00 08/02/2011 19:50
Le parole della Consacrazione: che cosa è essenziale?

Il P. Most dice che dal momento che le parole “per molti” vengono omesse nei racconti dell’Ultima Cena dati nel Vangelo di S.Luca e nella Prima Epistola di S.Paolo ai Corinzi, e mancano anche negli scritti di alcuni antichi Padri della Chiesa sulla Messa, tali parole non devono essere ritenute essenziali entro le parole della Consacrazione (la forma del Sacramento della SS.Eucarestia). Di fatti, nessuno dei Vangeli, delle Epistole, o degli scritti citati dal P. Most afferma alcuna intenzione di dare le precise parole della Consacrazione (sebbene il fatto che S. Matteo e S. Marco abbiano le parole “per molti” provi definitivamente che Nostro Signore le abbia pronunciate davvero).

Ciò che realmente importa, piuttosto, è l’insegnamento della Chiesa sulle forme dei Sacramenti. Detto molto semplicemente, la Chiesa insegna che sia la materia che la forma di ogni Sacramento devono significare ciò che il Sacramento effettua. Questa dottrina è spiegata ed applicata praticamente nella Bolla di Papa Leone XIII, Apostolicae Curae (sulla invalidità delle ordinazioni anglicane):

“Tutti sanno che i sacramenti della Nuova Legge, come segni sensibili ed efficaci della grazia invisibile, debbono sia significare la grazia che effettuano, sia effettuare la grazia che significano. Sebbene la significazione debba esser trovata nell’intero rito essenziale — vale a dire, nella materia e nella forma — essa compete ancora principalmente alla forma... le parole che fino a poco fa erano comunemente ritenute dagli anglicani costituire la corretta forma dell’Ordinazione dei sacerdoti — cioè, ‘Ricevi lo Spirito Santo,’ certamente come minimo non esprimono definitamente il Sacro Ordine del Presbiterato, né la sua grazia e potere... Tale forma per conseguenza non può essere considerata atta o sufficiente per il sacramento, dato che omette ciò che deve essenzialmente significare.”

In realtà, la materia fu stabilita molto tempo fa, quando la Chiesa definì nel Decreto sui Giacobiti (che citeremo più avanti) e nel Decreto De Defectibus, che la forma della SS.Eucarestia è la forma completa come data nel Missale Romanum. Riguardo alla forma esso stabilisce:

“Possono insorgere difetti rispetto alla forma, se una cosa qualsiasi pretenda di completare le attuali parole della consacrazione. Le parole della consacrazione, che sono il principio formativo di questo Sacramento, sono le seguenti: ‘Questo è infatti il Mio Corpo,’ [Hoc est enim Corpus Meum] e ‘Questo è infatti il Calice del Mio Sangue, del Nuovo ed Eterno Testamento; Mistero della Fede, che sarà effuso per voi e per molti in remissione dei peccati.’ [Hic est enim Calix Sanguinis Mei, Novi et Aeterni Testamenti; Mysterium Fidei, qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum]. Se una qualunque omissione o alterazione è compiuta nella formula di consacrazione del Corpo e del Sangue, che implichi un cambiamento di significato, la consacrazione è invalida. Una addizione effettuata senza alterare il significato non invalida la consacrazione, ma il celebrante commette un grave peccato.”

Pertanto, omettere la parola “infatti” (enim) non implica un cambiamento di significato, ma questo non è il caso per le altre parole, e specialmente, “che sarà effuso per voi e per molti in remissione dei peccati.” Infatti queste parole chiaramente significano la grazia che viene conferita. Al contrario, le parole, “Questo è infatti il Calice del Mio Sangue,” prese da sole, non significano il conferimento della grazia del Sacramento.

“Molti” rispetto a “Tutti”

Ciò che è realmente in questione riguardo al Novus Ordo è se il cambiamento da “per molti” a “per tutti” [“per tutti gli uomini” nella versione inglese, N.d.R.] implichi un cambiamento di significato oppure no. Il P. Most dice di no. Il suo ragionamento è che la parola greca “polloi,” usata dagli Evangelisti nei racconti dell’Ultima Cena (che significa “per molti”), è usata in altre parti della Scrittura a significare “tutti di un grande gruppo” (ovvero “tutti che sono molti,” come la mette il P. Most); perciò, tradurla con “per tutti” sarebbe realmente lo stesso che “per molti.”

Ma, se esaminiamo l’uso attuale nel Novus Ordo, troviamo: “per tutti gli uomini” [for all men] in inglese. Non troviamo la frase “per tutti che sono molti,” ma il “per tutti gli uomini” [ovvero il “per tutti” della versione italiana, N.d.R.]. Ora, non esiste alcun possibile stiramento dell’immaginazione che possa fare in modo che “per tutti gli uomini” significhi lo stesso che “per molti” o anche “per tutti che sono molti.” Le ultime due frasi si riferiscono ai membri di un vasto gruppo esclusivo; “per tutti gli uomini” [il “per tutti” italiano] non è esclusivo di nessuno. Ma “Per tutti gli uomini” [il “per tutti” italiano] è la traduzione ufficiale della Chiesa del Vaticano II.

