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CRISTIANI

Roma Papale

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    pedrodiaz
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    00 16/04/2011 19:11
    Cospirazione delle polveri
    Nota 20. alla lettera quattordicesima di Roma Papale 1882

    Se si volesse tessere la storia delle cospirazioni de' gesuiti, bisognerebbe scrivere dei volumi. Per darne un semplice saggio, ci limiteremo a dire poche cose sulla notissima cospirazione delle polveri in Inghilterra, e quello che ne diremo sarà tolto non da autori protestanti, ma da autori cattolici, e dagli atti di quel processo.

    Prima d'ogni altra cosa è da considerare un fatto rapportato dal presidente De Thou nella sua storia, che cioè verso la fine del regno di Elisabetta, i preti cattolici inglesi fecero un memoriale al papa contro i gesuiti d'Inghilterra. Dicevano in esso que' preti "che i Gesuiti erano i soli autori delle persecuzioni che i Cattolici soffrivano in Inghilterra; che finoacchè i Gesuiti non erano andati colà, i Cattolici avevano sempre conservata fra loro una stretta unione; che in que' tempi felici nessun Cattolico era mai stato accusato del delitto di lesa maestà... non appena però erano andati i Gesuiti, che tutto aveva cambiato faccia... i Gesuiti avevano dimenticato di non essere che semplici religiosi, e la loro ambiziosa politica si era manifestata; essi pretendevano vendere i regni, e mettere all'incanto le corone; essi avevano fatti libelli famosi contro i principali magistrati; avevano sparse lettere sediziose, nelle quali si minacciavano irruzioni di truppe straniere nel regno, ed avevano scritto molti volumi sulla successione al trono, ciò che era proibito sotto pena di morte. Queste temerarie imprese han reso tutti i Cattolici rei di Stato." Non sono protestanti, non sono increduli che scrivono queste cose; ma sono preti cattolici, e le scrivono al papa.

    Ma per venire alla cospirazione delle polveri, ecco come essa accadde.

    Un tal Castelby gentiluomo di provincia, zelantissimo cattolico e legato in stretta amicizia co' Gesuiti, e specialmente col P. Garnet loro superiore, concepì l'infame disegno. Raunò alcuni pochi suoi amici, e li chiamò a parte della congiura. "Noi potremmo, diceva, disfarci del re, in cento differenti maniere; ma che ci gioverebbe se lasciassimo poi vivere il principe di Galles ed il duca di Jork (i figli del re)? Quando noi avremmo fatto perire il re ed i suoi figli, avremmo ancora un parlamento fermo, vigilante, ed attento sulle nostre azioni; avremmo a temere molti grandi del regno, uomini di profondo sapere, lordi potenti, tutti impegnati nella eresia, ai quali ci sarebbe impossibile resistere... Bisogna dunque attaccarli tutti insieme, ed unire tutte le nostre forze per questa grande impresa."

    Dopo avere così preparati gli animi, disse ch'egli aveva immaginato il mezzo di far perire con un sol colpo tutti i principali nemici della religione cattolica; ch'egli era risoluto di fare una gran mina sotto il palazzo del parlamento, e nel giorno dell'apertura, quando il re, circondato dalla sua famiglia, da' grandi, dai vescovi, dai lordi, dai deputati, faceva il suo discorso di apertura, farla esplodere, e seppellire così sotto le ruine dell'immenso palazzo tutti. I congiurati accondiscesero.

    Castelby però temeva che qualcuno, preso da scrupolo, lo tradisse: per parare questo colpo, condusse i congiurati dal P. Garnet provinciale de' Gesuiti, amicissimo del Castelby, al quale, in presenza de' congiurati, propose questo caso di coscienza: "Se per difendere la causa de' cattolici, contro gli eretici, come la necessità lo richiedeva, era permesso d'inviluppare nella stessa ruina alcuni innocenti, insieme con molti colpevoli. "Il P. Garnet, senza esitare, rispose: che se vi era il vantaggio della religione cattolica (ecco cosa significa la indifferenza de' mezzi, purchè conducano al fine!), e che il numero de' colpevoli fosse stato maggiore di quello degl'innocenti, era lecito. E per appoggiare questo parere portò questo esempio: "Se si trattasse di riprendere una città dalle mani del nemico e che nella piazza vi fossero alcuni amici, ci asterremmo per essi di dare l'assalto? I nostri amici dovrebbero anch'essi subire la sorte della guerra."

    Assicurati così dalla autorità del P. Garnet in grande stima di dottrina e di santità, i congiurati si confessarono e comunicarono, ed avanti all'ostia fecero solenne giuramento di compiere il loro disegno e di osservare il più inviolabile segreto su tutto. Il P. Gerard gesuita li confessò e comunicò, e ricevè il loro giuramento.

