I vacui amici del tiglio - Spazio libero

il neocrepuscolarismo

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    00 14/12/2010 16:01

    trattasi della più misteriosa tra le correnti letterarie. e devo dire anche la più singolare perché, udite udite, ne fui proprio io uno degli artefici nel lontano 1992, all'epoca di Tago Mago e del (ri)nascente Circolo di Strada Maggiore poi nè nascente nè rinascente e diventato una sorta di ritrovo per scommettitori di cavalli e ancora dopo per gente disagiata.
    se ne ho voglia ve ne parlerò, ma mi deve venire la voglia perché trattasi di una di quelle dissertazioni un po' incasinate che penso stanchino tanto chi le scrive quanto chi le legge.
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    00 16/12/2010 19:46
    Primo Spunto

    mi arriva una telefonata per dirmi che Marco vuole parlarmi del mio scritto.
    arrivo da lui, ma lui non c'è e lo trovo in strada che guarda i televisori esposti con i risultati delle corse ippiche. è talmente compreso a guardare e a fumare il suo sigaro che a malapena mi saluta.
    sono stato da te, tua moglie mi ha detto che eri al bar. sì, risponde, mia moglie per bar intende la sala corse, hai fatto bene a raggiungermi qui.
    ma che cosa mi volevi dire? chiedo alla fine. nulla, fa. cioè, soggiunge, sempre attento all'evolversi delle telescriventi, non proprio nulla: ti chiedevo di parlare di te e del tuo libro, ma soprattutto di te e del tuo disagio. dove? al Circolo Cervi, se non ti dispiace.
    mi dispiace eccome, altrochè. vorrei parlare della nostra nuova tendenza metaletteraria e non certo di me. tuttavia non dico nulla e l'accordo è siglato.
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    |Denilson|
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    00 16/12/2010 23:17
    frequentavo anch'io quell'agenzia ippica, talvolta. ho ricordi esclusivamente ippici di quel luogo.
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    "é melhor ser alegre que ser triste / alegria é a melhor coisa que existe..." (samba da bençao)
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    00 17/12/2010 08:30
    bene. e sono già 2 i punti di contatto: Faenza e questo scorcio di Strada Maggiore: uno scenario si profila già
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    00 17/12/2010 17:14
    Secondo Spunto

    Tago Mago, nella sua prima parte, è il manifesto del neocrepuscolarismo. in essa ho ricreato (tentato di) i tipici scenari della poetica crepuscolare, più corazziniana che gozzaniana. ho amato molto Corazzini, in particolare questa poesia:

    Desolazione del povero poeta sentimentale

    Perché tu mi dici: poeta?
    Io non sono un poeta.
    Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
    Vedi: non ha che le lagrime da offrire al Silenzio.
    Perché tu mi dici: poeta?
    Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.
    Le mie gioie furono semplici,
    sempilci così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.
    Oggi io penso a morire.
    Io voglio morire, solamente perché sono stanco;
    solamente perché i grandi angioli
    su le vetrate delle cattedrali
    mi fanno tremare d'amore e di angoscia;
    solamente perché, io sono, oramai,
    rassegnato come uno specchio,
    come un povero specchio melanconico.
    Vedi che io non sono un poeta:
    sono un fanciullo triste che ha voglia di morire.
    Oh, non meravigliarti della mia tristezza!
    E non domandarmi;
    io non saprei dirti che parole così vane,
    Dio mio così vane,
    che mi verrebbe da piangere come se fossi per morire.
    Le mie lagrime avrebbero l'aria
    di sgranare un rosario di tristezza
    davanti alla mia anima sette volte dolente
    ma io non sarei un poeta;
    sarei semplicemente, un dolce e pensoso fanciullo
    cui avvenisse di pregare, così, come canta e come dorme.
    Io mi comunico del silenzio, cotidianamente, come di Gesù.
    E i sacerdoti del silenzio sono i romori,
    poichè senza di essi io non avrei cercato e trovato il Dio.
    Questa notte ho dormito con le mani in croce.
    Mi sembrò di essere un piccolo e dolce fanciullo
    dimenticato da tutti gli umani,
    povera tenera preda del primo venuto;
    e desiderai di essere venduto,
    di essere battuto
    di essere costretto a digiunare
    per potermi mettere a piangere tutto tutto solo,
    disperatamente triste,
    in un angolo oscuro.
    Io amo la vita semolice delle cose.
    Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a poco,
    per ogni cosa che se ne andava!
    Ma tu non mi comprendi e sorridi.
    E pensi che io sia malato.
    Oh, io sono veramente malato!
    E muoio, un poco, ogni giorno.
    Vedi: come le cose.
    Non sono, dunque, un poeta:
    io so che per esser detto: poeta, conviene
    viver ben altra vita!
    Io non so, Dio mio, che morire.
    Amen.

