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Guerra di Corea
Nel giugno 1950, al momento dell'inizio del conflitto armato, Kim Il Sung aveva da poco compiuto 38 anni, oltre metà dei quali trascorsi sui teatri di guerra. Egli era infatti nato nel 1912 nel povero villaggio di Mangyongdae, non lontano dall'odierna capitale nordcoreana Pyongyang, da una famiglia di modeste condizioni. La Corea, al tempo, era una provincia dell'Impero Nipponico ed i suoi genitori erano ferventi presbiteriani, tanto che Kim, già da piccolo, aveva imparato a suonare l'organo in chiesa. In sèguito all'attività politica antigiapponese del padre, nel 1920, la famiglia fu costretta ad emigrare in Manciuria, la regione cinese che si estende al di là del fiume Yalu che segna il confine fra i due stati. Qui, in sèguito alla morte del padre, nel 1925, Kim aveva aderito al neonato Partito Comunista Coreano, fondato nel 1926, e nel 1929 venne condannato a due mesi di carcere dalle autorità cinesi proprio in virtù della sua militanza politica. Quando i giapponesi invasero la Manciuria, kim si unì ai guerriglieri comunisti cinesi che operavano contro le truppe d'occupazione nipponiche. Nel frattempo, anche in Corea s'era diffusa una guerriglia di stampo comunista che dette sempre filo da torcere al Giappone fino alla sconfitta da esso subìta nel settembre 1945. Assieme ai guerriglieri comunisti cinesi e coreani, a partire dal 1932, Kim seguì diversi corsi d'indottrinamento politico - militare, a Khabarovsk, in Unione Sovietica. Alla fine degli anni ' 30 era assurto al grado di capitano dell'Armata Rossa. Dal 1946 era rientrato in Corea ed era stato eletto - su nomina delle forze sovietiche d'occupazione, "Capo del Comitato Popolare Provvisorio", in quanto il Partito Comunista Coreano aveva formalmente sede a Seul, nel settore d'occupazione americano. Per il 1948 era evidente che l'immediata riunificazione della Corea non era possibile, visti i dissidi tra americani e sovietici, e i sovietici nominarono Kim Primo Ministro della neonata Repubblica Democratica Popolare di Corea (RDPC). Seguendo il percorso tipico dei paesi satelliti dell'URSS, il Partito Comunista si "fuse" con diversi gruppi più piccoli per formare il Partito dei Lavoratori Nordcoreano, il quale nel 1949 si fuse con la sua controparte sudcoreana per diventare il Partito dei Lavoratori Coreano, con Kim alla presidenza. Il Partito Comunista venne sùbito bandito dalla Corea del Sud e subì diverse persecuzioni. All'invasione del 1950 Kim si stava preparando da tempo, visto che sia egli, sia l'intera popolazione nordcoreana era stata indottrinata da tempo:

Fra il 1946 ed il 1949 oltre 10.000 giovani ufficiali nordcoreani erano stati inviati nelle accademie militari sovietiche a studiare.
Nel 1948 era stata introdotta in Corea del Nord la leva obbligatoria e l'intera popolazione era stata militarizzata.
Nel biennio 1947 - 1949 ben due divisioni di "volontari" nordcoreani - in tutto 40.000 uomini - avevano combattuto nella guerra civile cinese a fianco dei comunisti di Mao Tse Tung contro i nazionalisti di Chiang Kai Shek, al potere ed aiutati dagli americani.
Al termine della guerra civile cinese, nel settembre 1949, il rimpatrio delle divisioni nordcoreane aveva dotato Kim di uomini ben temprati ed esperti conoscitori della strategia e della tattica di combattimento americana. Dal dicembre 1949 la punta di diamante delle Forze Armate nordcoreane erano già concentrate a ridosso del confine tra le due Coree ed ammontavano a 150.000 uomini, 280 carri armati, 210 aerei da combattimento. Il conflitto armato scoppiò solo dopo che fu certa la sconfitta della guerriglia comunista sudcoreana appoggiata da circa 5.000 "partigiani" infiltrati dalla Corea del Nord. In tarda primavera Kim si rese conto che essa non avrebbe mai potuto aver successo. Il mese dopo venne sferrato l'attacco.