    L'apertura del parlamento doveva aver luogo il 7 luglio 1604, ma fu prorogata al 7 febbraio 1605, e ciò diede maggior tempo ai congiurati. Uno di essi (Percy) prese in affitto una casa vicino al palazzo di Westminster, e s'incominciò nelle cantine a cavare la mina. Intanto Castelby mise a parte della cospirazione il suo servo Tommaso Bates, e, siccome tentennava, lo mandò dal P. Greenwell Gesuita, il quale lo rassicurò sulla santità dell'impresa.

    La mina era stata praticata fino alle fondamenta del palazzo, ma allora si trovò una difficoltà insormontabile. Le fondamenta del palazzo, tutte in pietra, non potevano essere forate senza fare un gran rumore. Allora scoprirono che in una casa vicina, vi era una grotta che era perpendicolare al luogo dove era il trono del re, e che colui che abitava la casa alla quale codesta cantina apparteneva, era morto. Percy prese in affitto quella casa, e la mina fu fatta in quella cantina.

    Intanto il P. Garnet scriveva al P. Baudouin che era ne' Paesi Bassi (sotto il dominio allora degli Spagnuoli) di tener pronte le truppe spagnuole sulla costa del mare, di aver pronti i trasporti per appoggiare la rivolta.

    La mina era composta di 36 barili di polvere, ed era tutta coperta con legna, fascine, carbone, e pietre. L' apertura del parlamento era fissata pel 5 novembre 1605, ed i congiurati erano tutti pronti. Ma Iddio non permise la esecuzione di così orribile delitto, ed ecco il come.

    Dieci giorni prima dell'apertura del parlamento, il barone di Montéagle ricevè una lettera anonima, nella quale gli si diceva che, se gli era cara la vita, non andasse all'apertura del parlamento, che anzi si ritirasse subito ne' suoi beni. Gli si raccomandava anche, per suo bene, di bruciar subito quella lettera, e non farne parola con alcuno.

    Il barone, da quell'uomo onesto ch'era, mandò, con le debite precauzioni, la lettera al segretario di Stato, il quale da principio non ne fece alcun caso; poi ripensandovi meglio la mostrò al re; ma senza darle alcuna importanza. Il re vi pensò sopra alcuni giorni (perchè gl'Inglesi non peccano mai di precipitazione), poi convocò il consiglio de' ministri, e si decise di fare una visita di polizia al palazzo dì Westminster e suoi contorni. Fu fatta la visita il lunedì quattro, vigilia dell'apertura, fu anche visitata la grotta ove era la mina, ma non si vide in essa che una quantità di legna e carbone: si domandò a qual uso servisse quella gran provvisione, e fu risposto che era per l'uso del signor Percy locatario di quella casa. Nella grotta vi era il servo di Castelby, ed interrogato perchè fosse colà, rispose essere il servo del signor Percy, che era disceso per prendere carbone.

    La polizia fece rapporto al ministro di questa visita, e solo osservò che la quantità di legna e carbone ammassato in quella cantina, le era sembrata eccessiva per l'uso di un particolare; e che l'aspetto del servo del Percy trovato in cantina le era alquanto sospetto. Il ministro riferì al re, il quale alla mezzanotte ordinò un'altra visita più rigorosa in quella cantina.

    Nell' avvicinarsi alla casa del Percy, la polizia trovò quel servo che aveva veduto in cantina, e lo legò senza complimenti; fu perquisito sulla persona, e gli si trovò dell'esca, e tutto l'occorrente per accenderla, più tre miccie. S'incominciarono a toglier le legna, e si scoprì la mina preparata. I congiurati fuggirono, ma furono quasi tutti presi: Castelby e Percy si difesero disperatamente, e furono uccisi. Il servo confessò; ma disse che sua intenzione era di metter fuoco alla mina, e di seppellirsi con loro sotto le ruine.

    I congiurati confessarono e furono condannati alla morte. Il re aprì quella mattina il parlamento. I tre Gesuiti Garnet, Gerard e Greenwell presero la fuga e si nascosero: ma presi, dopo un lungo processo, nel quale furono sempre negativi; convinti però con testimonianze, e con le stesse loro lettere intercettate, furono condannati all'estremo supplizio.

