribellioni e nuove intercessioni di Mosè. Dio interviene ancora per perdonare e proteggere il suo popolo nonostante le sue continue proteste e ribellioni, ma è costretto a punire tutta quella generazione dai venti anni in su che non aveva avuto sufficiente fiducia in Lui. Tutte queste vicende le troviamo nei libri del Levitico e dei Numeri che bisognerebbe leggere attentamente per farsi un'idea esatta della situazione e di come un po' alla volta il popolo ebraico, dopo questa dolorosa esperienza del deserto, prende coscienza di essere una nazione. Le varie tappe di questa lunga peregrinazione le troviamo elencate sinteticamente nel cap. 33 del libro dei Numeri. Penso che valga la pena di leggere almeno un brano del libro dei Numeri che si trova nel cap. 14 dal v. 20 al 38.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 18:00
    Alla fine, dopo questo lungo peregrinare nel deserto, il popolo giunge in prossimità del Giordano a nord del Mar Morto, all'altezza di Gerico che si trovava dall'altra parte della sponde del fiume. Mosè muore senza poter entrare nella terra promessa, ma Dio gli concede di poterla guardare dall'alto di un monte (Dt 32, 48-52).

    Giosuè prende il posto di Mosè al comando del popolo ed inizia la conquista della terra di Canaan. Nel libro di Giosuè si ha l'impressione che questa conquista avvenga in maniera veloce e vittoriosa. A cominciare da Gerico tutte le città cananee, una dopo l'altra cedono all'assalto vittorioso delle truppe ebraiche e quasi tutto il territorio della Palestina viene invaso e spartito fra le tribù ebraiche. Secondo questo libro la conquista della terra promessa è una conquista ormai compiuta e realizzata.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 18:00
    Con il libro dei Giudici si ha invece l'impressione che questa conquista non sia ancora pienamente realizzata del tutto. Il popolo ebraico si trova a convivere con le popolazioni locali della Palestina e molto spesso questa convivenza non è del tutto pacifica. Siamo nel periodo dei Giudici, i quali sono degli eroi o dei personaggi famosi che di volta in volta ed in località diverse, a Nord o a Sud della Palestina, sono chiamati ad intervenire per salvare gli israeliti dall'invasione e dall'oppressione dei popoli vicini. Il libro si snoda secondo uno schema ben preciso che si ripete per ogni giudice:

    1. C'è un'infedeltà da parte del popolo ebraico,
    2. la conseguente punizione di Dio per mezzo dell'invasione dei popoli vicini,
    3. il lamento e la preghiera del popolo a Dio,
    4. Dio risponde a questo lamento ed a questa preghiera inviando un Giudice che mette a posto la situazione con la sconfitta del nemico.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 18:00
    Non dobbiamo pensare che tutto questo avvenga su scala nazionale, ma si tratta di episodi che avvengono localmente in varie parti della Palestina. La giurisdizione del giudice ed il suo campo d'azione è episodico e territorialmente limitato. Per rendersi conto di questo basta sfogliare anche solo superficialmente il libro dei Giudici e leggere alcuni titoli.