L'attacco alla Corea del Sud fu proposto dal leader nordcoreano - nell'ottica di una riunificazione nazionale - sia all'Unione Sovietica, che alla Cina già nell'autunno del 1949. Il leader russo Stalin e quello cinese Mao acconsentirono per motivi diversi. Stalin, fresco del cocente danno d'immagine conseguente al Blocco di Berlino da lui iniziato nel 1948, cui gli americani risposero col ponte aereo, era deciso a "studiare" l'entità della potenza rivale[27].

Mao, invece, era debitore al leader nordcoreano, il quale aveva inviato parte del suo esercito a sostenere i comunisti cinesi nella Guerra civile cinese del 1946 - 1949. Stalin promise solo aiuti bellici e forniture alimentari. Mao appoggiò i nordcoreani anche con istruttori militari e mise a disposizione anche aeroporti in Manciuria, ritenuti, a torto, al sicuro dai bombardamenti americani. Dopo ripetute violazioni del confine e scaramucce che si protraevano da quasi un anno, l'esercito nordcoreano, forte di 350.000 uomini, con 500 carri e 2000 pezzi d'artiglieria, addestrati da mesi (dal febbraio 1950 erano in "stato di allerta"), su ordine di Kim Il Sung, aprì un potente e continuato fuoco d'artiglieria a partire dalle ore 04:00 del mattino di domenica 25 giugno 1950, approfittando anche della giornata piovosa. Pochi minuti dopo che le batterie di obici nordcoreane, dislocate lungo il confine rappresentato dal 38º parallelo, avevano riversato sulle posizioni avversarie una valanga di colpi, dieci divisioni di fanteria ed una divisione corazzata attraversarono la frontiera. Il settore ove prese avvio la guerra fu la zona di confine limitrofa alla città di Kaesong (allora nella Corea del Sud, oggigiorno nella Corea del Nord a causa dello spostamento del confine in base alla linea d'armistizio), dove la IV^ Divisione di Fanteria nordcoreana iniziò a martellare pesantemente le posizioni sudcoreane. In confronto, l'esercito sudcoreano era - almeno in questo primo momento - del tutto disorganizzato: contava meno di 100.000 uomini, mal armati e peggio addestrati. L'esercito sudcoreano era addestrato più per còmpiti di polizia interna, od al massimo per azioni di controguerriglia. Le riserve erano inesistenti, a meno di non contare 50.000 poliziotti. L'artiglieria pesante era inesistente ed i carri armati e gli aerei da combattimento ammontavano soltanto a poche decine d'esemplari antiquati, lenti e male armati. La Corea del Sud non diede la notizia dell'attacco prima delle ore dieci antimeridiane, circa sei ore dopo l'invasione, che stava procedendo speditamente. Già nel pomeriggio del primo giorno di guerra, aerei nordcoreani bombardarono l'aeroporto di Seoul e la base statunitense di Kimpo. L'inizio del conflitto fu fulmineo, sia a causa della mancata dichiarazione di guerra da parte della Corea del Nord, che a causa della trascuratezza in cui versava l'esercito sudcoreano. Mentre le sue truppe erano già penetrate profondamente in territorio nemico, oramai alle porte di Seul, Kim dichiarò ufficialmente la guerra alle 11.00 del mattino, adducendo il pretesto di un presunto attacco nemico presso Haeju, una località non lontana dal confine del 1950 (in sèguito alle vicende belliche, il confine antecedente l'inizio della guerra non corrisponde più a quello conseguente).

