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Roma 6 febbraio 2011

V Domenica T. O.

Introduzione. Un augurio di S. Paolo, affinchè, la nostra fede, non sia fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
Che significa questo?
Risposta. Significa dare più risalto alla tela della fede, più che alla cornice, cioè ai contorni del quadro. Perché questo però avvenga sono necessarie tre parole chiavi:
A. Rinunziare al:
1. L’ingiustizia
2. Puntare il dito
3. Parlare empio.
“ Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato … allora brillerà fra le tenebre la tua luce …” (1ª lettura).
Questi deleteri comportamenti denunciati dal profeta Isaia, purtroppo oggi sono tuttora presenti nella nostra società sotto le forme più devianti quali:
1. Il pluralismo esasperato, secondo il quale ogni forma di pensiero o di fede è buona; viene così a scomparire ogni visione spirituale e trascendente di Dio, della nostra fede e della morale evangelica.
2. Un’antropologia naturalistica, che giustifica ogni deriva morale e sociale, nel campo della sessualità e dei rapporti interpersonali, con le forme più comuni della depravazione, dell’aggressività, della violenza, della litigiosità e altro, dovute a tendenze istintive innate, dalle quali l’uomo difficilmente riesce a liberarsi. Così lo studioso austriaco Konrad Lorenz, Freud, Lombroso ecc..
3. Le più impensate manipolazioni psicologiche, sociali e culturali (cfr. “Cattivi Maestri” di A. Gnocchi) a mò di lavaggio del cervello. Manipolazioni che spesso alterano il giudizio oggettivo delle molteplici informazioni e talvolta favoriscono una società autodistruttiva, o sfociano facilmente nel nichilismo della droga, dell’alcool e del suicidio. (cfr. E. Fromm in “Avere o Essere”).
Riflessione. Al contrario per quanti si impegnano a non lasciarsi catturare da questi falsi modelli della sapienza umana, ma ricorrono alla potenza paterna di Dio, come afferma il profeta Isaia: “Vedranno la loro vita sorgere come l’aurora e le loro ferite presto rimarginate”. (1ª lettura)

B. Seconda parola chiave: Essere
Il costitutivo essenziale del cristiano secondo gli insegnamenti del Signore, esige:
l’essere sale della terra: “ Voi siete il sale della terra”, dice il Signore. Proprietà del sale sono quelle di dare sapore alle cose, preservare i cibi, disinfettare le piaghe, sciogliere il ghiaccio sulle strade. Fuori metafora “essere sale della terra”, cosa che Gesù dà per scontata per i suoi discepoli, significa impegnarsi nel mondo ad essere credibili, capaci di provocare sane inquietudini spirituali; risanare piaghe sociali e morali, sciogliere le coscienze indurite dal male.
Riflessione.
Un compito molto difficile purtroppo, perché, forse per le nostre incoerenze:< Se il Cristianesimo – diceva il convertito Emmanuel Mounier – non è più minacciato di eresia, è perché non appassiona più> e questo per colpa di noi cristiani, che non siamo più né sale, né luce per gli altri.

L’essere luce del mondo: “Voi siete la luce del mondo”; anche qui il Signore dà per scontato, che dobbiamo essere luce. Mèta difficile per noi creature limitate; ma se non possiamo essere “fari”, cerchiamo almeno di essere “piccoli fiammiferi”. Anche un solo fiammifero acceso nel buio può sempre diradare il buio almeno intorno a noi.

L’aprire il nostro cuore alle necessità degli altri: “ Se aprirai – dice il profeta Isaia – il tuo cuore all’affamato, all’afflitto, allora la tua luce brillerà fra le tenebre” (1ª lettura). Non è facile soprattutto oggi “aprire il cuore agli altri”, in un contesto sociale duramente contrassegnato dalle due tristi piaghe dell’individualismo e dell’incomunicabilità. Si tratta del famoso complesso “dell’ostrica”, come lo chiamava don Tonino Bello. Eppure non bisogna disarmare, perché il Signore ha detto: “ Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. (Gv. 15,13).
Riflessione. Così ha scritto un autore spirituale Michel Quoist:< Il mondo ha bisogno della tua vita, non della tua commedia>. (Da “Parlami d’amore”)

C. L’agire è la terza parola chiave del cristiano.
Ma l’agire deve essere quello di cristiani credibili e coerenti perché dice il Signore: “ Gli uomini vedano le vostre buone opere e rendano gloria al Padre vostro che è nei Cieli> (3ª lettura). Dunque l’agire deve essere la molla, che deve caratterizzare la vita del credente. Ma per fare questo occorre: guardarsi da ogni tentazione di: pigrizia, indifferenza, sfiducia, presunzione di sé. Al contrario occorre premunirsi di umiltà, fiducia nel Signore, preghiera, perché senza di Lui non si può nulla, spirito di sacrificio e di altruismo.
Riflessione. A queste condizioni il credente potrà essere non solo un fedele discepolo del Signore, ma anche un elemento di disturbo per i malati di “routine” nella fede e i rassegnati al peggio. Allo stesso tempo potrà dimostrarsi una benefica molla di propulsione sia a favore della Chiesa, che della società. Di questo ne erano convinti i santi, al punto, che non si lasciavano intimorire dalle difficoltà o dalle persecuzioni del mondo ostile, perché dinanzi a queste scriveva ai Romani il martire e vescovo S. Ignazio d’Antiochia:< Il Cristianesimo non si sostiene con le parole dell’umana sapienza, ma con la forza della potenza di Dio> (S. Ignazio di Antiochia, da “ Lettera ai Romani” C. 3,6).

Conclusione. Affidiamo dunque il cammino della nostra vita di discepoli del Signore, non alle sicurezze aleatorie offerteci dalla sapienza umana, ma al nostro personale impegno, che fa affidamento alla sola potenza di Dio.

Don Remo Bonola