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IL DIRITTO ALLA CRITICA

L’autodemolizione della Chiesa: Il diritto di una resistenza
pubblica anche per dei semplici fedeli. Il “diritto”,
cioè, di potere fare delle “critiche” – sia pure rispettose – a
certi atti della Gerarchia della Chiesa. Anche al Papato!
Chi conosce, infatti, anche solo un poco di Teologia e di
Diritto Canonico sa che il Papa gode del carisma dell’infallibilità
solo in certi atti del Magistero, e anche questo in
condizioni ben definite. Quindi, l’adesione a degli insegnamenti
non infallibili non fa perdere il diritto di non essere
d’accordo col Papa – naturalmente per ragioni ben fondate! –
per atti concreti praticati e sostenuti da Lui.
Queste nostre affermazioni sono comunque sostenute da
numerosi documenti di celebri teologi.
Ne cito i principali:

1) Il celebre card. Cajetano sostiene che «si deve resistere
di fronte a un Papa che, pubblicamente, distrugge la
Chiesa».1


2) Anche François de Vitoria, grande teologo e canonista
del XVI secolo, insegna: «Se egli (un Papa) volesse consegnare
tutti i tesori della Chiesa (…) ai suoi parenti, se
volesse distruggere la Chiesa o altre cose simili, non si
dovrebbe permettere che egli agisse in tal modo, ma ci
sarebbe l’obbligo di opporsi a lui con resistenza. La
ragione di ciò è che Egli non ha il potere di distruggere,
per cui, se lo fa, è più che lecito resistergli» (ibidem,
p. 487). E più avanti scrive: «Da tutto questo risulta che
se il Papa, mediante suoi ordini e suoi atti, distruggesse
la Chiesa, gli si può resistere e impedirgli l’esecuzione
dei suoi comandi» (ibidem, p.487).
Ed ecco un altro suo testo: «Per diritto naturale, è lecito
respingere la violenza. Ora, (per ordini ingiusti) il
Papa esercita la violenza quando egli è contro il Diritto
(…). Perciò, è lecito resistergli. Osserva Cajetano:
«come noi non affermiamo questo nel senso che non appartiene
a qualcuno il diritto di essere il giudice del Papa,
o di avere autorità su di Lui, bensì nel senso che è lecito
difendersi. In effetti, a chiunque appartiene il diritto
di resistere a un atto ingiusto, di cercare di impedirlo
e di difendersi» (ibidem, pp.486-487).

3) Anche il grande Suarez, di poco posteriore a Vitoria, afferma:
«Se Egli (il Papa) dà un ordine contrario ai buoni
costumi, non gli si deve ubbidire. Se egli si prova di
fare qualcosa manifestamente contrario alla giustizia e
al bene comune, è lecito resistergli!
Se egli attaccasse con la forza, con la forza può essere respinto,
con la moderazione propria alla giusta difesa
(«cum moderamine inculpatae»)».2

4) Anche il grande card. Bellarmino Roberto, s.j., campione
dei diritti del Papato, nella lotta contro il protestantesimo,
scrive: «(…) come è lecito di resistere al Pontefice
che attacca i corpi, così è anche lecito resistere a colui
che aggredisce le anime, o chi turba l’ordine civile, o,
soprattutto, a chi si sforza di distruggere la Chiesa. Io
dico che è lecito resistergli, non facendo quello che egli
ordina, e impedendo l’esecuzione della sua volontà.
Tuttavia non è lecito di giudicarlo e di punirlo o di destituirlo,
perché questi sono atti propri di un superiore».

5) Anche il card. Journet, nel suo Trattato “L’Eglise du
Verbe Incarnè” (vol. 1, p. 839 ss.) ammette la dottrina
dei maggiori teologi, secondo la quale un Papa può anche
divenire “scismatico”. Per cui i fedeli possono e
devono resistergli!

6) L’esempio di S. Pietro e di S. Paolo:
L’episodio lo racconta lo stesso S. Paolo (Gal. 2,11-14).
S. Pietro, cioè, per paura di dispiacere ai molti giudei battezzati,
se ne avesse dato l’esempio lui stesso, favorì, la
posizione dei “giudaizzanti”. S. Paolo, allora, in vista
del danno che quel gesto di Pietro avesse significato per
la Fede, “restitit in faciem Coefae”. Lo apostrofò in
pubblico. Davanti alle sue obiezioni, S. Pietro riconobbe
d’aver torto e si sottomise, umilmente.
L’episodio, naturalmente, sollevò, nei “commentatori”
delle questioni: dunque, ci sono dei “casi” in cui è legittimo
“resistere in faccia” anche a un Papa e a un Vescovo!
Quali sono questi “casi”?
Il Principe dei Teologi, S. Tommaso d’Aquino, risponde:
secondo lui, in certe circostanze, si ha il diritto di
resistere pubblicamente a una decisione del Pontefice
Romano, (…) se c’è un danno prossimo per la Fede, i
Prelati (Papa compreso!) devono essere interpellati anche
pubblicamente, per questi loro atti, dai sudditi, i fedeli.
Come S. Paolo, che era soggetto a S. Pietro, lo contraddisse
pubblicamente, a causa di un danno imminente di
scandalo in materia di Fede, S. Agostino glossa: «S. Pietro
stesso ha dato l’esempio a quelli che governano,
perché non ricusino, se allontanati da retto sentiero,
una correzione fatta dagli stessi loro soggetti, e non la
reputino indegna!».3

S. Tommaso, poi, sottolinea che quell’episodio contiene
delle lezioni valide, sia per i Prelati che per i loro soggetti.
«Ai Prelati - scrive - fu dato l’esempio di umiltà, affinché
non abbiano a rifiutare di accettare dei rimproveri
da parte dei loro inferiori e soggetti; e ai soggetti
fu dato l’esempio di zelo e di libertà, affinché non temano
di correggere i loro Prelati, specie quando il crimine
è pubblico e torna a danno di tante persone».4

7) Il famoso Cornelio a Lapide, grande esegeta del XVI e
XVII secolo, scrive che, secondo S. Agostino, S. Ambrogio,
S. Beda, S. Anselmo e molti altri Padri, la resistenza
di S. Paolo a S. Pietro fu pubblica perché, così, lo
scandalo pubblico dato da S. Pietro, fu corretto, rimediato
con una riprensione pure pubblica».5
E in un altro scritto, Cornelio a Lapide, dice: «(…) I Superiori
possono essere ripresi, con umiltà e carità, dagli
inferiori, affinché la verità sia difesa» (Gal. 2,11). S.
Agostino, S. Cipriano, S. Gregorio, S. Tommaso e altri
sopra citati, insegnano chiaramente che S. Pietro, benché
fosse superiore, fu richiamato da S. Paolo (…). S. Agostino
afferma (Epist. ad Hieronymum): insegnando che i superiori non devono rifiutarsi di lasciarsi richiamare
dagli inferiori. S. Pietro ha donato alla posterità un
esempio più inusato e più santo di quello di S. Paolo, il
quale insegna che, nella difesa della verità e con carità,
egli appartiene agli inferiori nell’avere l’audacia di resistere
senza paura ai superiori».6

(N.B.: tra i padri Orientali si può consultare, su questo punto,
S. Giovanni Crisostomo, S. Giovanni Damascene, Teodoreto…).

"Ciascuno deve salvare non solamente la propria anima ma anche tutte le anime che Dio ha posto sul suo cammino.

Suor Lucia Dos Santos



TURRIS EBURNEA



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