Il giorno dopo, il 26 giugno, rimasta inapplicata la risoluzione dell'ONU per il cessate il fuoco con ripristino dello status quo, ma i nordcoreani continuarono a dilagare senza curarsene, cosicché i cittadini statunitensi vennero evacuati via mare dal porto di Inchon all'approssimarsi degli invasori. Il 27 giugno, Kim decretava la generale chiamata alle armi per liberare il paese, mobilitando anche i riservisti, l'ambasciata statunitense di Seoul venne evacuata, mentre a New York si riuniva il consiglio di Sicurezza dell'ONU che decretava sanzioni economiche contro la Corea del Nord. Il primo scontro tra statunitensi e nordcoreani avvenne il 27 giugno, quando il V Stormo dell'USAF abbatté tre aerei nemici mentre appoggiava l'evacuazione dei civili da Seoul. Il presidente americano Harry Truman, quasi contemporaneamente, ordinava alla marina e all'aviazione di intervenire in aiuto alla Corea del Sud. Un piccolo drappello di truppe statunitensi - del tutto inadeguato però ad arginare l'esercito invasore - era già sul posto.

Fu solo allora che il mondo fu portato a conoscenza che, nella notte del 25 giugno 1950, truppe nord-coreane costituite da circa 120.000 uomini, su dieci divisioni, avevano varcato simultaneamente il confine ed invaso il sud, che disponeva in quel momento di sole 4 divisioni, occupando Seoul, distante appena 40 km dal confine, il 28 giugno 1950. Grazie all'assenza del consigliere sovietico (ritiratosi per protesta contro la presenza della sola Cina nazionalista nell'ONU), gli Stati Uniti ottennero dal Consiglio di sicurezza un voto favorevole all'intervento militare.

Il presidente americano Harry Truman, il 28 giugno, il giorno successivo alla condanna pronunciata dall'ONU, ordinò di contrastare l'avanzata dei nordcoreani, ed il 7 luglio nominò il Generale Douglas Mac Arthur, capo del FEC (il Far East Command). Il FEAF (Far East Air Force) americano, agli ordini del Tenente Generale George E. Stratemeyer, iniziò subito ad intercettare l'aviazione nordcoreana a sud del 38º parallelo, venendo attaccato a sua volta. In risposta, l'indomani, bombardieri americani Boeing B-29 Superfortress bombardarono per la prima volta il territorio nemico, attaccando l'aeroporto della capitale nordcoreana Pyongyang. Per tutto il mese successivo, le poche forze di terra americane impiegate man mano che arrivavano non furono in grado di fermare l'avanzata nordcoreana. L'1 e 2 luglio 3 battaglioni di fanteria Usa furono duramente battuti ed il 20 luglio a Tacion, la 24ª divisione di Fanteria, frettolosamente inviata al fronte, perse 6000 uomini ed il suo comandante gen. William Dean fu catturato. Soltanto l'aviazione americana riusciva a ritardare l'avanzata nemica, mentre il Governo Usa inviava ingenti rinforzi in Giappone per costituire l'8ª Armata al comando del generale Walton Walker. Il quartier generale avanzato fu posto nella città di Taegu, nella Corea del Sud, il giorno 24 luglio. Il Giappone garantì l'utilizzo di basi militari sul proprio territorio metropolitano ed anche supporto navale.

Nel frattempo, su mandato delle Nazioni Unite, si creò una forza internazionale costruita ed organizzata dagli Stati Uniti e comprendente 18 paesi aderenti all’ONU: Corea del Sud, Stati Uniti d'America, Gran Bretagna, Canada, Australia, Filippine, Turchia, Olanda, Francia, Nuova Zelanda, Thailandia, Etiopia, Grecia, Colombia, Belgio, Sud Africa, Lussemburgo e, come supporto navale, Giappone. Vi era anche personale medico proveniente da Danimarca, Italia (curiosamente, nel periodo bellico, il governo sudcoreano emise una serie di francobolli commemorativi raffigurante i vessilli dei paesi soccorritori, presentando la bandiera non dell'Italia repubblicana, bensì quella dell'Italia monarchica), Norvegia, India e Svezia[. Gli alti vertici militari americani diramarono un comunicato alle truppe combattenti in cui s'impegnavano "...a concludere la campagna bellica entro Natale (del 1950) con l'occupazione dell'intera nazione coreana ed a riportare a casa le truppe entro il capodanno (del 1951).
Sotto la guida del generale Douglas MacArthur le truppe dell’ONU riuscirono a rallentare l’avanzata nord-coreana, dilagata nella Corea del Sud dove resisteva solo la zona di Pusan, fino a bloccarla del tutto, per poi riprendere l’iniziativa con una controffensiva lanciata il 25 settembre, che in breve risalì fino al 38º parallelo e poi (7 ottobre 1950) penetrò profondamente nel territorio del nord.

