00 26/11/2010 12:49
a Torino arrivai in sordina. alloggiavo in albergo. il compito assegnatomi era quello di svuotare un magazzino per conto di una casa editrice del centro italia. mi avevano, all'uopo, affidato come aiutante un ragazzo calabrese dagli occhi storti capolista nella sezione bassa manovalanza del locale ufficio del massimo impiego. il capo, colui che mi aveva affidata la missione, mi disse:
"spremilo a sangue"
tempo 2 giorni e, osservandoci, nessuno avrebbe potuto fare a meno di apprezzare la frugale levità del nostro vicendevole affiatamento, nel senso che io e il mio amico calabrese eravamo diventati appunto amici, amici per la pelle e, non facendo bellamente e semplicemente un cazzo (la fatica maggiore nonchè unica era inventarsi tutte le scuse occorrenti a che nella testa del capo non maturasse l'ideuzza di fare un salto, lui o chi mandato da lui, fin su a Torino per appurare lo stato dei lavori), cominciammo a concepire e istantaneamente attuare giochini oziosi quanto pericolosi e insalubri. e così non soltanto dopo 4 settimane teoricamente lavorative non avevamo ancora cominciato a imballare alcunchè, ma in magazzino manco più ci andavamo, avendone tra l'altro smarrite le chiavi.
e c'erano queste telefonate deliranti, ossessive, che ripercorrevano il cammino della nostra follìa, le cui anacronistiche tappe erano costituite da un night club disertato, un bordello fuori mano, un bar di dubbia fama, cabine in strada come piazzole di sosta al rientro da loschi raduni...
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