    Tutto quello che abbiamo detto in questa nota è un brevissimo estratto della storia del De Thou, il quale racconta a lungo questa cospirazione.
    Pedro
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    pedrodiaz
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    00 16/04/2011 19:11
    Lettura della Bibbia proibita
    Nota 21. alla lettera quattordicesima di Roma Papale 1882

    Quando i Protestanti dicono che i preti proibiscono la lettura della Bibbia, questi rispondono che non è vero, che noi mentiamo, e che la loro Chiesa solo per carità e per amore delle anime proibisce la lettura delle Bibbie protestanti, perchè mutilate e falsificate. Molti Cattolici credono su questo ai preti, e specialmente vi credono que' Cattolici che vivono ne' paesi protestanti, ne' quali la lettura della Bibbia, tradotta non secondo il testo, ma secondo la Volgata, e con gli apocrifi, è permessa anche ai Cattolici. Questo permesso è una eccezione che i papi han dovuto fare alla regola generale; ma la proibizione esiste, e la eccezione, secondo l'assioma legale, conferma la regola. Vediamo brevissimamente se cotale proibizione esiste.

    Noi possediamo un libro alquanto raro di 352 pagine in quarto, stampato a Parigi nel 1661 per ordine del clero Gallicano, nel quale sono riportati i pareri dei più celebri teologi e canonisti, ed i decreti dei papi, de' concilii, della Sorbona, che vietano assolutamente la lettura della Bibbia in lingua volgare. Basterebbe quel libro, opera di preti e pubblicato a spese de' preti, per provare colla loro stessa testimonianza che essi mentiscono.

    La prima formale proibizione della lettura della Bibbia in lingua volgare, la abbiamo nel decreto del Concilio di Tolosa tenuto nel 1229. Due cose rimarchevoli fece quel Concilio per rendersi celebre: stabilì l'Inquisizione, e proibì la lettura della Bibbia. Ecco il decreto di quel Concilio per quello che riguarda la Bibbia. Prohibemus etiam ne libros Veteris et Novi Testamenti laicis permittantur habere, nisi forte psalterium aut breviarum pro divinis officiis, ac horas B. Virginis aliquis ex devotione habere velit: sed ne proemissos libros habeant in vulgari translatos. Eccone la traduzione letterale: "Vietiamo eziandio che si permetta ai laici di avere libri del Vecchio e Nuovo Testamento; ammenochè non voglia qualcuno per sua divozione avere il salterio, o il breviario pe' divini uffici, ovvero le ore della B. Vergine. Però non gli sieno permessi neppure tali libri, se sono tradotti in volgare." È chiaro sì o no questo decreto? È esso una invenzione de' Protestanti?

    Ciò accadeva nel secolo decimoterzo: nel secolo XIV tale era la ignoranza che, non essendovi quasi fra' laici chi sapesse leggere, non fu necessario rinnovarlo. Ma appena incominciarono a diradarsi alquanto le tenebre della ignoranza, che i teologi, ed i francesi pe' primi, cominciarono a gridare contro la lettura della Bibbia; ed i documenti che sono nel libro da noi citato, ne sono la prova. Ilcelebre Gersone cancelliere dell'Università di Parigi scrisse contro la lettura della Bibbia; scrissero nello stesso senso un'altra caterva di teologi, fra' quali primeggiano Spirito Rotero Domenicano ed inquisitore, Jacopo Ledesma Gesuita, Maurizio Poncet Benedettino, Alfonso De Castro Francescano, Ambrogio Caterino e Pietro Soto Domenicani, Roberto Bellarmino e Giovan Battista Scorza Gesuiti: ma sopra tutti si distinse il cardinale Osio, il quale giunse a dire che "permettere la lettura della Bibbia a' laici, è un dare le cose sante ai cani, e gettare le perle a' porci."

    L' Indice de' libri proibiti stabilisce per legge nella sua regola IV, che non si possa nè leggere nè ritenere la Bibbia in lingua volgare; e chi osasse averla non può essere assoluto dal confessore: tanto un tal peccato è grave! È vero che la quarta regola dell'indice proibisce di leggere la Bibbia senza licenza del confessore o dell'inquisitore; ma papa Clemente VIII tolse questa clausola, e vietò ai vescovi, confessori ed inquisitori di dare tali licenze.

    Abbiamo sott'occhi un Indice de' libri proibiti stampato in Roma nel 1704 per ordine di papa Innocenzo XI, nel quale si trovano fra gli altri i seguenti libri proibiti:
    Pag. 30, le Bibbie stampate per cura degli eretici sono assolutamente proibite.
    Le Bibbie in una lingua volgare qualunque, pag. 94, le narrazioni evangeliche... i sermoni del Vangelo.
    Pag. 177, passi tolti da quasi tutti i capitoli del Vangelo.
    Passi tolti dai due Testamenti.
    Pag. 258, le frasi della Scrittura santa.
    Tutto quello che tratta della eccellenza, della dignità, dell'autorità ec. della Scrittura santa.
    Gli estratti delle Scritture.
    Pag. 269, la somma di tutta la Scrittura.
    I sommarii della Bibbia.
    Pag. 272, le tavole de' due Testamenti.
    Pag. 273, il riassunto del Vecchio Testamento.
    Cantici scelti dell' Antico e del Nuovo Testamento.
    Le frasi dell'Antico e Nuovo Testamento.
    Le citazioni de' due Testamenti.
    Dopo tali prove, o bisogna essere ignorantissimi, o superlativamente bugiardi per negare che Roma proibisca la Bibbia.