Il 3 agosto vennero fatti saltare i ponti sul fiume Naktong per ritardare la penetrazione nordcoreana nell'ultimo lembo di territorio sudcoreano rimasto libero. Proprio i durissimi scontri su questo corso d'acqua bloccarono definitivamente l'avanzata fino a quel momento inarrestabile dei nordcoreani. Sebbene gli invasori avessero in più punti attraversato il fiume, erano stati prontamente ricacciati indietro. Il primo scontro tra l'esercito nordcoreano e quello alleato avvenne il 5 agosto, ma l'avanzata nemica era talmente fulminea che Mac Arthur optò per creare una testa di ponte fortificata nell'estremo lembo sudorientale della Corea, in quello che è passato alla storia come il "Perimetro di Pusan"(un ritaglio di territorio lungo 140 km e largo 90 km col fiume Naktong a coprire il lato settentrionale ed occidentale ed il Mar del Giappone a coprire i restanti due lati), ove concentrare abbastanza truppe per resistere agli invasori e - nel frattempo - pianificare uno sbarco alle loro spalle al fine di chiuderli in una tenaglia. Gli strateghi cinesi previdero quest'eventualità e consigliarono ai nordcoreani di retrocedere, ma non vennero ascoltati[27]. Anche l'aviazione americana che si scontrava con i Mig 15 coreani e cinesi di fabbricazione sovietica, aveva migliorato le sue capacità, affiancando ed in parte sostituendo i Lockheed P-80 Shooting Star ed i Republic F-84 F Thunderstreak - inferiori agli aerei russi - con i più moderni e prestanti North American F-86 Sabre.