Il Catechismo del Concilio di Trento spiega perché si deve usare “per molti,” cioè, il gruppo esclusivo:

“Guardando all’efficacia della Passione, crediamo che il Redentore ha sparso il Suo Sangue per la salvezza di tutti gli uomini; ma guardando ai vantaggi che il genere umano deriva dalla sua efficacia, troviamo innanzitutto che non sono estesi alla totalità, ma solo ad una ampia porzione della razza umana... Con grande proprietà, perciò, le parole, ‘per tutti’ non vennero usate, perché qui (nel Sacramento della SS. Eucarestia) si tratta soltanto del frutto della Passione, e solo agli eletti la Sua Passione portò il frutto della salvezza.”

Quindi, i “molti“ sono quelli che attualmente ricevono il frutto della SS. Eucarestia e la S.Messa; poiché la S.Messa è il rinnovamento incruento del Sacrificio di Cristo sul Calvario. (Rimandiamo il lettore all’articolo, Res Sacramenti, di Patrick Henry Omlor).

Diviene così più che mai ovvio che “per tutti“ [“per tutti gli uomini” nella versione inglese] non ha relazione con l’effetto del Sacramento; non tutte le anime ricevono infatti il frutto della Passione. Ed ecco qui una chiara illustrazione da un altro Sacramento: se un prete, nel battezzare un bambino, dicesse “Io battezzo tutti gli uomini, nel Nome del Padre, ecc.,” anche se avesse la retta intenzione, il Battesimo sarebbe valido? Certamente no, e il P. Most sarebbe il primo a dirlo. Questo punto allora dovrebbe risultare ovvio: nel Novus Ordo, le parole “per tutti” non significano quelle mediante le quali la SS.Eucarestia effettua la grazia; dunque, non fosse che per questo solo difetto esso è invalido.

S. Pio V volle davvero significare “In perpetuo”?

Il P. Most insiste col suo terzo argomento principale che la Bolla Quo Primum, di Papa S. Pio V, è mera legislazione ecclesiastica, e quindi soggetta a cambiamento da parte dei Papi successivi. Si deve affermare che, in base alla definizione di infallibilità papale, un Papa insegna infallibilmente su materie “concernenti” la fede o la morale, ecc. Ebbene, la Quo Primum fu emanata per promulgare perpetuamente il Messale Romano e l’Ordinario della Messa; e questo, per salvaguardare le dottrine contenute nella S. Messa. S. Pio V vide che Lutero aveva distrutto la Messa col cambiare le dottrine ivi contenute. Allo scopo di perpetuare la validità della Messa, emanò questo perpetuo decreto. Certamente, allora, concerne la fede, e deve essere accettato come esente da errore. Tutto l’arrampicarsi del P. Most circa le formule di definizione è privo di significato. Questo documento è essenzialmente dottrinale, poiché il Canone della Messa contiene il cuore della dottrina cattolica. Perciò, questo documento certamente non può in alcun modo essere assimilato alle leggi ordinarie della Chiesa, come quelle sul digiuno, ecc. S. Pio V rende ben chiaro che questo è un decreto solenne, perpetuo:

“...Con la presente Nostra Costituzione, da tenersi in perpetuo, … stabiliamo e comandiamo sotto pena della Nostra indignazione che a questo Nostro Messale recentemente pubblicato giammai, in alcun tempo, nulla possa essere aggiunto, sottratto o cambiato (nell’Ordinario della Messa)....[§ VI]

“Anzi, in virtù dell’Autorità Apostolica, Noi concediamo a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l’indulto perpetuo di poter seguire, nella Messa cantata o recitata, in qualunque chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui avranno piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente, così che non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che abbiamo prescritto, né d’altra parte possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale. [§ VII]

“...Similmente decretiamo e dichiariamo che le presenti Lettere in nessun tempo potranno venir revocate o diminuite, ma stabili sempre e valide dovranno perseverare in tutto il loro vigore.... [§ VIII]

“Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento, facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio Onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo. [§ XII]”

Se questo non è abbastanza solenne per il P. Most, non sapremmo come altro si potrebbe chiamare.

S. Pio V, intese dunque realmente significare “in perpetuo”? Se il lettore crede che quando il Papa parla infallibilmente, è Cristo che parla attraverso di lui, è ovvio che S. Pio V intendeva ciò che disse
[Modificato da Ghergon 08/02/2011 19:51]
"Ciascuno deve salvare non solamente la propria anima ma anche tutte le anime che Dio ha posto sul suo cammino.

Suor Lucia Dos Santos



TURRIS EBURNEA



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