    Clemente XI, nella famosa bolla dommatica che incomincia unigenitus, condanna la lettura della Bibbia, e dice che essa non è "nè necessaria, nè utile; che i laici non debbono nella domenica occuparsi di quella lettura," e tante altre cose anche peggiori. Pio VI nel 1794, in un'altra bolla dommatica che comincia auctorem fidei, condanna parimente la lettura della Bibbia.

    Nè si dica che que' papi proibivano le Bibbie de' Protestanti, perchè nè il P. Quesnel condannato nella bolla unigenitus, nè il vescovo di Pistoia condannato nella bolla auctorem fidei, erano Protestanti, nè raccomandavano la lettura delle Bibbie protestanti. È dunque la Bibbia, parola di Dio, che i papi proibiscono, non le versioni fatte da' Protestanti.

    E ciò tanto è vero che papa Pio VII, il 29 giugno 1816, proibisce la traduzione della Bibbia in lingua polacca fatta dal P. Wuick gesuita, e già approvata da due papi: ed in quel breve, parlando della Bibbia in lingua volgare, dice, che essa è "la più maligna delle invenzioni; una peste; la distruzione della fede; il più gran pericolo per le anime… un nuovo genere di zizzania seminata dal nemico… la ruina di nostra santa religione."

    Dopo Pio VII, è venuto in moda che ogni nuovo papa nella sua prima enciclica vieta di nuovo la lettura della Bibbia, e scomunica tutti coloro che la propagano.
    Pedro
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    pedrodiaz
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    00 16/04/2011 19:12
    Repubblica di Ginevra
    Nota 22. alla lettera quattordicesima di Roma Papale 1882

    Tutta la storia contemporanea è un tessuto di fatti per provare questa verità. Il fine politico che si propongono i Gesuiti è di far trionfare la clerocrazia; ma per ottener questo, bisogna che uccidano la libertà ed il progresso; bisogna ristorare il dispotismo, fosse anche sotto nome di repubblica o di democrazia. Noi non vogliamo citare l'esempio della Francia contemporanea, per risparmiare al fisco il possibile incomodo di farci una visita. Parleremo invece di una piccola repubblica, della quale possiamo parlare perchè la conosciamo, e perchè non temiamo parlando di essa di attirare sopra di noi la attenzione del fisco.

    La piccola repubblica di Ginevra fu lacerata nel 1847 da una interna rivoluzione. Due partiti si formarono: i radicali, ed i conservatori. I radicali ebbero la vittoria; ma era difficile che si fossero potuti sostenere. Giacomo Fazy era alla loro testa: uomo d'ingegno, se si vuole, ma di nessuna convinzione religiosa, e di moralità alquanto problematica. Alcuni dicevano che i Cattolici di Ginevra avessero domandata la protezione di Fazy, altri che Fazy avesse domandato l'appoggio de' Cattolici. Comunque sia, i Cattolici furono protetti, ed essi appoggiavano sempre Fazy e il suo partito. Con l'ingrandimento della città si favorì la immigrazione de' Savoiardi cattolici, i quali tutti trovarono nel governo del Fazy protezione, anche con danno de' Ginevrini. Fu regalato ai Cattolici un magnifico terreno nel posto più bello della città, acciò vi potessero fabbricare la loro cattedrale. Vi era una legge, che il forestiere non potesse essere ammesso ai diritti di cittadinanza se non dopo avervi avuto un domicilio di sei anni; e Fazy volle che i sei anni fossero ridotti a sei soli mesi, acciò tutti i Savoiardi dimoranti a Ginevra, divenissero in un istante Ginevrini. Non ottenne per allora l'intento, ma l'anno dopo ottenne che i sei anni fossero ridotti a tre. I Cattolici votavano sempre per il Fazy ed egli proteggeva sempre i Cattolici.

    Quando questi si sono bene consolidati, lo hanno abbandonato. Ora non hanno più bisogno nè di lui, nè del suo partito; e cercano fomentare la discordia ne' due partiti, per rendersi padroni assoluti del campo. Vi riesciranno essi? Dio lo sa.
    Pedro
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