La controffensiva si concretizzò il 15 settembre, quando il Maggior Generale Edward M. Almond condusse un attacco anfibio contro il porto di Incheon, vicino al 38º parallelo, con il X Corpo Marines. Lo stile dell'operazione anfibia era quello titpico dei grandi sbarchi statunitensi dell'appena terminata Seconda Guerra Mondiale, dall'invasione della Sicilia a quella della Normandia, per non parlare di quelli operati contro il Giappone cinque anni prima. Lo scopo dell'operazione americana era quello di prendere alle spalle le armate nordcoreane che non si aspettavano un attacco tanto ardito 200 km più a nord, intrappolarle e tagliar loro le esili linee di rifornimento, oramai troppo allungate per opporre una significativa resistenza. Le forze nordcoreane, che da settimane premevano inutilmente contro il Perimetro di Pusan circa 200 km più a sud, improvvisamente scoprirono di rischiare di rimanere intrappolate in una gigantesca sacca, qualora da Inchon, senza particolare difficoltà, gli americani avessero letteralmente "tagliato in due" la penisola coreana. A questo punto fu il panico tra gli invasori e la loro ritirata fu improvvisa e caotica. In breve, l'esercito nordcoreano cessò di costituire un valido strumento offensivo e ripiegò rovinosamente in due settimane oltre il confine. Massacri di popolazione inerme vennero compiuti dai nordcoreani in ritirata. Già il 17 settembre venne recuperata Seoul ed il 26 settembre venne ripreso l'aeroporto della capitale, mentre dal "Perimetro di Pusan" i mezzi corazzati americani iniziavano a eliminare le sacche di resistenza nordcoreane a sud di Seoul. Il 28 settembre venne raggiunto il 38º parallelo, il confine ufficiale tra le due Coree. Il 29 settembre il presidente Truman autorizzò sia il dispiegamento dell'aviazione nelle basi della Corea del Sud, che l'attraversamento del confine con lo scopo di liquidare il regime comunista nordcoreano. A questo punto gli americani iniziarono sistematicamente a martellare con bombardamenti aerei continui i centri militari e produttivi nemici. Il 7 ottobre iniziarono le scaramucce sul confine, mentre venivano bombardate le città nordcoreane, le linee di rifornimento, le linee ferroviarie, i porti. Il 09 ottobre, reparti sudcoreani - lungo la zona orientale del confine - e la VIII Armata americana - a Kaesong - varcarono il 38º parallelo, occupando il 10 ottobre Wonsan ed il 19 ottobre Pyongyang. Nel frattempo, l'esercito nordcoreano aveva praticamente cessato di esistere, ed il leader nordcoreano volò a Pechino ad implorare l'aiuto cinese, dopo aver ricevuto un secco rifiuto da Stalin in tal senso. Il 26 ottobre le forze sudcoreane presero Chosan, città nordcoreana sulla riva destra del fiume Yalu. Era stato raggiunto il confine cinese e quel che rimaneva del territorio nordcoreano era diviso praticamente in due. Nonostante i ripetuti ammonimenti cinesi a non invadere il territorio nordcoreano e - soprattutto - a non raggiungere il confine cinese, e nonostante le fotografie della ricognizione aerea americana che mostravano senz'ombra di dubbio che ben 850.000 soldati cinesi erano stati ammassati lungo il fiume Yalu, a ridosso del confine con la Corea del Nord, nel bimestre settembre - ottobre, gli americani presero la città portuale di Chogjin ai primi di novembre. Il generale MacArthur aveva addirittura dichiarato alla stampa di non credere affatto ad un loro intervento nel teatro bellico. Mentre l’Unione sovietica si limitò ad appoggiare logisticamente il governo della Corea comunista, la Cina partecipò ai combattimenti inviando in Corea - già il 18 ottobre 1950 - oltre 180.000 soldati del XIII Gruppo d'Armata, alle cui spalle erano pronti altri 120.000 uomini di rincalzo, "volontari" che in breve ricacciarono le truppe dell’ONU al di là del 38º parallelo facendo svanire le speranze di MacArthur in una facile vittoria.

I rapporti tra Mao e Stalin non furono sempre brillanti, già prima della Lunga Marcia maoista. I cinesi faticavano a riconoscere a Stalin il ruolo di guida nel campo comunista[29]. Dissapori si ebbero anche durante il primo viaggio a Mosca di Mao, dal dicembre 1949 al febbraio 1950, quando il leader cinese veniva posto in anticamera per ore prima d'esser ammesso al cospetto di Stalin. Ciononostante, fu firmato un accordo di collaborazione politico - militare [28].

Nel biennio 1990 - 1992 trapelarono in occidente le vere cause che indussero i cinesi ad intervenire in Corea e di una vera e propria spaccatura tra il Partito Comunista Cinese ed il Partito Comunista dell'Unione Sovietica destinato a pesare sui futuri rapporti[30]. Nella fattispecie, dopo decenni di ricerche e ipotesi, trovano risposta molte delle questioni che gli studiosi consideravano irrisolte. È impossibile dedurre se la dirigenza cinese abbia preso direttamente parte alla progettazione dell'attacco di Kim Il Sung, il 25 giugno 1950, che diede inizio alla guerra. Così come mai viene indicato il numero dei morti cinesi nel conflitto. Piena luce, invece, viene fatta sulle motivazioni che indussero la dirigenza cinese ad intervenire fattivamente nel conflitto ed al grave dissidio esploso tra cinesi e russi in merito.

Da tempo era noto come i vertici militari americani ignorarono gli avvertimenti cinesi a non varcare il 38º parallelo, fattisi sempre più insistenti man mano che le truppe ONU occupavano la penisola avvicinandosi ai confini cinesi. McArthur riteneva le truppe cinesi «Troppo affaticate dalla guerra civile per poter ostacolare il piano statunitense di liberare l'intera penisola coreana». L'invasione, che impegnò 260.000 uomini dell'esercito cinese, ebbe un effetto devastante sulle truppe degli Stati Uniti, costrette poi alla più clamorosa ritirata della loro storia militare. McArthur s'accorse solo a metà novembre 1950 della reale entità numerica dell'impegno cinese e del fatto che i cinesi agivano senza la direzione sovietica. L'ingresso "mascherato" e, quindi, la serie delle mosse trabocchetto attuate da Pechino nascosero l'importanza dell'avanzata fino a quando non si arrivò ai grandi assalti notturni, chiamati attacchi ad "onda umana", contro gli americani.