    Questa situazione andò avanti finché non sorse Samuele, il quale oltre ad essere un giudice, era anche un profeta. Gli Ebrei stanchi di essere governati dai giudici ed invidiosi dei popoli vicini che erano governati da re vollero anch'essi un re e lo chiesero a Samuele. Possiamo leggere questo in 1 Samuele dal cap. 7, 15 fino al cap. 8, 22.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 18:00
    Anche se alla fine Dio acconsentì di dare al popolo ebraico un re, appare evidente che tanto Samuele quanto Dio stesso non erano molto favorevoli a questa richiesta del popolo. Come possiamo spiegare questa reticenza da parte di Samuele e di Dio stesso dal momento che in Dt 17, 14-20 esisteva già una legge riguardante il re? Come mai Samuele si oppone alla richiesta del popolo pur sapendo che tale richiesta era già prevista nella legge che Dio diede a Mosè? Sembra difficile poterlo spiegare se non si ammette che tale brano non fu scritto da Mosè, ma fu aggiunto in una fase successiva quando ormai la monarchia era divenuta un'istituzione consolidata. Del resto che nella legge di Dio (Pentateuco) ci siano state delle aggiunte posteriori ci viene chiaramente testimoniato dalla stessa Scrittura in Gs 24, 25-26, dalla quale apprendiamo, ad esempio, che Giosuè aggiunse al « libro della Legge di Dio » lo statuto stipulato a Sichem.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 18:01
    Certamente Mosè, secondo l'uso degli antichi popoli, mise per iscritto gran parte della Legge, alcuni fatti importanti ed alcune norme divine fondamentali. Per esempio egli redasse in un rotolo la vittoria sugli Amalekiti per conservarne il ricordo in perpetuo (Es 17, 14). Egli scrisse pure tutte le parole del Signore e tutte le sue leggi (Es 24, 3-4). Mosè stesso ordinò che « il rotolo della legge » che aveva appena finito di scrivere, fosse posto nell'arca dell'alleanza, dove si pensava che Dio mostrasse in modo particolare la sua presenza (Dt 31, 24-26). Se nella legge vengono indicate esplicitamente le parti scritte direttamente da Mosè, questa stessa legge implicitamente vuole dirci che altre parti non furono messe per iscritto direttamente da lui, ma trasmesse per lungo tempo in forma orale da conservarsi a memoria e finalmente messe per iscritto da un redattore finale il quale ha dato a tutto il Pentateuco l'aspetto definitivo come è giunto fino ai nostri giorni. Per esempio il brano che troviamo in Dt 31, 9-10 è senz'altro un'annotazione di colui che ha dato la forma definitiva al Pentateuco, perché Mosè non poteva certamente parlare di se stesso in terza persona. Così pure il cap. 34 dove viene descritta la morte di Mosè non può certamente essere stata scritta da
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    E-sia
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    00 12/05/2011 18:01
    Comunque sin dall'inizio – a mano a mano che la legge veniva scritta – venne sempre attribuito ad essa un valore sacro e normativo. Il libro del Patto fu subito accolto come Parola di Dio (Es 24, 7). Giosuè chiamava lo scritto ricevuto da Mosè: «Il libro della Legge di Dio » (Gs 24, 26). Egli stesso avrebbe dovuto meditarlo di continuo (Gs 1, 7-8).

    Il nome di Mosè è stato associato al Pentateuco in quanto egli, in maniera diretta o indiretta, ne è l'autore principale. La sua opera di intermediario fra Dio ed il popolo in una fase delicata e fondamentale della storia ebraica, la sua figura di legislatore per eccellenza, ha lasciato nella memoria del popolo ebraico un'impronta indelebile.

    La Legge, la Torah o Pentateuco rappresenta per gli Ebrei l'insegnamento trasmesso da Dio per mezzo di Mosè. Tale insegnamento si trova non solo nelle parti legislative, ma anche in quelle narrative, perché il racconto biblico non viene mai inteso come una pura cronaca, bensì come il resoconto di eventi normativi, carichi di insegnamento di importanza vitale.

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    E-sia
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    00 12/05/2011 18:01
    La monarchia
    Saul

    Chiusa questa parentesi sul Pentateuco, ritorniamo a Samuele ed alla richiesta del popolo di avere un re. Anche se con riluttanza e dopo aver avvertito il popolo delle conseguenze negative che l'istituzione monarchica comportava, alla fine Dio dice a Samuele di accogliere la richiesta e di stabilire un re sul popolo ebraico.

    La scelta cade su Saul della tribù di Beniamino (1 Sm 9, 1). Secondo il racconto biblico la chiamata di Dio trova Saul del tutto impreparato a questa investitura, mentre stava cercando delle asine di suo padre che si erano smarrite. La cerimonia di unzione avviene in forma privata e senza pubblico (1 Sm 10, 1).

    Fin dai tempi dei Giudici (vedi Sansone) i nemici più acerrimi degli Ebrei erano i Filistei, ma la prima battaglia di Saul non fu combattuta contro di loro a nord, bensì ad oriente contro gli Ammoniti che avevano aggredito Jabesh di Galaad (1 Sm 11, 1). Le varie tribù ebraiche in quel tempo non erano ancora unite ed amalgamate tra loro come un unico popolo. Ognuna pensava a se stessa, a difendere il proprio territorio e non c'era quindi molta solidarietà fra loro. A causa di questa divisione le varie tribù di Israele diventavano facile preda degli attacchi dei popoli vicini
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