00 01/12/2010 12:06


definire Rubiera una città è forse troppo. tuttavia la considero tale per la particolare atmosfera metropolitana che la via Emilia, nel tratto che l'attraversa, sembra emanare.
ma forse è la mia immaginazione a dirmi questo. forse perchè tutte le volte che vi ho soggiornato sono sempre stato in procinto di partire per posti lontani o di avventurami in peregrinazioni la cui destinazione non mi/ci era dato (pre)vedere.
a Rubiera una volta ho lavorato come custode di una fabbrica, alloggio incluso. i primi 2 mesi andò bene, ma dopo ebbi la poco avveduta idea di ospitare Alberto, che nel frattempo si era ritrovato senza un tetto sopra il capo, e ciò comportò innumerevoli problemi su cui non mi dilungherò, anzi non ne accennerò nemmeno, ma che trovate descritte nell'introvabile (eh eh) Tago Mago del 1992, ed. Del Piffero (mi si perdoni la causticità, ma essa non è rivolta al lettore, ma a UNO SOLO di essi, più - ma non troppo - esattamante un editore). ma ciò che importa qui dire è che la morale del mio concetto di fratellanza applicato ad Alberto, detto Al, fu che la casa, il buon Al, la fece perdere anche a me. nel tennis si dice: gioco, set, partita, nel mio caso fu: lettera di disdetta, lavoro e casa.
ma non vorrei mai che da queste righe si evincesse che Alberto sia un tipo malaccorto o infìdo, questo no. perchè se è vero che nell'occasione mancò, diciamo così, di opportunismo, in altre, tante volte, fu il compagno delle mie scorribande, la cui pianificazione avveniva immancabilemte in qualche bar della via Emilia incantata, avvolti in una nuvola di fumo, bevendo e parlando con l'enfasi un po' ridicola della speranza espressa attraverso circonlocuzioni infantili ma non per questo meno vivide.
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