In un telegramma datato 2 ottobre 1950 ed indirizzato a Stalin, Mao chiede l'aiuto sovietico. Nei giorni successivi Stalin sembra accordarlo, ma il 10 ottobre fa marcia indietro. Inutile risulta una missione segreta dell'allora primo ministro Zhou Enlai a Mosca. Il 13 ottobre Mao annuncia al premier che il Politburo ha deciso di lanciare comunque l'offensiva in Corea. Zhou Enlai aveva proposto di posticipare l'attacco agli americani in quanto la Cina aveva appena invaso il Tibet (7 ottobre). Il leader di Pechino era giunto da solo alla decisione di invadere la Corea del Nord: "Se permettiamo agli Stati Uniti di occupare tutta la Corea", scrisse nel telegramma, "il potere rivoluzionario nel Paese subirà una dura sconfitta e gli americani diventeranno incontenibili in Estremo Oriente".

Nel documento viene esplicitamente presa in considerazione la possibilità di bombardamenti USA sulle città cinesi in risposta all'entrata in guerra di Pechino, ma ciò viene considerata "un rischio da correre" pur di ottenere la distruzione della presenza militare americana nella regione. Mao non sospettava, invece, che McArthur avrebbe chiesto al presidente Truman di poter replicare nientemeno che con un attacco atomico sulla Cina di fronte all'incontenibile avanzata cinese.
L'esercito cinese guadò lo Yalu la notte del 27 ottobre. Già dal 19 ottobre interi reparti cinesi entrarono nel territorio della Corea del Nord integrando i regolari nordcoreani. I soldati cinesi si riparavano in cunicoli sotterranei da dove uscivano nel cuore della notte per attaccare col favore delle tenebre. Il contrattacco si concretizzò, tra il 28 ed il 29 ottobre, in una valanga umana che si abbatté sulle linee avanzate alleate, letteralmente travolgendole. L'intervento in massa dei cinesi divenne irresistibile a partire dal 25 novembre, quando 300.000 cinesi spianarono - a costo di enormi perdite umane - le prime linee americane. Con una tattica "a tridente", i cinesi sfondarono al centro, ricacciando i sudcoreani da Chosan ed impegnando gli americani ad est della città (contro il X Corpo dei Marines) ed ad ovest (contro l'VIII Armata). Le posizioni divennero impossibili da mantenere già dopo pochi giorni, nonostante i bombardamenti contro le colonne cinesi e contro le installazioni militari mancesi. Grazie all'aviazione (copertura offerta dai cacciabombardieri e trasporto offerto dagli elicotteri), le truppe alleate iniziarono il ritiro dalla Corea del Nord a partire dal 3 novembre, attraversando il fiume Chongchon. Mentre le truppe sudcoreane furono fin dall'inizio in rotta, gli americani resistettero a fatica e riuscirono ad organizzare efficacemente la ritirata, pur abbandonando alla mercé del nemico ingenti quantitativi di materiale bellico di prim'ordine (molti soldati cinesi impiegavano ancòra il vecchio moschetto Hanyang 88 del 1895, quando i nordcoreani erano armati con la carabina d'ordinanza dell'esercito imperiale tedesco e della Wehrmacht, il Karabiner 98K con otturatore a chiusura manuale risalente al 1898. In questo contesto, anche l'elicottero fa la sua comparsa in grande stile sui campi di battaglia per evacuare i feriti e le truppe assediate. MacArthur fece instaurare il blocco navale ai porti cinesi ed avviò contatti con Taiwan per una partecipazione dei nazionalisti cinesi al conflitto. L'8 novembre vennero bombardati i ponti sul fiume Yalu e la città di Sinuiju. In quest'occasione si svolse la prima battaglia aerea della storia in cui operarono unicamente aerei a reazione e fu vinta dagli americani. La ritirata dell'esercito alleato proseguì per tutto il mese di novembre e dicembre, 100.000 soldati e 17.500 veicoli vennero evacuati da 109 navi e da un numero imprecisato di elicotteri. Il 25 ed il 26 novembre furono rispettivamente bombardati il ponte ferroviario di Manpojin e quello di Chongsongjin, ma i cinesi continuarono ad attraversare lo Yalu ghiacciato, utilizzando ove necessario ponti provvisori in legno o di barche. L'offensiva alleata del 25 - 26 novembre venne fermata e la controffensiva cinese proseguì come un "rullo compressore", seppur con perdite enormi. A Chosin, la I divisione dei Marines fu costretta a ritirarsi, ma combattendo duramente riuscì a sfuggire all'accerchiamento. Tra l'1 e l'11 dicembre i reparti in ritirata dovettero esser riforniti dagli alleati con lanci aerei. Tuttavia, nonostante le gravi perdite, sia i marines che le divisioni dell'esercito riuscirono a ritirarsi e tra il 10 ed il 24 dicembre furono evacuate con mezzi navali dal porto di Hungnam e da Wonsan.