    su questa poesia ho costruito il cosiddetto "passo". che cos'è il passo? è il ritmo esteriore, è la veste. è altro dal ritmo interiore, il motore. i più credono, sbagliando, che i 2 ritmi debbano coincidere. non è così. si può dire che il ritmo esteriore sia la metafora di quello interiore.
    vi avevo detto che ci si impelagava.
    chi ha pazienza mi seguirà nello spunto terzo, dove mi dilunghero sui 2 ritmi.
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    00 18/12/2010 09:47
    Terzo Spunto

    il passo è il ritmo esteriore o prosodìa. quando scrissi la prima parte di Tago Mago mi servii di tutti i luoghi comuni del crepuscolarismo (organi di barberìa, luci fioche, suore di carità, dolcetti inargentati, bambini malati). perchè io, uscendo dall'ospedale, accingendomi a scrivere ciò che avevo concepito durante lunghe notti insonni, ero davvero come un bambino malato.
    ecco perché quando sottoposi qualche estratto del libro a Marco lui mi scrisse (all'epoca si usavano ancora le missive) che ciò che gli avevo inviato era uno squarcio aperto su un passato remoto.
    non seppi se il senso di Marco fosse più o meno denigratorio, ma sapevo che era proprio così, che la cosa era voluta.
    inoltre credevo fermamente nel mio scritto, perché il passo che avevo ottenuto era esattamente ciò che mi ero proposto, e il ritmo interiore, quello dell'anima, vi si riconosceva pienamente.
    ma questo fatto non ha nulla di identificatorio. e molte approssimazioni sulle reali intenzioni degli autori nascono da questo equivoco ricorrente. nel mio caso io non ero un bambino malato d'etisia, ma ero come un bambino malato di etisia. il che non è la stessa cosa.
    ed è per questo che quando nemmeno 2 anni dopo finii nei guai per una certa storia, quando bruciai la seconda parte di Tago Mago, quando mi caricai della pesante immobilità di mia madre e letteralmente fuggii dagli amici, dagli pseudo amici e perfino dagli affetti più cari e insomma quando la sequenza di questi fatti si impressero nelle anime stupite di chi pensava di conoscermi - costoro, abbozzando un sorriso, smarrirono la cognizione di Guido M., il presunto bambino malato.
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    00 10/01/2011 11:18
    Quarto spunto

    la verità di una prosa è la sua essenzialità. quando le mie prose attingono a questa qualità le sento davvero mie.
    solo che raramente mi sento essenziale.
    Ode a Damo e altri viaggi la considero la cosa migliore che ho scritto perché la sua essenzialità non si perde tra le pagine.
    lo stile di uno scritto è coerente quando rimane e non scompare.

    mio fratello (parlo spesso di lui perché anche se sembra strano è stato lui il mio critico più severo e lo sarebbe tuttora se non avessimo interrotto i nostri contatti) ha sempre sostenuto che la mia sfiga è possedere uno stile senza la capacità raziocinante di spenderlo bene.
    in teoria ha ragione, ma va anche detto che senza la mia avventatezza non mi sarei preso la briga di credere di essere stato un musicista e di essere adesso uno scrittore.

    in questo momento sono incazzato con me stesso. i motivi è meglio non dirli, ma resta il fatto che in mano non mi rimane che un nulla affettivo che, spesse volte la notte, mi tortura.
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    ilverofettina
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    00 10/01/2011 11:50
    ...e le torture portan a viaggiare ,col corpo o con la mente
    con aiuti chimici o naturali
    o anche senza, una volta che le porte son già aperte...
    [SM=x1744986] prosit
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    come le nostre ombre,sottotitoli della città