Intanto il 5 dicembre i cinesi ripresero la capitale nordcoreana Pyongyang e per capodanno si attestarono sul confine del 38º parallelo. Varcato il 38º parallelo il 1º gennaio 1951, il 4 gennaio i cinesi presero la capitale sudcoreana Seoul. L'avanzata cinese era però oramai lenta e scoordinata a causa della lunghezza delle linee di rifornimento e perché la scarsa e scadente struttura logistica cinese non consentiva operazioni fulminee. Vennero arrestati solo il 15 gennaio a circa 75 km dal confine, sulla linea Pyongtaek - Samchok. I cinesi erano esausti e le perdite subite erano state assai ingenti. Inoltre, le linee di rifornimento erano troppo estese e soggette al bombardamento a tappeto da parte degli aerei americani (a fine conflitto si contarono - ed il dato peccava sicuramente per difetto - 177.000 tonnellate di bombe sganciate dagli americani sui nemici). Dopo un paio di mesi di scaramucce sulla nuova linea del fronte, da ambo le parti, gli alleati scatenarono una prima controffensiva tra il 25 gennaio ed il 21 aprile 1951: l'aeroporto di Seoul venne occupato il 10 febbraio, la città di Wonju fu presa il 28 febbraio e Seoul stessa venne definitivamente presa il 14 marzo. Era il turno dei cinesi di retrocedere in modo caotico. il 23 marzo cadde Munsan ed il 27 Yonchon. Praticamente tutta l'area tra Seoul ed il 38º parallelo era stata sgomberata dai cinesi. Il dominio dell'aria americano è totale e neppure gli aviatori sovietici inviati da Stalin sotto mentite spoglie cinesi e nordcoreane poterono incresparla. Gli attacchi aerei si concentrarono tra la capitale nordcoreana ed il confine mancese per tutto aprile: Sariwon, Hamhung e l'area di territorio nordcoreano alla foce dello Yalu, denominata "MIG Alley". Raggiunto il 38º parallelo soltanto nella zona orientale della penisola già il 31 marzo, il 7 aprile gli alleati penetrarono nuovamente in territorio nordcoreano nel lato orientale del confine. A questo punto scoppiò il "Caso MacArthur".

All'inizio del 1951 il presidente americano Harry S. Truman, che fino ad allora aveva appoggiato la conduzione della campagna militare da parte di Douglas MacArthur, temendo un allargamento del conflitto (McArthur si era detto più volte favorevole all'uso delle armi nucleari), stanco delle critiche rivoltegli dal generale, preferì sostituirlo, l'11 aprile, con il più moderato Matthew B. Ridgway, già comandante della 82ª divisione aviotrasportata in Normandia ed in quel momento comandante dell'8ª Armata (dopo la morte in un incidente stradale nel dicembre 1950, del generale Walker), avviando pochi mesi dopo le trattative fra le parti per una conclusione concordata del conflitto, su suggerimento dell'Unione Sovietica.

Il secondo contrattacco cinese iniziò il 22 aprile contro Taepo e Chunchon, ma venne bloccato poco più a sud, ancora in territorio nordcoreano, a Hongchon, già dopo due giorni. Il 24 aprile, gli alleati presero Kansong, respingendo i cinesi di 80 km al di là del 38º parallelo ad oriente, fino a Hwachon, mentre ad occidente, i cinesi rimasero di poco al di qua del confine, presso Yonchon, stabilizzando il fronte. Contemporaneamente, la supremazia aerea degli alleati si fece totale. Nel mese di giugno, vennero bombardati tutti gli aeroporti cinesi in Manciuria, che vennero definitivamente cancellati. Il 23 giugno iniziarono a Kaesong i preliminari armistiziali e la controffensiva alleata ebbe termine l'8 luglio. Iniziò, a questo punto, una lunga ed estenuante guerra di posizione a cavallo del confine, fatta di attacchi e contrattacchi a ritmo incessante e continuo, che ricorda gli orrori della Prima Guerra Mondiale.

Entrambi i contendenti erano esausti economicamente; le perdite di uomini e materiali erano a livello di guardia, eppure i negoziati non facevano progressi, soprattutto per il problema dei prigionieri di guerra: i comunisti li rivolevano indietro tutti senza condizioni, mentre gli alleati rimanevano fermi per la libertà di scelta. Già il 10 luglio si manifestarono i primi dissidi e le trattative furono sospese il 23 agosto. L'indomani, gli alleati iniziarono a martellare il settore centrale del fronte con l'artiglieria. I comunisti costruirono tre nuovi aeroporti a Aamcham, Taechon, e Namsi, sùbito rasi al suolo dall'aviazione alleata nel mese di ottobre. Il 12 novembre, i negoziati ripresero a Panmunjeom.

Mentre il fronte si stabilizzava, soltanto l'aviazione alleata condusse azioni tra il 28 novembre 1951 ed il 30 aprile 1952. L'8 ottobre i negoziati furono nuovamente sospesi e gli alleati impiegarono l'aviazione fino al 1 novembre per "ammorbidire" i nemici. Il 5 marzo 1953 venne bombardata la città di Chongjin, prossima al confine sovietico. Il 20 aprile ripresero i negoziati, con i cinesi pronti a riconoscere il referendum di autodeterminazione tra i prigionieri di guerra. Tuttavia le forze comuniste ripresero le ostilità con l'esercito il 10 giugno conquistando Kumsong, ma vennero bloccate già il 19 giugno. A questo punto, l'aviazione alleata iniziò a bombardare le dighe nordcoreane. I negoziati di pace si conclusero il 27 luglio 1953 con la firma a Panmunjeom di un armistizio che ristabiliva sostanzialmente la situazione preesistente, e la creazione della Zona demilitarizzata coreana. La Corea rimase divisa in due stati: Corea del Nord, con capitale Pyongyang e Corea del Sud, con capitale Seoul. Ci furono 2 milioni di morti.

Cinesi e statunitensi furono soddisfatti, mentre le due Coree inizialmente non vollero riconoscere l'armistizio. Un comitato di supervisori dell'armistizio formato da osservatori appartenenti a nazioni neutrali operò fino al maggio 1956, quando, in séguito agli incontri diplomatici di Ginevra (26 aprile - 15 giugno 1954), falliti per l'inflessibilità dei nordcoreani, non si ratificò un vero trattato di pace. Da allora, gli americani mantengono 40.000 soldati ed arsenali nucleari in Corea del Sud e questo costituisce il più lungo armistizio della storia. Il 25 maggio 2009, a seguito delle rinnovate tensioni fra le due Coree, la Corea del Nord si è unilateralmente ritirata dall'armistizio.

[Modificato da ImperialSuddista 17/04/2011 16:24]